Automobilista non punibile nonostante l’esito dell’alcoltest, presentava solo «occhi lucidi» e «alito vinoso»

Confermata in Cassazione la sorprendente decisione del GIP di un Tribunale sardo. Decisivo il quadro tracciato dagli agenti che hanno fermato, in piena notte, l’automobilista, sottoponendolo all’etilometro. In sostanza, non sono stati segnalati atteggiamenti preoccupanti da parte del conducente, ossia comportamenti di guida inadeguati, difficoltà nel parlare e nel muoversi.

Inequivocabile il dato registrato dall’etilometro tasso alcolemico pari a 1,03 grammi per litro, nettamente superiore allo 0,8 grammi per litro fissato per legge come limite massimo consentito. Ciò nonostante, l’automobilista va ritenuto non punibile poiché, secondo i Giudici, l’assunzione di bevande alcoliche non ha comportato effetti rilevanti, a parte gli occhi lucidi e l’alito vinoso, mentre sono stati esclusi segnali ben più preoccupanti, come comportamenti di guida inadeguati difficoltà a parlare incertezze nei movimenti Cassazione, sentenza n. 12863/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Pericolo. La vicenda giudiziaria ha origine con un controllo stradale notturno effettuato in provincia di Nuoro. Lì viene fermato un automobilista – che guida affiancato da una donna – e sottoposto all’alcool test il risultato è chiarissimo e fa finire l’uomo sotto processo per guida in stato di ebbrezza. Proprio il dato rilevato dall’etilometro – 1,03 grammi per litro – e certificato dagli uomini che hanno effettuato il controllo viene utilizzato come perno centrale per chiedere la condanna dell’automobilista. Ma, a sorpresa, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale sardo dichiara l’uomo non punibile per particolare tenuità del fatto . La decisione viene impugnata dalla Procura, che sottolinea, invece, la gravità del comportamento tenuto alla guida dall’uomo. A questo proposito, viene sottolineato che egli manifestava segni esteriori di ebbrezza e percorreva la pubblica via di notte un passeggera a bordo . Impossibile, secondo la Procura, parlare di situazione esente da rischi per la circolazione stradale . Questa obiezione non convince però i Giudici della Cassazione, i quali, invece, confermano la non punibilità dell’automobilista. Decisivo il richiamo al quadro tracciato dagli uomini delle forze dell’ordine che avevano fermato l’uomo. Dalla relazione, difatti, emerge la limitata incidenza dell’entità del tasso alcolemico sulla persona del conducente che, ad esclusione degli occhi lucidi e del forte alito vinoso, non presentava ulteriori e più importanti segni di ebbrezza . E su questa stessa falsariga si colloca anche il fatto che non siano stati segnalati comportamenti di guida inadeguati, né difficoltà a parlare, né, ancora, incertezze nei movimenti . Tirando le somme, è corretto valutare come davvero tenue il pericolo conseguente in questa vicenda all’assunzione di alcool da parte dell’automobilista, concludono i Giudici.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 novembre 2018 – 25 marzo 2019, n. 12863 Presidente Izzo - Relatore Dawan Ritenuto in fatto 1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lanusei ha assolto, in data 08/02/2018, Lu. Sc. dall'imputazione di cui all'art. 186, comma 2, lett. b e comma 2-sexies D.Lgs. n. 285/1992, perché non punibile ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., salve le sanzioni amministrative di competenza del prefetto. In Tortoli, il 29/03/2015 alle ore 00.52 circa. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Lanusei deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione. Sostiene che l'applicazione dell'anzidetta causa di non punibilità deve essere oggetto di congrua motivazione, non potendo essere ricondotta, come invece avvenuto nel caso di specie, a formule di stile o alla semplice constatazione che il fatto giudicato non assurge a particolare gravità dovendosi in tal caso ricorrere alla possibilità di graduare la pena ai sensi dell'art. 133 cod. pen. . In particolare, la motivazione non permette di evidenziare elementi concreti desumibili dallo specifico fatto da cui emerga la sua tenuità. Nella vicenda in esame, si sottolinea, è stato rilevato un tasso alcolemico nettamente superiore alla soglia di legge 1,03 a fronte del limite di 0,8 g/l il prevenuto manifestava segni esteriori di ebbrezza percorreva la pubblica via con una passeggera a bordo del veicolo che conduceva. Non si trattava, quindi, di una situazione esente da rischi per la circolazione, trattandosi infatti di reato di pericolo che si perfeziona con il semplice fatto di porsi alla guida in stato di ebbrezza. Considerato in diritto 1. La doglianza è infondata. 2. L'istituto di recente introduzione dell'art. 131-bis cod. pen. persegue finalità connesse ai principi di proporzione ed extrema ratio, non privo di effetti anche in tema di deflazione. Lo scopo primario è quello di espungere dal circuito penale fatti marginali, che non mostrano bisogno di pena e, dunque, neppure la necessità di impegnare i complessi meccanismi del processo. Proporzione e deflazione s'intrecciano coerentemente. Il dato normativo conduce senza dubbi di sorta a tale esito interpretativo. Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede, infatti, una valutazione complessa che ha ad oggetto le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, cod. pen. Si richiede, in breve, una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto. Non esiste un'offesa tenue o grave in chiave archetipica. È la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore. Di particolare ed illuminante rilievo è il riferimento testuale alle modalità della condotta, al comportamento. La nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall'agente. Ed è chiaro che la novella intende per l'appunto riferirsi alla connotazione storica della condotta, essendo in questione non la conformità al tipo, bensì l'entità del suo complessivo disvalore. Allora, essendo in considerazione la caratterizzazione del fatto storico nella sua interezza, non si dà tipologia di reato per la quale non sia possibile la considerazione della modalità della condotta ed in cui sia quindi inibita ontologicamente l'applicazione del nuovo istituto. La valutazione sulla particolare tenuità del fatto richiede l'analisi e la considerazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado della colpevolezza. Essendo richiesta la ponderazione della colpevolezza in termini di esiguità e quindi la sua graduazione, è del tutto naturale che il giudice sia chiamato ad un apprezzamento di tutte le rilevanti contingenze che caratterizzano ciascuna vicenda concreta ed in specie di quelle afferenti alla condotta ed è quindi escluso che una preclusione possa derivare dalla modesta caratterizzazione, sul piano descrittivo, della fattispecie tipica. L'approccio proposto può essere ripetuto in guisa non molto dissimile per ciò che riguarda la ponderazione dell'entità del danno o del pericolo. Anche qui nessuna precostituita preclusione categoriale è consentita, dovendosi invece compiere una valutazione mirata sulla manifestazione del reato, sulle sue conseguenze. Quelli testé menzionati sono principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, sent. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594 di cui l'impugnata sentenza ha fatto buon governo laddove ha dato conto della limitata incidenza dell'entità del tasso alcolemico sulla persona dell'imputato che, ad esclusione degli occhi lucidi e del forte alito vinoso, non presentava ulteriori e più importanti segni di ebbrezza. Gli operanti, si legge in sentenza, non hanno segnalato comportamenti di guida inadeguati, né difficoltà a parlare né, ancora, incertezze nei movimenti. Sulla base di questi dati, il Giudice ha reputato davvero tenue il pericolo conseguente, nella specie, all'assunzione di alcool . E, correttamente riportandosi ai canoni dell'art. 133 cod. pen., valutata la condotta dell'imputato antecedente e susseguente al reato, l'ha reputata corretta ed incensurabile. 3. In conclusione, si impone il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso.