Conflitto di competenza in ordine al reato di lesioni personali gravi o gravissime: la parola alle Sezioni Unite

La Prima Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione rimette il ricorso alle Sezioni Unite affinché decidano di chi sia la competenza per i fatti di lesioni personali gravi o gravissime, commessi in violazione delle norme sulla circolazione stradale in data anteriore all’entrata in vigore della l. n. 41/2016, che ha introdotto il delitto di lesioni personali stradali gravi o gravissime, ma per i quali l’azione penale sia esercitata successivamente.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione con sentenza n. 1046/19, depositata il 10 gennaio. La vicenda. Il GdP dichiarava la propria incompetenza per materia con riferimento ad un procedimento contro l’imputato del reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime, ex art. 590- bis , c.p., e trasmetteva gli atti al Tribunale di Pavia, ritenendolo competente. Dal canto suo il Tribunale sosteneva che, nonostante fosse stato contestato il reato di cui all’ art. 590- bis , c.p., doveva trovare applicazione la norma di cui all’art. 590 c.p., vigente all’epoca della commissione del reato, trattandosi di norma più favorevole. Il conflitto di competenza. Soffermandosi sulla fattispecie in esame, la questione oggetto di risoluzione e alquanto rilevante in questa sede è collegata alla successione tra norme incriminatrici dei fatti di lesioni personali colpose, gravi o gravissime, a cui si collegano diverse regole processuali anche per quanto riguarda l’aspetto della competenza per materia. In particolare, si tratta di stabilire se per i fatti di lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi prima dell’entrata in vigore della l. n. 41/2016, fermo restando l’applicazione della precedente nonché più favorevole previsione di pena, debba mantenersi la competenza del GdP anche quando l’esercizio dell’azione sia successivo alla suindicata novella, o se debba applicarsi il nuovo regime di competenza, attribuendo la questione alla cognizione del Tribunale, in virtù del principio del tempus regit actum , andando a valorizzare il dato di continuità normativa del tipo di illecito commesso e la pluralità di modifiche processuali introdotte con la novella. La prima Sezione penale della Corte di Cassazione rimette la parola alle Sezioni Unite per risolvere, appunto, il conflitto negativo di competenza tra GdP e Tribunale, affinché decidano se per i fatti di lesioni personali gravi o gravissime, commessi in violazione delle norme sulla circolazione stradale in data anteriore all’entrata in vigore della l. n. 41/2016 che ha introdotto il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime ma per i quali l’azione penale sia esercitata successivamente , la competenza spetti al GdP o al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 20 dicembre 2018 – 10 gennaio 2019, n. 1046 Presidente Di Tomassi – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il giudice di pace di Vigevano, all’udienza del 19 dicembre 2016, ha dichiarato la propria incompetenza per materia nel procedimento contro C.S. , imputato del reato di cui all’art. 590-bis c.p., e ha trasmesso gli atti al Tribunale di Pavia, ritenendone la competenza. 2. Il Tribunale di Pavia, con ordinanza dibattimentale del 20 luglio 2018, ha rilevato che, nonostante sia stato contestato il reato di cui all’art. 590-bis c.p., deve trovare applicazione la norma incriminatrice dell’art. 590 c.p., vigente all’epoca di commissione del fatto, ossia al OMISSIS , trattandosi di norma più favorevole. Il fatto di lesioni colpose, qualificato ai sensi dell’art. 590 c.p., è perseguibile a querela di parte, salvo che non ricorrano determinate aggravanti, nel caso di specie non contestate. Di conseguenza, la competenza, secondo la previsione del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4 spetta al Giudice di pace. Ha quindi sollevato conflitto di competenza, rimettendo gli atti alla Corte di cassazione. Considerato in diritto 1. La questione rilevante per la risoluzione