Scambia la consolle vecchia con quella nuova presente in vetrina: condannato per furto

Pena fissata in 8 mesi di reclusione e 200 euro di multa. Riconosciuta l’aggravante del mezzo fraudolento”. Per i Giudici è decisiva la constatazione che l’imputato non solo ha approfittato dell’allontanamento temporaneo del commesso, ma ha anche scambiato i due oggetti per rendere più difficile la scoperta che la merce era stata sottratta.

Riparazione troppo costosa la consolle è da buttare. Ma l’amante di videogame non si arrende e così, approfittando del temporaneo allontanamento del commesso, piazza il proprio dispositivo elettronico in vetrina e da lì ne preleva uno nuovo di zecca, da portare a casa per rimettersi subito a giocare. Il bluff viene però prontamente scoperto in negozio. E così il ladro – poco provetto – passa dalla virtualità dei giochi alla realtà di una condanna per furto con mezzo fraudolento” per lui la pena è di 8 mesi di reclusione e 200 euro di multa Cassazione, sentenza numero 52/2019, sez. V Penale, depositata il 2 gennaio . Accorgimento. Ricostruita la dinamica dell’episodio, verificatosi in un negozio che vende consolle e videogame, l’uomo sotto accusa viene ritenuto colpevole di furto . Concordi le valutazioni dei giudici, i quali, sia in Tribunale che in Corte d’appello, ritengono evidente anche come egli abbia provocato l’allontanamento del commesso per realizzare lo scambio tra la propria consolle – vecchia e rotta – e quella nuova presente in bella mostra nella vetrina del negozio. Di diverso parere, ovviamente, il difensore della persona sotto processo. A suo parere, difatti, il peso della condotta in esame va ridimensionato. A questo proposito, il legale sostiene che il mero scambio della consolle non funzionante con quella asportata dall’esercizio commerciale, approfittando dell’allontanamento del commesso non è sufficiente per parlare di azione espressione di scaltrezza . Di conseguenza, si può contestare, semmai, il reato di furto semplice . La linea difensiva viene però respinta dai Giudici della Cassazione, i quali, condividendo il pensiero espresso in appello, ritengono evidente che l’uomo abbia compiuto il furto della consolle approfittando di un mezzo fraudolento . A questo proposito, viene evidenziato innanzitutto l’allontanamento momentaneo del commesso presente in negozio. Allo stesso tempo, però, i magistrati sottolineano anche il fatto che l’uomo abbia agito con un ulteriore accorgimento , ossia sostituendo la propria consolle, non funzionante, con quella nuova offertagli in vendita, e riponendo la prima nella vetrina per evitare che il commesso, una volta ritornato nel locale, si avvedesse della sostituzione . Evidenti, quindi, le finalità ingannatorie perseguite dall’uomo, che ha posto in essere una condotta caratterizzata da particolari abilità e astuzia .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 ottobre 2018 - 2 gennaio 2019, n. 52 Presidente Palla – Relatore Calaselice Ritenuto in fatto 1. La sentenza impugnata ha confermato la condanna, pronunciata dal Tribunale di Messina, nei confronti di Ca. Mu., alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 200 di multa, per il reato di cui all'art. 624 cod. pen. aggravato ai sensi dell'art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen., esclusa la recidiva e concessa l'attenuante di cui all'art. 62, comma 1, n. 4, cod. pen., equivalente all'aggravante. 2. Avverso la descritta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato tramite il difensore, deducendo, con i motivi di seguito riassunti, due vizi. 2.1. Con il primo motivo si rileva, violazione dell'art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen. Si assume che con i motivi di appello era stato sostenuto che in mancanza di prova dell'attività del ricorrente diretta a provocare l'allontanamento del negoziante, al fine di approfittare della mancanza di questi per impossessarsi dell'oggetto del furto, non era configurabile l'aggravante, come del resto si poteva evincere anche dal contenuto della querela. Il mero scambio della propria consolle, non funzionante, con quella asportata dall'esercizio commerciale, approfittando dell'allontanamento del preposto, era stata individuata dalla Corte territoriale come azione espressione di scaltrezza, diretta a sorprendere la vittima, qualificante, dunque, la capacità offensiva della condotta. Per il ricorrente, invece, richiamando l'orientamento espresso, sul punto dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, detta condotta non poteva rappresentare altro se non un banale ed ingenuo ordinario accorgimento, non richiedente alcuna predisposizione astuta, tale da escludere l'aggravante. 