La “frode tossica” è reato di pericolo concreto

Per sostanze alimentari comunque nocive ai sensi dell'art. 5, lett. d , l. n. 283/1962, devono intendersi quelle che possono arrecare concreto pericolo alla salute dei consumatori. Tale pericolosità, quindi, non è data dalla ipotetica ed astratta possibilità di nocumento della sostanza alimentare, ma dalla attitudine concreta di essa a provocare danno alla salute pubblica.

Questo il principio di diritto ribadito dalla terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4878, depositata il 31 gennaio 2019. I reati di pericolo In dottrina si è spesso affrontato il tema della compatibilità del principio di offensività con i reati di pericolo. Si distinguono, in particolare, i reati di pericolo presunto o astratto in essi, il giudice è tenuto soltanto a verificare che il fatto storico sia conforme alla fattispecie astratta. Tali fattispecie sono modellate dal legislatore sulla base di indagini scientifiche e statistiche anche solo probabilistiche su regole d’esperienza sulla possibilità non remota del verificarsi di un pericolo. In questi casi, c’è contraddizione fra il carattere presuntivo del pericolo e il potere-dovere del giudice di verificare che il fatto storico sia conforme alla fattispecie astratta. Secondo una parte della dottrina, sarebbe bene configurare non l’obbligo, per il pubblico ministero, di provare il pericolo, bensì il diritto dell’imputato di dimostrare l’assenza del pericolo attraverso una prova liberatoria. Potrebbe infatti aversi il rischio che il giudice punisca condotte prive, in concreto, della pericolosità configurata in astratto dal legislatore, in contrasto con artt. 24, 27, commi 1 e 2, 111 della Costituzione. I reati di pericolo concreto sono invece ritenuti compatibili con il principio di offensività, in quanto, in essi, il giudice è tenuto a valutare, in concreto, se il pericolo si è verificato ad esempio, ciò è stato deciso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 13/2000, in tema di art. 600 ter, co. 1, c.p. e reato di pornografia minorile e realizzazione o produzione di materiale pedopornografico in tale ipotesi, il pericolo concreto consiste nella possibile diffusione di detto materiale . Ai fini dell’offensività in concreto, occorrono però una serie di requisiti, quali una organizzazione rivolta al mercato dei pedofili, un collegamento dell’agente con pedofili potenziali destinatari del materiale, l’uso di strumenti tecnici di riproduzione, nonché l’utilizzo di più minori, tenuto conto anche dei precedenti penali e qualità soggettive del reo art. 133, comma 2, c.p. . Ed ancora, sempre in tema di principio di offensività e reati di pericolo, la Suprema Corte ha stabilito, ancora con riguardo al reato di pornografia minorile e divulgazione di materiale pedopornografico, che per avere divulgazione o distribuzione di materiale pornografico minorile attraverso un canale di discussione c.d. chat line” , è necessario verificare se il programma consenta la condivisione di cartelle a chiunque si colleghi. Laddove, invece, il prelievo avvenga solo a seguito della manifestazione di volontà dichiarata nel corso di una conversazione privata, si versa nell’ipotesi, più lieve, di cessione di materiale pedopornografico art. 600 ter, comma 4., c.p. cfr. Cass. Pen., n. 4900/2002 . ed il delitto di frode tossica. In generale, per frode tossica deve intendersi qualsiasi fatto contravvenzionale previsto negli artt. 5 e 6 l. n. 283/1962, insidioso per se stesso o produttivo di effetti insidiosi, da cui derivi un'attitudine della sostanza a produrre effetti intossicanti o comunque un pericolo di danno per la salute del consumatore da accertarsi in concreto. Per la configurabilità del reato di frode alimentare di cui all’art. 6 l. n. 283/1962, relativamente al reato dovuto alla presenza di corpi estranei in un prodotto alimentare che ex se ne alterino la purezza e l'igiene, e tale va considerato – ad esempio – il pezzo di metallo staccatosi da un macchinario nel confezionamento del prodotto, non è richiesto l'effettivo danneggiamento della salute pubblica, trattandosi di reato di pericolo. Peraltro, in tema di tutela penale degli alimenti, il divieto di concessione dei benefici di cui agli art. 163 e 175 c.p., previsto dall'art. 6 l. n. 283/1962 in caso di condanna per frode tossica o comunque dannosa alla salute, non si applica nelle ipotesi in cui la violazione della normativa alimentare sia avvenuta in assenza di una volontà dolosa intesa come fraudolenta di immettere sul mercato un prodotto pericoloso per la salute del consumatore.