Banconote da 20 euro false proposte alla commessa: condannato

A inchiodarlo è la verifica effettuata dalla donna. Appurata la contraffazione non solo di quelle due banconote ma anche delle altre tre, sempre da 20 euro, presenti nel portafogli dell’uomo. Impossibile parlare di valore economico irrilevante. Respinta anche la tesi difensiva della buonafede.

L’ha inchiodato la cassiera di un negozio è stata lei, difatti, a manifestare perplessità una volta prese in mano le due banconote da 20 euro utilizzate dal cliente per pagare, e poi ad appurare che esse erano contraffatte. E così l’uomo è passato da compratore a condannato, colpevole di aver provato a mettere in circolazione banconote false, cioè le due consegnate alla cassiera e altre tre presenti nel portafogli. Impossibile ipotizzare buonafede nella sua condotta. Per i Giudici è poco plausibile che l’uomo sostenga di avere avuto quelle banconote come resto in un bar dove ha pagato una consumazione con una banconota da 200 euro, ma non ricordi alcun dettaglio su quell’episodio, verificatosi appena due giorni prima della scoperta fatta dalla cassiera del negozio Cassazione, sentenza n. 8432/19, sez. V Penale, depositata oggi . Consumazione. Scenario della vicenda è la città di Bologna. Protagonista in negativo un uomo, 40 anni circa, che finisce sotto accusa per avere provato a spendere due banconote da 20 euro false in un esercizio commerciale. A smascherarlo è stata la cassiera, che si è insospettita, una volta preso in mano il contante, e ha effettuato la decisiva verifica con un apposito apparecchio elettronico. Inevitabile il processo, che si conclude con una condanna sia in Tribunale che in Appello. Condivisa anche la decisione sulla pena l’imputato è sanzionato con un anno di reclusione e 180 euro di multa . Nessun dubbio, secondo i Giudici, sulla sua malafede, ossia sulla consapevole intenzione di ‘piazzare’ banconote false. Questa visione, fortemente contestata dal legale dell’imputato, viene ritenuta assolutamente corretta anche dai Giudici della Cassazione. A loro parere, difatti, è insostenibile, checché ne dica la difesa, la tesi della buonafede nella ricezione delle banconote contraffatte . Ciò perché non è credibile che l’uomo abbia pagato, due giorni prima, una consumazione in un bar con una banconota da 200 euro , ricevendo, a suo dire, le banconote false come resto, e ancor meno credibile è che egli non ricordi il nome, la via, la zona di quel locale . Irrilevante anche il fatto che egli era in possesso anche di banconote vere, del medesimo ‘taglio’ di quelle contraffatte . Respinta, infine, l’ipotesi della speciale tenuità del fatto. Su questo fronte, in particolare, viene sottolineato l’importo complessivo delle banconote false detenute dall’uomo, cioè 100 euro. Impossibile parlare di valore economico irrilevante , concludono i Giudici della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 – 26 febbraio 2019, n. 8432 Presidente Morelli - Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 29/05/2018, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del 15/02/2016 con la quale il Tribunale di Bologna aveva dichiarato Re. Ci. responsabile del reato di cui all'art. 455 cod. pen. per aver detenuto 5 banconote contraffatte da 20 Euro, due delle quali tentava di spendere presso un esercizio commerciale e, con le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena - condizionalmente sospesa - di anni 1 di reclusione ed Euro 180 di multa. 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione Re. Ci., attraverso il difensore avv. Al. Cr., articolando varie censure di seguito enunciate nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Il ricorso denuncia inosservanza degli artt. 42, 43, 56, 457 cod. pen. e vizi di motivazione in relazione all'insussistenza di elementi sulla mala fede del ricorrente al momento della ricezione delle banconote, ritenuta acriticamente dalla sentenza impugnata laddove l'imputato aveva riferito di aver ricevuto le banconote come resto del pagamento con una banconota da 200 Euro per una consumazione in un bar nei quartieri bolognesi San Donato Pilastro. Sull'elemento soggettivo del dolo specifico, la sentenza attribuisce al ricorrente la responsabilità a titolo obiettivo nella mera spendita di due delle banconote ricevute in occasione del cambio, rivelatesi immediatamente e grossolanamente inspendibili alla cassiera dell'esercizio commerciale, mentre Ci. non ha una capacità di conoscenza assimilabile a quella di una commessa. La buona fede dell'imputato è comprovata dalla circostanza che deteneva anche quattro banconote da 20 Euro genuine, sicché è ragionevole che avesse ricevuto, in occasione del cambio della banconota da 200 Euro, alcune banconote false ed alcune genuine. Il ricorso, inoltre, denuncia erronea applicazione dell'art. 49 cod. pen., desumendosi l'inoffensività della condotta dall'immediata percepibilità e grossolanità del falso, e dell'art. 62, primo comma, n. 4 , cod. pen. in considerazione del carattere comunque assai modesto dell'importo globale delle banconote false detenute. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il nucleo essenziale dell'impugnazione è orientato a criticare le decisioni di merito li dove hanno escluso la buona fede dell'imputato nella ricezione delle banconote contraffatte. Sul punto, tuttavia, la sentenza impugnata ha motivato escludendo, in buona sostanza, la credibilità della tesi difensiva sulla base del duplice rilievo che non è credibile che l'imputato abbia pagato una consumazione in un bar con una banconota da 200 Euro e che è ancor meno credibile che egli non ricordasse il nome, la via, la zona di un locale dove, a suo dire, solo due giorni prima aveva pagato con una banconota da 200 Euro di qui la conclusione che l'imputato aveva ricevuto le banconote nella consapevolezza della loro falsità. La linea argomentativa così sviluppata è coerente con i dati probatori richiamati ed immune da cadute di consequenzialità logica, mentre il tentativo del ricorrente di delineare una diversa ricostruzione dell'elemento psicologico del fatto si risolve nel tentativo di sollecitare questa Corte di legittimità ad una rivisitazione degli elementi posti a fondamento delle conformi decisioni di merito, ossia nella deduzione di inammissibili questioni di merito deve infatti ribadirsi, sulla scorta dell'insegnamento delle Sezioni unite, che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè . Né in senso contrario può argomentarsi sulla base della circostanza che, al momento del fatto, l'imputato era in possesso anche di banconote del medesimo taglio di quelle contraffate, trattandosi di elemento all'evidenza inidoneo a disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516 . 3. Del pari inammissibili sono le ulteriori censure quanto alla dedotta grossolanità dei falsi, la Corte distrettuale ha rilevato che l'accertamento della falsità delle banconote è avvenuto dopo che la cassiera, pur abituata a maneggiare denaro, ha avuto dei dubbi sulla loro genuinità, tanto da confrontarsi con alcuni colleghi e solo dopo che le banconote furono verificate da un apposito apparecchio, laddove il ricorso omette in toto di confrontarsi con i dati e gli argomenti valorizzati dal giudice di appello, risultando, sotto questo profilo, del tutto carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849 quanto alla circostanza attenuante della speciale tenuità, la Corte di appello ne ha escluso la sussistenza rilevando la non lieve entità dell'importo complessivo delle banconote false detenute 100 Euro , affermazione, questa, del tutto in linea con il consolidato principio di diritto in forza del quale la fattispecie circostanziale in questione presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrilevante ex plurimis, Sez. 5, n. 24003 del 14/01/2014, Lanzini, Rv. 260201 Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017 - dep. 13/02/2017, Sicu, Rv. 269241 , il che rende ragione della manifesta infondatezza della censura. 4. Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di profili idonei ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che si stima equa, di Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.