Restituito al proprietario il negozio locato in cui è stata rinvenuta merce contraffatta

Ai fini della sussistenza del reato di contraffazione, il locale, regolarmente locato a persona diversa dall’indagato, nel quale si trova merce contraffatta non costituisce corpo di reato e neppure prodotto o profitto del reato stesso.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 1699/19, depositata il 15 gennaio. Il caso. Il proprietario di un appartamento ricorre per cassazione avverso la decisione del Tribunale del riesame che confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP con riguardo all’immobile di sua proprietà nell’ambito del procedimento a carico dell’indagato tra l’altro non ufficialmente affittuario dell’immobile in oggetto, in quanto il contratto di locazione era intercorso tra il proprietario del locale e persona diversa dall’indagato stesso per violazione degli artt. 474 e 648 c.p., immobile dove sono stati trovati i beni contraffatti. Per il Tribunale il locale costituiva corpo del reato, ossia lo spazio in cui si perpetravano i reati. Il corpo dei reati e la confisca facoltativa. Ribadisce la Suprema Corte che l’immobile non può costituire corpo dei reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p. e neanche profitto dei suddetti reati, pertanto deve rilevarsi che la confisca facoltativa delle cose che sono servite a commettere il reato assolve, con lo scopo di prevenire la commissione di altri reati della stessa natura, sottraendo alla disponibilità del colpevole le cose che potrebbero agevolarlo nella commissione di nuovi reati se rimanessero in suo possesso. Essa quindi può essere disposta dal giudice ogniqualvolta questi ritenga collegate la detenzione delle cose sequestrate e la possibilità di reiterazione della condotta criminosa. Orbene, nel caso in esame, manca la prova di strumentalità tra il bene sequestrato e gli illeciti contestati dato che nell’immobile di proprietà del ricorrente, affittato per altro a persona diversa dall’indagato, è stata ritrovata merce contraffatta ma il contratto di locazione è stato risolto subito dopo l’accertamento dei fatti in questione. Ciò che rileva è anche la buona fede del proprietario dell’immobile regolarmente locato fondata su circostanze che escludono legami tra questi con l’attività illecita svolta dall’imputato, terzo rispetto al contratto di affitto, che si serviva del locale per il deposito di prodotti contraffatti. Sulla base di tali ragioni, la Corte di cassazione annulla senza rinvio la decisione impugnata e ordina la restituzione del bene all’avene diritto.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 settembre 2018 – 15 gennaio 2019, n. 1699 Presidente Gallo – Relatore Verga Motivi della decisione Ricorre per cassazione B.D. avverso il provvedimento del Tribunale del Riesame di Napoli che il 10.4.2018 ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale in data 10.11.2017 con riguardo all’immobile di sua proprietà nell’ambito del procedimento a carico di A.M. , indagato per violazione degli artt. 474 e 648 c.p., immobile dove sono stati rinvenuti i beni contraffatti. Riteneva il Tribunale l’immobile, destinato alla custodia e all’allestimento della merce contraffatta in vista della successiva commercializzazione, strumento per la perpetrazione dei reati e dunque corpo del reato o cosa pertinente il reato suscettibile di confisca obbligatoria, ai sensi dell’art. 240 c.p., e riteneva di escludere la buona fede del proprietario perché aveva locato l’immobile a persona diversa dall’indagato che era privo di permesso di soggiorno ed aveva risolto il contratto subito dopo il sequestro e comunque aveva beneficiato dei profitti derivanti dalla illecita attività. Ciò perché la prassi immobiliare e ancora prima l’ordinaria diligenza richiedono che prima di stipulare un regolare contratto di locazione il proprietario si informi adeguatamente circa l’attività lavorativa del futuro conduttore. Deduce il ricorrente che l’ordinanza impugnata è affetta da vizi di motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo, posto a sostegno delle conclusioni, del tutto mancante e comunque privo dei requisiti minimi di coerenza completezza e ragionevolezza e comunque inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudicante. A fronte della documentazione presentata dal ricorrente, a sostegno della propria buona fede, e cioè un contratto di locazione concluso con persona diversa dall’indagato, titolare di permesso di soggiorno, la risoluzione anticipata del contratto e la copia dell’autorizzazione amministrativa comprovante che lui svolge diversa attività lavorative in quanto storico titolare di attività di pescherie, il tribunale ha opposto in termini del tutto assertivi, la non avvenuta dimostrazione della buona fede. Il ricorso è fondato. Premesso che l’immobile non può considerarsi corpo dei reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p. e neppure prodotto o profitto di detti reati, deve rilevarsi che la confisca facoltativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato assolve, alla finalità di prevenire la commissione di altri reati della stessa indole, sottraendo alla disponibilità del colpevole cose che, se rimanessero in suo possesso, potrebbero agevolarlo nel realizzare nuovi fatti criminosi. Di talché essa può essere applicata ogni volta che il giudice ritenga strettamente collegate, per la natura e le modalità del reato, la detenzione delle cose sequestrate e la possibilità di reiterazione della condotta delittuosa. La confisca facoltativa è legittima quando sia dimostrata la relazione di asservimento tra cosa e reato, nel senso che la prima deve essere oggettivamente collegata al secondo non da un rapporto di mera occasionalità, ma da uno stretto nesso strumentale, che riveli l’effettiva probabilità del ripetersi di un’attività punibile C., Sez. 6, 5.3.2013, n. 13049 C., Sez. 3, 6.3.2012, n. 11603, in un caso di confisca dell’autovettura impiegata per liberi spostamenti e per l’agevole trasporto di droga destinata allo spaccio . Le cose che servirono a commettere il reato sono suscettibili di confisca proprio in funzione di evitare che la loro disponibilità possa favorire la commissione di ulteriori reati e tale prognosi va effettuata attraverso l’accertamento, in concreto, del nesso di strumentalità fra la cosa ed il reato C., Sez. 6, 9.1.2013, n. 3711 . Ciò detto deve rilevarsi in fatto che nel locale, adibito a negozio, di proprietà del ricorrente, regolarmente locato, tra l’altro a persona diversa dall’indagato, è stata rinvenuta merce, di scarsa qualità, che appariva contraffatta perché sprovvista dei dati connotanti una produzione originale e che il contratto è stato risolto dopo l’accertamento dei fatti in questione. Manca pertanto la prova di una strumentalità tra il bene sequestrato e gli illeciti in contestazione. L’eccentricità della motivazione che non solo ritiene l’immobile di proprietà del ricorrente corpo del reato di ricettazione e detenzione di merce, ma esclude la buona fede del terzo proprietario dell’immobile regolarmente locato fondandola su circostanze sussistenza di contratto di locazione con persona diversa dall’attuale indagato, risoluzione del contratto, esercizio da parte del ricorrente di diversa e distinta attività commerciale che non forniscono alcun elemento in ordine a legami del ricorrente con l’attività illecita svolta da terzi che si servivano dell’immobile regolarmente locato per il deposito e l’eventuale vendita della merce contraffatta, senza che tra l’altro siano indicati accessi del proprietario dopo la consegna del locale, impongono l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e la restituzione del bene all’avente diritto. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato ed ordina la restituzione del bene all’avente diritto.