Autismo post vaccinazioni: niente indennizzo. Decisive le indicazioni del Ministero della Salute

Respinto il ricorso di una coppia di genitori che avevano accusato di abuso d’ufficio” la Commissione medica ospedaliera che aveva prima concesso l’indennizzo per la patologia della figlia, per poi fare marcia indietro. Quest’ultima decisione è legittima, secondo i Giudici, poiché frutto dell’input arrivato dal Ministero e poggiato su studi scientifici.

Prima concesso e poi revocato l’indennizzo a favore di una coppia di genitori per il nesso, da loro ritenuto evidente, tra l’autismo della figlia e le vaccinazioni a cui lei era stata sottoposta per obbligo di legge. Inutili le proteste di mamma e papà impossibile catalogare come abuso d’ufficio” la retromarcia compiuta dalla Commissione medica ospedaliera. Ciò perché, osservano i Giudici, essa si è semplicemente adeguata alle indicazioni provenienti dal Ministero della Salute Cassazione, ordinanza n. 2983/19, sez. VI Penale, depositata il 21 gennaio . Nesso. A chiudere la delicata vicenda familiare è la Cassazione, che dichiara inammissibile il ricorso presentato dai due genitori e conferma, quindi, la decisione presa dal Gip del Tribunale, che, a sua volta, aveva escluso l’abuso di ufficio come ipotesi di reato a carico della Commissione medica ospedaliera. In sostanza, è ritenuto legittimo il comportamento tenuto dalla Commissione che in un primo momento aveva ritenuto fortemente probabile la sussistenza del nesso di causalità tra le vaccinazioni obbligatorie e le infermità della bambina , con conseguente liquidazione dell’indennizzo , ma che, successivamente, aveva annullato in autotutela il provvedimento , alla luce delle indicazioni arrivate dal Ministero della Salute. Quest’ultimo passaggio è ritenuto decisivo dai magistrati, poiché esso permette di evidenziare che la Commissione non solo si era adeguata , come detto, alle indicazioni del Ministero , ma aveva anche rilevato che non era stato assolto l’onere della prova sul nesso causale tra le vaccinazioni obbligatorie e la patologia della minore, e ciò sulla scorta del parere ministeriale che dava conto dei più recenti studi epidemiologici . Impossibile, quindi, parlare di abuso” o di danno ingiusto”, soprattutto perché, osservano i giudici, su basi scientifiche non poteva sostenersi che il provvedimento adottato in autotutela dalla Commissione avesse negato un indennizzo a cui effettivamente avevano diritto i due genitori e la loro bambina.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, ordinanza 7 gennaio – 22 gennaio 2019, n. 2983 Presidente Paoloni – Relatore Criscuolo Fatto e diritto 1. Con il decreto impugnato il G.i.p. del Tribunale di Milano ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta dai genitori della minore S.A. nel procedimento iscritto a carico di ignoti per il reato di cui all’art. 590 c.p., improcedibile per tardività della querela, nonché per inconfigurabilità del reato di abuso d’ufficio, oggetto specifico dell’opposizione. Dopo aver premesso che a la denuncia aveva ad oggetto il delitto di lesioni colpose in danno della minore, affetta da autismo infantile, correlato dal consulente di parte alla somministrazione di vaccini obbligatori b con provvedimento del 17 febbraio 2016 la Commissione Medica Ospedaliera, chiamata a pronunciarsi sulla domanda di indennizzo ex L. n. 210 del 1990, aveva ritenuto fortemente probabile la sussistenza del nesso di causalità tra le vaccinazioni obbligatorie e le infermità della bambina con conseguente liquidazione dell’indennizzo da parte della ATS di Milano c a fronte della ulteriore richiesta di indennizzo presentata ai sensi della 1.229/2005 al Ministero della Salute, l’ATS aveva comunicato ai genitori della minore che in data 5 ottobre 2016 la Commissione Medica Ospedaliera aveva annullato in autotutela i precedenti provvedimenti, rivedendo il giudizio con conseguente venir meno del presupposto normativo per l’erogazione dell’indennizzo d il P.m. aveva chiesto l’archiviazione per il reato di cui all’art. 590 cod. pen. per tardività della querela ed insussistenza del nesso causale tra le lesioni ed i vaccini somministrati alla minore aveva inoltre, escluso la configurabilità del reato di abuso di ufficio, l’unico oggetto di denuncia, in quanto l’autorità amministrativa si era limitata a revocare un precedente provvedimento sulla base di una valutazione discrezionale, estranea al paradigma dell’art. 323 cod. pen. e in sede di opposizione, senza nulla