Periodo feriale e deposito dei provvedimenti giudiziari: applicabile la sospensione dei termini?

I termini per la redazione ed il deposito della sentenza non sono soggetti a sospensione nel periodo feriale.

Il caso. La Corte d’Appello di Trento dichiarava inammissibili – perché tardivi – gli atti di impugnazione proposti dagli imputati E.C. e C.D. avverso la sentenza di condanna di prime cure. In particolare, il Tribunale di Trento, con dispositivo di sentenza del 20 luglio 2017, riservava il deposito della motivazione a giorni sessanta, pertanto con scadenza del relativo termine al 18 settembre 2017 in realtà, la sentenza veniva poi depositata già in data 24 agosto 2017. Donde, secondo i Giudici della Corte di Appello di Trento, il termine per la proposizione dell’appello scadeva il 2 novembre 2017, ovvero 45 giorni dal 18 settembre. Gli atti di impugnazione furono invece depositati in data 30 novembre 2017 uno e in data 2 dicembre 2017 l’altro e, per l’effetto, furono dichiarati tardivi e, quindi, inammissibili. Avverso la decisione de qua ricorrevano per Cassazione i due imputati, deducendo erronea applicazione della legge con particolare riferimento alla non ritenuta estensione della sospensione dei termini nel periodo feriale anche ad incombenti quali il deposito dei provvedimenti giudiziari in altri termini, secondo i ricorrenti l’operatività del periodo di sospensione ex lege era estesa anche in relazione al termine per il deposito della sentenza, con la conseguenza che nel caso di specie, calcolata tale sospensione dal 1 al 31 agosto 2017, il termine per la proposizione dell’impugnazione sarebbe scaduto solo in data 3 dicembre 2017. La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte, nel dichiarare inammissibili i ricorsi, ha avuto modo di riprendere e precisare l’orientamento di legittimità assolutamente pacifico sul punto. La sospensione feriale non incide sui termini per il deposito delle sentenze. Le Sezioni Unite hanno inequivocabilmente affermato che i termini per la redazione ed il deposito della sentenza non sono soggetti a sospensione nel periodo feriale, e ciò anche dopo le modifiche introdotte dal d.l. n. 132/2014, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014 n. 162 che, all’articolo 16, ha ridotto il periodo annuale di ferie dei magistrati da 45 a 30 giorni. Tale conclusione si fonda sull’assunto che i termini processuali soggetti alla sospensione feriale, ex art. 1 l. n. 742/1969, sono soltanto quelli che incombono alle parti per il compimento di atti del procedimento e che le previsioni recate da distinti sistemi normativi, come quelli che riguardano le ferie dei magistrati, e lo stesso ordinamento giudiziario, non possono condizionare le previsioni recate dal codice di rito. La ratio di tale interpretazione giurisprudenziale. Le Sezioni Unite, nell’esaminare il rapporto tra la disciplina della sospensione feriale dei termini ed il diritto ad un congruo ed effettivo periodo di ferie sia per i magistrati che per gli avvocati, hanno escluso che tra i termini processuali soggetti a sospensione fosse incluso anche quello del deposito del provvedimento giudiziario. In effetti, ha chiarito il Supremo Consesso, agire sul termine di deposito delle sentenze, sospendendolo nel periodo feriale, comporterebbe una contrapposizione con i diritti fondamentali dipendenti dal processo penale impattando sul valore della libertà personale dell’imputato e su quello della ragionevole durata del processo che, già coinvolti nel bilanciamento con le esigenze organizzative del magistrato e dell’ufficio attraverso le previsioni recate dagli artt. 304 c.p.p e 159, comma 1, c.p., avrebbero registrato una nuova compressione nel bilanciamento con un diritto – quello delle ferie del magistrato – tutelabile altrimenti. Donde, in conclusione, qualsiasi postergazione nella scadenza del termine di deposito sarebbe illegittima in quanto avrebbe immediata e negativa incidenza sulla ragionevole durata del processo.