L’obbligo di motivazione del giudice in caso di riconoscimento del vincolo della continuazione in sede esecutiva

Il giudice ha l’obbligo di fornire un’adeguata motivazione solo nel caso in cui la diminuzione di pena sia lieve. Con la decisione in commento, la Suprema Corte ha ribadito un principio, ormai consolidato in giurisprudenza, secondo cui l’obbligo di motivazione dei provvedimenti, ed in particolar modo quello connesso alla definizione dei criteri utilizzati per la determinazione della pena, è direttamente connesso all’entità della pena irrogata.

Ciò significa che maggiore è la sanzione applicata, maggiore sarà la necessità per il giudice di dare conto dei criteri adottati. Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 10026/19, depositata il 7 marzo. Ciò è chiaramente collegato ad un criterio di utilità processuale”, nel senso che ove si contesti il quantum e non anche la responsabilità, allora - se la pena in concreto irrogata non si discosta significativamente dal minimo di legge - non ha senso che il giudice sia censurato in merito al vizio di motivazione salvo ovviamente situazioni particolari ed abnormi , poiché l’eventuale nullità non avrebbe in concreto alcun effetto pratico sul piano processuale. Ma se così è, quid iuris nel caso in cui si richieda non già l’applicazione di una pena ma una sua diminuzione? Più precisamente, deve il giudice dare ampio conto delle proprie ragioni, anche quando applichi degli sconti di pena? La vicenda. Il caso di specie è emblematico sul punto, poiché la difesa, inter alia , ha lamentato che la decisione del giudice, volta ad applicare la continuazione in sede esecutiva tra diversi reati, fosse censurabile in quanto mancante di motivazione. Se non che la Suprema corte ha osservato che in sede di applicazione della continuazione nella fase esecutiva, il giudice che, per il reato satellite, ritenga di applicare un aumento di pena prossimo alla pena irrogata dal giudice della cognizione, è tenuto a fornire specifica motivazione sull’entità di tale aumento, atteso che il riconoscimento di un medesimo disegno criminoso determina, di per sé, una minore offensività della condotta illecita aggiunta”. Da qui, a contrario, il principio secondo cui solo qualora si ritenga di mantenere inalterata la pena detentiva irrogata in sede di cognizione o di effettuare solo una lieve diminuzione dell’entità della penale inflitta [sussiste] un obbligo rigoroso di enunciarne le ragioni in termini sufficientemente approfonditi”. Nella specie, secondo la Corte, poiché lo sconto di pena” era stato significativo, la difesa non poteva lamentarsi del vizio di motivazione, tenuto altresì conto che la decisione risultava del tutto immune da vizi rilevabili in cassazione con riferimento ai criteri indicati per escludere la continuazione con altri reati, ritenuti ultronei rispetto all’istituto in questione. Da qui il rigetto del ricorso, rigetto che appare ragionevole, specie con riferimento al vizio di motivazione lamentato in merito alla parte relativa ai benefici concessi. Dopo tutto, chiedere da parte della difesa che sia annullata una decisione non perché sbagliata, ma in quanto non spiega dettagliatamente perché vi siano stati concessi significativi sconti di pena, non appare essere – almeno nella generalità dei casi – un’istanza fondamentale del processo.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 dicembre 2018 – 7 marzo 2019, n. 10026 Presidente Mazzei - Relatore Cappuccio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 27 marzo 2018 la Corte di appello di Firenze ha parzialmente accolto l’istanza, presentata nell’interesse di B.C. , volta, oltre che alla revoca di una sentenza ai sensi dell’art. 69 c.p.p., comma 8, al riconoscimento del vincolo della continuazione, in executivis - tra i reati per cui B. è stato condannato con cinque sentenze, inserite, ai punti 4 , 5 , 6 , 7 e 8 relative ai reati di resistenza a pubblico ufficiale, commesso il omissis , violazioni del foglio di via obbligatorio, commesse il omissis , mancata presentazione alla Questura, commesso il omissis , rapina aggravata, commessa il 19 luglio 2011 del cumulo emesso dalla Procura generale toscana, e quelli per i quali egli ha riportato tre ulteriori condanne con sentenze allegate all’istanza ai numeri 2 , 3 e 4 relative, ai reati di resistenza a pubblico ufficiale, commesso il omissis , violazioni del foglio di via obbligatorio, commesse tra il omissis e, poi, tra il omissis - tra i reati per cui il B. è stato condannato con due sentenze, inserite, ai punti 1 e 2 del cumulo emesso dalla Procura generale toscana e relative a fatti di ricettazione accertati, rispettivamente, il 15 aprile 2004 ed il 17 giugno 2004. Il giudice dell’esecuzione ha, in specie, rigettato la richiesta di revoca