Quale azione è esperibile avverso l’estrazione di copia dei dati contenuti nel supporto informatico sequestrato?

Laddove sia disposto il sequestro probatorio di un supporto informatico e questo sia poi restituito previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, il ricorrente che volesse controvertere in merito alla loro utilizzabilità, dovrebbe attendere il processo. Se invece egli intendesse ottenere la loro restituzione immediata dovrebbe formulare una specifica domanda in tal senso.

Così si è pronunciata la Cassazione con la sentenza n. 15133/19, depositata l’8 aprile. Estrazione della copia degli atti. Il Tribunale del riesame di Roma dichiarava l’inammissibilità della richiesta di riesame presentata da un imputato avverso il decreto di perquisizione dei locali e conseguente sequestro probatorio disposto dal Pubblico Ministero. Il Tribunale si era pronunciato nel senso dell’inammissibilità dell’istanza poiché nel concreto non si era verificato un sequestro probatorio ma soltanto l’estrazione della copia degli atti chat, messaggi e mail inviate e ricevute , non impugnabile per il principio di tassatività delle impugnazioni. Inoltre, lo stesso Tribunale ravvisava mancanza di interesse ad impugnare per evitare l’ingresso dei documenti nell’indagine, essendo l’uso degli stessi solo futuro ed eventuale e non concreto e attuale. Avverso tale decisione proponeva ricorso in Cassazione l’imputato. Non vi è sequestro probatorio. Il Collegio ritiene che il Tribunale del riesame abbia fatto corretta applicazioni dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità. Infatti, ricordano i Giudici, le Sezioni Unite sentenza n. 18253/08 hanno affermato che una volta restituita la cosa sequestrata, la richiesta di riesame del sequestro, o l’eventuale ricorso per cassazione contro la decisione del Tribunale del riesame doveva considerarsi inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, che non era configurabile neanche laddove l’autorità giudiziaria avesse disposto, all’atto della restituzione, l’estrazione di copia degli atti o dei documenti sequestrati, dal momento che il relativo provvedimento era autonomo rispetto al decreto di sequestro, né era soggetto ad alcuna forma di gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni . In seguito, prosegue la Corte, le Sezioni Unite con la sentenza n. 40963/17 hanno chiarito che è ammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico nel caso in cui ne risulti la restituzione, previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedotto l’interesse concreto ed attuale, all’esclusiva disponibilità di dati . Nel caso in esame i Giudici constatano che il ricorrente ha sì allegato la concretezza e l’attualità del suo interesse alla restituzione al fini della tutela della propria riservatezza, però ha diretto la richiesta verso il sequestro probatorio, che nel caso di specie non è esistito poiché è stata estratta soltanto copia dei documenti. In tale situazione, dunque, se il ricorrente volesse controvertere in merito alla loro utilizzabilità dovrebbe attendere il processo, se mirasse alla restituzione immediata dovrebbe formulare una specifica domanda in tal senso. Alla luce delle suddette considerazioni, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 ottobre 2018 – 8 aprile 2019, n. 15133 Presidente Cervadoro – Relatore Macri Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 30.5.2018 il Tribunale del riesame di Roma ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta di riesame presentata da O.A. avverso il decreto di perquisizione locale e conseguente sequestro probatorio disposto dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Roma. 2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c ed e , perché il Pubblico ministero aveva disposto la perquisizione locale e personale con contestuale sequestro di quanto rilevante ai fini delle indagini, senza null’altro specificare e senza neppure indicare sommariamente quali fossero gli oggetti e/o documenti da sequestrare in ordine ai reati ipotizzati. Il sequestro era stato eseguito sulle chat di whatsapp, sul suo cellulare e sulle mail dello studio tributario inviate o ricevute da lui. Lamenta che, alla data d’udienza del riesame, non era stato ancora trasmesso alcun atto dal Pubblico ministero relativo alle indagini ed alla documentazione in sequestro, sicché dovevano ritenersi menomate le sue possibilità difensive. Il Tribunale del riesame non aveva osservato nulla sulla doglianza. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , perché il Tribunale del riesame aveva ritenuto insussistente il sequestro, posto che era stata estratta copia del materiale, ma era stato proprio questo provvedimento a consentire di estrarre la suddetta copia. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , in relazione all’art. 324 c.p.p., perché il Tribunale del riesame aveva evidenziato il suo difetto d’interesse ad agire. Sostiene, invece, che sussisteva un interesse concreto ed attuale alla restituzione dei dati informatici sottoposti a vincolo, siccome la polizia giudizìarìa non si era limitata ad estrarre i dati, ma aveva copiato ogni conversazione privata, sicché non poteva ritenersi accettabile che fossero diventate di pubblico dominio tali notizie da cui non poteva essere tratta alcuna utilità investigativa. Lo stesso provvedimento ablativo era stato eseguito nei confronti del figlio estraneo alla vicenda. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. La decisione d’inammissibilità dell’istanza di riesame si fonda su due considerazioni a non è ravvisabile nello specifico un sequestro probatorio bensì l’estrazione di copia degli atti, non impugnabile per il principio di tassatività delle impugnazioni di cui all’art. 568 c.p.p., comma 1 b difetta l’interesse ad impugnare allo scopo di evitare che i documenti non entrino nell’indagine, perché l’uso dei documenti è solo futuro ed eventuale, mentre l’interesse deve essere concreto ed attuale, correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento impugnato e rilevante nella misura in cui il gravame sia stato idoneo a consentire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per il ricorrente rispetto a quella esistente. Alla stregua di questi due argomenti, il Tribunale del riesame ritiene che, nella specie, non ricorre alcun interesse, giacché la cognizione relativa alla legittimità, utilizzabilità e significatività dei mezzi di prova spetta al giudice. Il ricorrente non si confronta con questa motivazione ed insiste nella sua tesi difensiva, in particolare lamentando l’estrazione di copia della documentazione privata sua e del figlio. Ritiene il Collegio che l’ordinanza abbia correttamente applicato i principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità. Con la sentenza a Sezioni Unite n. 18253 del 24/04/2008, Tchmil, Rv. 239397, questa Corte ha affermato che una volta restituita la cosa sequestrata, la richiesta di riesame del sequestro, o l’eventuale ricorso per cassazione contro la decisione del tribunale del riesame doveva considerarsi inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, che non era configurabile neanche laddove l’autorità giudiziaria avesse disposto, all’atto della restituzione, l’estrazione di copia degli atti o dei documenti sequestrati, dal momento che il relativo provvedimento era autonomo rispetto al decreto di sequestro, nè era soggetto ad alcuna forma di gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni. Successivamente con la sentenza a Sezioni Unite n. 40963 del 20/07/2017, Andreucci, Rv. 270497 ha precisato che è ammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico nel caso in cui ne risulti la restituzione, previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedotto l’interesse concreto ed attuale, all’esclusiva disponibilità dei dati. Si vedano in senso conforme anche Sez. 6, n. 13306 del 22/02/2018, Riccio, Rv. 272904 e Sez. 5, n. 28721 de124/05/2018, Vettorazzi, non massimata. Nella specie, il ricorrente allega un interesse concreto ed attuale alla restituzione ai fini della tutela della propria riservatezza. Sennonché dirige la sua richiesta verso il sequestro probatorio, laddove il sequestro non esiste. Ed invero ciò che nella specie è accaduto è stata l’estrazione di copia dei documenti. Or dunque, se il ricorrente intende controvertere in merito alla loro utilizzabilità, come spiegato dal Tribunale, deve aspettare il processo, se invece intende ottenere l’immediata restituzione dei documenti privati, allora nulla osta a che formuli specifica domanda ed in caso di diniego presenti impugnazione. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.