Lesioni aggravate: il fatto ingiusto altrui come attenuante della provocazione

Partendo dalla disposizione normativa di cui all’art. 62, n. 2, c.p. che riconosce come circostanza attenuante comune di un reato l’aver agito in stato d’ira, determinato da un fatto ingiusto altrui, la Suprema Corte ribadisce che per l’integrazione del fatto ingiusto altrui, come attenuante della provocazione, è necessario che esso rivesta il carattere di ingiustizia obiettiva .

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 1946/19, depositata il 16 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice di secondo grado, confermava la sentenza di primo grado con cui l’imputata è stata condannata alla pena di giustizia in relazione al reato di lesioni aggravate. L’imputata ricorre per cassazione deducendo violazione di legge in relazione all’art. 62, n. 2, c.p., che riconosce l’attenuante comune di aver agito in stato di ira, determinato appunto da un fatto ingiusto altrui. La nozione di fatto ingiusto altrui”. Innanzitutto va osservato che ormai da tempo la Suprema Corte ha deciso che, per l’integrazione del fatto ingiusto altrui, come attenuante della provocazione, è necessario che esso rivesta il carattere di ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali non valutate con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale. Orbene, nel caso di specie appare chiaramente che le motivazioni della ricorrente siano frutto della sua sensibilità personale e non ricollegabili a canoni di civile convivenza. Per tali ragioni, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza13 novembre – 16 gennaio 2019, n. 1946 Presidente Manna – Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 16 dicembre 2015 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice d’appello, ha confermato la sentenza di primo grado con cui R.G. è stata condannata alla pena di giustizia per il delitto di lesioni aggravate ai danni di I.A. . 2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputata affidandolo ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione agli artt. 420 quater e 484 c.p.p. nonché L. n. 67 del 2014, art. 15 bis. Lamenta la ricorrente che il Tribunale ha erroneamente dichiarato la sua assenza pur in presenza di una regolare dichiarazione di contumacia resa dal giudice di primo grado. Ciò ha determinato una erronea costituzione del rapporto processuale con ogni conseguenza di legge in ordine alla rappresentanza dell’imputato ed alle successive notifiche dell’estratto contumaciale della sentenza. 2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione agli artt. 43, 47 e 582 c.p. e art. 192 c.p.p Lamenta la ricorrente che la sua condotta era stata determinata dal timore di un’aggressione da parte della persona offesa e dall’intento di allontanarsi dal luogo dello scontro. Non era stata considerata l’assenza dell’elemento psicologico del reato ascrittole, non essendo sua intenzione procurare lesioni alla persona offesa. 2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all’art. 62 c.p., n. 2. Lamenta la ricorrente l’omesso riconoscimento della predetta attenuante, essendo stata raggiunta la prova della pregressa conflittualità tra le parti. Il giudice erroneamente aveva soffermato l’insorgenza dello stato d’ira sul solo fatto specifico, non considerando che la provocazione era insita nella pregressa condotta della persona offesa, la quale aveva avuto un figlio con la figlia della ricorrente ragazza madre . 2.4. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all’art. 62 bis c.p. in relazione all’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche. 2.5. Con il quinto motivo è stata dedotta violazione nonché vizio di motivazione in relazione all’art. 538 c.p.p Lamenta la ricorrente che la sua condanna al risarcimento dei danni liquidati in via equitativa non era stata motivata né dal giudice di primo grado né dal giudice d’appello. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile in quanto aspecifico. La ricorrente non ha in alcun modo precisato in quali termini il suo diritto di difesa sarebbe state pregiudicato dalla declaratoria di assenza pronunciata dal giudice d’appello, se non facendo genericamente riferimento alla sua rappresentanza in giudizio ed alle notifiche dell’estratto contumaciale della sentenza. In proposito, la prevenuta non ha neppure allegato la eventuale mancata conoscenza della sentenza di secondo grado che, peraltro, ha tempestivamente impugnato. 2. Il secondo motivo è inammissibile. La sentenza impugnata ha ricostruito, alla luce della deposizione della persona offesa, di cui ha previamente valutato l’attendibilità confermata dalla testimonianza di Il.Lu. , corroborata, altresì, dal referto ospedaliero , che la prevenuta ha ingranato la marcia della propria autovettura, investendo lo I. quando quest’ultimo si era avvicinato per chiederle spiegazioni dopo che l’imputata aveva inveito contro la stessa persona offesa. Non vi è dubbio che le censure svolte dalla ricorrente con le quali la stessa ha palesato il proprio timore di poter essere aggredita in quel contesto spazio-temporale dalla persona offesa si configurino come di mero fatto, essendo finalizzate a sollecitare una diversa valutazione del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito e ad accreditare una diversa ricostruzione del fatto. Va, peraltro, osservato che, secondo l’indirizzo di questa Corte, il delitto di lesioni volontarie richiede un dolo generico, consistente nella consapevolezza che la propria azione provochi o possa provocare danni fisici alla vittima non occorre, al contrario, che la volontà dell’agente sia diretta alla produzione di determinate conseguenze lesive sez 5, n. 17985 del 09/01/2009, Rv. 243973 . 3. Il terzo motivo è infondato. Va osservato che questa Corte ha recentemente statuito che, ai fini della integrazione del fatto ingiusto altrui , costitutivo dell’attenuante della provocazione, è necessario che esso rivesta carattere di ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non valutate con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale, non corrispondenti a canoni di civile convivenza sez. 5, n. 55741 del 25/09/2017, Rv. 272044 . Orbene, nel caso di specie, a prescindere dal rilievo che dalla ricostruzione dei giudici di merito non è emersa con chiarezza la natura dei rapporti tra la persona offesa e i familiari della ricorrente, è evidente che le motivazioni di quest’ultima appartengano alla sua sensibilità personale, non potendo certo assurgere a maggior ragione, in difetto di qualsiasi elemento a chiarimento a canoni di civile convivenza. 4. Il quarto motivo è inammissibile. La sentenza impugnata ha coerentemente argomentato il diniego delle attenuanti generiche in considerazione della gravità della condotta della ricorrente e tale motivazione, in quanto immuni da vizi logici, non è sindacabile in sede di legittimità. 5. Il quinto motivo è inammissibile. Il ricorrente, nel lamentare l’omessa motivazione da parte della sentenza impugnata in ordine al criterio di quantificazione dei danni liquidati alla parte civile, non considera che il giudice di secondo grado non è tenuto a rispondere alle censure svolte in appello dall’imputato se generiche. Sul punto, l’odierna ricorrente si era limitata in appello a chiedere la rideterminazione del danno sul mero rilievo che la condanna al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile appariva eccessiva in relazione al fatto in contestazione . Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo stabilire nella misura di 2.000,00 Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.