del conflitto è legata alla successione tra le norme incriminatrici dei fatti di lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale, e non ulteriormente aggravati, a cui si connettono regole processuali diverse anche, ma non solo, per l’aspetto della competenza per materia. La L. n. 41 del 2016 ha elevato a fattispecie autonoma il delitto in esame, prima previsto nell’art. 590 c.p., comma 3 come ipotesi aggravata, mutandone il regime di procedibilità con esclusione delle forme di perseguibilità a querela, come tali affidate in precedenza alla cognizione del Giudice di pace in forza della previsione del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4. 1.1. Nessuna modifica d’ordine sostanziale ha interessato la struttura della fattispecie, sicché non è dubbio che la successione si caratterizzi per una piena continuità normativa del tipo di illecito. Salvo che per il trattamento sanzionatorio, appena modificato per le lesioni gravi con esclusione della pena alternativa della multa da Euro 500 ad Euro 2000 e comunque reso più severo in diretta conseguenza della sottrazione alla competenza del Giudice di pace, la norma incriminatrice non è mutata nella definizione degli elementi che concorrono a formare la fattispecie, e la nuova qualificazione in termini di reato autonomo ha comportato, sul piano sostanziale, l’unico effetto di assorbire interamente la precedente figura di reato aggravato. 1.2. Plurime invece sono le modifiche dello statuto processuale. Si possono qui ricordare le modifiche in tema di prelievo coattivo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale per la determinazione peritale del DNA o per accertamenti medici e in tema di accertamenti urgenti sullo stato di ebbrezza alcolica o di alterazione per uso di stupefacenti del conducente di un veicolo a motore artt. 224-bis e 359-bis c.p.p. , seppure questi ultimi riferibili alle fattispecie aggravate appunto dall’uso di alcol o di stupefacenti e le modifiche alle disposizioni che attengono alla citazione diretta a giudizio art. 550 c.p.p. e alla disciplina della competenza, con attribuzione della cognizione non più al Giudice di pace ma al Tribunale per effetto della estesa procedibilità d’ufficio. 2. Si tratta allora di stabilire se per i fatti di lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi prima dell’entrata in vigore della L. n. 41 del 2016, ferma l’applicazione della precedente e più favorevole previsione di pena, debba mantenersi la competenza del Giudice di pace pur quando l’esercizio dell’azione sia successivo alla indicata novella - come è per il caso in esame -, dando prevalenza ai profili sostanziali coinvolti dalla modifica o se, invece, debba farsi applicazione del nuovo regime di competenza, con attribuzione alla cognizione del Tribunale, in forza del principio del tempus regit actum - che regola, in assenza di disciplina transitoria, la successione nel tempo di norme processuali valorizzando il dato di piena continuità normativa del tipo di illecito e la pluralità delle modifiche processuali che hanno caratterizzato l’intervento di novella. Per queste ultime deve, infatti, aversi riguardo non al tempo di commissione del fatto ma a quello del compimento dell’atto soggetto alle regole interessate dalla modifica, e quindi, nel caso di specie, a quello dell’esercizio dell’azione, che è successivo all’entrata in vigore della L. n. 41 del 2016. Su tale ultimo aspetto sono state le Sezioni unite a chiarire che la competenza per materia, nel caso di successioni di leggi in riguardo ad una stessa fattispecie criminosa, deve essere determinata, ove il fatto sia stato commesso prima dell’entrata in vigore della norma che ha determinato lo spostamento di competenza, in riferimento al momento di esercizio dell’azione - Sez. U, n. 3821 del 17/01/2006, P.G. in proc. Timofte, Rv. 232592 -. 