La sottrazione dei documenti contabili è punibile previo accertamento del dolo specifico

Secondo gli Ermellini è necessario un nuovo esame per l’imputato che, avendo sottratto i libri e le altre scritture contabili dalla propria impresa individuale , è stato condannato per bancarotta fraudolenta documentale. Infatti, è illegittimo sollevare tale accusa senza prima aver accertato la sussistenza del dolo specifico.

Così deciso con la sentenza n. 10647/19, depositata l’11 marzo. La vicenda. La Corte del riesame di Messina confermava la condanna dell’imputato dichiarato fallito, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216, comma 1, n. 2, l. fall La Corte rilevava che l’imputato aveva sottratto i libri e le altre scritture contabili dalla propria impresa individuale . L’imputato ricorre in Cassazione sostenendo che era impossibile dedurre che la sottrazione della documentazione suddetta fosse a lui imputabile. Infatti, aggiunge il ricorrente, dalla sentenza impugnata non emerge la presenza del dolo specifico, essendo l’elemento che deve sorreggere la condotta oggetto di addebito . Il dolo specifico. La bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, l. fall. prevede due fattispecie alternative la sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili e la tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita . La S.C. ricorda che in ordine alla prima ipotesi è richiesto il dolo specifico , mentre, per la seconda fattispecie è richiesto un accertamento condotto sulle scritture contabili e dunque, in tal caso, è richiesto il dolo generico . La medesima Corte, inoltre, argomenta che il caso in esame ricade nell’ipotesi di sottrazione o distruzione della documentazione contabile e, dunque, richiedere l’accertamento del dolo specifico . Infine, precisa la Corte, per la configurabilità del reato suddetto è necessario accertare che lo scopo dell’omissione sia quello di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori . Il Collegio rileva che dalla sentenza impugnata non emerge nulla di quanto esposto e, dunque, ne discende l’annullamento con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 febbraio – 11 marzo 2019, n. 10647 Presidente Palla - Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Messina ha confermato la condanna di C.P. , dichiarato fallito, in ordine al reato di cui alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2, per avere sottratto i libri e le altre scritture contabili della propria impresa individuale. 2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando un unico motivo con il quale denuncia violazione di legge. Dalla stessa sentenza emergerebbe che C. era un mero prestanome, che tutta la documentazione della società era stata consegnata dal commercialista a tale B. , effettivo gestore dell’impresa individuale poi fallita, che la relativa sottrazione non poteva essere addebitata all’imputato, che nulla diceva la sentenza in merito al dolo specifico che deve sorreggere la condotta oggetto di addebito. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi e richiede il dolo generico Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611 Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904 . Il caso in rassegna, concernendo la sottrazione dei libri e delle scritture contabili, ricade nella prima ipotesi e dunque richiede il dolo specifico. Per la configurabilità del reato deve essere accertato che scopo dell’omissione sia quello di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. Su tale punto nulla dice la sentenza che, quindi, mostra una evidente carenza motivazionale su uno degli elementi costitutivi del reato. 3. Discende l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria.