La legittimazione, senza interesse, non è sufficiente per la richiesta di riesame del sequestro probatorio

Il riesame del sequestro probatorio può essere ammesso solo in presenza di un interesse concreto e dimostrato da parte dell’indagato non titolare dei beni stessi. Egli deve dunque dimostrare un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato nella restituzione della cosa come effetto del dissequestro.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8533/19, depositata il 27 febbraio. La vicenda. Il Tribunale di Salerno dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta da un indagato avverso il sequestro probatorio disposto dal PM. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’interessato dolendosi per aver il giudice ritenuto esclusa la sua legittimazione all’impugnazione in quanto la proprietà formale dei beni sequestrati era riferita alla sua società. Sottolinea inoltre il ricorrente che, a prescindere dalla proprietà formale dei beni, l’indagato ha interesse a rimuovere il provvedimento per evitare che questi entrino a far parte del materiale probatorio utilizzabile per la decisione. Interesse al riesame del sequestro probatorio. La Corte coglie l’occasione per ricordare che avverso il provvedimento di sequestro probatorio sono previsti, quali mezzi di contestazione, il riesame e l’opposizione. Se con il primo viene richiesta una verifica delle condizioni formali e sostanziali legittimanti l’adozione del provvedimento, con l’opposizione l’interessato chiede la restituzione della cosa in quanto ritiene venuta meno l’esigenza di mantenere il sequestro ai fini probatori. Si tratta quindi di due istituti che, seppur complementari, presentano differenze sostanziali in termini di finalità. Ciò posto, sottolineando che il ricorrente aveva inteso attivare il rimedio del reclamo e che al Tribunale spettava dunque la verifica della congruità degli elementi indiziari rispetto alla fattispecie ipotizzata e al rapporto di pertinenzialità delle cose sequestrate, il Collegio affronta la questione dell’interesse all’impugnazione del provvedimento di sequestro a fini di verifica della funzione probatoria. In primo luogo, si rileva che il ricorrente deve sicuramente essere considerato legittimato a chiedere il riesame in quanto indagato. La sola legittimazione – sottolinea la sentenza – però non è sufficiente per la proposizione dell’impugnazione, in quanto bisogna anche avere interesse all’impugnazione . La giurisprudenza afferma infatti pacificamente che il riesame del sequestro dei beni può essere ammesso solo in presenza di un interesse concreto e dimostrato da parte dell’indagato non titolare dei beni stessi. Egli deve dunque dimostrare un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. Precisa inoltre la sentenza che il procedimento attinente alle misure cautelari reali è del tutto autonomo rispetto a quello principale di merito, ha cioè natura incidentale e il procedimento principale non può mai assumere un rapporto di dipendenza da quello incidentale. [] La decisione cautelare non può, quindi, mai porsi in contrasto con il contenuto della sentenza, seppur non definitiva, stante la relazione di necessaria strumentalità esistente tra il procedimento incidentale e quello principale . In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 novembre 2018 – 27 febbraio 2019, n. 8533 Presidente Di Nicola – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Salerno - Sezione riesame -, con ordinanza del 28 maggio 2018, ha dichiarato inammissibile per mancanza di legittimazione dell’indagato la richiesta di riesame proposta da P.M. avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio disposto dal P.M. presso il Tribunale di Salerno il 4 maggio 2018. La Guardia di Finanza aveva sequestrato i seguenti beni documenti DAS nr. 1783, 1791 e relative fatture una pensilina, 3 colone erogatrici per distributore interno 4 serbatoi contenenti gasolio per autotrazione, gasolio agricolo, benzina agricola relativamente all’ipotizzato reato di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 40, lett. B9 e art. 49. 2. Ricorre per cassazione P.M. , tramite il difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge, art. 324 c.p.p Il Tribunale ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal ricorrente indagato poiché il ricorso avrebbe dovuto proporlo il legale rappresentante della Società Carburanti P. s.r.l. proprietaria dei beni in sequestro e avente diritto alla loro restituzione . L’art. 324 c.p.p. prevede la legittimazione all’impugnazione dell’imputato e del suo difensore, a prescindere dalla proprietà dei beni in sequestro. L’indagato ha diritto a rimuovere il provvedimento di sequestro probatorio anche al solo fine di evitare che il bene entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile per la decisione. Gli artt. 257 e 322 c.p.p. indicano, infatti, sia l’imputato e sia il suo difensore quali entrambi legittimati alla proposizione dell’impugnazione. Inoltre il ricorrente oltre ad essere indagato è anche l’unico socio della società ed il legale rappresentante della stessa. Egli, quindi, ha un interesse concreto ed attuale alla restituzione dei beni in sequestro. Ha chiesto pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza del motivo di ricorso, in quanto non è stato dimostrato davanti al Tribunale del riesame l’interesse all’impugnazione. Per una parte minoritaria e non condivisa della giurisprudenza della Cassazione In tema di sequestro probatorio, l’interesse dell’imputato a proporre richiesta di riesame prescinde dall’interesse alla restituzione della cosa, in quanto l’indagato ha diritto a chiedere la rimozione del provvedimento anche al solo fine di evitare che l’oggetto in sequestro entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile Fattispecie relativa al sequestro del corpo del reato - Sez. 5, n. 8207 del 22/11/2017 - dep. 20/02/2018, Xu, Rv. 27227301 vedi anche Sez. 4, n. 6279 del 01/12/2005 - dep. 17/02/2006, Galletti ed altro, Rv. 23340201 e Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011 - dep. 01/09/2011, Chiriaco, Rv. 25109101 . Occorre, anzitutto, rilevare che contro il provvedimento di sequestro emesso ai sensi dell’art. 253 c.p.p. sono previsti due diversi mezzi di contestazione il riesame, disciplinato dall’art. 257 c.p.p., e l’opposizione, regolata dal successivo art. 263, comma 5. Mentre attraverso il riesame viene richiesto, al competente Tribunale, ai sensi dell’art. 324 c.p.p., di verificare la sussistenza delle condizioni, formali e sostanziali, legittimanti l’adozione del provvedimento, con l’opposizione l’interessato richiede la restituzione della cosa in quanto, a suo giudizio, è venuta meno l’esigenza di mantenere il sequestro ai fini della prova. I due istituti, dunque, pur tra loro complementari, presentano sostanziali differenze poiché, il primo, mira ad accertare la legittimità originaria del sequestro, la seconda, tende a verificare la persistenza dei presupposti applicativi dello stesso. In sede di riesame, pertanto, non è in discussione il tema della restituzione della cosa oggetto di sequestro, bensì la sussistenza dei presupposti del sequestro al momento dell’adozione del relativo provvedimento. Nel caso in giudizio, il ricorrente ha, infatti, inteso attivare il reclamo disciplinato dall’art. 257 c.p.p., e al Tribunale di Salerno competeva di accertare la sussistenza di quei presupposti e, dunque, da un lato, di verificare la congruità degli elementi indiziari raccolti dall’accusa in relazione alla fattispecie delittuosa ipotizzata ed il rapporto di pertinenzialità delle cose oggetto di sequestro, rispetto alla stessa fattispecie, dall’atro, di individuare le concrete finalità probatorie ad essa attribuite in funzione dell’accertamento dei fatti. Il problema della restituzione dei beni non veniva, dunque, in rilievo. Deve però affrontarsi la questione dell’interesse all’impugnazione del provvedimento di sequestro al fine non già di eliminazione del vincolo e restituzione del bene che nel caso in giudizio non viene in rilievo, per essere i beni della società e non del ricorrente indagato ma di controllo definitivo e immediato dell’acquisizione della res in funzione probatoria. Invero il problema posto dal ricorrente riguarda l’eliminazione dei beni dal materiale probatorio relativo al successivo giudizio di merito opina, infatti, il ricorrente l’interesse dell’indagato a proporre riesame del sequestro probatorio prescinde del tutto dall’interesse ad ottenere la restituzione della cosa, ove si consideri il diritto dello stesso indagato di richiedere la rimozione del provvedimento anche al solo fine di evitare che l’oggetto in sequestro entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile, nonché il diritto a verificare che il mezzo che tenda all’acquisizione della prova abbia ingresso nel procedimento solo nei casi e nei limiti previsti dalla legge . Così posta la questione deve rilevarsi che sicuramente il ricorrente è legittimato, in quanto indagato artt. 257 e 322 c.p.p. . La sola legittimazione però non è sufficiente per la proposizione dell’impugnazione, in quanto bisogna anche avere interesse all’impugnazione, oltre alla legittimazione art. 568 c.p.p., comma 5 Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse . In sostanza il ricorrente richiede di configurare il procedimento incidentale di riesame quale controllo primario e definitivo delle questioni probatorie, subordinando allo stesso procedimento di riesame anche quello principale di merito ciò che si determina nel riesame avrà infatti effetti, poi, nel giudizio di merito, sulle questioni probatorie i beni oggetto del sequestro se venissero restituiti non entrerebbero nel materiale valutabile ai fini probatori nel successivo giudizio questa è la richiesta del ricorrente, esplicitata chiaramente nel ricorso per cassazione . Non può sussistere, invece, un rapporto di dipendenza del rapporto principale a quello incidentale. Mentre quello incidentale ha, e non può non avere, un limitato scopo, quello principale è la sede naturale e logica per tutte le questioni attinenti alle prove del reato. 3. 