3. Il punto è stato affrontato da una recente sentenza - Sez. 1, n. 48249 del 20/06/2017, confl. comp. in proc. Coppa, Rv. 271318 - che ha concluso per la permanenza della competenza del Giudice di pace, dovendosi attribuire alla nuova norma valore essenzialmente sostanziale, ovvero di modificazione della sanzione edittale, e non invece di disposizione processuale con funzione regolatrice della competenza . Ha infatti posto l’accento sulla modifica in peius del trattamento sanzionatorio ed ha ritenuto di inquadrare il mutamento di competenza come mero effetto riflesso della incisiva modificazione dal punto di vista sostanziale del reato 3.1. L’orientamento interpretativo ivi espresso si è avvalso della considerazione di alcuni precedenti formatisi al tempo in cui, per intervento di novella, fu aggravato il trattamento sanzionatorio del delitto di usura, immodificata la struttura della fattispecie, con conseguente spostamento della competenza, proprio in forza dei nuovi e più elevati limiti edittali di pena, dal Pretore al Tribunale. Si disse allora che per i delitti di usura commessi prima dell’entrata in vigore della modifica normativa della pena D.L. n. 306 del 1992, art. 11-quinquies conv. in L. n. 356 del 1992, che aveva innalzato da due a cinque anni di reclusione la pena detentiva massima restava ferma la competenza del Pretore, avendosi lo spostamento di competenza in favore del Tribunale soltanto per i delitti commessi successivamente, rispetto ai quali operava la previsione di maggior pena - Sez. 1, n. 4351 del 21/10/1993, confl. Comp. Trib. e Pret. Torino in proc. Bura, Rv. 195579 Sez. 1, n. 6074 del 19/12/1994, confl. comp. G.I.P. Trib. e Pret. Bologna, in proc. Facchini, Rv. 200532 -. Nello stesso senso si espresse successivamente Sez. 1, n. 1751 del 22/03/1995, confl. Comp. G.I.P. Trib. Chiavari e Pret. Rapallo in proc. Lopez ed altri, Rv. 201618, che mise in evidenza come alla novella normativa sulla pena dovesse attribuirsi valore essenzialmente sostanziale ovvero di modificazione della sanzione edittale e non invece di disposizione processuale con precipua funzione regolatrice della competenza . Lo stretto legame dello spostamento di competenza con l’innalzamento delle previsioni di pena fu messo in evidenza da Sez. 1, n. 794 del 05/02/1997, confl. Comp. Trib. PE e Pret. PE in proc. Tralucco, Rv. 206972, secondo cui l’intervenuto aumento della pena edittale non incideva sulla determinazione della competenza per i fatti anteriormente commessi, perché questi non avrebbero potuto essere puniti, in forza della regola di cui all’art. 2 c.p., con pena superiore a quella vigente al tempo della loro commissione. 4. In senso contrario alla tesi appena illustrata può rilevarsi che la L. n. 41 del 2016, lungi dall’intervenire soltanto sul trattamento sanzionatorio - su cui ha inciso marginalmente nella previsione edittale e significativamente soltanto per effetto dello spostamento di competenza - ha modificato parti della disciplina processuale, come in esordio ricordato. La vicenda sembra dunque caratterizzarsi in modo differente da quella che si ebbe per la successione normativa in punto di trattamento sanzionatorio del delitto di usura. 4.1. Può farsi piuttosto richiamo alle sentenze che fecero applicazione del principio del tempus regit actum ai fini della determinazione della competenza per materia in capo al Tribunale per i fatti di ricettazione di carte di credito, di competenza pretorile, commessi prima che intervenisse il D.L. n. 143 del 1991, art. 12 -, conv. dalla L. n. 197 del 1991, con l’introduzione di una nuova fattispecie per la punizione dell’indebita utilizzazione di carte di credito e documenti ad essa assimilati, attribuita alla competenza del Tribunale e capace di assorbire interamente le ipotesi di ricettazione. Si chiarì al tempo che la competenza a conoscere del fatto originariamente qualificato come ricettazione, e commesso prima della novella, spettava al Tribunale e non al Pretore in applicazione, data l’assenza di una disciplina transitoria, del principio di ordine generale circa l’immediata operatività delle disposizioni incidenti sulla disciplina processuale - Sez. 1, n. 2086 dell’11/0371999, Quanada e altri, Rv. 213301 -, con l’importante precisazione che rimaneva invece ferma la competenza pretorile per i fatti, in precedenza commessi, per il caso in cui, al momento di entrata in vigore della novella, la competenza pretorile si fosse già radicata con l’avvenuto esercizio dell’azione penale - in questo senso anche. 5. Il riferimento al principio del tempus regit actum, del resto, è stato fatto dalle Sezioni unite - con la sentenza prima richiamata - per risolvere la questione di competenza in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza art. 186 C.d.S. una volta che il D.L. n. 151 del 2003, convertito dalla L. n. 214 del 2003, reintroducendo la pena dell’arresto stabilì, senza però porre mano ad una disciplina transitoria, che la competenza era del Tribunale e non più del Giudice di pace. Richiamato il consolidato, risalente e indiscusso orientamento per il quale in materia di diritto processuale penale vige la regola secondo cui le nuove leggi investono immediatamente tutti i procedimenti nuovi o in corso, essendo indifferente che i relativi reati siano stati commessi vigente questa o quella normativa processuale , le Sezioni unite hanno affermato che la tesi del mantenimento, per i fatti commessi in precedenza, della competenza del Giudice di pace avrebbe potuto avere accoglimento, sulla falsariga di quanto era stato anni prima sostenuto in merito alla novella che aveva interessato il trattamento sanzionatorio del delitto di usura, soltanto se la competenza del Tribunale avesse dovuto esser tratta esclusivamente dall’aggravamento delle pene e se alla novella dell’art. 186 C.d.S. fosse attribuibile esclusivamente natura di norma sostanziale. Ma così in quella vicenda non era, atteso che la modifica della competenza fu posta direttamente ed in maniera autonoma, avendo allora il Legislatore testualmente disposto che per l’irrogazione della pena è competente il tribunale . 6. L’autorevole arresto non è stato ignorato dalla citata Sez. 1, n. 48249 del 20/06/2017, che ne ha escluso l’applicazione estensiva nella vicenda della successione di norme in materia di lesioni colpose stradali sulla base di quanto rilevato dalle stesse Sezioni unite per il caso al loro esame, ossia che la modifica della competenza non fu al tempo una mera conseguenza della diversa determinazione della sanzione, ma fu espressamente stabilita dalla nuova disposizione che interpolò l’art. 186 C.d.S Non così - ha proseguito - nella nuova disciplina del reato di lesioni colpose stradali, in cui il mutamento di competenza è seguito indirettamente all’aggravamento della pena. 7. L’argomento utilizzato non è del tutto persuasivo. Può infatti obiettarsi a quanto sostenuto da Sez. 1, n. 48249 del 20/06/2017 che la determinazione della competenza per il delitto in esame segue direttamente alla modifica di un aspetto, quello del regime di procedibilità, che il legislatore aveva già elevato ad elemento decisivo per il riparto delle competenze. In ragione del modo con cui era stata costruita la disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, la scelta di incidere sul regime di procedibilità, con la totale perseguibilità d’ufficio, si è quindi sostanziata in un intervento diretto sulla competenza, potendo così riconoscersi in essa una doppia natura, e di tipo sostanziale e di tipo processuale. Se si accoglie questa premessa, riprende forza e rilievo il criterio del tempus regit actum ai fini della soluzione della vicenda in esame, non sussistendo ostacoli a considerare una stessa norma nella sua doppia natura, per farne discendere conseguenze diverse in punto di regime transitorio nell’ambito di un fenomeno di successione temporale. Si potrebbe così affermare che uno stesso fatto, di lesioni colpose commesso prima della L. n. 41 del 2016, debba essere qualificato ai sensi dell’art. 590 c.p., comma 3, nella disposizione previgente, ai fini del trattamento sanzionatorio, e ai sensi del nuovo art. 590-bis c.p. ai fini della competenza e degli altri profili d’ordine processuale a cui prima si è fatto cenno. 