Chi è ai domiciliari può chiedere il risarcimento per le condizioni della detenzione. Ma quale giudice è competente?

Il detenuto in regime di detenzione domiciliare è legittimato a chiedere il rimedio compensativo per le modalità inumane della detenzione, giacché le misure alternative alla detenzione rappresentano una modalità di esecuzione della pena detentiva . Ed il giudice competente è il magistrato di sorveglianza.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6310/19, depositata l’8 febbraio. La vicenda. Il Magistrato di sorveglianza di Bologna dichiarava l’inammissibilità del reclamo presentato dal richiedente e avente ad oggetto il risarcimento per le condizioni della detenzione. In particolare il Magistrato rilevava che il richiedente, all’atto della presentazione del reclamo, non era detenuto bensì era sottoposto al regime di detenzione domiciliare, situazione che non legittimava la proposizione di detto rimedio compensativo. Il detenuto in regime di detenzione domiciliare propone, dunque, ricorso in Cassazione. La misura alternativa alla detenzione, la legittimazione. La questione posta al vaglio dei Giudici di legittimità riguarda la possibilità, per il detenuto in regime di detenzione domiciliare, di richiedere il risarcimento per le modalità inumane della detenzione. In particolare, se tale richiesta debba essere rivolta al magistrato di sorveglianza ai sensi dell’art. 35 -ter , comma 1, ord. pen., ovvero al Tribunale civile ai sensi dell’art. dell’art. 35 -ter , comma 3, ord. pen La Corte ricorda che nel caso cui la domanda risarcitoria sia proposta da un soggetto detenuto, la competenza funzionale è del magistrato di sorveglianza se proposta, invece, da un soggetto non più detenuto, la competenza è del Tribunale civile. Inoltre, i Giudici precisano che la verifica della sussistenza dei requisiti di legge per la proposizione dei reclami disciplinati dall’ordinamento penitenziario va effettuata in relazione alla data di proposizione del reclamo . La S.C., concentrandosi sul dato distintivo che caratterizza le differenti discipline di cui all’art. 35 -ter , commi 1 e 3, ord. pen, ossia sul fatto che il soggetto abbia, o meno terminato di espiare la pena, afferma che è legittimato a chiedere il rimedio compensativo anche il soggetto ammesso a misure alternative alla detenzione poiché costituiscono una modalità di esecuzione della pena detentiva e dunque sarebbe irragionevole, e lesivo per il principio di eguaglianza, riservare solo a chi si trovi detenuto in carcere la possibilità di ottenere il rimedio compensativo, e non anche a chi è detenuto in altre modalità . Per tali ragioni la S.C. accoglie il ricorso e afferma il seguente principio di diritto il detenuto in regime di detenzione domiciliare al momento della proposizione del reclamo è legittimato a chiedere il rimedio risarcitorio di cui all’art. 35 -ter , comma 1, ord. pen. .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 27 novembre 2018 – 8 febbraio 2019, n. 6310 Presidente Iasillo – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con decreto depositato in data 11.5.2018 il magistrato di sorveglianza di Bologna ha dichiarato la inammissibilità del reclamo presentato in data 24.4.2018 da D.F.V. e avente ad oggetto il risarcimento per le condizioni della detenzione. L’ordinanza ha rilevato che all’atto della presentazione del reclamo il D.F. non era più detenuto, bensì in regime di misura alternativa. 2. Il difensore di fiducia di D.F.V. ha presentato ricorso per cassazione, denunciando violazione dell’art. 35-ter ord. pen In particolare, viene richiamato orientamento secondo il quale il rimedio risarcitorio in forma specifica può essere esperito anche da chi si trova sottoposto a detenzione domiciliare. 3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio del decreto impugnato. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e quindi va pronunciato annullamento, senza rinvio, del decreto impugnato, con trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza di Bologna. La questione giuridica posta dal ricorso riguarda la legittimazione del detenuto in regime di detenzione domiciliare a proporre la richiesta di risarcimento per le modalità inumane della detenzione al magistrato di sorveglianza, ai sensi dell’art. 35-ter ord. pen., comma 1, ovvero al Tribunale civile, ai sensi del comma terzo della medesima disposizione normativa. 