Cane sfiorato da una moto, il padrone aggredisce il conducente: reazione violenta e spropositata

L’imputato viene condannato prima in Tribunale e poi in appello. Inequivocabile, secondo i Giudici, la condotta da lui tenuta ai danni del motociclista. Impossibile parlare di mera reazione. A salvarlo è però la prescrizione.

Ha temuto per la vita del proprio cane, sfiorato da una moto. E quegli attimi di paura gli hanno fatto perdere la testa, spingendolo ad aggredire con violenza il motociclista. Evidenti le colpe dell’amante degli animali, mostratosi però poco tollerante col genere umano, e finito sotto processo per lesioni aggravate” e minaccia grave”. A salvarlo è però la prescrizione. Logico comunque, secondo i Giudici, parlare di futili motivi”, poiché la reazione” dell’uomo alla situazione di pericolo vissuta dal suo cane è stata evidentemente sproporzionata” Cassazione, sentenza n. 6526/19, sez. V Penale, depositata oggi . Reazione. L’assurdo episodio si verifica in una strada di Roma. Sono appena le 5.30 del mattino, è ancora buio, quando un cane sbuca all’improvviso in strada il padrone prova a tirarlo indietro col guinzaglio, ma decisiva è la reazione istintiva del motociclista che riesce ad evitare di colpire l’animale. Passati quei concitati momenti, però, il padrone del quadrupede decide di prendersela con l’uomo alla guida della moto, e lo fa non solo verbalmente ma anche fisicamente. Così, aggredisce il motociclista e lo prende a pugni e a calci e poi lo minaccia, arrivando anche a mimare col dito il gesto di tagliare la gola. Inevitabile il processo, che si conclude prima in Tribunale e poi in Appello con la condanna. Nessun dubbio per i Giudici sulla gravità del comportamento tenuto dal padrone del cane. E su questa linea si attestano anche i magistrati della Cassazione, poiché l’uomo ha picchiato selvaggiamente il motociclista in quanto ‘reo’ di aver messo in pericolo l’incolumità del cane è evidente che quella condotta è stata del tutto sproporzionata al cospetto della minimalità del fatto da cui è sfociata la violenza feroce ai danni dell’inerme motociclista . E a questo proposito viene anche evidenziato che proprio la pronta manovra d’emergenza posta in essere dall’uomo alla guida della ‘due ruote’ ha permesso di scongiurare ogni contatto del mezzo con l’animale che, peraltro, era poco visibile – anche considerando il contesto buio e l’orario – quando è sbucato fuori da diverse vetture parcheggiate . In sostanza, il pericolo corso dall’animale non poteva certo essere attribuito solo al motociclista. E comunque, osservano i Giudici, la condotta tenuta dall’uomo è andata ben oltre una mera reazione d’impeto, avendo colpito il motociclista con reiterati pugni e calci, fermandosi solo quando ha visto il suo volto pieno di sangue . Senza dimenticare, poi, che egli ha anche minacciato di tagliargli la gola, mimando il gesto di utilizzare il coltello e pronunciando la frase Ti ho fatto vedere io chi sono” comportamenti, questi, che erano idonei a cagionare un grave turbamento nel motociclista, proprio perché preceduti da un’azione continuata e violenta . Nessun dubbio, quindi, sulla responsabilità del padrone del quadrupede, salvato, però, dalla prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 31 ottobre 2018 – 11 febbraio 2019, n. 6526 Presidente Sabeone – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 10 maggio 2016 la Corte d'Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado con cui Ga. Va. è stato condannato alla pena di giustizia per i delitti di lesioni aggravate e minaccia grave ai danni di La. De Si. Du. nonché del reato di cui all'art. 9 L. 1423 del 1956. 