Presupposti per l’immediata declaratoria di una causa di non punibilità

L’art. 129, comma 2, c.p.p. prevede quale presupposto per la declaratoria di non punibilità l’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15740/19, depositata il 10 aprile. Il fatto. La Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza di prime cure che aveva condannato l’imputato per aver esercitato gioco d’azzardo all’interno di un bar installandovi delle slot machine senza collegamento all’AAMS. Il difensore ha proposto ricorso per la cassazione della pronuncia. Proscioglimento. La Cassazione dichiara l’estinzione del reato per prescrizione. L’art. 129, comma 2, c.p.p., secondo la consolidata giurisprudenza, prevede quale presupposto per la declaratoria di non punibilità l’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. In queste ipotesi infatti la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare al relativa sentenza . Come anticipato però i presupposti per l’immediato proscioglimento devono risultare in modo incontrovertibile dagli atti in modo da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione sulla situazione processuale. Tali principi sono certamente applicabili anche nel giudizio di legittimità tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di Cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato . Ed infatti anche in caso di annullamento il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione. Nel caso di specie, tali presupposti non possono essere riscontrati, dovendo comunque il Collegio riscontrare il decorso del termine di prescrizione. La sentenza viene dunque annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 novembre 2018 – 10 aprile 2019, n. 15740 Presidente Aceto – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 30 novembre 2017, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Rimini, con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed Euro 300,00 di ammenda, per il reato di cui all’art. 718 c.p. e art. 719 c.p., n. 2 , - con concessione delle circostanze attenuanti generiche, sospensione condizionale della pena e confisca di quanto sequestrato - perché, all’interno del pubblico esercizio denominato omissis , esercitava un gioco d’azzardo, installandovi una slot machine del tipo Totem , con assenza di collegamento all’A.A.M.S. 3 aprile 2013 . 2. - Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si lamentano la violazione dell’art. 718 c.p. e la mancanza di motivazione sulla responsabilità penale. La difesa, richiamando la giurisprudenza di legittimità, ritiene che il fatto del quale l’imputato è stato ritenuto responsabile non sarebbe più previsto dalla legge come reato. 2.2. - Con un secondo motivo, si deducono la violazione dell’art. 718 c.p. e vizi defila motivazione. L’iter motivazionale sarebbe illogico laddove si ritiene sussistente il fine di lucro solo perché l’apparecchio contestato riproduce un gioco vietato mentre, secondo prospettazione difensiva, andrebbero valutati altri elementi, quali l’entità della posta, la durata delle partite, la possibile ripetizione di queste e il tipo di premi erogabili. Inoltre, l’imputato sarebbe un mero installatore del macchinario, senza alcun controllo su di esse e senza alcun rapporto con la società maltese di giochi online, cui la macchina era collegata. 2.3. - In terzo luogo, si lamenta la violazione dell’art. 69 c.p. I giudici di merito ritenendo prevalente l’aggravante di cui all’art. 719 c.p., n. 2 , non avrebbero dovuto diminuire la pena in considerazione delle attenuanti, oppure, riconosciute le stesse, avrebbero dovuto irrogare solo la pena per il reato non circostanziato ex art. 718 c.p., in quanto il fatto oggetto di contestazione non rientra tra quei casi per i quali il legislatore stabilisce espressamente che le diminuzioni per la concessione delle attenuanti si operino sulla quantità di pena ottenuta per l’effetto delle aggravanti. 2.4. - Con un quarto motivo, si lamenta la carenza di motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna, di cui all’art. 175 c.p., nonostante fosse stato espressamente chiesto dalla difesa nell’atto di appello. Considerato in diritto 3. - Deve essere dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. 3.1. - Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 2, è costituito dall’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un apprezzamento , ma ad una mera constatazione . L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato E ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva ex plurimis, sez. 6, 1 dicembre 2011, n. 5438 sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275 sez. un., 27 febbraio 2002, n. 17179, rv. 221403 sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511 . 3.2. - I presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.c., comma 2, come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, in cui il primo e il secondo motivo di ricorso, relativi alla responsabilità penale, sono infondati. 