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 dicembre 2018 – 31 gennaio 2019, n. 4878 Presidente Liberati – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza, emessa il 16 marzo 2018, il Tribunale di Forlì ha condannato U.M. , alla pena di Euro 5.000,00 di ammenda, per il reato di cui all’art. 6 in relazione alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. d , per avere, quale legale rappresentante della società GB Mare srl, posto in vendita il prodotto alimentare, denominato murice spinoso , contenente metallo pesante Cadmio in quantità superiore ai limiti consentiti/e precisamente nella misura di 4,31 mg/kg, oltrepassando il limite di 1,0mg/kg previsto dalla normativa comunitaria di cui al Regolamento CE 1881/2006. Fatto accertato il omissis . 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo tre motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b per l’erronea applicazione dell’art. 6, in relazione alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. d . Secondo la ricorrente, non sussisterebbe la condotta di reato, e ciò in quanto i limiti massimi stabiliti per il Cadmio sono fissati, dal Regolamento CE 1881/2006, per i molluschi bivalvi e per i cefalopodi senza viscere , ma non per i gasteropodi cui appartengono di murici spinosi. Il Tribunale di Forlì, in carenza di normativa specifica, avrebbe fornito un’interpretazione secondo la quale i gasteropodi marini sarebbero da ricomprendere nella categoria dei molluschi e, conseguentemente, avrebbe ritenuto di applicare a questi ultimi i limiti di cadmio stabiliti per i molluschi bivalvi. Inoltre, avrebbe ritenuto il superamento di tali limiti nonostante questo fosse stato accertato nei visceri, che non sarebbero destinati al consumo umano, e non sulla parte commestibile del mollusco. Infatti, dagli accertamenti compiuti dai NAS il superamento dei limiti del Cadmio sarebbe stato accertato solo nei visceri. 2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e . Secondo la ricorrente la motivazione sarebbe manifestamente illogica circa il pericolo concreto che le sostanze nocive arrechino danno alla salute. Il Tribunale avrebbe illogicamente ritenuto sussistente il siffatto pericolo perché la parte non edibile del mollusco sarebbe parte integrante dello stesso da cui il permanere della pericolosità per la salute umana. In definitiva sarebbe assente la valutazione del pericolo concreto. 2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b per l’erronea applicazione dell’art. 6 in relazione all’art. 5 lett. d della legge n. 283/1962 ed erronea applicazione della pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna, ex art. 36 c.p., in assenza del presupposto della condanna per frode tossica che non è stata specificatamente contestata nel capo di imputazione e in assenza di una volontà dolosa. 3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato limitatamente al terzo motivo di ricorso, non sono fondati il primo e secondo motivo di ricorso. 5. Il primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b in relazione alla inosservanza e erronea applicazione della L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. d , non è fondato per le ragioni qui di seguito esposte. Deve, in primo luogo, osservarsi che la L. n. 283 del 1962, art. 5, comma 1, lett. d punisce il fatto di colui il quale viola il divieto di impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari le quali siano insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione . Con specifico riferimento alle sostanze nocive” la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che in tale nozione rientrino quelle che possono arrecare concreto pericolo alla salute dei consumatori e che tale pericolosità, quindi, non sia data dalla ipotetica ed astratta possibilità di nocumento della sostanza alimentare, ma dalla attitudine concreta di essa a provocare danno alla salute pubblica Sez. 3, n. 51591 del 28/09/2017, Marota, Rv. 271817 - 01 Sez. 3, n. 14483 del 07/12/2016, Seno, Rv. 269553 - 01 Sez. 3, n. 4743 del 7/03/2000, Melloni, Rv. 215960 . Tale attitudine concreta, peraltro, può essere desunta dal giudice da una serie