2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato affidandolo ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge con riferimento agli artt. 582, 585, 577, 61 n. 1 e 612 comma 2, 61 n. 1 c.p. in relazione agli artt. 152, 155 e 340 c.p.p Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale, nel far discendere la futilità dei motivi di cui all'art. 61 n. 1 c.p. dalla asserita reiterazione della condotta e nel ricostruire il fatto sulla base di un elemento completamente travisato come la presenza del casco integrale, è incorsa in un travisamento della prova. In realtà, il ricorrente aveva posto in essere un'unica condotta aggressiva ai danni della persona offesa, indipendente da qualsiasi valutazione in ordine alla tipologia ed esistenza del casco, e la sua reazione era stata proporzionata ed adeguata nel peculiare contesto vissuto dallo stesso imputato e dal suo cane, ed era stata tale da escludere l'aggravante dei futili motivi. In particolare, il Giudice d'appello non aveva considerato gli elementi specifici fattuali della vicenda, come il fatto che l'episodio fosse avvenuto intorno alle 5,30 del mattino in un contesto buio e in un punto difficilmente visibile e che il cane fosse sbucato fuori da diverse vetture parcheggiate. Con riferimento al delitto di minaccia grave, il ricorrente si duole che la sentenza impugnata avesse ritenuto la idoneità della minaccia a cagionare un grave timore in una persona di media sensibilità nonostante la stessa non fosse stata perpetrata con un'arma e non aveva analizzato il profilo della consapevolezza o meno dell'ingiustizia del danno minacciato dal Ga 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto vizio di motivazione, evidenziando la genericità della contestazione effettuata nel capo d'imputazione - nel quale era rimproverato all'imputato di aver dato ragione di sospetto e di aver violato le leggi - e l'omessa pronuncia della Corte su tale censura difensiva. 2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all'art. 9 L. 1423/1956 sul rilievo che la Corte di merito avrebbe dovuto eventualmente ritenere configurabile la fattispecie contravvenzionale del 1. comma dell'art. 9 - non essendo soggetto il ricorrente all'obbligo di dimora o di soggiorno - e dichiarare quindi il reato estinto per prescrizione. 2.4. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all'art. 62 n. 6 c.p Lamenta il ricorrente che erroneamente la Corte di merito non ha riconosciuto l'attenuante di cui al predetto articolo nonostante che la condotta risarcitoria del ricorrente fosse intervenuta prima del giudizio e, segnatamente, nella fase antecedente l'emissione dell'ordinanza ammissiva del rito abbreviato ex art. 438 comma 4. c.p.p In particolare, il rinvio della prima udienza 18 ottobre 2011 a quella dell'8 maggio 2012 era stato concesso allo scopo di formalizzare l'offerta reale ed a quest'ultima udienza il difensore della persona offesa aveva dato atto dell'avvenuto risarcimento dei danni morali e materiali, dichiarando di rimettere la querela con contestuale accettazione dell'imputato , Dopo tali formalità, su richiesta dell'imputato, il Giudice disponeva l'ammissione dello stesso al rito abbreviato. Ne consegue la tempestività dell'offerta reale e della condotta riparatoria posta in essere dal prevenuto. 2.5. Con il quinto motivo è stata dedotta violazione di legge penale in relazione all'art. 62 n. 6 c.p Lamenta il ricorrente che ingiustificatamente la sentenza impugnata ha escluso la circostanza attenuante dello stato d'ira nonostante che sussistessero tutti i suoi presupposti. In particolare, anche un'azzardata condotta di guida tenuta dalla persona offesa ed in grado di determinare l'investimento o la morte del cane era idonea ad integrare il requisito dell'ingiustizia e fungere da provocazione scatenante lo stato d'ira. 2.6. Con il sesto motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all'art. 62 bis c.p. in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti. Lamenta il ricorrente che la condotta riparatoria dallo stesso posta in essere, ritenuta inidonea ad integrare l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. per pretesa tardività, avrebbe quantomeno dovuto essere valorizzata ai fini dell'art. 62 bis c.p Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile anche perché manifestamente infondato. Va osservato che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante dei futili motivi, è necessario che il reato concretamente realizzato costituisca espressione di un moto interiore del tutto ingiustificato, connotantesi come mero pretesto per lo sfogo di impulsi criminali assolutamente avulsi da alcuno scopo diverso dalla commissione in sé del reato, così manifestando una tale sproporzione rispetto alla determinazione criminosa da giustificare un giudizio di maggiore riprovevolezza dell'azione e di più accentuata pericolosità dell'agente sez. 1, n. 16889 del 21/12/2017, Rv. 