Nessuna giustificazione per l’indigente che ruba l’energia elettrica per la propria famiglia

Confermata la condanna per furto aggravato pronunciata in Appello. Respinta la tesi difensiva centrata sullo stato di bisogno dell’imputato.

Situazione economica precaria. Ripercussioni possibili per moglie e figli. Ciò nonostante, non è giustificabile la condotta del capofamiglia che decide di usufruire gratis nel proprio appartamento della fornitura di energia elettrica Corte di Cassazione, sentenza n. 121/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Disagio. Smentita prima in Appello e ora in Cassazione la valutazione dei Giudici del Tribunale, i quali avevano fatto cadere l’accusa di furto aggravato – di energia elettrica – a carico dell’imputato tenendo conto della situazione di disagio economico da lui vissuto. In particolare, in secondo grado, viene chiarito che i problemi evidenziati dall’imputato e le relative ripercussioni per la sua famiglia, e soprattutto per la figlia minore non sono sufficienti per parlare di stato di necessità e rendere quindi non punibile il reato da lui compiuto. Questa visione viene condivisa dai Magistrati del Palazzaccio, i quali sottolineano che la situazione di indigenza non basta per far presumere lo stato di necessità , anche perché alle esigenze delle persone che versano in povertà è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale . Con riferimento specifico al furto di energia elettrica , poi, viene chiarito che il richiamo a una situazione di difficoltà economica non è sufficiente per riconoscere lo stato di necessità e la non punibilità dell’autore del reato, poiché è possibile vedersi garantiti i bisogni primari da parte degli enti preposti all’assistenza sociale . Peraltro, l’imputato, osservano in chiusura i Giudici, non ha dimostrato di essersi rivolto agli istituti di assistenza sociale per far fronte alle necessità del proprio nucleo familiare .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 11 dicembre 2018 – 3 gennaio 2019, n. 121 Presidente Ciampi – Relatore Montagni Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della sentenza assolutoria resa dal Tribunale di Catania il 31.01.2013, nei confronti di Ma. Ag., ha affermato la penale responsabilità dell'imputato in riferimento al reato di furto aggravato. La Corte territoriale ha rilevato la fondatezza dell'appello proposto dal Procuratore generale, osservando che la situazione di disagio economico del prevenuto non poteva essere invocata ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione di cui all'art. 54 cod. pen. 2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione Ma. Ag., a mezzo del difensore. Con unico motivo il ricorrente deduce la violazione di legge in riferimento all'art. 54 cod. pen. Dopo aver ripercorso i termini della vicenda processuale, la parte osserva che l'imputato, che versava in situazione di indigenza, aveva agito al fine di non mettere in pericolo la vita della figlia in tenera età. Il ricorrente invoca una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 54 cod. pen., in riferimento all'art. 2 Cost. Considerato in diritto 1. Il ricorso non ha pregio. La Corte regolatrice ha chiarito che la situazione di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità, per difetto degli elementi dell'attualità e dell'inevitabilità del pericolo, atteso che alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale Sez. 5, n. 3967 del 13/07/2015 - dep. 29/01/2016, Petrache, Rv. 26588801 . Il principio è stato successivamente ribadito, rilevandosi che l'esimente dello stato di necessità postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso l'atto penalmente illecito, e non può quindi applicarsi a reati asseritamente provocati da uno stato di bisogno economico, qualora ad esso possa comunque ovviarsi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti Sez. 3, n. 35590 del 11/05/2016, Rv. 267640 . Con specifico riguardo al furto di energia elettrica, si segnala poi la recete sentenza Sez. 5, n. 994 del 13.10.2017, dep. 2018, Fiorenti, n.m. , con la quale si è ribadito che una situazione di difficoltà economica non può essere invocata ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione ex art. 54 cod. pen., essendo possibile vedersi garantiti i bisogni primari da parte degli enti preposti all'assistenza sociale. Orbene, il ricorrente, nell'invocare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione di cui all'art. 54 cod. pen., in riferimento ai doveri di solidarietà sociale, omette del tutto di confrontarsi con il richiamato insegnamento giurisprudenziale. Ed invero, la giurisprudenza di legittimità, come sopra chiarito, ha sottolineato che la tutela dei bisogni primari della persona viene assicurata dai plessi amministrativi a ciò preposti e che l'ambito di operatività dello stato di necessità postula, di converso, il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso l'atto penalmente illecito. Atteso che, nel caso di specie, l'imputato non ha neppure allegato di essersi rivolto ai richiamati istituti di assistenza sociale, per fare pronte alle necessità del proprio nucleo familiare, deve conclusivamente rilevarsi l'insindacabilità della valutazione espressa dalla Corte di Appello, nell'escludere l'operatività della invocata causa di giustificazione. 2. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.