Come procedere in giudizio in caso di detenzione dell’imputato per altra causa

La detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del processo in contumacia.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 7862/19, depositata il 21 febbraio. La vicenda. Il difensore dell’imputato propone ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado che , confermando la sentenza di prime cure, lo condannava per il reato di cui all’art. 55, comma 9, d.lgs. n. 231/2007. In particolare, all’imputato era stato impedito di prendere parte al processo poiché si trovava in stato di detenzione per altra causa. Per la Corte territoriale l’imputato, presente all’udienza precedente, era a conoscenza della data in cui si sarebbe svolto il giudizio pertanto sarebbe dovuto comparire. L’impedimento dell’imputato a comparire in udienza. Dai verbali di udienza, visionati dalla Suprema Corte, risulta che il difensore aveva fatto presente lo stato di detenzione per atra causa del suo assistito, ma non ne era stata disposta la traduzione. Al riguardo, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la detenzione dell’imputato per altra causa, comunicata in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del processo in contumacia, anche nel caso in cui l’imputato stesso avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, poiché non si configura a suo carico un onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento. Ebbene, nel caso in esame si è determinata una nullità insanabile del processo che impone l’annullamento della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 gennaio – 21 febbraio 2019, n. 7862 Presidente Verga - Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1. Il difensore di C.C. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 15/12/2017, che aveva confermato la sentenza di primo grado con la quale C. era stato condannato per il reato di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9. 1.1 Al riguardo, il difensore deduce l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità visto che all’imputato era stato impedito di prendere parte al processo, posto che C. era stato tratto a giudizio direttissimo dinnanzi al Tribunale di Firenze, udienza che si era conclusa con la convalida dell’arresto e la richiesta di termine a difesa all’udienza successiva 17/09/2015 il difensore aveva manifestato l’impossibilità dell’imputato a comparire in quanto detenuto per altra causa, ma il Tribunale aveva respinto l’eccezione per cui il difensore, munito di procura speciale, aveva chiesto procedersi con rito abbreviato. L’eccezione di nullità era stata riproposta in appello, ma la Corte di appello la aveva respinta in quanto C. , presente all’udienza precedente, era a conoscenza della data in cui si sarebbe svolto il giudizio abbreviato l’affermazione era erronea in quanto all’udienza in cui C. era presente il giudizio abbreviato non era ancora stato incardinato, per cui era stata erroneamente applicata la disciplina prevista per le udienze a seguito di giudizio abbreviato, nelle quali l’imputato detenuto può comparire solo ove ne abbia fatto richiesta. Considerato in diritto 1.Il ricorso è fondato. 1.1 Risulta infatti dai verbali di udienza, che questa Corte ha direttamente visionato, potendo esaminare direttamente gli atti per verificare l’integrazione della violazione denunziata, quale giudice del fatto processuale Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304 , che alla prima udienza era stato disposto un semplice rinvio con concessione del termine a difesa richiesto, mentre all’udienza del 17 settembre 2015, come esposto dal ricorrente, il difensore aveva fatto presente lo stato di detenzione per altra causa del ricorrente, ma non ne era stata disposta la traduzione. A tale proposito, è principio costantemente affermato da questa Corte, che La detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento. Sez. 2, Sentenza n. 8098 del 10/02/2016, Moccia e altri, Rv. 266217 - 01 vedi anche Sez.0, sent. n. 37483 del 26/09/2006, dep. 14/11/2006, Rv. 234600 La detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento. Nella specie, in cui la contumacia, dichiarata in primo grado e censurata con specifico motivo di impugnazione, era stata ritenuta legittima in appello, la Corte ha annullato sia la sentenza di primo grado che quella di secondo grado, rinviando il giudizio al tribunale . Si deve poi rilevare che la Corte di appello, nel respingere l’eccezione, ha fatto erroneamente riferimento alla giurisprudenza di questa Corte relativa al giudizio camerale di appello, non applicabile nel caso in esame infatti, le regole espressamente dettate per il giudizio camerale di appello e, in particolare, l’art. 599 c.p.p., comma 2 non sono applicabili al giudizio di primo grado celebrato con rito abbreviato. Diversi sono, infatti, i principi applicabili nel giudizio camerale di appello, per il quale l’art. 599 c.p.p., comma 2, dispone che il legittimo impedimento dell’imputato comporta il rinvio dell’udienza soltanto allorché l’imputato abbia manifestato la volontà di comparire. Analogamente, anche l’art. 127 c.p.p. richiamato dall’art. 599 dispone ai commi 3 e 4 che l’interessato detenuto deve essere sentito sempre che ne faccia richiesta e che l’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato che abbia chiesto di essere sentito personalmente. Nel giudizio camerale di appello, dunque, non vige la regola che l’imputato detenuto non ha alcun onere di comunicare al giudice il suo stato di detenzione, il quale di per sé, comunque risulti o appaia probabile , determina l’obbligo del giudice di rinviare l’udienza e di disporre la traduzione, salvo esplicita rinunzia a comparire, bensì vige proprio la regola opposta, ossia che l’imputato detenuto ha l’onere di comunicare al giudice di appello la sua volontà di comparire al di fuori di tale ipotesi, e quindi anche nel giudizio ordinario e nel giudizio di primo grado che si celebri con rito abbreviato, va sempre assicurata la presenza dell’imputato, salvo che questi inequivocamente vi rinunzi, mentre nel giudizio camerale di appello la presenza dell’imputato non è necessaria e va quindi assicurata soltanto se questi manifesti la volontà di voler comparire, potendo altrimenti presumersi la sua rinunzia ad essere presente cfr. Corte EDU, Grande Camera, 18.10.2006, Hermi c. Italia così in motivazione Cass. Sez.U. n. 35399 del 24/06/2010, Rv. 247836 . La situazione descritta ha pertanto determinato una nullità insanabile del processo ed impone l’annullamento sia della sentenza della Corte di appello che di quella del Tribunale al quale ultimo vanno rinviati gli atti per un nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze per il giudizio.