della sentenza per carenza della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni indicate dall’art. 669 c.p.p. e osservato, quanto alla continuazione, che l’unicità del disegno criminoso può essere apprezzata con riferimento alle violazioni del foglio di via obbligatorio ed alla mancata presentazione alla Questura e, separatamente, tra le due ricettazioni ma non anche alle ipotesi di resistenza a pubblico ufficiale, connesse a situazioni contingenti, ed alla rapina, fattispecie del tutto eterogenea quanto a natura e modalità e, peraltro, commessa in concorso con altri soggetti in danno di esercizio commerciale, non influendo, la allegata condizione di tossico o alcol dipendenza, che non risulta aver costituito fattore avente specifica incidenza sulla commissione dei reati. 2, Il B. ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione articolando quattro motivi. Con il primo motivo, deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b ed e , in relazione all’art. 533 c.p.p., con riguardo all’omessa specificazione dei criteri che hanno orientato la discrezionalità del giudice nel determinare gli aumenti di pena per i singoli reati per i quali è stata riconosciuta la continuazione. Con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per avere il giudice dell’esecuzione irragionevolmente escluso la continuazione tra le violazioni al foglio di via obbligatorio e la rapina, commessa nel medesimo arco temporale ed espressione, al pari degli altri reati, di un unico disegno criminoso che, originato dalla condizione di dipendenza da alcol, aveva indotto il B. a permanere nell’area dalla quale avrebbe dovuto allontanarsi allo scopo di commettere reati funzionali al reperimento di somme di denaro. Con il terzo motivo, deduce, ulteriormente, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per avere il giudice dell’esecuzione, contraddittoriamente, riconosciuto la continuazione tra le due ricettazioni e non anche tra le due resistenze a pubblico ufficiale, commesse entrambe in Viareggio ed a distanza di appena due giorni. Con il quarto motivo, deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , per avere omesso di valutare l’istanza originaria nella parte in cui sollecitava anche l’applicazione del vincolo della continuazione tra i due reati di resistenza a pubblico ufficiale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Preliminarmente, va ricordato che la giurisprudenza di legittimità, con riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai finì dell’applicazione della continuazione ex art. 671 c.p.p. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156 . Tale programma, a sua volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata all’illecito, perché in tal caso la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950 . La verifica di tale preordinazione non può essere compiuta sulla base di indici meramente presuntivi ovvero di congetture processuali, essendo necessario dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione invocato siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso unitario Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, Bottari, Rv. 267596 . Ne discende che Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 . Per quanto concerne, più specificamente, il disposto dell’art. 671 c.p.p., comma 1, ultimo periodo, secondo cui Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza , la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che lo stato di tossicodipendenza deve essere valutato come elemento idoneo a giustificare la unicità del disegno criminoso con riguardo a reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell’istituto previsto dall’art. 81 c.p., comma 2, così, tra le tante, Sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014, Iannella, Rv. 261490 . 3. Il giudice dell’esecuzione ha spiegato, ricorrendo ad un apparato argomentativo completo e logico, perché il vincolo della continuazione non possa essere riconosciuto tra le contravvenzioni al foglio di via obbligatorio e la rapina commessa in concorso con altro soggetto ed in pregiudizio di un esercizio commerciale, in senso contrario non apparendo decisiva la contestualità spazio-temporale delle condotte nè la spinta a delinquere di bisogno legata alla dipendenza. A fronte dei rilievi avanzati con il secondo motivo di ricorso, va replicato come la totale eterogeneità, dal punto di vista dei beni offesi, delle condotte - funzionali, rispettivamente, a permanere su quella porzione di territorio ed a procurarsi un ingiusto profitto patrimoniale - costituisce elemento in radice ostativo al riconoscimento dell’invocata continuazione, apparendo ragionevole, sulla scorta del compendio probatorio risultante dalle sentenze di condanna, ritenere, come ha fatto il giudice