Carcere duro: i colloqui con il Garante territoriale non hanno prerogative speciali

A differenza della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, il Garante territoriale, nella richiesta di colloquio con detenuti sottoposti al c.d. carcere duro, si pone come qualunque terzo diverso dai familiari, con conseguente applicazione dell’art. 41-bis, comma 2-quater, ord. pen

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11585/19, depositata il 15 marzo. La vicenda. Il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava il reclamo proposto da un detenuto in regime 41- bis avverso la decisione dell’Amministrazione penitenziaria di conteggiare nel numero dei colloqui mensili quelli con i garanti territoriali, consentiti peraltro solo mediante vetro divisore. La decisione era fondata sulla ricostruzione della normativa applicabile ai detenuti in regime detentivo speciale in particolare sulla circolare DAP 1 ottobre 2017 e sulla sussistenza di una lacuna normativa in relazione alla figura dei Garanti territoriali, non esistendo per essi, a differenza del Garante nazionale, una disciplina delle minime caratteristiche, garanzie e principi per la nomina e lo status . Il detenuto ha proposto ricorso in Cassazione. La posizione del Garante territoriale. Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale è stato istituito, quale autorità collegiale di garanzia con funzioni di vigilanza, dal d.l. n. 146/2013, conv. in l. n. 10/2014, in attuazione a impegni internazionali previsti in particolare dal Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Diverse le prerogative riconosciute al Garante, tra cui quella di incontrare i soggetti detenuti in via riservata senza limitazioni temporali e controlli, distinguendo dunque tali colloqui da quelli con i garanti territoriali ai quali il legislatore non ha esteso le medesime prerogative. Di conseguenza per i garanti territoriali si applicherà la disciplina di colloqui di cui alle norme penitenziarie , ma ciò non significa che siano posti limiti – né numerici né di modalità di svolgimento – al diritto di visita di cui all’art. 67 ord. pen. e quindi agli incontri svolti dai garanti territoriali, da intendersi come visite senza necessità di autorizzazione di tutti gli istituti, estese anche ai detenuti sottoposti a regime speciale”, e conversazioni funzionali alle verifiche circa le condizioni di vita dei detenuti, del loro trattamento penitenziario e rieducativo connesse al loro ruolo istituzionale, svolto sotto la supervisione e il coordinamento del Garante nazionale . In conclusine per i colloqui con i Garanti territoriali per i detenuti comuni si applica l’art. 18 ord. pen., mentre per i detenuti in regime speciale l’applicazione di tale norma deve essere coordinata con le specifiche disposizioni dell’art. 41- bis ord. pen., in particolare con il comma 2- quater che si pone in rapporto di specialità con le disposizioni generali. Trattandosi dunque di terzi, diversi dai familiari, i colloqui con i Garanti territoriali devono avvenire previa autorizzazione dall’autorità competente, chiamata a vagliare la ragionevolezza dei motivi della richiesta di colloquio . La decisione impugnata si sottrae dunque ad ogni censura, ragion per cui la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 dicembre 2018 – 15 marzo 2019, n. 11585 Presidente Bonito – Relatore Di Giuro Rilevato in fatto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo -impugnazione proposto da M.S. avverso il provvedimento col quale il Magistrato di sorveglianza di Viterbo respingeva il reclamo proposto dal detenuto, sottoposto al regime differenziato previsto dall’art. 41 bis ord. pen., avverso la decisione dell’Amministrazione penitenziaria di conteggiare nel numero dei colloqui mensili i colloqui effettuati con i garanti territoriali e di consentirli mediante vetro divisore. Il Magistrato di sorveglianza fondava il suo rigetto sulla ricostruzione della normativa applicabile ai detenuti sottoposti al regime speciale e in particolare sulla natura di rango primario e di lex specialis dell’art. 41 bis ord. pen., constatando la correttezza della circolare DAP del 1 ottobre 2017 che aveva collocato la fruizione di tali colloqui nell’ambito delle modalità previste per i familiari e i terzi eccezionalmente ammessi. Il Tribunale di