3.2.1. - Quanto al primo motivo, deve osservarsi che la difesa ha presuntivamente ed erroneamente ritenuto che il macchinario sequestrato al F. fosse un vero e proprio totem e, per tale ragione, si fosse in presenza di una depenalizzazione del reato. Dagli accertamenti effettuati dalla guardia di finanza nell’immediatezza dei fatti, si desume, però, che non si tratta realmente di un totem, rientrante nella disciplina delle sanzioni amministrative previste dal R.D. n. 773 del 1931 c.d. T.U.L.P.S. . Infatti - come ben evidenziato dai giudici di merito - il macchinario in questione era illegalmente collegato a un server, non legittimamente autorizzato a predisporre giochi online e non era previsto alcun premio in termini di gadget o altri vantaggi diversi dal denaro. Non era stato aperto, infatti, alcun conto giochi che permettesse al giocatore di accumulare punti da convertire, successivamente, in gadget, peraltro non ritrovati nel locale. Il F. , pertanto, era un soggetto che rivestiva il ruolo di intermediatore illecito, in quanto i giocatori, prima della riscossione del denaro eventualmente vinto, dovevano ricevere una tessera abilitativa al gioco, fornita dal gestore, rappresentato dall’imputato. Tutti questi elementi fattuali devono ritenersi dirimenti al fine di ritenere non pertinente il richiamo alla sentenza n. 30803 del 2017 di questa Corte, la quale si riferisce ai giochi del tipo totem, nel senso proprio del termine, descrivendone analiticamente le caratteristiche tecniche e il regime normativo. L’apparecchio dell’imputato consente giochi promozionali non rientranti nell’ambito del D.Lgs. n. 70 del 2003, non trovando, pertanto, applicazione la sanzione amministrativa di cui alla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 923, nè lo stesso consente giochi d’azzardo implicanti la sanzione amministrativa di cui all’art. 110, comma 9, lettera c , del t.u.l.p.s 3.2.2. - Va rilevato, quanto al secondo motivo di doglianza, che la Corte d’appello ha correttamente affermato la responsabilità dell’imputato, sulla base delle dichiarazioni dei testi P. e S. , che convergono sull’esercizio del gioco di azzardo in atto nel locale del F. , il quale aveva installato il macchinario in questione, con relativo collegamento a siti internet non autorizzati. E la fattispecie contestata all’imputato integra il reato oggetto d’imputazione, in quanto, ai fini della sussistenza della fattispecie in questione, è sufficiente organizzare tecnicamente il gioco di azzardo, dirigerlo ed amministrarlo, predisponendo i mezzi e le cose, senza che sia necessaria l’effettiva e diretta partecipazione al gioco. La difesa omette di considerare che anche il solo agevolare il gioco, d azzardo, ovvero renderlo possibile o facilitarlo in qualsiasi modo, anche con una condotta meramente omissiva, integra il reato di cui all’art. 718 c.p E l’imputato era l’affittuario del locale dove era installato il macchinario e aveva agevolato la sua installazione, oltre ad essere il detentore delle smart card rilasciate al S. , colto nell’immediatezza dell’attività di gioco. Quanto alla pluralità degli elementi da valutare, ai fini della sussistenza del requisito del lucro derivante dal gioco di azzardo e dell’illiceità della condotta dell’imputato, la Corte d’appello ha considerato che il macchinario era collegato al sito che nel locale non erano stati trovati gadget che potessero confermare la tesi difensiva di un’assenza di vincite in denaro che nessuno dei macchinari presenti nel locale aveva un collegamento all’A.A.M.S. E la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che, ai fini della configurabilità del reato di giuoco d’azzardo, di cui all’art. 718 c.p., non è necessaria l’effettiva acquisizione di denaro o altra utilità, essendo sufficiente che vi sia da parte del giocatore la finalità di conseguire il lucro, successivo ed eventuale ex multis, Sez. 3, n. 5331 del 11/02/2004, Rv. 227564 . 3.3. - Nondimeno, il ricorso non può essere ritenuto inammissibile, perché, anche senza considerare gli ulteriori motivi di impugnazione, già i primi due non risultano manifestamente infondati o inammissibili per altre ragioni. 4. - Dall’esame degli atti risulta che il termine di prescrizione è già decorso. Ai sensi dell’art. 157 c.p., comma 1, il termine per il reato per cui si procede, trattandosi di contravvenzione, è di quattro anni, che decorrono dal momento della consumazione dello stesso 3 aprile 2013 e che devono essere aumentati di un quarto giungendosi così a cinque anni in presenza di cause interruttive della prescrizione, ai sensi dell’art. 160 c.p. e art. 161 c.p., comma 2. Ne deriva che la prescrizione si è verificata il 3 aprile 2018 e che la sentenza vada, conseguentemente, annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.