1. La questione del controllo concreto di un provvedimento di perquisizione e di sequestro è stata anche di recente analizzata dalla Corte e.d.u. Sez. 1, 27 settembre 2018, n. 52278/2011 ric. Brazzi c. Italia, che ha stabilito alcuni principi validi anche per il caso in odierno giudizio. La Corte e.d.u. ha chiarito che un controllo giurisdizionale deve esserci sulla perquisizione e sull’eventuale sequestro nel caso si era trattato di un sequestro negativo, ovvero nulla era stato sequestrato , che, nell’ipotesi di illegittimità della perquisizione e del sequestro escluda anche le prove dal processo. Questo controllo, necessario e obbligatorio, può, però, intervenire ex post. Invero la Corte e.d.u. pone come obbligatorio un completo controllo giurisdizionale, ma lo stesso non deve necessariamente intervenire fuori dal procedimento principale nel procedimento incidentale di riesame, nel nostro caso ma nella sede naturale il giudizio di merito . 3. 2. Del resto, è stato ritenuto dalle S.U. della Cassazione Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017 - dep. 07/09/2017, Andreucci, Rv. 27049701 che sussiste un interesse al riesame anche nelle ipotesi di restituzione di un computer, previa estrazione di copia dei dati informatici Può in definitiva ritenersi che, in tali casi, nonostante la restituzione del supporto sul quale il dato è contenuto, permanga comunque un interesse all’impugnazione del provvedimento ablativo per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi. Deve tuttavia trattarsi di un interesse concreto ed attuale, specifico ed oggettivamente valutabile sulla base di elementi univocamente indicativi della lesione di interessi primari conseguenti alla indisponibilità delle informazioni contenute nel documento, la cui sussistenza andrà dimostrata, non potendosi ritenere sufficienti allo scopo generiche allegazioni . Ciò sta a significare che l’analisi della legittimità del sequestro è cosa diversa dalla richiesta di restituzione, sono due piani diversi che possono interferire, ma anche restare autonomi. 4. Deve, quindi, ribadirsi la giurisprudenza di questa Corte che ritiene ammissibile il riesame del sequestro di beni solo nella presenza di un interesse concreto, dimostrato L’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. Nella specie, è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso dell’indagato per la restituzione di beni in sequestro di proprietà di una società in accomandita, in quanto, sebbene egli ne fosse il legale rappresentante, aveva presentato il ricorso in proprio né è stato ravvisato un interesse nell’ottenimento, come indagato, di una pronuncia sull’insussistenza del fumus commissi delicti , attesa l’autonomia del giudizio cautelare da quello di merito Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017 - dep. 13/10/2017, Ruan e altri, Rv. 27123101 vedi anche Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016 - dep. 10/03/2016, Piances, Rv. 26671301 e Sez. 2, n. 50315 del 16/09/2015 - dep. 22/12/2015, Mokchane, Rv. 26546301 . 4. 1. Del resto il procedimento attinente alle misure cautelari reali è del tutto autonomo rispetto a quello principale di merito, ha cioè natura incidentale vedi, per l’analogo giudizio sulle misure cautelari personali, Sez. 2, n. 1489 del 23/02/1990 - dep. 19/05/1990, PIRAS, Rv. 18475701 e il procedimento principale non può mai assumere un rapporto di dipendenza da quello incidentale Nel caso in cui la misura cautelare personale sia revocata nelle more del procedimento incidentale di impugnazione, l’interesse al gravame non può radicarsi in funzione del conseguimento della pronuncia della Corte di Cassazione sulla insussistenza degli indizi di colpevolezza ex art. 405 c.p.p., comma 1-bis, in quanto il giudice di legittimità non si pronuncia sulla mancanza di indizi, bensì il suo sindacato riguarda di regola il difetto di motivazione sul fumus commissi delicti , con la conseguenza che la disposizione citata, meccanicamente interpretata, determinerebbe un rapporto di dipendenza del procedimento principale da quello incidentale. Nella fattispecie la Corte ha peraltro ritenuto meramente teorico il presupposto applicativo della norma circa l’esclusione dell’acquisizione di ulteriori elementi a carico dell’indagato Sez. 2, n. 34605 del 26/06/2008 - dep. 03/09/2008, Pennisi, Rv. 24070201 . La decisione cautelare non può, quindi, mai porsi in contrasto con il contenuto della sentenza, seppure non definitiva, stante la relazione di necessaria strumentalità esistente tra il procedimento incidentale e quello principale allo scopo, infatti, la sopravvenienza di una sentenza di condanna fa certamente venire meno l’interesse dell’indagato alla procedura di riesame - anche in sede di rinvio per l’annullamento della Cassazione - con riferimento al profilo concernente la sussistenza del fumus o dei gravi indizi di colpevolezza per le misure cautelari personali , in relazione ala condanna di merito vedi Sez. 1, n. 55459 del 15/06/2017 - dep. 12/12/2017, Gagliardi, Rv. 27239801 . La mancata dimostrazione dell’interesse all’impugnazione sia davanti al giudice del riesame e sia in sede di ricorso per cassazione comporta l’inammissibilità del ricorso per cassazione. 5. In considerazione della problematica giuridica sul punto, e della contrastante giurisprudenza di legittimità, non sussistono ipotesi di colpa nella proposizione del ricorso per cassazione da parte del ricorrente e, quindi, non si condanna lo stesso al pagamento della somma per la Cassa delle ammende sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.