Il dramma di Piazza San Carlo, i Giudici riqualificano il fatto in omicidio preterintenzionale

Ai fini della positiva valutazione della sussistenza del nesso causale del delitto di omicidio preterintenzionale, la Cassazione ribadisce che non rileva che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall’agente, potendo trattarsi di un evento successivo seppur eziologicamente collegato alla causa inziale posta in essere dall’agente .

Così con sentenza n. 13192/19 depositata il 26 marzo. Riqualificazione del fatto. Il Tribunale del Riesame di Torino accoglieva l’appello del PM avverso l’ordinanza con cui il GIP aveva applicato all’indagato la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di cui all’art. 586 c.p. e riqualificava il fatto contestato all’indagato in relazione alla morte per schiacciamento di una donna, avvenuto in seguito alle lesioni subite in Piazza San Carlo a Torino durante la partita di calcio Juventus-Real Madrid, in omicidio preterintenzionale. Avverso tale ordinanza, l’imputato ricorre per cassazione sostenendo che i Giudici, nella qualificazione giuridica attribuita alla sua condotta, pur ammettendo la valenza di concausa a provocare un primo circostanziato movimento della folla, non hanno provveduto a dimostrarla anche con riferimento all’ulteriore movimento che ha provocato lo schiacciamento e la morte della vittima. Omicidio preterintenzionale. In relazione alla riqualificazione del fatto effettuata dal Tribunale e, più precisamente, in merito alle differenze che intercorrono tra il delitto di cui all’art. 586 c.p. recante Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto e l’omicidio preterintenzionale, la Corte ha recentemente affermato che, nel primo caso, l’attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre, nel secondo, l’attività è finalizzata a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe un reato di percosse o lesioni . Inoltre, è orientamento costante della Cassazione, quello secondo cui, ai fini della positiva valutazione della sussistenza del nesso causale del delitto di omicidio preterintenzionale, non rileva che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall’agente, potendo trattarsi di un evento successivo seppure eziologicamente collegato alla causa inziale posta in essere dall’agente . Nel caso di specie, la morte della donna è stata la diretta conseguenza del meccanismo causale innescatosi per effetto dalla condotta del ricorrente e sviluppatosi a seguito del panico che si è scatenato tra la folla. Per tali motivi, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 dicembre 2018 – 26 marzo 2019, n. 13192 Presidente Settembre – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10 luglio 2018 il Tribunale del Riesame di Torino ha accolto l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del 15 aprile 2018 con cui il G.I.P. presso lo stesso tribunale aveva applicato a B.S. la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di cui all’art. 586 c.p In particolare, il Tribunale del Riesame ha riqualificato come omicidio preterintenzionale il fatto di reato contestato all’indagato in relazione al decesso di P.E. , intervenuto a seguito delle lesioni subite dalla donna in conseguenza degli scomposti movimenti della folla verificatisi il omissis in omissis durante la proiezione su un maxischermo della partita di calcio omissis . In particolare, all’indagato è stato contestato di aver spruzzato allo scopo di compiere rapine spray urticante all’indirizzo degli spettatori che stazionavano in omissis che avevano immediatamente avvertito odori e bruciori alla gola , condotta che aveva provocato movimenti repentini e violentissimi della folla, cui era seguita, senza soluzione di continuità, una fuga scomposta in tutte le direzioni di tutti i partecipanti all’evento, determinando il ferimento di numerose persone e la morte per schiacciamento di P.E. . 2. Con atto depositato dal proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato affidandolo ad un unico articolato motivo. È stata dedotta la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza del delitto di cui all’art. 584 c.p., a carico del ricorrente. Lamenta il ricorrente che l’ordinanza impugnata ha ritenuto non esservi soluzione di continuità tra la condotta predatoria del ricorrente a mezzo dell’utilizzo di spray urticante, quale causa scatenante il primo movimento della folla nella omissis , e gli ulteriori sommovimenti che avrebbero poi determinato la morte di P.E. , con ciò ponendosi in contrasto con l’ordinanza emessa in data 4 maggio 2018 dal Tribunale della Libertà