2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione sotto il profilo dell'illogicità nella parte in cui la Corte territoriale ha negato che la sottrazione di un bene, approfittando del mero allontanamento del legittimo proprietario, possa essere qualificata condotta materiale tipica del furto semplice e non possa costituire, il mero allontanamento, elemento specializzante della condotta punita come aggravata. Né risulta, a parere del ricorrente, dalla scarna motivazione della Corte territoriale, la provocazione da parte del ricorrente, dell'allontanamento, tanto da propiziare la sottrazione della res. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, dunque, deve essere rigettato. 2. Il primo motivo risulta privo di fondamento. La sentenza impugnata ha mostrato di fare buon governo dei principi di diritto espressi da questa Corte nella sua composizione più autorevole, in ordine al riconoscimento dell'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen., senz'altro ricorrente nella specie. E', infatti, principio affermato da questa Corte, che va senz'altro ribadito, quello secondo il quale in tema di furto, la circostanza aggravante dell'uso del mezzo fraudolento sussiste qualora l'agente abbia posto in essere, nel corso dell'azione delittuosa, una condotta dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi abbia apprestato, a difesa dei beni di cui ha la disponibilità Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255974 Sez. 4, n. 8094 del 29/01/2014, Pisani, Rv. 259288 Sez. 7, Ord. n. 8757 del 07/11/2014 - dep. 2015, Pisani, Rv. 262669 Sez. 4, n. 13871 del 6 febbraio 2009, Tundo Sez. 4, n. 24232 del 27 aprile 2006, Giordano, Rv. 234516 Cass. Sez. 5, n. 11143, del 6 ottobre 2005, Battisti, Rv. 233886 . Mezzo fraudolento, dunque, è stato individuato dalla giurisprudenza di questa Corte in un'insidia o elemento artificioso o, comunque, in un'operazione straordinaria, improntata ad astuzia, capace di eludere le cautele predisposte dal soggetto passivo a difesa delle proprie cose ed, in genere, a vanificare l'ordinaria vigilanza e custodia della cosa. 2.1. Applicando i suddetti principi al caso in esame, si osserva che il furto della consolle, perpetrato ai danni della parte lesa, secondo le modalità descritte nelle sentenze di merito, è stato realizzato con modalità del tutto confacenti alla ritenuta qualificazione aggravata della condotta in addebito. Dalla sentenza di appello, infatti, si ricava che all'interno dell'esercizio commerciale, ove l'imputato si era recato per ritirare la propria consolle, usata e non funzionante, per la quale la riparazione era stata indicata come antieconomica, il commesso si era momentaneamente allontanato ma la sottrazione era avvenuta con un ulteriore accorgimento. Risulta, infatti, che medio tempore l'imputato aveva sostituito la propria consolle, non funzionante, con quella nuova offertagli in vendita, riponendo la prima nella vetrina, per evitare che il commesso, una volta ritornato nel locale, si avvedesse della sostituzione e, dunque, con evidenti finalità ingannatorie. Orbene la descrizione dell'elemento materiale, fornita dai giudici di merito, evidenzia una condotta ulteriore, posta in essere dall'agente, ai danni della vittima, caratterizzata da particolari abilità e astuzia, idonea ad eludere la sorveglianza del titolare del possesso della res. La sentenza di appello, infatti, descrive l'azione come fulminea e posta in essere approfittando della distrazione del detentore della res, ma accompagnata da ulteriore condotta, diretta proprio ad impedire che questi si accorgesse, tempestivamente, dell'impossessamento lo scambio dei due apparecchi . Va, pertanto, affermato il principio di diritto secondo il quale l'aggravante dell'uso del mezzo fraudolento ricorre quando la condotta, idonea a sorprendere o ad eludere la sorveglianza del detentore, avvenga non soltanto approfittando del momentaneo allontanamento del detentore della res, ma attraverso ulteriori accorgimenti, espressione di scaltrezza, diretti a sorprendere il detentore, nonché a ritardare la scoperta della sottrazione nella specie attraverso lo scambio di oggetti . 2.2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, posto che la sentenza di appello non fonda il proprio ragionamento sull'approfittamento, da parte dell'agente, del mero allontanamento della vittima dell'impossessamento, individuando, come sopra ampiamente descritto, l'ulteriore condotta, posta in essere con la finalità di ingannare l'addetto alla vendita, onde evitare che questi si potesse avvedere tempestivamente che era stata prelevata l'apparecchiatura funzionante. 2.3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.