L’estinzione del reato per intervenuta riparazione del danno e la valutazione di congruità del giudice

L’art. 35, comma 1, d.lgs. n. 274/2000, nel far dipendere l’estinzione del reato dalla valutazione di congruità del giudice, richiede solo che le parti siano sentite e non che la persona offesa esprima il proprio consenso al riguardo.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 5429/19, depositata il 4 febbraio. Il caso. Il GdP dichiarava non doversi procedere per il reato di cui all’art. 590, commi 2 e 3, c.p. per avere l’imputato, condannato per il reato di lesioni colpose avendo tamponato un motociclista, riparato il danno cagionato alla persona offesa ed eleminato le conseguenze dannose. Ricorre in Cassazione il PM lamentando che il GdP non avesse effettuato una valutazione di congruità circa le lesioni patite dalla vittima. La valutazione di congruità. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, nel procedimento davanti al GdP, l’art. 35, comma 1, d.lgs. n. 274/2000, nel far dipendere l’estinzione del reato dalla valutazione di congruità del giudice, richiede solo che le parti siano sentite e non che la persona offesa esprima il proprio consenso. A ciò consegue la legittimità della declaratoria di estinzione del reato per intervenuta riparazione del danno anche in presenza del dissenso dichiarato dalla persona offesa. Orbene, nel caso in esame, il GdP non ha effettuato, come giustamente individuato dal PM, alcuna motivata valutazione di congruità in relazione alla somma di denaro versata a titolo di risarcimento per lesioni. Sulla base di quanto detto, il Supremo Collegio accoglie il ricorso del PM e annulla la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 maggio 2018 – 4 febbraio 2019, n. 5429 Presidente Ciampi – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 26/6/07 il Giudice di Pace di Padova ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di R.A. per il reato di cui all’art. 590 c.p., commi 2 e 3 per avere l’imputato riparato il danno cagionato alla persona offesa ed eliminato le sue conseguenze dannose. Al R.A. era contestato il reato di lesioni colpose, avendo, alla guida della propria autovettura, con violazione delle norme sulla circolazione stradale, cagionato lesioni personali a Z.G. , tamponando il motociclo dallo stesso guidato, così provocandone la fuoriuscita dalla sede viaria a seguito dell’urto lo Z. veniva sbalzato in un fossato riportando lesioni gravi. 2. Avverso la sentenza resa dal Giudice di Pace, ha proposto ricorso per Cassazione il P.M. presso il Tribunale di Padova, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione. Osserva in proposito che il Giudice di pace si è limitato a definire congrua la somma di Euro 62 mila a titolo di riparazione, senza aggiungere null’altro e senza procedere a compiere ogni dovuta Indagine sulla durata e l’entità delle lesioni patite dalla persona offesa. Evidenzia che tali asserzioni contrastano con la ratio del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35 che richiede la prova concreta della esistenza del risultato riparatorio. Rileva inoltre che non è corretta l’affermazione contenuta in sentenza, secondo la quale le spese legali non sono conseguenza diretta del danno. Così facendo il giudice trascura di considerare che si tratta di spese di assistenza stragiudiziale aventi natura di danno emergente. 3. Il responsabile civile, in persona della Soc. Axa Assicurazioni costituita in giudizio, ha depositato, in data 14 maggio 2018, memoria difensiva in cui ha richiesto il rigetto del ricorso. Rappresenta che la motivazione offerta in sentenza è perfettamente aderente al dettato normativo di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35 che fa discendere la causa estintiva del reato dalla riparazione del danno, la cui congruità è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito. La Corte di Cassazione, con recente pronuncia, ha avuto modo di affermare che il Giudice di pace può ritenere anche implicitamente che l’offerta riparatoria sia idonea a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e di prevenzione, quando la natura del reato nella specie lesioni colpose cagionate da circolazione stradale non richieda ulteriori apprezzamenti Sez. 4 n. 1831 del 16/12/2009, Rv. 245998 . Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Sez. U. n. 33864 del 23/4/2015, Rv. 264240 nel risolvere in senso negativo il quesito sull’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza pronunciata ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35 hanno affermato che il provvedimento estintivo in seguito alle condotte riparatorie, non ha la pretesa di costituire un accertamento dell’entità effettiva del danno e quindi della misura del risarcimento dovuto in modo integrale. Nel caso in esame sarebbe stata offerta adeguata motivazione dal Giudice di pace avendo questi enunciato in sentenza di avere tenuto conto dei presupposti contemplati dal primo e dal secondo comma della norma citata ed evidenziando che la persona offesa avrebbe solo genericamente contestato l’idoneità dell’importo del pagamento. Considerato in diritto 1. Le doglianze espresse nel ricorso presentato dal P.M. sono fondate, pertanto il ricorso deve essere accolto. 2. La sentenza impugnata risulta del tutto carente sotto il profilo motivazionale, essendosi il giudice limitato ad affermare, con clausole che sostanzialmente ricalcano il testo normativo, l’idoneità dell’attività riparatoria a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e di prevenzione la congruità della somma corrisposta alla persona offesa ad eliminare le conseguenze dannose del reato. Orbene, come ricordato dalla difesa del responsabile civile nella memoria sopra illustrata, le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente avuto modo di precisare cfr. sent. n. 33864 del 23/04/2015, P.O. in proc. Sbaiz, Rv. 26424001 che, nel procedimento davanti al Giudice di pace, il D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 35, comma 1, nel fare dipendere l’estinzione del reato dalla valutazione di congruità del giudice, richiede semplicemente che le parti siano sentite e non che la persona offesa esprima il proprio consenso. Ne consegue la legittimità della declaratoria di estinzione del reato per intervenuta riparazione del danno anche in presenza del dichiarato dissenso della persona offesa. Tuttavia le Sezioni Unite, nella citata pronuncia, hanno anche evidenziato la necessità che il giudice esprima una motivata valutazione di congruità della riparazione con riferimento alla soddisfazione tanto delle esigenze compensative, quanto di quelle retributive e preventive. Nel caso in esame il Giudice di pace non ha affatto operato la suddetta motivata valutazione di congruità in relazione alla somma di denaro versata dalla Società assicuratrice pari ad Euro 62.000,00 . Invero, non ha effettuato alcun tipo di valutazione volta a definire il concetto della congruità, mancando di esprimersi sulla entità e la durata delle lesioni riportate dalla persona offesa e su ogni altra circostanza riguardante il danno da essa patito. Quanto alle spese legali, su cui pone questione il P.M., occorre rilevare come nella nozione di danno, possano essere ricompresi anche i danni mediati e indiretti, tra cui rientrano le spese legali, purché costituiscano effetti normali del fatto illecito così Cass. Civ. Sez. 3, n. 253 del 26/01/1968, Rv. 331160 - 01 . Questa Corte ha avuto modo di soffermarsi sull’argomento in altro precedente, affermando che il risarcimento è integrale, ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35, anche se non è comprensivo delle spese legali eventualmente sostenute dalla vittima del reato, giacché la riparazione avviene deve avvenire prima dell’udienza di comparizione e, solo ove l’imputato dimostri di non averlo potuto fare prima, nella stessa udienza di comparizione o nei diversi termini fissati dal giudice in ogni caso, prima della formale costituzione delle parti. Il che importa che il momento del risarcimento precede deve precedere quello di avvio del processo e deve avvenire prima che la vittima del reato sostenga spese di tal genere. Né vale obiettare che la vittima potrebbe aver già sostenuto spese di assistenza legale es., per la proposizione della querela , giacché trattasi di spese che non sono in rapporto di causalità diretta col reato e dipendono dalla scelta dell’offeso di avvalersi dell’opera di un professionista mentre potrebbe rivolgersi direttamente agli organi di polizia così Sez. 5, n. 21012 del 7/3/2013 non massimata . Tanto premesso, anche alla luce dell’orientamento già espresso da questa Corte, non può escludersi aprioristicamente che le spese legali non possano essere ricomprese nel risarcimento, ove il giudice accerti che esse siano causalmente collegate al reato. Resta quindi affidato all’apprezzamento del giudice la valutazione nel caso concreto della rilevanza di tale aspetto. 3. Deve pertanto pervenirsi all’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame sui punti evidenziati al Giudice di pace di Padova, altro magistrato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Giudice di pace di Padova, altro magistrato.