1. Innanzitutto, si deve rilevare che il magistrato di sorveglianza ha pronunciato la inammissibilità del reclamo con decreto, ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2, - norma applicabile al procedimento relativo ai reclami dei detenuti ai sensi dell’art. 35-bis ord. pen. -, per difetto delle condizioni di legge. Il decreto in parola è impugnabile con ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2. Inoltre, anche con riguardo ai reclami disciplinati dall’ordinamento penitenziario, la sussistenza dei requisiti di legge va verificata in relazione alla data di proposizione del reclamo Sez. 1, 17.11.2016, Sbeglia, Rv. 269198 . In fatto, è pacifico che al momento della presentazione del reclamo in data 24.4.2018 D.F.V. era detenuto in regime di detenzione domiciliare, in forza di ordinanza in data 18.1.2018 del Tribunale di sorveglianza di Bologna. 2. La questione giuridica da esaminare discende dal fatto che l’istituto del rimedio risarcitorio per le modalità inumane della detenzione, introdotto con L. 11 agosto 2014, n. 117, prevede, per chi è detenuto, una riduzione di pena nella misura di un giorno per ogni dieci di trattamento inumano e, ove il residuo di pena da scontare non lo consenta, un indennizzo nella misura di Euro 8 per ogni giorno di detenzione inumana, mentre per chi non è più detenuto solo l’indennizzo monetario indicato. Nel primo caso la competenza funzionale è del magistrato di sorveglianza, nel secondo caso del Tribunale civile. Si è quindi posta la questione se il soggetto che si trovi in regime di misura alternativa alla detenzione sia legittimato ad agire per il rimedio compensativo, di competenza del magistrato di sorveglianza, ovvero solo per ottenere l’indennizzo monetario, di competenza del Tribunale civile. In giurisprudenza, ad un primo orientamento, che ha ritenuto riservato il rimedio compensativo solo al soggetto detenuto in carcere al momento della domanda Sez. 1, 21.6.2016, Vicinanza, Rv. 268298 , ne è seguito altro Sez. 1, 11.4.2017, Vaiani, Rv. 272286 che, invece, ha ritenuto la legittimazione a chiedere il risarcimento in forma specifica anche del soggetto in detenzione domiciliare. Con altre decisioni è stata affermata la legittimazione a chiedere il rimedio compensativo anche del soggetto ammesso all’affidamento al sevizio sociale Sez. 1, 18/05/2017, Fazio, Rv. 271129 , alla semilibertà Sez. 1, 17/11/2016, Migliaccio, Rv. 269157 , e all’ergastolano Sez. 1, 06/06/2018, Skripeliov, Rv. 273613 . Il Collegio condivide l’orientamento più recente, sul rilievo che il dato distintivo, che caratterizza le discipline di cui all’art. 35-ter ord. pen., commi 1 e 3, desumibile anche dal testo della disposizione, è costituito dal fatto che il soggetto abbia, o meno, terminato di espiare la pena. Al primo comma vi è riferimento alla . pena detentiva ancora da espiare . , mentre il terzo comma riguarda . coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere . . Inoltre, le misure alternative alla detenzione costituiscono una modalità di esecuzione della pena detentiva e dunque sarebbe irragionevole, e lesivo del principio di eguaglianza, riservare solo a chi si trovi detenuto in carcere la possibilità di ottenere il rimedio compensativo, e non anche a chi è detenuto con altra modalità. Il rimedio compensativo, che comporta una riduzione della pena da espiare, determina un risarcimento in forma specifica e quindi tende ad una restitutio in integrum, diversamente dall’indennizzo monetario che è per equivalente e non ha natura risarcitoria. Il Collegio ritiene quindi vada affermato il seguente principio di diritto Il detenuto in regime di detenzione domiciliare al momento della proposizione del reclamo è legittimato a chiedere il rimedio risarcitorio di cui all’art. 35-ter ord. pen., comma 1 . 3. Va dunque pronunciato annullamento senza rinvio del decreto impugnato, con trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza di Bologna perché provveda sull’istanza presentata in data 24.4.2018 da D.F.V. . P.Q.M. Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone trasmettersi gli atti al magistrato di sorveglianza di Bologna per quanto di competenza.