Violazione della diligenza processuale da parte dell’imputato: esclusa la restituzione nel termine

Non sussiste l’ipotesi di mancata conoscenza incolpevole del processo nel caso in cui l’imputato, dopo la rinuncia al mandato da parte dell’avvocato di fiducia, non abbia provveduto alla sostituzione e si sia disinteressato delle sorti del procedimento proseguito con la nomina di un difensore d’ufficio.

Così la sentenza n. 8081/19, depositata dalla Corte di Cassazione il 25 febbraio. La vicenda. Il Tribunale di Ravenna rigettava l’istanza di rimessione in termini proposta da un imputato condannato dal Tribunale medesimo per il reato di cui all’art. 10- ter d.lgs. n. 74/2000. Avverso tale provvedimento, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione dolendosi della mancata notifica personale della sentenza di condanna, stante la rinuncia al mandato del difensore. Invoca dunque la nullità del titolo esecutivo e la tutela del proprio diritto di difesa, violato dal rigetto dalla richiesta di remissione in termine per impugnare la pronuncia. Rinuncia al mandato. Ripercorrendo la vicenda, il Collegio sottolinea che la rinuncia al mandato del difensore di fiducia era stata comunicata all’interessato prima della sentenza, ma egli non aveva provveduto alla nomina di un nuovo difensore, ragion per cui ne era stato nominato uno d’ufficio. La pubblicazione della sentenza era poi avvenuta mediante lettura del dispositivo in udienza dove era presenta il difensore d’ufficio. Posto il successivo deposito della motivazione entro il termine di 90 giorni indicato dalle norme, nessuna comunicazione doveva essere notificata al ricorrente. La giurisprudenza afferma infatti che la rinuncia al mandato difensivo in assenza di una successiva nomina di un secondo difensore di fiducia, comporta l’obbligo per il giudice, a pena di nullità, di nominare un avvocato d’ufficio, fermo restando che l’eventuale designazione temporale di un sostituto ex art. 97, comma 2, c.p.p. è consentita nei soli casi di impedimento temporaneo del difensore. In conclusione, la Corte, escludendo l’incolpevole mancata conoscenza del processo a causa della palese inosservanza dell’onere della diligenza processuale del ricorrente, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 novembre 2018 – 25 febbraio 2019, n. 8081 Presidente Aceto – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12 giugno 2018 il Tribunale di Ravenna ha rigettato l’istanza di rimessione in termini proposta da R.S. , condannato dal medesimo Tribunale alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 ter. 2. Avverso il predetto provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi di impugnazione. 2.1. Col primo motivo, il ricorrente ha dedotto illogicità e carenza della motivazione in relazione all’art. 442 c.p.p., comma 3, e art. 585 c.p.p., comma 3. In particolare, attesa la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, lo stesso ricorrente non aveva ricevuto alcuna notifica della sentenza di condanna, così determinandone l’impossibilità di proporre impugnazione. Ciò posto, doveva ritenersi nulla l’esecutività del titolo, stante la mancanza dell’effettiva conoscenza della decisione, in quanto la sentenza dovesse essere notificata all’imputato non comparso. 2.2. Col secondo motivo è stata dedotta illogicità e carenza della motivazione in relazione all’art. 175 c.p.p., stante la finalità della restituzione in termini, ossia di consentire l’effettiva tutela del diritto di difesa. In difetto di concessione del termine veniva invero eliso il diritto dell’imputato di scegliere il proprio difensore, allorché fosse rimasto privo di assistenza non per sua volontà. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 4. Il ricorso è inammissibile. 4.1. In ordine ai motivi di impugnazione proposti, si rileva in primo luogo che il provvedimento impugnato ha disatteso la richiesta di rimessione in termini dell’odierno ricorrente osservando che 1 la rinuncia al mandato da parte dell’originario difensore di fiducia risultava comunicata all’imputato ancora in data 16 febbraio 2016, come era desumibile dalla sottoscrizione di ricevuta apposta dall’interessato in calce alla comunicazione stessa 2 l’interessato non aveva provveduto alla nomina di altro difensore di fiducia 3 era stato nominato un difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 2 4 la pubblicazione della sentenza del 16 dicembre 2016, che aveva appunto condannato l’odierno ricorrente, era avvenuta mediante lettura del dispositivo 5 l’imputato era rappresentato in tale sede dal difensore d’ufficio 6 il deposito della motivazione era avvenuto il 14 marzo 2017, ossia entro il termine di giorni novanta siccome indicato al momento della lettura del dispositivo 7 alcuna decisione doveva quindi essere notificata all’odierno ricorrente. 4.1.1. Al riguardo, il ricorrente v. anche supra ha lamentato la mancata notifica della sentenza in quanto la rinuncia del difensore fiduciario, domiciliatario, gli aveva impedito di fatto la conoscenza dell’esito della sentenza. Atteso poi che il Giudice si era riservato un termine maggiore di quindici giorni per il deposito della motivazione, il termine per impugnare decorreva comunque dalla data di notificazione dell’avviso di deposito. Tutto ciò in relazione alla permanente vigenza della norma di cui all’art. 442 c.p.p., comma 3. Accanto a tale rilievo, il ricorrente ha invocato la necessità, di fonte sovranazionale, di essere messo in condizione di essere assistito da un difensore di propria scelta, sussistendo quindi il diritto alla restituzione in termini al fine di evitare soluzioni di continuità nell’assistenza dell’imputato. 