in sede di riesame, la quale aveva specificamente individuato un ulteriore brusco movimento della folla avvenuto circa 11 minuti dopo il primo nei pressi della parte destra del palco. Tale particolare si configura come rilevante in termini di individuazione del nesso causale tra la condotta predatoria del ricorrente e l’evento morte, atteso che, oltre ad essere i due avvenimenti separati da una notevole distanza temporale circa undici minuti , la morte della giovane era avvenuta in tutt’altro punto di omissis rispetto a quello in cui era stato utilizzato lo spray urticante. Il ricorrente critica la qualificazione giuridica attribuita dall’ordinanza impugnata alla fattispecie sottoposta al suo esame, sul rilievo che anche ammettendo che la sua condotta avesse avuto la valenza di concausa a provocare un primo circostanziato movimento di folla, nulla dimostrava che la avesse parimenti avuto in merito all’ulteriore movimento che investì P.E. . Inoltre, ad avviso del ricorrente, le valutazioni del Tribunale del Riesame in ordine al reato presupposto del delitto di omicidio preterintenzionale che non sarebbe costituito dal delitto di cui all’art. 582 c.p., bensì dalla condotta lesiva nell’ambito del reato di cui all’art. 628 c.p. ed all’istituto dell’aberratio ictus incorrono in un’evidente illogicità e la soluzione giuridica adottata non appare idonea alla fattispecie concreta. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Va preliminarmente osservato che le censure formulate dal ricorrente, con cui ha prospettato una diversa dinamica degli eventi che si verificarono in omissis nella serata del omissis , sono inammissibili in quanto finalizzate a rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti su cui è già intervenuto il giudicato cautelare. Infatti, in data 4.5.2018, il Tribunale del Riesame di Torino ha rigettato il riesame proposto dallo stesso indagato nei confronti dell’ordinanza del G.I.P. di Torino del 15.4.2018 con cui era stata applicata inizialmente la misura della custodia cautelare in relazione ai reati di rapina pluriaggravata e come morte conseguenza di altro reato di cui all’art. 586 c.p. , ritenendo che la dinamica del tumulto che aveva attraversato la folla presente la sera del 3 giugno in omissis portasse ad individuare un unico momento scatenante, che si era dipanato con un irrefrenabile effetto domino tra tutti i partecipanti. In particolare, il panico collettivo si era innescato a partire dal primo spostamento degli spettatori che erano stati colpiti dallo spray urticante, i quali avevano iniziato ad allontanarsi a raggera, determinando nelle persone collocate nelle vicinanze il timore di essere vittime di un attacco terroristico o comunque il convincimento irrazionale di doversi mettere al riparo da una minaccia imminente e sconosciuta. Le indagini compiute non avevano consentito di palesare il verificarsi di nessun ulteriore evento anomalo nella folla oltre a quello intervenuto a seguito della commissione della rapina da parte dell’indagato che da solo potesse averne cagionato lo spostamento e fosse, conseguentemente, idoneo ad interrompere il meccanismo causale innescatosi per effetto dell’improvviso e violento movimento iniziale del pubblico provocato dall’indagato e dai suoi complici. Il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente avverso il predetto provvedimento del Tribunale del Riesame di Torino è stato rigettato da questa Corte all’udienza del 14/09/2018 sentenza n. 55881/2018 e, in questa sede, il prevenuto non solo non ha dedotto elementi nuovi che possano mutare il quadro precedentemente definito, ma ha erroneamente fondato le proprie argomentazioni sulla citata ordinanza del 4 maggio 2018 il cui contenuto è stato sopra riportato , che aveva viceversa riconosciuto, senza alcun tentennamento, la sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta del ricorrente ed il decesso di P.E. . Nessun dubbio quindi in ordine alla formazione del c.d. giudicato cautelare vedi sez 2 n. 49188 del 09/09/2015, Rv. 265555 . Effettuata questa doverosa premessa, oggetto del presente ricorso è la qualificazione giuridica della condotta posta in essere dall’indagato. Sul punto, deve ritenersi che correttamente l’ordinanza impugnata ha escluso la configurabilità, nel caso di specie, della fattispecie di cui all’art. 586 c.p Anche recentemente, questa Corte ha statuito che il delitto previsto dall’art. 586 c.p., morte come conseguenza di altro delitto si differenzia dall’omicidio preterintenzionale perché, nel primo reato, l’attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre, nel