Fermata la “furbetta” del Telepass, le foto scattate al casello non le lasciano via di fuga

Per la Cassazione non ci sono dubbi l’accertata proprietà dell’autovettura utilizzata dalla donna grazie alle fotografie scattate ai caselli autostradali e l’inscindibile ed organico risultato che discende delle motivazioni addotte sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello, fondano la condanna della donnaper truffa in danno di Autostrade per l’Italia s.p.a

Il caso. La Corte d’Appello di Firenze confermava la sentenza con cui il Tribunale aveva condannato l’imputata per truffa in danno di Autostrade per l’Italia s.p.a., contestandole di avere in più occasioni eluso il controllo e il pagamento del pedaggio autostradale, utilizzando le piste riservate ai clienti Telepass, senza essere dotata del dispositivo, e accostandosi immediatamente dietro ad un altro veicolo regolarmente dotato. L’imputata ricorre per cassazione deducendo, fra l’altro, vizio di motivazione in riferimento al fatto che la Corte avrebbe fondato il giudizio di colpevolezza sulla mera costatazione che la proprietaria dell’autovettura fosse quella fotografata ai caselli autostradali, in assenza di prove sull’identificazione del soggetto alla guida. Furbetta” del Telepass. Ritenendo il ricorso inammissibile, perché generico e infondato, la Corte di Cassazione afferma che la giurisprudenza di legittimità è pacifica nel ritenere che, in caso doppia conforme”, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione , e ciò a maggior ragione, come per il caso di specie, se i Giudici d’Appello hanno esaminato le censure con i medesimi criteri utilizzati dai Giudici di prime cure, facendo frequenti riferimenti alla determinazioni e ai passaggi logico-giuridici della decisione del Tribunale. Inoltre, prosegue la Corte, è corretta la considerazione operata dai Giudici di merito sul fatto che la registrazione al PRA dell’autovettura costituisse una presunzione di appartenenza dell’auto all’imputata, la quale avrebbe piuttosto avuto l’onere di dimostrare che non fosse lei alla guida del veicolo. La colpevolezza dell’imputata, concludono i Giudici di legittimità, si fonda sull’accertata proprietà dell’autovettura utilizzata per commettere la truffa continuata e sull’assenza da parte della stessa di qualsivoglia spiegazione alternativa in merito alla disponibilità dell’auto in questione. Sulla scorta di tali argomentazioni, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che a una somma in favore della cassa delle ammende.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 31 gennaio – 9 aprile 2019, n. 15601 Presidente Cervadoro – Relatore Borsellino Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Arezzo del 22 settembre 2010 che ha condannato l’imputata per il delitto di truffa in danno della società autostrade S.p.A., costituitasi parte civile. Si addebita all’imputata di avere in più occasioni eluso il controllo e il conseguente pagamento del pedaggio autostradale mediante un sistema fraudolento, consistito nell’utilizzare le piste riservate al pagamento con Telepass, senza essere dotata del necessario dispositivo, accostandosi immediatamente dietro ad altro veicolo regolarmente dotato del meccanismo e così riuscendo a passare prima che la sbarra si abbassasse. 2. Avverso la detta sentenza propone ricorso l’imputata, tramite atto sottoscritto dal difensore di fiducia, con il quale deduce violazione dell’art. 27 Cost. in materia di responsabilità penale e dell’art. 640 c.p. e dell’art. 373 disp. att. C.d.S. e vizio della motivazione, poiché la corte fiorentina ha fondato il giudizio di colpevolezza dell’imputato sulla mera costatazione che costei è la proprietaria dell’autovettura fotografata ai caselli autostradali, in assenza di alcuna prova circa l’identificazione del soggetto alla guida del veicolo. Lamenta il ricorrente che, secondo l’assunto della corte l’incontestata titolarità della proprietà della vettura intercettata ai caselli farebbe sorgere a carico della proprietaria una presunzione di colpevolezza, che la P. non ha in alcun modo contrastato, mantenendosi contumace nel giudizio. Così facendo la corte avrebbe sovvertito i principi costituzionali secondo cui la responsabilità penale è personale e un soggetto può essere ritenuto colpevole solo quando ne si dimostri la responsabilità, al di là di ogni ragionevole dubbio. La corte territoriale in conclusione a fronte di un mero unico indizio in ordine alla responsabilità dell’imputata, in carenza di qualsivoglia altro elemento, ha affermato la sua colpevolezza, sulla base di una erronea interpretazione del disposto dell’art. 373 disp. att. C.d.S Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto è inammissibile perché generico e manifestamente infondato. Al riguardo non va trascurato che La pacifica giurisprudenza di legittimità ritiene che in caso di cd. doppia conforme , le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello, come nel caso in esame, abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità Cass. pen., sez. 