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 gennaio – 14 febbraio 2019, n. 7136 Presidente Capozzi Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. C.E. e D.C. impugnano l’ordinanza con la quale la Corte di appello di Trento ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, l’appello prodotto dai predetti imputati avverso la sentenza del 20 luglio 2017 del Tribunale di Trento. Incontroversa in fatto è la vicenda processuale sottostante all’odierna impugnazione. Il Tribunale di Trento, con sentenza resa all’udienza del 20 luglio 2017 riservava il deposito della motivazione a giorni sessanta, con scadenza del termine di deposito, quindi, al 18 settembre 2017. La sentenza veniva effettivamente depositata il 24 agosto 2017 e, secondo l’ordinanza impugnata il termine di 45 giorni per la proposizione dell’appello, scadeva il 2 novembre 2017 con conseguente tardività dell’appello interposto dagli imputati il 2 dicembre 2017 e il 30 novembre 2017. 2. Con ricorsi distinti ma motivi comuni i ricorrenti denunciano la erronea applicazione della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, alla luce delle variazioni intervenute con la L. 23 giugno 2017, n. 103, e, conseguentemente, degli artt. 544 e 585 c.p.p Sostengono i ricorrenti che il precetto recato dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, secondo il quale è sospeso l’esercizio concreto della giurisdizione a meno dei casi specificamente indicati dalla legge e per ogni materia nei commi 7 e 8 dell’articolo citato, si applica non solo agli atti di parte, come sostenuto dalla giurisprudenza in violazione del tenore letterale della norma, ma anche ad incombenti quali quelli relativi al deposito dei provvedimenti giudiziari poiché la decorrenza dei termini in siffatta materia finisce con erodere la effettività del periodo feriale. Ne consegue l’operatività del periodo di sospensione ex lege anche in relazione al termine di deposito della sentenza e che, nella fattispecie in esame, il termine di deposito della sentenza del Tribunale di Trento, computato il periodo di sospensione feriale dal 1 al 31 agosto 2017, sarebbe scaduto solo in data 19 ottobre 2017, sicché gli appelli del 2 dicembre 2017 e 30 novembre 2017 sono tempestivi perché potevano essere proposti fino al 3 dicembre 2017. Con comune memoria del 31 dicembre 2018 i difensori hanno illustrato i profili di novità, rispetto al precedente arresta di questa Corte, reso a Sezioni Unite, per effetto delle entrate in vigore della L. n. 103 del 2017 che prevede, mediante l’inserimento nell’art. 159 c.p., la sospensione della decorrenza dei termini di prescrizione del reato, dopo le pronunce di condanna di primo e secondo grado, pari ad un anno e sei mesi, con decorrenza dal termine di deposito previsto dall’art. 544 c.p.p Da tale valenza dell’art. 544 c.p.p., che assume una portata più ampia di quella attribuitagli nell’interpretazione giurisprudenziale, discende che debbano essere rivisti, mediante rinvio della questione alle Sezioni Unite, i precedenti principi dettati in materia da questa Corte. Con ulteriore memoria dell’11 gennaio 2018, i difensori contestano la conclusione di inammissibilità del ricorso espressa dal procuratore generale sul rilievo che la L. n. 742 del 1969, art. 1 si riferisca ai soli atti di parte, assunto smentito dal tenore letterale degli artt. 2 e 2-bis della stessa legge che prevedono eccezioni tese a consentire, nel periodo feriale, il compimento di attività giurisdizionali ed impongono, in relazione agli avvisi dell’attività da svolgere, l’espressa indicazione che i relativi termini di impugnazione decorrono dalla data della notificazione nonché alle applicazioni che, in materia di criminalità organizzata, la giurisprudenza ne ha tratto nei procedimenti relativi al riesame di misure cautelari in relazione ai quali la sospensione nel periodo feriale dei termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari riguarda anche i termini inerenti a dette procedure incidentali. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono manifestamente infondati e propongono enunciati in contrasto con il pacifico orientamento di questa Corte rispetto al quale non si rinvengono nel ricorso validi ed esaustivi argomenti per dissentire dalle conclusioni raggiunte. 