8. Un diverso modo di affrontare la questione, però, può muovere da una ovvia considerazione, ossia che la corretta qualificazione del fatto è la condizione essenziale sia per l’applicazione della norma incriminatrice che per la produzione degli effetti processuali e che non possono sussistere più possibilità di corretta qualificazione nell’ambito del fenomeno successorio d’ordine temporale, nella misura in cui il tempus commissi delicti è un frammento essenziale del fatto, come tale rilevante ai fini della individuazione della norma incriminatrice. Se l’imputazione corretta è quella che considera anche il momento di commissione del fatto, non dovrebbe essere consentito diversificare le qualificazioni, con riferimento ad entrambe le norme incriminatrici che si sono succedute, per farne discendere, da un lato, le conseguenze d’ordine sostanziale sulla pena, e, dall’altro, quelle d’ordine processuale e tra queste anzitutto circa la competenza. Del resto, quando si affermò lo spostamento di competenza in favore del Tribunale per i fatti di ricettazione di carte di credito commessi prima della novella par. 4.1. , la riqualificazione ai sensi della nuova disposizione incriminatrice contenuta nel D.L. n. 143 del 1991, art. 12 non fu giustificata dalla possibilità di doppia qualificazione, ora ai fini sostanziali ora ai fini processuali, ma fu adempimento doveroso ai sensi dell’articolo 2 cod. pen., nella misura in cui la disposizione successiva aveva sì mutato la competenza per materia, con attribuzione al giudice superiore, ma aveva al contempo stabilito per la nuova fattispecie criminosa soglie edittali di pena detentiva inferiori a quelle del reato di ricettazione. Quel che dovrebbe rilevare non è allora se la nuova norma abbia natura prevalentemente sostanziale, come sostenuto da Sez. 1, n. 48249 del 20/06/2017, confl. comp. in proc. Coppa, Rv. 271318, o se, di contro, sia soprattutto d’ordine processuale, quanto che il Legislatore, dando vita ad una nuova fattispecie, sia pure in piena continuità normativa con la precedente, sembra aver voluto riferire a questa soltanto tutte le diverse modifiche della disciplina processuale. Le nuove disposizioni d’ordine processuale, infatti, non si agganciano ad una formula ampia, quale avrebbe potuto esser quella del fatto di lesioni personali colpose, gravi o gravissime, commesso con violazione delle norme di circolazione stradale , ma fanno puntuale richiamo alla nuova disposizione di cui all’art. 590-bis c.p. non, dunque, al fatto illecito che sta a fondamento di entrambe le qualificazioni, con l’unica differenza legata al tempo di commissione, ma alla fattispecie astratta di nuovo conio. Se, pertanto, il riferimento è alla fattispecie e non al fatto, è preliminarmente necessario provvedere alla formulazione dell’imputazione scegliendo tra le due norme incriminatrici in successione quella da applicare in ragione del tempus commissi delicti, per poi verificare se possano o meno trovare applicazione le modifiche d’ordine processuale, e tra queste la modifica della competenza. 9. Alla luce di quanto sin qui argomentato emergono le condizioni di un potenziale contrasto con quanto affermato dalla più volte citata Sez. 1, n. 48249 del 20/06/2017, confl. comp. in proc. Coppa, Rv. 271318, ed è quindi opportuno che sia rimessa alle Sezioni unite la soluzione del conflitto negativo di competenza tra il Giudice di pace di Vigevano e il Tribunale di Pavia, perché dicano se per i fatti di lesioni personali colpose gravi, commessi con violazione delle norme relative alla circolazione stradale in data antecedente all’entrata in vigore della legge L. 23 marzo 2016, n. 41 che ha introdotto il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime, ma per i quali l’azione penale sia esercitata successivamente, la competenza spetti al Giudice di pace, in applicazione ratione temporis del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, o al Tribunale, in ragione della qualificazione, ai soli effetti processuali, secondo la nuova norma, a cui si connette il mutamento delle regole sulla competenza. P.Q.M. Visto l’art. 618 c.p.p., rimette il ricorso alle Sezioni unite.