dedurre in ordine al delitto di lesioni colpose, gli opponenti deducevano la violazione della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 13 per omessa comunicazione agli interessati dell’avvio del procedimento di revisione e ciò integrava il delitto di cui all’art. 323 cod. pen. a carico di soggetti già identificati a tal fine, chiedevano l’acquisizione o il sequestro dei fascicoli relativi al procedimento svolto dalla Commissione Ospedaliera di Milano e di quello svolto dal Ministero della Salute, l’audizione del consulente di parte e dei denuncianti oltre al compimento degli ulteriori atti di indagine necessari, il G.i.p. ha dichiarato inammissibile l’opposizione per mancata indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva e dei relativi elementi di prova, atteso che quelli richiesti risultavano privi di incidenza su quanto già acquisito e risultante dalle dichiarazioni dei denuncianti e dalla consulenza di parte, allegata alla denuncia. Rilevava il giudice che gli opponenti si limitavano a contestare le conclusioni del P.m., senza segnalare circostanze non valutate, idonee a contrastare l’impostazione accusatoria riteneva inoltre, del tutto infondata la denunciata ipotesi di reato di abuso d’ufficio a carico dei membri della CMO, in quanto la Commissione si era semplicemente adeguata alle indicazioni provenienti dal Ministero della Salute cosicché la violazione procedurale denunciata non aveva avuto incidenza alcuna sulla decisione adottata mancava peraltro, l’ingiustizia del danno e la consapevolezza dello stesso da parte dei membri della Commissione, che nel provvedimento rilevavano che non era stato assolto l’onere della prova sul nesso causale tra le vaccinazioni obbligatorie e la patologia della minore e ciò sulla scorta del parere ministeriale, che dava conto dei più recenti studi epidemiologici. Conclusivamente. il giudice riteneva che su tali basi scientifiche non poteva sostenersi che il provvedimento adottato in autotutela avesse comportato un danno ingiusto, negando in tal modo un indennizzo invece, spettante. ma neppure ipotizzarsi che i membri della commissione avessero assunto il provvedimento con l’intento di arrecare un danno ingiusto alla parte e nella consapevolezza dell’ingiustizia del danno arrecato, essendosi limitati ad agire in conformità alle direttive ministeriali nell’ambito di una discrezionalità tecnica, insindacabile in sede penale. 2. Avverso il decreto ha proposto ricorso il difensore di S.M. e C.V. . genitori esercenti la potestà sulla figlia minore, che ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi 2.1 violazione dell’art. 410 c.p.p., comma 1 e 2, per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e violazione del diritto della persona offesa al contraddittorio, in quanto il decreto è stato emesso de plano e l’udienza camerale è stata illegittimamente negata, dichiarando inammissibile l’opposizione all’archiviazione. Si deduce che le indagini non erano state mai avviate e per tale ragione gli opponenti chiedevano di acquisire o sequestrare il fascicolo presso la CMO di Milano e di acquisire il fascicolo relativo al procedimento svolto dal Ministero della Salute di svolgere le indagini, resesi necessarie dopo l’esame dei documenti acquisiti di sentire i denuncianti e la d.ssa L. , consulente di parte, sui rapporti con la commissione medica, sia in occasione del primo provvedimento, che del provvedimento di revoca chiedevano inoltre, di iscrivere la corretta ipotesi di reato e la corretta identificazione degli indagati, ma, pur a fronte di dette specifiche richieste, il giudice ha ritenuto che non fosse stato indicato l’oggetto della investigazione suppletiva ed i relativi elementi di prova. Contraddicendosi, il giudice ha effettuato una valutazione ed espresso un giudizio negativo, peraltro, generico e pregiudizievole per gli interessi delle pp.oo., sulla pertinenza e rilevanza degli atti di indagine richiesti, specie con riferimento all’audizione del consulente di parte, che non avrebbe dovuto soltanto confermare la consulenza, ma riferire su eventuali contatti e rapporti con la Commissione Medica di Milano o sull’acquisizione dei fascicoli presso la CMO e presso il Ministero della Salute ha effettuato una valutazione prognostica sull’esito degli accertamenti richiesti, in tal modo violando il diritto al contraddittorio delle persone offese ed erroneamente applicando l’art. 410 cod. proc. pen. 2.2 erronea applicazione dell’art. 323 cod. pen. e vizio di motivazione, dovendosi censurare anche le argomentazioni di merito sulla ritenuta infondatezza della notizia di reato per difetto del requisito dell’ingiustizia del danno o quantomeno per difetto di consapevolezza da parte dei membri della Commissione medica, formulate in via prognostica e apodittica e basate su un’erronea interpretazione dell’art. 323 cod. pen I ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza. I ricorrenti denunciano la violazione del contraddittorio per essere stata l’archiviazione disposta de plano. ma va ribadito che, al fine di valutare la sussistenza o meno del diritto della persona offesa al contraddittorio, occorre preliminarmente stabilire se il fatto denunciato sia in astratto idoneo ad integrare una fattispecie di reato, in quanto. in assenza di un reato è inutile parlare di pertinenza e rilevanza delle prove integrative, unico tema specificamente deducibile dalla persona offesa, a fronte di un decreto di archiviazione emesso de plano dopo la presentazione di un’opposizione. A tal fine è necessario dar conto dell’oggetto della denuncia alla luce di quanto posto a suo fondamento dal denunciante, come avvenuto nella fattispecie. Dalla ricostruzione che precede risulta che il giudice ha correttamente ritenuto non procedibile per tardività della querela il delitto di lesioni colpose e non individuabile neppure in astratto nei fatti denunciati il reato di abuso di ufficio a carico dei membri della Commissione Medica Ospedaliera, avendo dato atto della non incidenza sulla decisione della mancata comunicazione agli interessati dell’avvio del procedimento di revisione, valorizzata nell’opposizione come violazione di legge, in quanto l’annullamento in autotutela del primo provvedimento era stato adottato in conformità alle direttive ministeriali, fondate sulle risultanze dei più recenti studi epidemiologici, quindi, nell’ambito di una valutazione discrezionale, di natura tecnica, non sindacabile in sede penale. Ha pertanto. ritenuto che la base valutativa, costituita da dati scientifici, e l’allineamento agli stessi in sede di revisione del precedente giudizio espresso escludevano l’ingiustizia del danno e che, anche a voler ritenere sussistente una violazione di legge, mancava un qualsiasi indizio che potesse far prospettare che la pretesa condotta irregolare si inserisse in un contesto di obiettiva volontà di abuso , consistente nel voler intenzionalmente provocare un danno ingiusto alle pp.oo Ha quindi, correttamente ritenuto che, a fronte della non configurabilità in astratto del reato, non vi fosse alcun rilievo dei temi di prova proposti. Considerato, infatti, che l’art. 410 cod. proc. pen. consente l’opposizione alla persona offesa solo laddove indichi l’oggetto della investigazione suppletiva ed i relativi elementi di prova e che nel valutare l’ammissibilità dell’opposizione, se da un lato il giudice deve limitarsi all’analisi dei soli profili di pertinenza e di specificità degli atti di indagine richiesti, senza apprezzarne la capacità probatoria, dall’altro, può rilevare la superfluità delle investigazioni e la non idoneità a determinare modificazioni sostanziali del quadro probatorio Sez. 6, n. 6579 del 13/11/2012, Febbo, Rv. 254869 . ne deriva la possibilità per il G.i.p. di emettere de plano il decreto di archiviazione qualora sia stata adeguatamente valutata l’inammissibilità dell’opposizione, come avvenuto nella fattispecie, avendo il giudice ritenuto inammissibile l’opposizione, in quanto meramente argomentativa. Ribadito. peraltro. che la persona offesa non può interloquire, con diritto alla trattazione del procedimento in contraddittorio, se il PM chiede l’archiviazione perché non ritiene che sia ravvisabile una notizia di reato, in quanto non è ammessa a discutere se nei fatti siano configurabili reati, essendo questa potestà esclusiva del solo PM invece, laddove il PM ritenga l’effettiva sussistenza di una notizia di reato. la persona offesa è ammessa ad esercitare il suo diritto al contraddittorio limitatamente al tema della completezza delle indagini, purché indichi i temi di prova aggiuntivi di cui discutere Sez. 6, n. 45206 del 16/07/2013, P.O. in proc. Curaggi e altro, Rv. 25738201 Sez. 6 n. 19885 del 24/04/2018, P.O in proc. c/ ignoti , la ritenuta non configurabilità del reato di abuso di ufficio esclude la denunciata violazione del contraddittorio. All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in Euro mille ciascuno. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.