2.Le Sezioni Unite di questa Corte, con condivisibile affermazione di principio, hanno affermato che i termini per la redazione ed il deposito della sentenza non sono soggetti a sospensione nel periodo feriale, anche dopo le modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, che all’art. 16 ha ridotto il periodo annuale di ferie dei magistrati da 45 a 30 giorni Sez. U, n. 42361 del 20/07/2017, D’Arcangelo, Rv. 270586 . Tale conclusione riposa sull’assunto che i termini processuali soggetti alla sospensione feriale, di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1, sono soltanto quelli che incombono alle parti per il compimento di atti del procedimento e che le previsioni recate da distinti sistemi normativi, come quelli che riguardano le ferie dei magistrati, e lo stesso ordinamento giudiziario, non possono condizionare le previsioni recate dal codice di rito ed è in linea con un più risalente orientamento espresso sempre a Sezioni Unite n. 7478 del 1996, Giacomini, Rv. 205335 . 3. Le obiezioni opposte dalla difesa nel ricorso, sia con riguardo al tenore letterale della norma di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1 prima parte che al più complesso sistema ordinamentale delineato dalla normativa in esame, hanno già trovato risposta nella richiamata sentenza D’Arcangelo che ha ribadito la portata precettiva dell’art. 1 cit. e che ha escluso che il recente intervento legislativo del 2014, incidente sui diversi temi delle ferie dei magistrati e degli avvocati dello Stato e della durata di detta sospensione portata a trenta giorni, con decorrenza dal 1 al 31 agosto, abbreviandola, quindi, rispetto allo stato normativo predente, contenesse spunti per il riconoscimento della necessaria interdipendenza tecnica delle due materie, quella della sospensione feriale dei termini processuali e della sua durata ex lege e quella della disciplina delle ferie dei magistrati, degli avvocati dello Stato e di quelli del libero foro. Le Sezioni Unite si sono fatte carico anche di esaminare il rapporto tra la disciplina della sospensione feriale dei termini e il diritto ad un congruo e, soprattutto, effettivo periodo di ferie che, sia per i magistrati che per gli avvocati del libero foro, rimanda ad un diritto soggetto a tutela costituzionale art. 36 Cost. , escludendo, anche attraverso un esame della questione alla luce di norme e principi sovranazionali, che tali coordinate potessero condurre ad un riordino della interpretazione nel senso di includere, tra i termini processuali soggetti a sospensione, quello del deposito del provvedimento giudiziario, tanto desumendosi in primo luogo dal fatto che la sospensione feriale dei termini processuali è stata concepita con la finalità, espressa negli atti parlamentari v. Proposta di legge dell’8 settembre 1968 , di concedere un periodo di effettivo riposo agli avvocati ed ai procuratori durante il periodo feriale dalla lettura reiteratamente offerta in materia dalla Corte Costituzionale da ultimo con sent. n. 222 del 2015 secondo cui l’ambito di applicazione e la finalità dell’istituto della sospensione feriale dei termini processuali, nato dalla necessità di assicurare un periodo di riposo a favore degli avvocati e procuratori legali . è anche correlato al potenziamento del diritto di azione e di difesa art. 24 Cost. sent. n. 255 del 1987 , cui deve essere accordata tutela, quando la possibilità di agire in giudizio costituisca per il titolare l’unico rimedio per far valere un suo diritto sentenza n. 49 del 1990 con la conseguenza che i termini processuali regolati dal legislatore del 1969, al comma 1 dell’art. 1, erano e sono da intendere, pertanto, quelli che incombono alle parti per il compimento di atti del procedimento, con le eccezioni previste dalla normativa stessa. Tali eccezioni, proprio perché derogatorie del sistema, non possono, secondo l’erronea prospettazione difensiva sviluppata nella memoria integrativa, concorrere a delineare la esistenza