secondo, l’attività è finalizzata a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe un reato di percosse o lesioni Sez. 5, n. 23606 del 04/04/2018, Rv. 27328401 In sostanza, nel delitto di cui all’art. 586 c.p., l’agente vuole ledere un bene giuridico che non appartiene, come nel delitto preterintenzionale, allo stesso genere di interessi giuridici tutelati incolumità, vita che si distinguono, come tali, solo per la gravità, per la progressione dell’offesa. Nel delitto di cui all’art. 586 c.p., viene offeso un bene giuridico completamente diverso e viene conseguentemente commesso un delitto di diversa specie . Nel caso in esame, non si rientra nella fattispecie di cui all’art. 586 c.p., in quanto la rapina è un reato complesso plurioffensivo che offende non soltanto il patrimonio, ma anche l’incolumità individuale, e reca come elemento costitutivo del reato proprio la violenza alla persona. Non a caso, tale delitto è inserito nel capo I del titolo XIII del secondo libro del codice penale, che disciplina i delitti contro il patrimonio mediante violenza alle persone. Ne consegue che allorquando viene commessa una rapina, che abbia come sviluppo non voluto la morte di una persona, viene senz’altro integrato il presupposto del delitto di cui all’art. 584 c.p., ponendosi l’evento morte in progressione criminosa con la violenza esercitata per impossessarsi del bene altrui, la quale, se assume la meno grave connotazione delle percosse, è assorbita nel reato complesso di rapina. Posto che la norma in esame contempla quale presupposto gli atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli artt. 581 e 582 c.p. , non vi è dubbio che la condotta aggressiva dell’agente si ponga, a pieno titolo, come elemento costitutivo del delitto di omicidio preterintenzionale, indipendentemente dal fatto che lo stesso intendesse porre in essere le percosse o le lesioni come autonomi reati o nell’ambito di una condotta finalizzata alla sottrazione di un bene altrui la rapina contestata all’indagato . Sul punto, questa Corte, proprio in una fattispecie in cui l’imputato aveva invocato la sussumibilità del caso concreto nel delitto di cui all’art. 586 c.p., evidenziando che la rapina è un reato contro il patrimonio, ha ritenuto, invece, applicabile l’art. 584 c.p., osservando che tale norma parla di atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli artt. 581 e 582 c.p. , e la circostanza che tali delitti possano essere eventualmente assorbiti da quello più grave di rapina non può portare all’assurdo ed irragionevole risultato di far escludere in relazione al verificarsi di quest’ultima, pur comprensiva e più grave dei predetti, la fattispecie dell’omicidio preterintenzionale sez. 5, n. 44751 del 12/11/2008, Rv. 242224 . Nessun dubbio, peraltro, che, nel caso in esame, la condotta del ricorrente di impiegare una bomboletta spray al peperoncino rientrasse nella nozione di violenza. In proposito, in tema di rapina impropria, questa Corte ha già statuito che la violenza necessaria ad integrare il reato di cui all’art. 628 c.p., è costituita da ogni energia fisica adoperata dall’agente verso la persona offesa al fine di annullarne o limitarne la capacità di autodeterminazione, potendo consistere in una vis corporis corpori data , ossia in una condotta posta in essere esclusivamente con la forza fisica dell’agente e senza l’aiuto di strumenti materiali, o in una energia esercitata con qualsiasi utensile adatto allo scopo Sez. 2, n. 14901 del 19/03/2015, Rv. 26330701 . Sul punto, l’ordinanza impugnata ha ben evidenziato come lo stesso ricorrente e i suoi complici avessero spiegato agli inquirenti di aver spruzzato il liquido urticante verso il suolo in modo da colpire il maggior numero di vittime possibile e creare confusione nei presenti, amplificando l’effetto tossico della sostanza. Inoltre, la fuga scomposta della folla è stata una diretta conseguenza delle lesioni riportate dai soggetti colpiti dallo spray i quali, hanno immediatamente avvertito bruciori in gola ed hanno cominciato a tossire, respirare con difficoltà e lacrimare, reagendo in modo istintivo con la fuga per allontanarsi dal punto di diffusione della sostanza urticante. Dunque, il ricorrente ha pienamente centrato l’obiettivo di annullare o limitare la capacità di determinazione degli spettatori presenti in omissis , provocando loro, addirittura, delle vere e proprie lesioni. In tale contesto, è orientamento consolidato di questa Corte che, ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia giuridicamente rilevante non comprende necessariamente