sorveglianza, investito dell’impugnazione proposta da M. , evidenzia la sussistenza di una lacuna normativa in relazione alla figura dei Garanti territoriali, non esistendo per gli stessi, a differenza del Garante nazionale, una legislazione che individui le minime caratteristiche, guarentigie e i principi fondamentali della loro nomina e ne disegni, sia pure in termini essenziali, lo status, potendo allo stato attuale della normativa essere istituiti da qualsiasi Comune, con scelta del tutto discrezionale del titolare, senza alcuna garanzia sulle modalità di nomina e sull’affidabilità concreta dei soggetti nominati Garanti dalle autorità locali. In sintonia con il Magistrato di sorveglianza, rileva che il tema e l’assetto normativo vigente sembra correttamente inquadrato dalla summenzionata circolare DAP, contenente le disposizioni relative all’organizzazione del circuito detentivo speciale previsto dall’art. 41 bis ord. pen., che distingue la posizione del Garante nazionale da quella dei Garanti territoriali, precisando sotto il titolo Visite del garante , che il Garante nazionale, in quanto Organismo di monitoraggio indipendente, accede senza limite alcuno all’interno delle sezioni 41 bis incontrando detenuti e internati e potendo svolgere con essi incontri riservati senza limiti di tempo, diversamente dai Garanti dei detenuti cd. territoriali , che possono accedere alle visite di tutti gli istituti con facoltà di incontrare i detenuti sottoposti a regime speciale , senza che questi incontri, che non sono colloqui nel senso assegnato a tale parola dall’ordinamento penitenziario, ma mere conversazioni funzionali alle visite e alle verifiche connesse, incidano sul numero mensile dei colloqui. Aggiunge che per il resto la nuova disciplina di circolare non sembra aver mutato l’indirizzo precedente senza dubbio vigile dell’Amministrazione e teso a non abbassare il livello di guardia nel caso di detenuto ristretto al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen., laddove prevede i colloqui visivi solo con i familiari e - in via eccezionale e discrezionale - con le terze persone, con il limite numerico mensile applicabile ove venga effettuato - anche al colloquio coi Garanti territoriali unitamente a tutte le altre modalità ivi descritte. Colloquio, pertanto, riconducibile all’ambito dei colloqui con i terzi, in considerazione sia dell’eccezionalità del regime speciale sia della radicale assenza di uno statuto minimo che disciplini i Garanti e riconduca alla scelta del legislatore le regole conseguenti. 2. Avverso tale ordinanza M.S. ricorre, tramite il proprio difensore, per cassazione, deducendo violazione della L. n. 354 del 1975, artt. 18, 28, 41 bis e 67. La difesa lamenta che i Giudici della sorveglianza abbiano affermato la non applicabilità degli artt. 18 e 67 ord. pen. ai detenuti ristretti in regime differenziato ai sensi dell’art. 41 bis dello stesso ordinamento e l’applicazione agli stessi delle norme speciali giustificate dal tipo di regime carcerario. In tal modo trascurando che i suddetti articoli siano espressione di principi generali dell’ordinamento penitenziario, che si riferiscono a qualunque detenuto e a qualunque luogo di detenzione, senza alcuna discriminazione in base al tipo di regime carcerario e che il Garante nazionale dei detenuti, nonché i Garanti regionali o locali, siano stati previsti dal nostro ordinamento per vigilare, quali figure super partes, sulle condizioni detentive negli istituti carcerari e per fornire, quindi, una tutela ulteriore ai detenuti che, proprio per tale motivo, come stabilito dall’art. 18 ord. pen., sono ammessi ad avere colloqui con il garante dei diritti dei detenuti , garante che comunque denominato, ai sensi dell’art. 67 ord. pen., lett. l bis, può visitare gli istituti penitenziari senza autorizzazione. Il difensore sottolinea come l’affermazione secondo cui tale figura, seppure posta a tutela e garanzia dei diritti dei detenuti, non possa ricoprire tale ruolo in favore dei detenuti ristretti al regime carcerario ex art. 41 bis ord. pen. non sia conforme ai principi del nostro ordinamento. E ciò per due motivi a l’art. 41 bis dispone la modifica delle regole trattamentali, ma non la negazione dei diritti garantiti all’intera popolazione carceraria, a tutela dei quali operano proprio i