di un sistema di sospensione dell’esercizio concreto della giurisdizione, affermazione aberrante e che oblitera il richiamato rango costituzionale del diritto di agire in giudizio per far valere i diritti del titolare del diritto di azione e di difesa. Per altro aspetto, che è quello della tutela in concreto della effettività del periodo di riposo feriale, la sentenza richiamata ha evidenziato che la soluzione per assicurarne la fruizione ai magistrati ed agli stessi avvocati, è quella che rinviene non da un intervento per mezzo della interpretazione di un precetto chiaro nella sua portata semantica, che avrebbe richiesto l’intervento espresso del legislatore, ma nella previsione di misure organizzative con carattere di normazione secondaria, alle quali rinvia l’art. 16, comma 4, legge cit. e che, infatti, sono state prontamente adottate sia dal Ministero che dal Consiglio Superiore della Magistratura oltre che dagli organismi di categoria, tenuto conto, altresì, che la mancata applicazione della sospensione feriale al termine di deposito della sentenza non comporta in concreto alcuna erosione di ferie per gli avvocati dal momento che la decorrenza del termine per impugnare, ove scadente durante o prima della sospensione feriale, comincia a decorrere, ovvero riprende a decorrere, solo dal termine di sospensione feriale. Infine, a livello epistemologico, non comporta la revisione dell’indirizzo fin qui illustrato la modifica normativa, introdotta dalla L. n. 103 del 2017, dell’art. 159 c.p.p. che al termine previsto dall’art. 544 c.p.p. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado o di appello, anche in sede di rinvio sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio o sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, aggancia la sospensione del termine di prescrizione del reato per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi. Tale previsione, che sterilizza, sia pure per un tempo definito, gli effetti del decorso del tempo rispetto all’interesse punitivo dello stato già manifestatosi con la pronuncia di una sentenza di condanna di primo grado, di appello o in sede di rinvio , si aggiunge alla sospensione del corso della prescrizione già prevista dall’art. 304 c.p.p. e art. 159 c.p., comma 1, secondo la quale, durante il tempo fissato per la redazione della sentenza, ai sensi dell’art. 544 c.p.p., commi 2 e 3, non decorrono, i termini di durata della custodia cautelare e, per l’effetto, quelli della prescrizione del reato. Orbene, nella richiamata sentenza a Sezioni Unite D’Arcangelo, è già stato evidenziato cfr. pag. 13 e ss. come agire sul termine di deposito delle sentenze, sospendendolo nel periodo feriale, comporti una contrapposizione con i diritti fondamentali dipendenti dal processo penale impattando sul valore della libertà personale dell’imputato e su quello della ragionevole durata del processo che, già coinvolti nel bilanciamento con le esigenze organizzative del magistrato e dell’ufficio attraverso le previsioni recate dall’art. 304 c.p.p. e art. 159 c.p., comma 1, avrebbero registrato una nuova compressione nel bilanciamento con un diritto quello delle ferie del magistrato tutelabile altrimenti, argomento, questo viepiù applicabile al nuovo istituto poiché è di immediata evidenza che qualsiasi postergazione nella scadenza del termine di deposito ha immediata incidenza sulla ragionevole durata del processo sicché ne escono rafforzate tutte le argomentazioni ostative a ritenere che il termine di deposito della sentenza partecipi della natura di atto di parte suscettibile di sospensione feriale dei termini da applicare alla redazione dell’atto del giudice. Ne consegue che neppure alla luce dell’intervento legislativo n. 103 del 2017 esistono gli estremi per procedere ad una riconsiderazione, da parte della Sezioni Unite di questa Corte, della questione sulla quale si è formato un consolidato principio di diritto. 4.La inammissibilità dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., della somma di Euro 2.000 in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.