2, n. 1309 del 22 novembre 1993, dep. 4 febbraio 1994, Albergano ed altri, rv. 197250 sez. 3, n. 13926 del 1 dicembre 2011, dep. 12 aprile 2012, Valerio, rv. 252615 . Il Tribunale ha rilevato che la registrazione al PRA dell’autovettura costituisce una presunzione di appartenenza dell’auto alla P. , che aveva l’onere di dimostrare che non era alla guida dell’auto, mentre la stessa non ha mai risposto alle diverse contestazioni a lei sollevate con comunicazioni della società Autostrade. La Corte ha condiviso le dette argomentazioni rilevando che l’assunto difensivo secondo cui l’imputata era addirittura priva di patente di guida non era mai stato dimostrato e neppure introdotto nel giudizio, e che, peraltro, tale condizione dell’imputata non esclude la possibilità che la stessa abbia regolarmente utilizzato la vettura che la P. era venuta meno al suo dovere di allegazione in rapporto a circostanze idonee ad escludere la sua responsabilità aggiungeva che la titolarità dell’auto faceva sorgere una presunzione di colpevolezza ai sensi dell’art. 373 disp. att. C.d.S Il ricorrente non si confronta con l’intera articolata motivazione assunta dai giudici di merito, ma si limita ad appuntare le sue censure su quest’ultima affermazione, lamentando che l’art. 373 cit. non fa sorgere alcuna presunzione di colpevolezza e attiene esclusivamente alla solidarietà del proprietario del veicolo e del conducente in merito alla responsabilità amministrativa. Nel caso in esame la colpevolezza dell’imputata si fonda sulla accertata proprietà dell’autovettura utilizzata per commettere la truffa continuata e sulla assenza da parte della stessa di qualsivoglia spiegazione alternativa in merito alla disponibilità dell’auto in questione. La titolarità della vettura induce a ritenere, secondo una massima di esperienza, che il proprietario ne abbia la disponibilità. Le massime di esperienza sono generalizzazioni empiriche indipendenti dal caso concreto, fondate su ripetute esperienze ma autonome e sono tratte, con procedimento induttivo, dall’esperienza comune, conformemente ad orientamenti diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione, in quanto non si risolvono in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi o addirittura contrastanti con conoscenze o parametri riconosciuti e non controversi Sez. 2, n. 51818 del 06/12/2013 - dep. 30/12/2013, Brunetti, Rv. 25811701 Questa Corte ha avuto modo di precisare che il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova solo se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza più verosimile. Sez. 4, n. 22790 del 13/04/2018 - dep. 22/05/2018, Mazzeo, Rv. 27299501 . Inoltre è stato precisato che ai fini della prova indiziaria possono essere utilizzati anche elementi negativi, purché offrano un dato conoscitivo certo, convincente e non generico. Sez. 6, n. 47541 del 20/11/2013 - dep. 29/11/2013, Lombardini, Rv. 25771101 . Nel caso in esame l’imputata non ha ritenuto mai di rispondere alle numerose contestazioni che le sono state sollevate in merito alle violazioni poste in essere dall’autovettura di cui la stessa è proprietaria. Deve convenirsi con il ricorrente che nell’ordinamento processuale penale, non è previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, modellato sui principi propri del processo civile, ma non va trascurato che secondo consolidata giurisprudenza è prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore. Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014 - dep. 24/07/2014, Stanciu, Rv. 26165701 Tra questi fatti oltre a quelli che escludono la punibilità di una condotta che realizza, in tutti i suoi elementi positivi, una fattispecie criminosa quali possono essere le cause di giustificazione, il caso fortuito, la forza maggiore, il costringimento fisico e l’errore di fatto devono farsi rientrare anche quelli che, pur attenendo alla intrinseca struttura oggettiva e soggettiva del reato, rivestano carattere di eccezionalità ed atipicità rispetto al normale svolgersi delle vicende umane. Sez. 2, n. 20171 del 07/02/2013 - dep. 10/05/2013, Weng e altro, Rv. 25591601 . Nel caso in esame la corte ha correttamente evidenziato che la imputata non ha fornito alcuna spiegazione alternativa in merito alla disponibilità dell’autovettura di sua proprietà, che in diverse occasioni transitava fraudolentemente nei passaggi destinati ai veicoli muniti di telepass. Sicché, secondo una comune massima di esperienza, non contrastata in alcun modo dall’imputata che ha preferito rimanere contumace, deve ritenersi che la stessa avesse la disponibilità effettiva dell’autovettura utilizzata per realizzare la truffa in diverse occasioni. L’erroneo riferimento all’art. 373 C.d.S. non inficia la validità dell’iter logico argomentativo condiviso dai giudici di merito, che non appare manifestamente illogico o contraddittorio e si presenta immune dai vizi dedotti dal ricorrente. 2.Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 , al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila favore della cassa delle ammende.