le alterazioni di natura anatomica, che possono, in realtà, anche mancare, bensì solo quelle alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico, ovvero una compromissione delle funzioni dell’organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa, tanto è vero che la lesione rilevante ai sensi dell’art. 582 c.p., può consistere anche in un trauma contusivo che non si accompagni ad alterazioni di natura anatomica Sez. 4, 19/03/2008, n. 17505 Sez. 5, n. 40978 del 06/05/2014, Rv. 260488 . È evidente che, nel caso di specie, gli effetti derivanti dal getto di gas urticante siano stati produttivi di alterazioni funzionali dell’organismo avendo provocato nella folla, bruciori in gola, fenomeni di difficoltà di respirazione, di lacrimazione e di tosse sugli effetti derivanti dallo spruzzo di spray urticante vedi, nello specifico, Sez. 5, n. 46787 del 14/06/2013, Rv. 259995 . Deve essere, altresì, osservato che ai fini di un compiuto inquadramento giuridico della condotta posta in essere dall’indagato, la stessa deve essere sussunta nella fattispecie dell’omicidio preterintenzionale in sinergia con l’istituto della aberratio ictus plurilesiva, previsto all’art. 82 c.p., comma 2, che ricorre allorquando, oltre alla persona alla quale l’offesa sia diretta, viene offesa persona diversa. Infatti, nel caso in esame, l’evento letale non è stato provocato allo stesso soggetto che si voleva ledere coloro che sono stati investiti dallo spray urticante , ma nei confronti di un soggetto diverso la vittima, rimasta schiacciata dai movimenti inconsulti della folla provocati dalla condotta del ricorrente . Inoltre, i soggetti che si voleva ledere hanno subito effettivamente un’offesa. Peraltro, l’aberratio ictus ricorre non soltanto quando l’offesa a persona diversa rispetto a quella cui la stessa offesa era diretta sia dovuta ad errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato - il ricorrente non ha commesso alcun errore, ledendo i soggetti che intendeva effettivamente offendere - ma anche quando sia dovuta ad altra causa . Questa altra causa , eziologicamente collegata alla condotta dell’indagato, è stata, come detto, individuata dall’ordinanza impugnata nella reazione di panico che si è scatenata nella folla dopo lo spruzzo dello spray urticante. D’altra parte, la circostanza che la morte della spettatrice P. sia stata determinata non dallo spruzzo del gas urticante, ma dall’effetto domino che si è verificato nell’immediatezza della prima azione è pienamente compatibile con la struttura dell’omicidio preterintenzionale. In proposito, è orientamento costante di questa Corte che, ai fini della positiva valutazione della sussistenza del nesso causale del delitto di omicidio preterintenzionale, non rileva che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall’agente, potendo trattarsi - come nel caso di specie - di un evento successivo seppur eziologicamente collegato alla causa iniziale posta in essere dall’agente Sez. 5, n. 41017 del 12/07/2012 - dep. 19/10/2012, S. e altri, Rv. 253744 . Nella situazione presa in esame dalla sopra citata sentenza di questa Corte, sono stati condannati per omicidio preterintenzionale gli imputati che avevano sottoposto a percosse e calci la vittima, la quale nel disperato tentativo di sottrarsi all’inseguimento degli aggressori urlanti e manifestamente animati dalla volontà di sottoporla ad ulteriori atti di violenza, era precipitata da un parapetto che aveva scavalcato nella fuga. Certo, è essenziale ai fini della configurabilità sia del nesso di causalità dell’omicidio preterintenzionale, che dell’aberratio ictus, che la causa successiva non sia da sola sufficiente a determinare l’evento, interrompendosi, diversamente, il rapporto di causalità. Nel caso di specie, è stato già evidenziato nella parte iniziale della presente trattazione che, alla luce dell’accertamento dei giudici di merito, coperto da giudicato cautelare, che il decesso della sig.ra P. è stata la diretta conseguenza del meccanismo causale innescatosi per effetto della condotta del ricorrente e dei suoi complici e sviluppatosi a seguito della reazione di panico che si è scatenata nella folla. Si condivide, pertanto, la conclusione cui è pervenuto il Tribunale del Riesame, secondo cui per effetto del meccanismo previsto dall’art. 82 c.p., comma 2, che va applicato in sinergia con l’istituto di cui all’art. 584 c.p., il ricorrente deve rispondere dell’evento arrecato alla vittima come se quest’ultima fosse stata l’effettiva destinataria della sua offesa. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.