Garanti, senza discriminazioni legate al tipo di regime carcerario, b detto articolo, nell’elencare le modifiche legate ai colloqui dei detenuti, fa esclusivo riferimento a quelli con i familiari senza menzionare il garante o i garanti, per i quali restano applicabili gli artt. 18 e 67 ord. pen Rileva la difesa come non sia corretto affermare che una circolare DAP, che è un atto amministrativo e comunque fonte secondaria rispetto alla legge, possa derogare a disposizioni legislative come quelle appena menzionate, tant’è che nella sua premessa si parla di linee guida nell’assoluto rispetto della legge e che comunque la stessa circolare all’art. 16.6, diversamente da quanto dedotto dal Tribunale di sorveglianza, nel menzionare il Garante nazionale e gli altri Garanti fa riferimento, in entrambi i casi, ad incontri con i detenuti di cui all’art. 41 bis ord. pen., senza dunque differenziarli, anzi specificando che tali incontri non incidono sulla determinazione del numero dei colloqui cui il detenuto ha diritto ex art. 41 bis, comma 2 quater, lett. b . Diversamente ragionando, secondo la difesa, si pregiudicherebbero i rapporti con la famiglia di origine del ristretto, rapporti tutelati sia dall’ordinamento penitenziario che dalla nostra Costituzione, e sarebbe ancora più paradossale pensare che un unico soggetto, il Garante nazionale dei detenuti, possa riuscire a coprire l’intera popolazione carceraria, rendendosi, invero, obbligatoria la costituzione di Garanti territoriali che facciano le veci di quello Nazionale e che ne abbiano le medesime prerogative. Differenziarne il trattamento e il rapporto con i detenuti, anche se ristretti al regime speciale, significherebbe, sempre secondo la difesa, privare i ristretti di una tutela garantita dall’ordinamento penitenziario che non può essere negata per via di una presunta lacuna normativa imputabile al legislatore. 3. Con successive note d’udienza la difesa ha depositato copia del D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, evidenziando come l’art. 11, lett. g di detto decreto abbia modificato l’art. 18 ord. pen., inserendo un nuovo comma dopo il primo che nella parte finale afferma che i detenuti hanno altresì diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti , in tal modo eliminando ogni dubbio sulla possibilità per i garanti locali di effettuare colloqui con i detenuti, a prescindere dal regime carcerario in cui sono ristretti e fuori dei limiti dello stesso, mancando invero una norma che disciplini diversamente le modalità di svolgimento dei colloqui tra soggetti ristretti al 41 bis e i Garanti dei detenuti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Il D.L. n. 146 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, quale autorità collegiale di garanzia avente la funzione di vigilare, attraverso diversi e penetranti poteri, su ogni forma di privazione della libertà personale attuata da soggetti istituzionali. L’introduzione di tale figura indipendente e la previsione dei mezzi di cui essa può avvalersi danno attuazione a precisi impegni internazionali si veda sul punto l’ampio excursus contenuto nella recente pronuncia di questa sezione n. 46169 del 27/06/2018 . Al riguardo vengono in evidenza gli obblighi sanciti dal Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura OPCAT . Tale trattato, sottoscritto dall’Italia il 28 agosto del 2003, è stato ratificato con L. 9 novembre 2012, n. 195. Fra le prerogative che sono state riconosciute al Garante Nazionale in forza della sopracitata normativa, vi è anche quella di incontrare i soggetti sottoposti alla privazione della libertà personale, in qualsiasi regime e ovunque si trovino, riservatamente, senza limitazioni temporali e sottoposizione a controlli. L’assenza di condizioni e restrizioni allontana tali ampie prerogative, proprie del Garante nazionale, dalla figura dei colloqui come disciplinati dalle norme penitenziarie, accompagnandosi a questi ultimi invece verifiche e limitazioni. Le speciali previsioni che hanno disciplinato in termini generali i poteri del Garante nazionale non si sono preoccupate di estendere le sue prerogative ai preesistenti garanti territoriali riconosciuti formalmente dall’ordinamento penitenziario e definiti garanti dei diritti dei detenuti comunque denominati , con