di elementi, purché il relativo apprezzamento sia, sul punto, adeguatamente e logicamente motivato, senza che debba necessariamente farsi riferimento al superamento del parametro previsto dalla legge, costituito dal punto 3.2.17 e 3.2.18 dell’allegato al Regolamento CE n. 1881/2006 della Commissione del 19 dicembre 2006 - che definisce i limiti massimi del cadmio per i molluschi bivalvi e per i cefalopodi senza viscere , ma non prevede limiti per i gasteropodi specie cui appartengono i murici spinosi. Fermo restando, come chiarito dalla giurisprudenza di Questa Sezione, che il superamento di tale limite costituisce un solidissimo elemento indiziario in ordine alla idoneità della sostanza chimica rinvenuta a determinare un vulnus alla salute dei potenziali consumatori degli alimenti Sez. 3, n. 14483 del 07/12/2016, Seno, Rv. 269553 - 01 Sez. 3, n. 4743 del 7/03/2000, dep. 18/04/2000, Melloni, Rv. 215960 . Dunque, secondo gli approdi interpretativi citati, la giurisprudenza ha ritenuto sussistente il reato de quo sulla base della riscontrata presenza, nel pesce sottoposto a controllo, di una percentuale di mercurio quasi doppia rispetto a quella consentita dal D.M. 9 dicembre 1993, all’epoca applicabile Sez. 3, n. 4743 del 7/03/2000, dep. 18/04/2000, Melloni, Rv. 215960 , evidentemente sulla presunzione che il superamento del tetto stabilito dalla normativa amministrativa in una misura così significativa, fondasse una più che ragionevole probabilità che la sostanza rinvenuta potesse provocare danni agli eventuali fruitori del prodotto e, dunque, alla salute pubblica. Secondo questa linea interpretativa, non è fondata la violazione di legge penale dedotta dal ricorrente. 6.- La sentenza impugnata, sulla scorta dell’accertamento in punto di fatto che nei murici spinosi, detenuti per la vendita nell’esercizio commerciale della ricorrente di Cesenatico, era stata riscontrata una presenza di Cadmio nella misura di 0,203 mg per chilo nel piede e nella misura di 4,31 mg per chilo negli organi, superiore al limite previsto nella normativa comunitaria disciplinata dal Reg. CE 1881 del 2006, e che nell’etichetta sulle confezioni non vi erano indicazioni sulle modalità di utilizzo nel consumo e, in particolare, non si faceva menzione circa il rischio per la salute del consumo degli organi interni del resto la tipologia dei murici spinosi non consente la separazione della parte edibile dal resto, conchiglia a parte , ha ritenuto la nocività del prodotto alimentare e la pericolosità per il consumo in condizioni d’uso normali, e l’ha congruamente argomentato sul solido indizio del superamento dei limiti previsti per il Cadmio in alcuni prodotti alimentari appartenenti a categorie equiparabili a quelle in oggetto vedi infra e tenuto conto che il metallo pesante in oggetto è altamente tossico stante la sua notevole capacità di penetrazione nella cellula e il suo lento smaltimento da parte dell’organismo, e dall’essere privo, il prodotto, di informazioni per il consumatore in condizioni di sicurezza per la salute del prodotto destinato al consumo umano. La sentenza impugnata ha fatto buon governo dell’orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità nel definire i parametri per la qualificazione in termini di nocività delle sostanze alimentari contaminate dal Cadmio e l’ha congruamente argomentata. A tale proposito deve rilevarsi che la tesi difensiva muove da un errato punto di partenza ovvero dell’assenza di normativa specifica sui limiti di Cadmio ammessi nei gasteropodi, a cui appartengono i murici spinosi, non contenendo il Reg. Ce alcuna indicazione per tali tipi di molluschi, sicché in assenza di normativa integrativa della fattispecie penale non sarebbe integrata la fattispecie, non potendo trovare applicazione la circolare del Ministero della Salute del 2007 che, per quanto riguarda il profilo qui in discussione, equipara i limiti di cui si è detto sopra anche ai gasteropodi. Deve ribadirsi che la fattispecie contestata ha natura di reato di pericolo, sicché ciò che rileva ai fini della qualificazione della condotta come penalmente rilevante è l’idoneità, ovvero la probabilità, che la sostanza produca effetti di tossicità sulla salute degli eventuali consumatori e che per sostanze alimentari comunque nocive ai sensi della L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. d , devono intendersi quelle che possono arrecare un concreto pericolo alla salute dei consumatori, desumibile dal giudice non soltanto nell’ipotesi di superamento dei limiti massimi di concentrazione dei contaminanti alimentari stabiliti dalla legge - che, si ribadisce, costituisce un solido elemento indiziario in ordine alla idoneità della sostanza rinvenuta a determinare un vulnus alla salute degli eventuali fruitori del prodotto ma anche da altri elementi, purché il relativo apprezzamento sia sul punto adeguatamente e logicamente motivato. In tale chiave deve essere letto il riferimento, operato dal Tribunale di Forlì, alla nota dell’ottobre 2007 del Ministero della Salute, che ha chiarito che i gasteropodi marini sono da ricomprendere tra i prodotti alimentari denominati molluschi bivalvi e prodotti da pesca con conseguente applicazione dei limiti di cadmio come indicati citato Reg. Ce del 2006. In questo senso va letto il riferimento alla circolare del Ministero della Salute come indicativa di elementi per la valutazione da parte del giudice della nocività del mollusco per la salutate, dunque, per l’integrazione della fattispecie di reato che non punisce il superamento di limiti di sostanze nocive come intende la ricorrente , bensì la condotta di porre in commercio sostanze comunque nocive laddove la nocività può essere tratta da una pluralità di elementi vedi supra sulla scorta dei quali il Giudice tragga il convincimento, e lo argomenti, di tale carattere e del pericolo per la salute. In forza di tali considerazioni è parimenti infondato il secondo motivo di ricorso con cui la ricorrente censura la motivazione in punto pericolo concreto per la salute, pericolo, al contrario, argomentato con motivazione adeguata e non manifestamente illogica. 7.- Il terzo motivo di ricorso è fondato e il suo accoglimento comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 36 cod. pen Questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che per frode tossica deve intendersi qualsiasi fatto contravvenzionale previsto nella L. n. 283 del 1962, artt. 5 e 6, insidioso per sé stesso o produttivo di effetti insidiosi, da cui derivi un’attitudine della sostanza a produrre effetti intossicanti o comunque un pericolo di danno per la salute del consumatore da accertarsi in concreto Sez. 3, n. 9792 del 19/12/2014, De Santis, Rv. 262751 Sez. 3, n. 16452 del 17/10/2012, Conti, Rv. 255394 non mass. sul punto, Sez. 3, n. 13535 del 05/02/2009, Mascagni, Rv. 243388 Sez. 3, n. 7311 del 03/06/1994, Cardaci, Rv. 198208 . Quanto poi alla configurazione della frode tossica , deve osservarsi che nell’interpretazione data dalla Corte costituzionale sent. n. 85 del 1997 , che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 283 del 1962, art. 6, comma 5, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., essa richiede che al requisito dell’esistenza del pericolo per la collettività si accompagni anche quello della frode , ciò che presuppone la sussistenza di una volontà dolosa intesa come fraudolenta di immissione sul mercato di un prodotto pericoloso. La frode tossica, nell’interpretazione fornita dal giudice della legge e dalla giurisprudenza di legittimità, presuppone una volontà di immissione nel mercato di un prodotto pericoloso o dannoso per la salute pubblica che non abbia già in sé l’evidenza della pericolosità, perché diversamente non si giustificherebbe il connotato fraudolento della condotta di colui che immette nel mercato che implica, per sua natura, un comportamento connotato da frode . Non di meno deve essere oggetto di contestazione, anche meramente di fatto, nel capo di imputazione in motivazione Sez. 3, n. 13535 del 05/02/2009, Mascagni, Rv. 243388 - 01 Sez. 3, n. 8628 del 27/01/1975, Forzoni, Rv. 130746 - 01 . Nel caso in scrutinio, non risulta contestata in fatto la frode tossica e non risulta neppure sussistente, sulla scorta degli accertamenti fattuali, la condotta volontaria fraudolenta. 8. - Erroneamente il giudice del merito ha applicato la pena accessoria della pubblicazione della sentenza ex art. 36 cod. pen. e pertanto la sentenza va annullata senza rinvio e va disposta l’eliminazione della pena accessoria ex art. 36 cod. pen Nel resto il ricorso va rigettato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria della pubblicazione della sentenza, pena che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.