Il riesame delle misure cautelari personali nel procedimento minorile

L’art. 275, comma 2-bis, secondo il quale non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, non è applicabile alle misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità previste nel procedimento minorile.

La vicenda. Con la sentenza n. 5716/19, depositata il 5 febbraio, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avverso la pronuncia con cui il Tribunale per i minorenni di Catania, in funzione di giudice del riesame, confermava la misura cautelare del collocamento in comunità disposta in relazione al reato di stalking. Il Tribunale riteneva necessaria la misura per la persistenza delle esigenze di cautela, precisando l’irrilevanza dell’applicabilità dell’istituto della messa alla prova di cui all’art. 28 d.P.R. n. 448/1988 oltre al comportamento inosservante rilevato nel corso dell’esecuzione del collocamento in comunità. Con il ricorso per cassazione l’imputato deduce illogicità della motivazione per omessa considerazione della sua evoluzione personologica e del sostegno della famiglia, nonché per omessa valutazione sulla compatibilità della misura con la possibilità di sospensione condizionale della pena ex art. 275, comma 2- bis , c.p.p Esigenze cautelari nel procedimento minorile. Il Collegio esclude ogni dubbio di legittimità circa la motivazione offerta dal provvedimento impugnato. Invero, precisa che le misure cautelari anche nell’ambito di procedimenti a carico di minore non svolgono una funzione punitiva e/o rieducativa, ma mirano a fronteggiare i pericula libertatis individuati dal legislatore. Il Tribunale ha dunque correttamente scrutinato il profilo soggettivo del ricorrente. Ugualmente incoerente è il richiamo all’art. 275, comma 2- bis , c.p.p Come sottolineano infatti gli Ermellini, la norma citata, secondo cui non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza penale possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, non è riferibile anche alle misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità previste nel procedimento minorile . Inoltre, le valutazioni espresse dal Tribunale per i minorenni escludono in nuce allo stato una favorevole prognosi di astensione da analoghe condotte illecite, presupposto per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p In conclusione il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 dicembre 2018 – 5 febbraio 2019, numero 5716 Presidente Settembre – Presidente Tudino Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza del 26 luglio 2018, il Tribunale per i minorenni di Catania, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti limitativi della libertà personale, ha rigettato l’appello proposto da S.M. avverso l’ordinanza del Giudice dell’udienza preliminare in sede che aveva rigettato l’istanza - fondata sull’affievolimento delle esigenze cautelari - di revoca o sostituzione della misura del collocamento in comunità, applicata al predetto con provvedimento del 2 luglio 2018 in relazione al reato di cui all’art. 612-bis cod. penumero in danno di una compagna di scuola coetanea. Il Tribunale ha rigettato il ricorso ritenendo tuttora necessaria la misura e sostanzialmente invariato il quadro delle esigenze di cautela, in assenza di specifici indicatori di resipiscenza, non assumendo rilievo la mera fissazione dell’udienza per il giudizio abbreviato e la sola, eventuale, applicabilità dell’istituto della messa alla prova di cui al D.P.R. numero 448 del 1988, art. 28, anche tenuto conto del comportamento inosservante rilevato nel corso dell’esecuzione del collocamento in comunità. 2. Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso l’imputato, per mezzo del difensore Vittorio Lo Presti, affidando le censure ad un unico motivo, con il quale deduce illogicità della motivazione per avere il tribunale omesso di considerare l’evoluzione personologica dello S. , attestata in apposita relazione degli educatori, ed il sostegno della famiglia, come dedotto dalla difesa, peraltro impropriamente soffermandosi sulla possibilità di svolgimento della messa alla prova in regime cautelare. Non è stata, inoltre, valutata la richiesta subordinata di sostituzione della misura ed affrontata la questione della compatibilità del regime cautelare con l’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, risultando impropriamente valorizzata la funzione rieducativa rispetto al mantenimento di una misura relativa a reato per il quale potrebbe concedersi la sospensione