4.1.2. Ciò posto, il Procuratore generale - dopo avere osservato che il ricorrente non aveva contestato l’effettiva conoscenza della rinuncia del difensore fiduciario - ha richiesto l’annullamento con rinvio osservando che non era chiaro se la nomina del difensore fosse avvenuta a norma del primo ovvero dell’art. 97 c.p.p., comma 4, atteso che la precaria investitura di cui al comma 4, avrebbe potuto in concreto compromettere la previa ed autonoma facoltà d’impugnazione. 4.2. Il ricorso è manifestamente infondato. 4.2.1. Vero è infatti che il ricorrente non ha affatto contestato né la propria piena consapevolezza dell’avvenuta rinuncia al mandato difensivo da parte del difensore fiduciario, né la mancata scelta di altro difensore di fiducia da parte del medesimo interessato, né la nomina di altro difensore d’ufficio in proposito, quanto ai rilievi del Procuratore generale, il riferimento all’art. 97, comma 2 cit., contenuto nel provvedimento impugnato, appare del tutto corretto, in quanto detta norma disciplina i criteri di nomina del difensore d’ufficio di cui al comma 1, che deve essere nominato allorché l’imputato non abbia nominato un difensore di fiducia ovvero ne sia rimasto privo in ogni caso, peraltro, non è stata neppure oggetto di alcun rilievo l’intestazione della sentenza del Tribunale di Ravenna pronunciata nei riguardi del ricorrente, che riportava tanto il nominativo del difensore d’ufficio, avvocato Cristina Beghi, quanto il nominativo del difensore in sostituzione espressamente designato a norma dell’art. 97 c.p.p., comma 4, ossia l’avvocato OMISSIS . Al riguardo, è stato appunto affermato che la rinuncia al mandato difensivo comporta l’obbligo per il giudice, a pena di nullità, di nominare all’imputato - che non abbia provveduto ad una nuova nomina fiduciaria - un difensore d’ufficio, in quanto l’eventuale designazione temporanea di un sostituto, ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4, avendo natura episodica, è consentita nei soli casi di impedimento temporaneo del difensore di fiducia o di quello di ufficio Sez. 1, n. 16958 del 23/02/2018, Esposito, Rv. 272603 . A detti principi risulta essersi attenuto il primo Giudice. Da un lato il ricorrente ha infatti dedotto, a fondamento dell’istanza di rimessione in termini, l’omessa notifica della decisione dall’altro ha richiamato la norma di cui all’art. 442 c.p.p., comma 3, comunque dettata per la diversa ipotesi di giudizio abbreviato ed anche a prescindere da ogni questione sulla sua attuale vigenza, cfr. Sez. 1, n. 31049 del 22/05/2018, Careri, Rv. 273485 cfr. Sez. 3, n. 32505 del 19/01/2018, Rv. 273695 infine ha invocato quanto deciso da Sez. 5, n. 38239 del 06/04/2016, Gallo, Rv. 267787, secondo cui il giudice, durante la decorrenza del termine concesso ex art. 108 c.p.p., al difensore subentrato a quello revocato o rinunciante, può legittimamente compiere - continuando ad avvalersi del difensore originario, ovvero sostituendolo ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4, - solo le attività processuali il cui svolgimento risulti in concreto incompatibile con il decorso del predetto termine, essendo, invece, tenuto al differimento delle altre, salvo che l’avvicendamento dei difensori risulti avere finalità meramente dilatorie in specie, era stata ritenuta illegittima la decisione del giudice dibattimentale che, dopo aver concesso il termine di difesa ex art. 108 c.p.p., al difensore subentrato a quello rinunciante non comparso, aveva sostituito quest’ultimo con uno d’ufficio, procedendo poi alla discussione ed adottando la sentenza . 4.2.2. Ciò posto, i richiami normativi e giurisprudenziali sono del tutto fuori luogo, essendosi trattato, da un lato, di giudizio svoltosi nelle forme ordinarie ed in ragione, dall’altro, del differente oggetto della doglianza, ossia la mancata notificazione personale della sentenza. In specie, infatti, è esente da censura la motivazione del Giudice ravennate, che ha appunto rilevato senza che in proposito sia stato eccepito alcunché col presente ricorso che al momento della lettura del dispositivo era stato indicato il termine di novanta giorni per il deposito della motivazione ai sensi pertanto della norma di cui all’art. 544 c.p.p., comma 3 , e che detto termine era stato rispettato, con la conseguente inapplicabilità della previsione di cui all’art. 548 c.p.p., comma 2, che appunto prevede la notificazione personale solamente nell’ipotesi di deposito della sentenza al di fuori del termine, fissato ex lege ovvero indicato dal Giudice appunto a norma dell’art. 544, comma 3 cit. . Mentre la sentenza di merito aveva dato atto della nomina del difensore d’ufficio v. supra . In ragione di ciò, i termini per l’impugnazione decorrevano ritualmente a norma dell’art. 585 c.p.p., comma 2, lett. c prima parte, ossia dalla scadenza del termine determinato dal giudice per il deposito della sentenza. Né, per quanto possa valere, si ricade in un’ipotesi di incolpevole mancata conoscenza del processo, attesa la palese mancanza, da parte dell’odierno ricorrente, dell’onere ineludibile di diligenza processuale cfr. Sez. 2, n. 14787 del 25/01/2017, Xhami, Rv. 269554 . 5. Ne consegue l’inammissibilità dell’impugnazione. 5.1. Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.