273119 . Nel caso di specie, il giudice di merito hanno ben evidenziato che la condotta dell'imputato, che ha picchiato selvaggiamente la persona offesa in quanto rea di aver messo in pericolo l'incolumità del proprio cane, è stata del tutto sproporzionata al cospetto della minimalità del fatto da cui è sfociata la violenza feroce ai danni dell'inerme motociclista. E' stato ricostruito che la pronta manovra di emergenza posta in essere dal motociclista unitamente allo strattonamento del guinzaglio da parte del ricorrente ha scongiurato ogni contatto del mezzo con l'animale ed anche le circostanze fattuali indicate dallo stesso prevenuto nel ricorso - l'episodio è avvenuto intorno alle 5,30 del mattino in un contesto buio e in un punto difficilmente visibile allorquando il cane è sbucato fuori da diverse vetture parcheggiate - depongono per la estrema gravità della condotta dell'imputato che, in relazione alle specifiche circostanze di luogo e di tempo, sopra descritte, in cui il suo cane ha rischiato l'investimento, non poteva certo ascrivere solo alla persona offesa il pericolo corso dall'animale. La sentenza impugnata ha sottolineato come la condotta del ricorrente sia andata ben al di là comunque di una mera reazione d'impeto, avendo il ricorrente colpito la persona con un reiterati pugni e calci fermandosi solo quando ha visto il suo volto pieno di sangue. Manifestamente infondata è anche la censura riguardante il delitto di minaccia grave. La sentenza ben ha evidenziato che il gesto del prevenuto di minacciare di tagliare la gola della persona offesa, mimando il gesto dell'utilizzo del coltello, ed accompagnandolo con l'espressione ti ho fatto vedere io chi sono , era idoneo a cagionare un grave turbamento nella vittima proprio perché quella minaccia era stata preceduta da un'azione continuata e violenta posta in essere ai suoi danni. Coerentemente, inoltre, la Corte territoriale ha evidenziato, per ritenere configurabile l'aggravante dei futili motivi anche in questo contesto, che qualsiasi minaccia appariva totalmente immotivata e sproporzionata rispetto all'episodio scatenante. 2. Il quarto motivo, da esaminarsi prima degli altri residui per una questione di priorità logica, è fondato e va pertanto accolto. Dall'esame degli atti processuali - attività consentita a questa Corte, essendo giudice anche del fatto per le questioni processuali - emerge che se è pur vero che il legale della persona offesa ha dato atto solo alla seconda udienza che il suo assistito era stato interamente risarcito per i danni patrimoniali e morali, tuttavia, a quell'udienza non erano ancora state espletate le formalità di apertura al dibattimento, tanto è vero che subito dopo tale dichiarazione, nonché dopo la rimessione di querela e contestuale accettazione dell'imputato, su richiesta di quest'ultimo, il giudice ha ammesso il prevenuto al rito abbreviato. Ne consegue che erroneamente i giudici di merito non hanno riconosciuto l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p Essendo quindi il presente ricorso non solo non manifestamente inammissibile, ma anzi parzialmente fondato, ed essendo nel frattempo intervenuta la prescrizione dei delitti ascritti all'imputato rispettivamente in data 23 maggio 2016 quanto ai capi a e b e 23 novembre 2013 quanto al capo c , deve annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati ascritti estinti per intervenuta prescrizione. E' infatti orientamento consolidato di questa Corte S.U. n. 35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, Rv. 244273 vedi anche sezione F n. 50834 del 04/09/2014 - dep. 03/12/2014, Raso, Rv. 261888 che, ove il giudice di legittimità rilevi vizi della decisione impugnata, ma contestualmente verifichi altresì la sussistenza di una causa di estinzione del reato come la prescrizione , nell'annullare la sentenza non deve disporre il rinvio al giudice di merito poiché, nel corso del successivo giudizio di rinvio, il giudice sarebbe comunque obbligato a rilevare immediatamente la sussistenza della predetta causa di estinzione del reato, e tenuto quindi alla conseguente declaratoria. 3. L'accoglimento del quarto motivo comporta l'assorbimento di quelli residui. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati ascritti estinti per intervenuta prescrizione.