condizionale della pena. Condiderato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Il giudice dell’appello cautelare ha dato conto dell’assenza di indicatori rilevanti di un mutamento del pericolo di reiterazione del reato, valorizzando, da un lato, l’irrilevanza del - limitato - arco temporale dell’esecuzione della misura e, dall’altro, la mancata dimostrazione di una reale evevoluzione personologica del minore, di cui è stata stigmatizzata anche l’inosservanza alle regole della vita in comunità. Risulta, altresì, sottolineata la generica deduzione di un percorso evolutivo personale del minore ed il mancato avvio del necessario sostegno alla famiglia, in un quadro di gravità della condotta che richiede la acquisizione di consapevolezza delle conseguenze del reato, rispetto alla quale le generiche manifestazioni di pentimento, rappresentate dall’imputato in udienza, la richiesta di definizione alternativa del procedimento e l’eventuale ammissione alla messa alla prova non sono state ritenute sufficienti. Nel quadro così delineato, è stata, ancora, ampiamente giustificata l’inidoneità della misura della permanenza in casa per l’effetto deresponsabilizzante che produrrebbe sul minore e per l’inaffidabilità dei genitori nel complesso percorso di interiorizzazione, ancora incompiuto. 3. A fronte del rappresentato ordito giustificativo, il ricorrente lamenta la mancata valutazione di una relazione in data 28 giugno 2018 - che non risulta allegata al ricorso, né indicata nel fascicolo processuale - e che, comunque sarebbe superata, nella valenza dimostrativa conferitale dalla difesa, dal rapporto citato nell’ordinanza impugnata, con il quale sono state segnalate condotte di disturbo, riferibili alla notte del 1-2 luglio 2018, immotivate e reiterate, nonostante i richiami degli operatori della comunità. 4. Nella delineata prospettiva, sono infondate anche le censure mosse all’ordinanza impugnata nella parte in cui si stigmatizza la visione rieducativa della misura che il tribunale avrebbe manifestato. Invero, le misure cautelari, anche nel procedimento a carico di minorenni, non hanno mai effetti punitivi e/o rieducativi, mirando semplicemente a fronteggiare i pericula libertatis individuati dalla legge Sez. 3, numero 38414 del 04/05/2018, B., Rv. 273912 , di guisa che la valutazione dei predetti effetti è estranea alla decisione del giudice della cautela. E la motivazione dell’ordinanza impugnata non si pone in contrasto con il predetto principio, avendo il tribunale scrutinato il profilo soggettivo dell’imputato non ancora evoluto e, pertanto, potenzialmente inducibile alla reiterazione del reato di cui non ha metabolizzato la gravità, e non già attestato la necessità di una impropria rieducazione cautelare. 5. Il ricorso omette, altresì, di confrontarsi con la motivazione nella parte in cui - diversamente da quanto dedotto - esclude l’idoneità di misure meno afflittive e, in specie, della permanenza in casa, opponendo alle ragioni esplicitate nell’ordinanza mere critiche e rivendicazioni assertive. Di guisa che la motivazione dell’ordinanza impugnata, corretta in punto di diritto e articolata secondo razionali cadenze logiche, non è censurabile nella presente sede di legittimità. 6. Né coglie nel segno la censura che, nel richiamare l’applicazione dell’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, anche alle misure di cui al D.P.R. 22 settembre 1988, numero 448, artt. 21 e 22, evidenzia un ulteriore profilo di criticità del provvedimento impugnato. Invero, da un lato l’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, secondo cui non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza penale possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, non è riferibile anche alle misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità previste nel procedimento minorile Sez. 4, numero 50077 del 17/10/2017, C., Rv. 271277, N. 2389 del 2000 Rv. 215875, N. 11993 del 2007 Rv. 236285 dall’altro, le valutazioni espresse dal Tribunale per i minorenni escludono in nuce, allo stato, una favorevole prognosi di astensione da analoghe condotte illecite, presupposto per la concessione del beneficio di cui all’art. 163 cod. penumero . Non sussiste, pertanto, la violazione di legge censurata. 7. La minore età dell’imputato - oltre alla natura del reato per cui si procede - impone l’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi del presente provvedimento D.Lgs. numero 195 del 2003, ex art. 52. P.Q.M. Rigetta il ricorso.