Accertamento del tasso alcolemico e oneri dell’imputato

In tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento del tasso alcolemico conforme alla previsione normativa, grava sull’imputato l’onere di dimostrare le circostanze in grado di privare quell’accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 14278/19, depositata il 2 aprile. La vicenda. La Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava la pena inflitta all’imputato per aver cagionato, in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale e trovandosi in guida in stato di ebbrezza, la morte di due persone. Avverso la decisione di secondo grado il difensore dell’imputato propone ricorso per cassazione lamentando vizio di motivazione in relazione all’erronea valutazione della perizia contenuta in atti. In particolare il ricorrente deduce che la Corte di secondo grado ha ritenuto valide le formule matematiche utilizzate dai periti in relazione al risultato dell’alcol contenuto nel sangue, ancorché prive di attendibilità scientifica. L’onere dell’imputato. Innanzitutto la Suprema Corte evidenzia come la Corte distrettuale ha tenuto conto dei risultati raggiunti dai consulenti di parte e dai periti d’ufficio, dando atto che, nonostante la mancanza di dati certi su alcune circostanze di fatto, i periti hanno offerto un intervallo entro il quale collocare il tasso alcolemico al momento dell’incidente, ricomprendendolo tra 2,29 g/l e 3,25 g/l nel sangue. Ed inoltre, i Giudici del Palazzaccio ribadiscono il principio secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento del tasso alcolemico conforme alla previsione normativa, grava sull’imputato l’onere di dimostrare le circostanze in grado di privare quell’accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato e non integra circostanza utile a tal fine il solo intervallo temporale intercorrente tra l’ultimo atto di guida e l’espletamento dell’accertamento. Dunque non può essere accolta, in ipotesi del genere, una prova a discarico basata solo su valutazioni teorico-scientifiche, come avvenuto nel caso in esame, che costituiscono espressione della soggettiva dinamica metabolica della curva alcolemica rispetto al momento di assunzione dell’alcol, in assenza poi di adeguati riferimenti al momento preciso di tale assunzione. Pertanto il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 gennaio – 2 aprile 2019, n. 14278 Presidente Piccialli – Relatore Ranaldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 2.7.2018 la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha escluso la pena inflitta per il reato sub C e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità di J.I.C. in ordine ai reati di cui ai capi A e B di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p., per avere cagionato, per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, la morte di S.L. e G.V. e lesioni personali gravi a P.I. e C.V. . In particolare, veniva accertato che l’imputato, nel porsi alla guida in stato di ebbrezza tasso alcolemico 3,14 g/l e nel percorrere la SS 202 contromano, nel marciare a una velocità compresa tra i 110 e 120 Km/h in centro urbano in cui vigeva il limite dei 50 Km/h, urtava violentemente il veicolo tg , a bordo del quale si trovavano le persone offese dianzi indicate fatto commesso a omissis . 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando vizio di motivazione in ordine alla erronea valutazione della perizia in atti. Deduce che la Corte territoriale ha ritenuto valide le formule matematiche utilizzate dai periti in relazione al risultato dell’alcool contenuto nel sangue dell’imputato, ancorché prive di attendibilità scientifica in quanto conseguenti a sperimentazioni effettuate su appena 354 persone di cui nulla è dato sapere. Non è stato rispettato il criterio di valutazione della prova scientifica enunciato nei noti insegnamenti della Corte di cassazione n. 43786/2010. Sul valore del tasso alcolemico in capo al prevenuto al momento del sinistro i periti hanno errato, in quanto hanno utilizzato lo stesso coefficiente nell’ambito della curva di Widmark, equiparando la fase di assorbimento da quella di eliminazione dell’alcool, nonostante la differenza esistente fra le due fasi. Nessun accenno è presente in motivazione in ordine alle critiche difensive circa l’inattendibilità della formula matematica utilizzata dai periti per convertire il dato clinico a quello tossicologico-forense. Considerato in diritto 1. I proposti motivi di ricorso sono infondati, per le considerazioni che seguono. 2. Si deve, in primo luogo, evidenziare che dalla motivazione della sentenza impugnata, contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente, si evince chiaramente che la Corte territoriale ha tenuto conto dei risultati raggiunti dai consulenti di parte e dai periti di ufficio, dando atto che, nonostante la mancanza di dati certi su alcune circostanze di fatto orario esatto dell’ultima assunzione, numero e tipo di bevande assunte, condizioni dello stomaco pieno/vuoto , i periti hanno offerto un intervallo entro il quale collocare il tasso alcolemico al momento del sinistro, comprendendolo tra 2,29 g/l e 3,25 g/l nel sangue . I giudici di merito hanno valutato i suddetti dati unitamente alle ulteriori emergenze processuali idonee a corroborarli, avendo tenuto conto del fatto, indiscusso, che quella sera l’imputato aveva bevuto a casa di amici, e ritenendo plausibilmente che l’alcool, dato il tempo trascorso, fosse, al momento della guida, in fase di eliminazione, rilevando un valore comunque superiore a 1,5 g/l vale a dire 2,29 g/l secondo quanto precisato dai periti e secondo la ricostruzione più favorevole all’imputato , tasso alcolemico che, fra l’altro - opina ragionevolmente la Corte di merito -, ben può spiegare la sconsiderata condotta di guida dell’imputato. 3. In secondo luogo, si deve qui ribadire che i prelievi ematici svolti nell’ambito delle normali terapie di pronto soccorso sono utilizzabili ai fini dell’accertamento del tasso alcolemico Sez. F, n. 52877 del 25/08/2016, Ilardi, Rv. 26880701 Sez. 4, n. 26108 del 16/05/2012, Pesaresi, Rv. 25359601 Sez. 4, n. 1827 del 04/11/2009 - dep. 2010, Boraco, Rv. 24599701 . Sotto questo profilo, si palesano inconsistenti le censure del ricorrente dirette ad evidenziare che l’esame di laboratorio era stato effettuato sul plasma e non sul sangue del prevenuto, e che non vi fosse idonea dimostrazione scientifica della validità della percentuale di riduzione applicata dai periti, che avevano ridotto il valore accertato di 3,14 g/l, giungendo ad un valore di 2,75 g/l, sulla scorta di una formula matematica che prevede un errore medio del 20% nei risultati espletati ai fini clinici. L’obiezione non considera il pacifico orientamento della Suprema Corte che ha già più volte avallato, ai fini che qui rilevano, il metodo enzimatico utilizzato per l’esame sul plasma, trattandosi di componente del sangue in cui sono sospese le cellule sanguigne ed in cui sono presenti i prodotti del metabolismo organico, come tale idoneo a fungere da liquido biologico per l’espletamento degli accertamenti alcolimetrici, salvo considerare la potenziale discordanza percentuale in ribasso - scientificamente accertata in un massimo del 20% - tra i risultati del metodo enzimatico e di quello gascromatografico, ai fini dell’esatto accertamento del tasso alcolemico cfr. Sez. 4, n. 48284 del 26/09/2017, Putignano, non mass. Sez. 4, n. 34875 del 08/06/2017, Adorni, non mass. . Nel caso in disamina, l’abbattimento del 20% operato sul valore riscontrato con metodo enzimatico 3,14 g/l ha condotto ad un risultato 2,75 g/l, poi ulteriormente ridotto a 2,29 g/l comunque penalmente rilevante, in quanto superiore a 1,5 g/l, come tale idoneo a configurare la ritenuta aggravante di aver causato l’omicidio e le lesioni stradali per cui è causa alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c . Le doglianze del ricorrente sul punto sono anche aspecifiche, in quanto si limitano a contestare i risultati della perizia, senza fornire una documentata spiegazione alternativa idonea a disarticolare il percorso logico-argomentativo della sentenza impugnata. In proposito, va qui ribadito che, in tema di controllo sulla motivazione, il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d’ufficio, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell’obbligo di fornire autonoma dimostrazione dell’esattezza scientifica delle prime e dell’erroneità delle seconde, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito di ufficio, senza ignorare le argomentazioni del consulente conseguentemente, può ravvisarsi vizio di motivazione, denunciabile in cassazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , solo qualora risulti che queste ultime siano tali da dimostrare in modo assolutamente lampante ed inconfutabile la fallacia delle conclusioni peritali recepite dal giudice Sez. 5, n. 18975 del 13/02/2017, Cadore, Rv. 26990901 , evenienza chiaramente non ravvisabile nel caso di specie. Del resto, la Corte regolatrice ha già avuto modo di affermare il principio per cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento del tasso alcolemico conforme alla previsione normativa, grava sull’imputato l’onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell’accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato, fermo restando che non integra circostanza utile a tal fine il solo intervallo temporale intercorrente tra l’ultimo atto di guida e l’espletamento dell’accertamento Sez. 4, n. 24206 del 04/03/2015, Mongiardo, Rv. 26372501 . Più in generale, nella materia in riferimento non può essere accolta una prova a discarico basata soltanto su valutazioni teorico-scientifiche che costituiscono espressione della soggettiva dinamica metabolica della curva alcolemica rispetto al momento di assunzione della sostanza alcolica, tanto più in assenza di adeguati riferimenti al momento esatto di tale assunzione. 4. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.