Tra due elezioni di domicilio, prevale quella formalmente effettuata

Un imputato, condannato per ricettazione e truffa, ricorre avverso la sentenza d'appello deducendo violazione di legge per la notifica del decreto di citazione in appello al difensore di fiducia presso cui egli aveva originariamente eletto domicilio, nonostante avesse provveduto ad una seconda elezione di domicilio in un luogo diverso.

Sul caso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14071/19, depositata il 1° aprile. Il fatto. La Corte d’Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di prime cure, confermava la penale responsabilità di un imputato per il reato di ricettazione di un assegno di provenienza furtiva, utilizzato poi per commettere una truffa. Come predetto, avverso tale pronuncia, propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge per essere stato notificato il decreto di citazione in appello al difensore di fiducia presso cui egli aveva originariamente eletto domicilio, trascurando la seconda elezione di domicilio effettuata in un luogo diverso. Due elezioni di domicilio. La Corte sottolinea che la seconda elezione di domicilio, invocata dal ricorrente, era stata effettuata prima dell’instaurazione del giudizio di primo grado ed alla dichiarazione, contenuta nell’atto di appello, con la quale egli stesso, con la sottoscrizione dell’impugnazione, indicava di aver eletto domicilio presso il suo difensore di fiducia. Sottolinea inoltre il Collegio che il ricorrente era stato presente durante tutto il giudizio di primo grado, nel quale risultava appunto aver eletto domicilio presso lo studio del suo avvocato. Correttamente dunque il decreto di citazione in appello era stato notificato a mezzo PEC presso lo studio del difensore di fiducia, suo domiciliatario in forza dell’ultima valida indicazione fornita dall’imputato stesso. Per questi motivi, il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 febbraio – 1 aprile 2019, n. 14071 Presidente Prestipino – Relatore Sgadari Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Brescia, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Bergamo del 6 maggio 2016, confermava la responsabilità del ricorrente per il reato di ricettazione di un assegno di provenienza furtiva di cui al capo B , titolo poi utilizzato per commettere la truffa ipotizzata al capo A . 2. Ricorre per cassazione F.G. , deducendo violazione di legge per essere stato notificato all’imputato il decreto di citazione per il giudizio di appello al difensore di fiducia presso il quale egli aveva originariamente eletto domicilio, senza tenere conto della seconda elezione di domicilio che il ricorrente aveva effettuato, in data 12.9.2012, in luogo diverso rispetto allo studio legale del difensore di fiducia. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente attesta che la elezione di domicilio non tenuta in considerazione ai fini della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello, era stata effettuata il 12 settembre del 2012, come risulta da quanto allegato al ricorso. Tale elezione di domicilio, tuttavia, non solo è precedente alla instaurazione del giudizio di primo grado - nel quale l’imputato era stato presente e risultava elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia cfr. intestazione della sentenza del Tribunale di Bergamo - ma è precedente anche alla dichiarazione, contenuta nell’atto di appello avverso la sentenza di primo grado atto datato 15.9.2016 e depositato il cancelleria il 19.9.2016 , con la quale l’imputato, firmatario di tale mezzo di impugnazione, indicava di avere eletto domicilio presso lo studio del suo difensore di fiducia, avv. Ignazio Paris. Pertanto, del tutto correttamente, alla luce anche solo di quest’ultimo dato che il ricorso non a caso non richiama, il decreto di citazione per il giudizio di appello era stato notificato all’imputato, con il mezzo della PEC, presso lo studio del difensore di fiducia avv. Ignazio Paris, suo domiciliatario in forza dell’ultima valida indicazione fornita dall’imputato alla autorità giudiziaria. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.