D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con L. 27 febbraio 2009, n. 14, che ha modificato tra l’altro la formulazione degli artt. 18 e 67 di detto ordinamento , dato che la L. n. 110 del 2014, art. 7, comma 5, che elenca detti poteri, cita tali garanti solo come una delle figure rispetto alle quali il Garante nazionale promuove e favorisce rapporti di collaborazione. Correttamente, dunque, le disposizioni menzionate hanno distinto la figura del Garante nazionale da quella dei garanti territoriali, ammettendo solo per il primo le suddette forme incondizionate di interlocuzione. Ne consegue che per i garanti territoriali si applicherà la disciplina dei colloqui di cui alle norme penitenziarie. Il che non significa, come specificato dalla circolare DAP summenzionata all’art. 16.6, ribadito dall’ordinanza impugnata ed evidenziato dallo stesso ricorso, che siano posti limiti - nè numerici nè di modalità di svolgimento - al diritto di visita di cui all’art. 67 ord. pen. e quindi agli incontri svolti dai Garanti territoriali, da intendersi come visite senza necessità di autorizzazione di tutti gli istituti, estese anche ai detenuti sottoposti a regime speciale , e conversazioni funzionali alle verifiche circa le condizioni di vita dei detenuti, del loro trattamento penitenziario e rieducativo connesse al loro ruolo istituzionale, svolto sotto la supervisione e il coordinamento del Garante nazionale. Ma significa che per i colloqui, nel senso assegnato a tale parola dall’ordinamento penitenziario, con i Garanti territoriali, per i detenuti comuni si applica l’art. 18 ord. pen., mentre per i detenuti sottoposti al regime speciale l’applicazione di detto articolo, come documentato dalla difesa recentemente modificato dal D.Lgs. n. 123 del 2018, art. 11, lett. g , che ha inserito dopo il comma 1 del suddetto articolo un ulteriore comma che sembra prevedere un diritto indiscriminato di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei detenuti , va coordinata con le disposizioni normative di cui all’art. 41 bis ord. pen. e in particolare del comma 2-quater dello stesso, che sono în rapporto di specialità con le disposizioni normative generali di cui al suddetto articolo. Con la diretta conseguenza che, come correttamente rilevato dall’ordinanza impugnata per i colloqui con i Garanti territoriali, diversamente dai colloqui con il Garante nazionale, con modalità riservata e di durata illimitata, si applicano tutte le modalità di effettuazione dei colloqui indicate dalle disposizioni in ultimo menzionate locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti e videoregistrazione e trattandosi di terzi, diversi dai familiari, il colloquio potrà avvenire se e in quanto autorizzato, proprio per la sua natura eccezionale e discrezionale, dall’autorità competente direttore dell’istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, l’autorità giudiziaria competente ex art. 11, comma 2, ord. pen. , chiamata a vagliare la ragionevolezza dei motivi della richiesta di colloquio, peraltro in una cornice che ne sottolinea il carattere sostanzialmente episodico. Va, però, osservato per completezza, anche se su questo aspetto il ricorso in esame non si incentra, che, diversamente da quanto affermato dall’ordinanza impugnata, i colloqui con i Garanti territoriali, autorizzabili eccezionalmente e discrezionalmente, non possono essere considerati alternativi a quelli con i familiari come anche ribadito dalle pronunce di questa sezione pronuncia di questa sezione nn. 46169 e 53006, rispettivamente del 27/06/2018 e dell’11/07/2018 , che in quanto tali rientrano nel fine rieducativo della pena e sono riconducibili all’ambito dei diritti fondamentali dei detenuti salve sempre specifiche limitazioni in presenza di comprovate esigenze di sicurezza . Invero, il comma 2-quater lett. b del citato art. 41 bis ord. pen., quando fa riferimento al numero dei colloqui mostra chiaramente di confrontarsi con quelli ordinariamente ammessi con i familiari, visto che la previsione letterale indica i colloqui con persone diverse come vietati, facendo poi salvi i casi eccezionali, e proprio il carattere straordinario evidenzia come questo genere di colloqui abbia un fondamento che non si addice a cadenze prestabilite come quella mensile . 2. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.