dell’esecuzione in forza di valutazione di merito in questa sede insindacabile, che B. , nel momento in cui decise di sottrarsi, peraltro ripetutamente, alla prescrizione di allontanarsi dal territorio viareggino, non si era ancora prefigurato, neanche a grandi linee, che avrebbe commesso, nei giorni seguenti, la rapina de qua agitur. Nè è dato comprendere, va aggiunto, in qual modo la dedotta condizione di dipendenza da alcol, in quanto tale non assimilabile tout court a quella da sostanze stupefacenti, come chiarito, tra le altre, da Sez. 1, n. 7953 del 07/12/2017, dep. 2018, Cenname, non massimata abbia costituito veicolo di unificazione di condotte offensive di beni distinti e solo in parte funzionali al conseguimento di un obiettivo di natura economica. 4. Analogamente, ineccepibile si palesa, ad onta di quanto eccepito dal ricorrente con il terzo ed il quarto motivo, la decisione impugnata nella parte in cui nega che i due reati di resistenza a pubblico ufficiale, frutto di determinazioni ad ogni evidenza estemporanee e contingenti, costituiscano espressione di un disegno criminoso unitario, così esprimendo un giudizio che appare esente dai denunziati vizi di legittimità anche laddove posto a confronto con quello, di tenore opposto, espresso con riferimento alle due ricettazioni, condotte rientranti in una tipologia criminosa assai più compatibile, rispetto al delitto sanzionato dall’art. 337 c.p. che scaturisce dal contatto, per sua natura difficilmente preventivabile, con uno o più pubblici ufficiali , con l’unitarietà del disegno criminoso. 5. Infondato è anche il primo motivo di ricorso, con cui B. lamenta che il giudice dell’esecuzione non abbia offerto una specifica motivazione in ordine alla determinazione degli aumenti di pena inflitti per ciascun reato per il quale ha riconosciuto la continuazione. In proposito, va innanzitutto rilevato che il giudice dell’esecuzione ha irrogato, a titolo di continuazione, aumenti nella misura che di seguito si indica analiticamente - quindici giorni di arresto per ciascuno dei reati accertati con le sentenze emesse, rispettivamente, dal Tribunale di Lucca il 17 giugno 2015 e dal Tribunale di Firenze il 17 febbraio 2015, con ognuna delle quali B. è stato condannato alla pena di un mese di arresto - quarantacinque giorni di arresto per ciascuno dei reati accertati con le sentenze emesse dalla Corte di appello di Firenze il 12 maggio 2016 ed il 30 aprile 2015, con le quali B. era stato condannato alla pena, rispettivamente, di due mesi e quindici giorni di arresto e due mesi e cinque giorni di arresto - tre mesi di reclusione per il reato accertato con la sentenza del Tribunale di Firenze del 4 aprile 2006, con la quale il B. era stato condannato alla pena di sei mesi di reclusione e 300 Euro di multa. Il riepilogo testè operato consente di apprezzare la logica seguita dal giudice dell’esecuzione nel determinare gli aumenti nella misura di non più della metà della sanzione irrogata per i singoli reati nella sede di cognizione, così implicitamente mostrando di avere adeguatamente tenuto conto del minor disvalore di tali condotte, in quanto espressive del medesimo disegno criminoso in attuazione del quale sono stati commessi gli altri reati e non già di autonoma determinazione criminosa. Non sussiste, pertanto, il denunziato vizio di legittimità, non pretendendosi, a fronte di riduzioni di pena tanto significative, uno specifico onere motivatorio, secondo quanto confermato, con argomento a contrario, dall’indirizzo ermeneutico corrente presso la giurisprudenza di legittimità, stando al quale In tema di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, il giudice che, per il reato-satellite, ritenga di applicare un aumento di pena prossimo alla pena irrogata dal giudice della cognizione, è tenuto a fornire specifica motivazione sulle ragioni dell’entità di detto aumento, atteso che il riconoscimento del medesimo disegno criminoso implica, di per sé, una minore offensività della condotta illecita aggiuntiva Sez. 1, n. 23352 del 14/09/2017, Manganaro, Rv. 273050 . Posto, invero, che nel caso di riconoscimento del medesimo disegno criminoso, emerge una minore offensività delle condotte illecite, derivante dall’unitarietà della spinta a delinquere, è ragionevole inferire che solo qualora si ritenga di mantenere inalterata la pena detentiva irrogata in sede di cognizione o di effettuare solo una lieve diminuzione dell’entità della pena inflitta sussista un obbligo rigoroso di enunciarne le ragioni in termini sufficientemente approfonditi. 6. Il ricorso è, conclusivamente, passibile di rigetto, con conseguente condanna di B. al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 c.p.p., comma 1, primo periodo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.