Al vaglio del giudice penale l’ordine di rimpatrio emesso dal Questore

Il provvedimento questorile di rimpatrio che risulti privo di motivazione o insufficientemente motivato può essere disapplicato dal giudice penale che, attraverso un sindacato di legittimità, verifica la conformità del provvedimento stesso alle prescrizioni di legge.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2365/19, depositata il 18 gennaio. Il mancato rimpatrio. Il Questore ordinava a un cittadino straniero di rimpatriare con divieto di fare ritorno al Comune di Salerno. Ma non basta per allontanare lo straniero che, successivamente, ancora dedito all’accattonaggio e al vagabondaggio, veniva sorpreso dal personale di polizia in due distinte occasioni nel territorio comunale. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello riconoscevano l’imputato responsabile del reato ex art. 76, comma 3, d.l. n. 159/2011 in tema di violazioni all’ordine di rimpatrio . L’imputato ricorre in Cassazione lamentando che il provvedimento del Questore di Salerno sarebbe contrario alla legge per eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione. Il sindacato di legittimità sul provvedimento questorile. Il Supremo Collegio ribadisce che può essere disapplicato dal giudice penale il solo provvedimento di rimpatrio emesso dal Questore se privo di motivazione o insufficientemente motivato. Infatti il giudice penale deve procedere alla verifica della conformità del provvedimento alle prescrizioni di legge nelle quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del destinatario dell’ordine. Di conseguenza il medesimo Giudice non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, in quanto, in tal modo, eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo mentre gli è consentito soltanto un sindacato di legittimità, consistente nella verifica della conformità del provvedimento alle prescrizioni di legge . Ebbene, il provvedimento questorile, vertendo su un giudizio prognostico di pericolosità sociale dell’imputato, deve riferirsi a elementi di fatto dediti alla commissione di reati che possano dunque offendere o mettere in pericolo la sicurezza e tranquillità pubblica. Nel caso di specie, poiché attraverso il provvedimento questorile emergevano solo generiche espressioni prive di riferimenti a fatti concreti e modalità di condotte prive di rilevanza penale, la S.C. annulla la sentenza senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 dicembre 2018 – 18 gennaio 2019, n. 2365 Presidente Bonito – Relatore Aliffi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 12 ottobre 2017, la Corte di appello di Salerno ha confermato la pronuncia del Tribunale con la quale I.D.M. è stato riconosciuto colpevole del reato previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 76, comma 3. 2. La Corte territoriale, sulla base delle risultanze istruttorie, già esaminate dal giudice di primo grado, costituite, oltre che dai provvedimenti citati nel capo di imputazione, dalle dichiarazioni rese dal teste di polizia giudiziaria S.F. , ha ricostruito la vicenda nei termini che seguono I.D.M. , destinatario dell’ordine del Questore di rimpatriare con divieto di fare ritorno nel comune di Salerno, regolarmente notificato in data 3 giugno 2013, è stato sorpreso dal personale di polizia in due distinte occasioni, il omissis ed il primo luglio del 2013, nel territorio di detto ultimo comune, dove era dedito all’accattonaggio e al vagabondaggio. 3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, I.D.M. , per mezzo dell’avv. Dario Masini, chiedendo l’annullamento della sentenza sulla base di due motivi. 3.1 Con il primo motivo il ricorrente evidenzia come il provvedimento di allontanamento dal comune con divieto di farvi rientro sia illegittimo tanto per violazione di legge quanto per eccesso di potere. Il provvedimento del Questore è contrario alla legge perché nel suo corpo motivazionale fa esclusivo riferimento ad episodi di accattonaggio molesto non più costituenti reato a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 670 cod. pen., senza segnalare condotte illecite penalmente rilevanti così come richiesto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 che al n. 3 che indica tra i soggetti cui possono essere applicati i provvedimenti di prevenzione coloro che debbono ritenersi sulla base di elementi di fatto, essere dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza o la tranquillità pubblica . Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di appello, l’emanazione del foglio di via obbligatorio è collegato non a condotte che mettono in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica attraverso comportamenti reiterati, ma presuppone sempre che i soggetti che ne sono destinatari abbiano commesso reati idonei a mettere in pericolo i citati beni giuridici. Il provvedimento questorile è affetto anche da eccesso di potere perché il Questore di Salerno, non ha adempiuto all’obbligo di motivazione, limitandosi ad enunciazioni generiche senza compiere alcuna indagine sugli elementi che giustificano l’adozione dell’atto e senza contestualizzare gli episodi di accattonaggio molesto o altri episodi specifici che comunque, stante l’incensuratezza dell’imputato, non hanno mai avuto rilevanza penale. 3.2 Con il secondo motivo denuncia omessa motivazione e travisamento della prova. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale, ove avesse interpretato il provvedimento del Questore come una censura di attività delittuose o contravvenzionali attribuibili all’imputato, avrebbe dato una lettura non corretta e comunque contraria al suo tenore letterale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1 I provvedimento del Questore di Salerno è illegittimo per violazione di legge e per eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione e deve pertanto essere disapplicato. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, che in questa sede si intende ribadire, solo il provvedimento di rimpatrio emesso dal questore privo di motivazione o insufficientemente motivato può essere disapplicato dal giudice penale che, pur dovendo procedere alla verifica della conformità del provvedimento alle prescrizioni di legge tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità , non può mai sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, in quanto, in tal modo, eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo mentre gli è consentito soltanto un sindacato di legittimità, consistente nella verifica della conformità del provvedimento alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità Sez. 1, n. 44221 del 17/09/2014 . Ciò significa che il provvedimento questorile, pur costituendo manifestazione della più ampia discrezionalità amministrativa in quanto tipico atto con finalità preventiva basato su un giudizio prognostico di pericolosità sociale, deve fare riferimento agli elementi di fatto sui quali si basa il giudizio di appartenenza del prevenuto a una delle categorie indicate nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 2 e indicare i motivi che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso attraverso l’indicazione di concreti comportamenti del soggetto. 1.2 La motivazione del provvedimento che ha ordinato il rimpatrio di I.D.M. è ictu oculi difforme dal modello legale. Nel provvedimento in esame, infatti, il Questore di Salerno individua, solo con espressioni generiche e prive di riferimenti a fatti concreti bivaccava insieme con altri connazionali destinatario di verbali per accattonaggio molesto frequenti litigi con gli avventori , le modalità delle condotte, per di più prive di rilevanza penale, che ha posto a fondamento del giudizio di pericolosità sociale ed in particolare del turbamento della tranquillità pubblica . Gli elementi che suffragherebbero la appartenenza del ricorrente alla categoria delle persone che sono da considerarsi pericolose per la tranquillità pubblica , sono, quindi, costituiti, in via esclusiva, da condotte dell’imputato, quali quelle di accattonaggio accompagnato da non meglio specificati atti di molestia, non più costituenti reato in sé e quindi da sole non sufficienti a fondare il giudizio di pericolosità attuale ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione personali, stante il chiaro disposto del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. c che indica tra i destinatari di queste ultime coloro che per il loro comportamento debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la tranquillità pubblica . Consegue l’annullamento della sentenza perché il fatto non sussiste. 1.3 Per completezza va evidenziato come il reato ascritto a I.D.M. si è comunque prescritto in data 1.7.2018 per la decorrenza del termine massimo previsto per le contravvenzioni dagli artt. 157 c.p. e segg P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.