Gli elementi caratterizzanti l’identità del disegno criminoso

La brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi illeciti, l’unitarietà del contesto, l’analogia dei singoli reati, l’identità della spinta a delinquere non costituiscono indizi necessari di una programmazione e deliberazione unitaria, ma ciascuno di questi elementi incrementa la possibilità di accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 749/19, depositata il 9 gennaio. La vicenda. Con istanza al GIP l’imputato chiedeva l’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., in relazione ai reati per i quali era stato condannato, ma il giudice la rigettava. Così il difensore dell’imputato propone ricorso per cassazione sostenendo che il giudice dell’esecuzione aveva errato nel non considerare gli elementi dai quali emergeva che tutti i reati furono commessi in esecuzione dello stesso disegno criminoso. La disciplina della continuazione. Al riguardo il Supremo Collegio ribadisce che, in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso richiede che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia deliberato una serie di condotte criminose. Tale identità si evince sulla base degli elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalle condizioni di tempo e luogo. Ciascuno di tali elementi consente di accertare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. E la valutazione circa l’esistenza o meno di un unico disegno criminoso spetta al giudice di merito. Sulla base di ciò, visto che tali principi sopra menzionati sembrano trovare applicazione nel caso in esame, il ricorso è fondato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 luglio 2018 – 9 gennaio 2019, n. 749 Presidente Mazzei – Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con istanza al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese, in funzione di giudice dell’esecuzione, M.G. chiedeva l’applicazione, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., della disciplina della continuazione in ordine a reati per i quali era stato condannato con sentenze divenute irrevocabili. 2. Con ordinanza in data 11 dicembre 2017, il giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza. 3. Il difensore dell’interessato ha proposto ricorso per cassazione con atto in cui deduce nullità della citata ordinanza per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché per erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen Il giudice dell’esecuzione, nel rigettare l’istanza, non ha considerato gli elementi dai quali emerge, sulla base dei principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, che tutti i reati giudicati furono commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso e che, pertanto, sussistono i presupposti per l’applicazione della disciplina della continuazione. L’istante aveva allegato documentazione dimostrativa della correlazione fra i reati e lo stato di tossicodipendenza ma il giudice dell’esecuzione ha mostrato di non averne tenuto conto e, inoltre, è incorso in errore di diritto nell’affermare che incombeva sull’istante l’onere di provare l’esistenza del medesimo disegno criminoso. Considerato in diritto 1. L’esame delle censure rende opportuno il richiamo di alcuni principi in materia. 1.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81 c.p., comma 2, richiamato per la fase esecutiva dall’art. 671 cod. proc. pen., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose essa non coincide con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, la sua opzione a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, i quali,- seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni e opportunità esistenziali Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016 - dep. 18/04/2016, P.M. in proc. Eloumari, Rv. 266615 . L’identità del disegno criminoso è apprezzabile sulla base degli elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo, essendo a tal fine sufficiente la sola constatazione di alcuni soltanto di essi, purché significativi Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012 - dep. 12/03/2013, Daniele, Rv. 255156 . L’analogia dei singoli reati, l’unitarietà del contesto, l’identità della spinta a delinquere e la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, singolarmente considerate, non costituiscono indizi necessari di una, programmazione e deliberazione unitaria, però ciascuno di questi fattori, aggiunto a un altro, incrementa la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento delle circostanze indiziarie favorevoli Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010 - dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv. 246838 Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008 - dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098 . La valutazione in ordine alla sussistenza, in relazione alle concrete fattispecie, dell’unicità del disegno criminoso, è compito del giudice di merito, la cui decisione sul punto, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità Sez. 4, n. 10366 del 28/05/1990 - dep. 16/07/1990, Paoletti, Rv. 184908 . L’indagine che si impone alla riflessione del giudice chiamato a delibare un istanza di applicazione della disciplina della continuazione deve concentrarsi su tre essenziali problemi dapprima, verificare la credibilità intrinseca, sotto i profili della logica e della congruità, dell’asserita esistenza di un unico, originario programma delittuoso indi, analizzare i singoli comportamenti incriminati per individuare le particolari, specifiche finalità che appaiono perseguite dall’agente infine, verificare se detti comportamenti criminosi, per le loro particolari modalità, per le circostanze in cui si sono manifestati, per lo spirito che li ha informati, per la finalità che li ha contraddistinti, possano considerarsi, valutata anche la natura dei beni aggrediti, come l’esecuzione, diluita nel tempo, del prospettato, originario, unico disegno criminoso Sez. 1, n. 1721 del 22/04/1992 - dep. 25/06/1992, Curcio, Rv. 190807 . La consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza non è condizione necessaria o sufficiente ai fini del riconoscimento della continuazione, ma ne costituisce comunque un indice rivelatore che deve formare oggetto di specifico esame da parte del giudice dell’esecuzione, qualora emerga dagli atti o sia stato altrimenti prospettato dal,condannato Sez. 1, n. 18242 del 04/04/2014 - dep. 30/04/2014, Flammini, Rv. 259192 . 1.2. La valutazione in ordine alla sussistenza, in relazione alle concrete fattispecie, dell’unicità del disegno criminoso, è compito del giudice di merito, la cui decisione sul punto, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità Sez. 4, n. 10366 del 28/05/1990 - dep. 16/07/1990, Paoletti, Rv. 184908 . In tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante , su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo per cui sono inammissibili tutte le doglianze relative alla persuasività, alla inadeguatezza, alla mancanza di rigore o di puntualità, alla stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 - dep. 31/03/2015, 0., Rv. 262965 . 2. Sulla base dei predetti principi, nel caso in esame deve affermarsi la fondatezza del ricorso. La motivazione che dovrebbe sostenere logicamente l’ordinanza impugnata reca, sul piano astratto, il richiamo di taluni principi regolanti la materia. Sul piano concreto, però, il testo espone soltanto considerazioni generiche, negando la sussistenza del vincolo senza adeguata riflessione. Il provvedimento non contiene riferimenti specifici agli elementi emergenti dalle pronunce di condanna o ad altri dati istruttori. È omessa, nell’ordinanza, una disamina articolata capace di porre in luce tutti gli elementi rilevanti del caso concreto e di spiegare le ragioni per le quali essi non siano idonei a dimostrare che i reati in valutazione siano avvinti dal medesimo disegno criminoso. In mancanza di una congrua analisi circa le modalità di commissione dei reati, risulta inadeguata, a sostenere la decisione di rigetto dell’istanza, la semplice affermazione del giudice dell’esecuzione secondo la quale l’istante non ha dedotto alcun elemento idoneo a far ritenere l’unicità del medesimo disegno criminoso, predeterminato sin dall’inizio anche solo nelle sue linee essenziali, ricollegando la commissione di detti reati al suo stato di tossicodipendenza . 3. Per le ragioni esposte, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al giudice dell’esecuzione che provvederà a nuovo esame senza incorrere nei vizi riscontrati. Dovrà applicarsi l’art. 34 c.p.p., comma 1, quale risulta a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 183 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione e dell’art. 623 c.p.p., comma 1, lett. a , nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuata, ai sensi dell’art. 671 c.p.p P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese.