È necessario l’avviso al Presidente del Consiglio dell’Ordine in caso di perquisizione presso lo studio di un avvocato

Ai sensi dell’art. 103., comma 3, c.p.p., l’autorità giudiziaria, nell’eseguire un’ispezione, una perquisizione o un sequestro presso lo studio di un difensore, ha l’obbligo, a pena di nullità, di avvisare il Presidente del Consiglio dell’Ordine forense del luogo affinché questi, o un assistente delegato, possa assistere a tali operazioni.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 71/2019, depositata il 2 gennaio. La vicenda. Il Tribunale rigettava l’istanza di riesame presentata in favore dell’indagato del decreto di sequestro probatorio emesso dal PM nel marzo del 2018. Avverso l’ordinanza del Tribunale l’indagato propone ricorso per cassazione sostenendo che il PM precedentemente, nel dicembre 2017, aveva emesso un decreto di perquisizione presso il proprio studio legale ed era stata sottoposta a sequestro la documentazione cartacea ed informatica. In particolare, nel caso in esame, avverso il provvedimento di perquisizione era stata fatta richiesta di riesame. Il decreto di perquisizione. Occorre, innanzitutto, precisare che il nuovo sequestro del PM aveva ad oggetto non solo le copie forensi effettuate sul materiale informatico sequestrato in precedenza, ma anche uno smartphone e due pen drive e tale precisazione è fondamentale poiché la Suprema Corte ha più volte stabilito che il ricorso per cassazione contro la decisione del Tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un supporto informatico, nell’ipotesi in cui ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati in esso contenuti, è ammissibile se sia dedotto l’interesse all’esclusiva disponibilità dei dati. L’obbligo dell’autorità giudiziaria. Inoltre, l’art. 103, comma 3, c.p.p., dispone che l’autorità giudiziaria, qualora si accinga ad effettuare un’ispezione, una perquisizione o un sequestro presso lo studio di un difensore, ha l’obbligo di avvisare il Presidente del Consiglio dell’Ordine forense territorialmente competente che assiste alle operazioni. Il rispetto di tale obbligo è sancito a pena di nullità. Ebbene, nel caso in esame, si evince che l’autorità giudiziaria in nessuna delle due occasioni aveva dato avviso al Presidente del Consiglio dell’Ordine competente, ex art. 103, comma 3, c.p.p Per tali ragioni, il Supremo Collegio annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 settembre 2018 – 2 gennaio 2019, n. 71 Presidente Zaza – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Foggia ha rigettato l’istanza di riesame presentata nell’interesse dell’indagato S.G. e dei terzi interessati S.A. e S.C. del decreto di sequestro probatorio emesso dal PM in data 13 Marzo 2018. 1. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso la difesa dell’indagato che, col primo motivo, ha censurato l’errata applicazione dell’art. 325 c.p.p., comma 1 e art. 103 c.p.p Il ricorrente ha premesso che a Dicembre 2017 il PM aveva emesso un decreto di perquisizione eseguito presso lo studio legale e tributario S. ed era stata sottoposta a sequestro documentazione cartacea ed informatica, la seconda oggetto di consulenza tecnica. 1.1 Avverso il provvedimento era stata avanzata richiesta di riesame, che il Tribunale aveva respinto ma questa Corte, adita con impugnazione ai sensi dell’art. 325 c.p.p., aveva annullato il provvedimento ed, altresì, il decreto di perquisizione e sequestro del PM l’Ufficio inquirente, pertanto, aveva disposto la restituzione della documentazione ma contestualmente aveva ordinato un nuovo sequestro di copie informatiche, che erano già state effettuate sul relativo materiale, nonché di uno smartphone e di due pen drive. 1.2.La difesa, con memoria depositata al riesame, aveva dedotto la violazione della norma processuale ex art. 103 c.p.p., evidenziando che la perquisizione era avvenuta nello studio ove esercitavano attività professionale, non solo l’indagato, cioè il tributarista S.G. , ma anche i suoi figli avvocatessa A. , che era stata nominata difensore di fiducia dal padre nel procedimento, come noto alla Polizia Giudiziaria, ed il dr S.C. , praticante della sorella. 1.3 Infatti, la perquisizione era stata eseguita senza la presenza dell’AG e senza che fosse avvisato il Presidente del Consiglio dell’ordine forense, come previsto dalla norma e la violazione delle guarentigie della difesa importava la nullità dei decreti del PM. 1.4. Il Tribunale aveva argomentato che le operazioni si erano svolte solo negli spazi usati dall’indagato, senza sconfinare all’interno della sfera di tutela prevista per l’attività dell’avvocatessa e, quindi non vi sarebbe stata violazione delle garanzie di libertà del difensore. 1.5 Il ricorrente ha oggi rappresentato che la genericità del decreto di perquisizione, che non conteneva indicazioni precise del materiale da ricercare, aveva comportato che le attività di perquisizione si estendessero a tutti locali dello studio professionale ed a tutto il materiale informatico in esso presente, anche di pertinenza del legale di fiducia dell’indagato, aspetto fattuale travisato dal Giudice del riesame. 2. Col secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 200 e 256 c.p.p., poiché a fronte dell’acquisizione mediante copie informatiche di tutto il materiale presente negli archivi dello studio, il dr S.C. aveva eccepito il segreto professionale ma la PG delegata aveva proseguito nell’esecuzione del sequestro, senza neppure avvisare l’AG procedente. La relativa doglianza formulata in udienza era stata risolta dal Tribunale, osservando che nella fattispecie non sarebbero state rispettate le formalità dell’opposizione del segreto, che doveva essere scritta e ed il cui contenuto era stato generico. 2.1 La difesa ha sostenuto che la genericità dell’opposizione era conseguenza della genericità del decreto di sequestro, in cui non era stato indicato specificamente quale fosse il materiale da sequestrare ha eccepito, altresì, che non vi era stata alcuna richiesta da parte dell’AG, né alcun accertamento circa la fondatezza dell’opposizione del segreto professionale, invocando l’annullamento dei provvedimenti. All’odierna udienza il Pg, dr Lignola, ha concluso per l’annullamento con rinvio ed il difensore degli indagati presente ha insistito per l’accoglimento dei motivi. Motivi della decisione 1.Occorre premettere che dal contenuto del ricorso e dagli atti ad esso allegati e puntualmente indicati emerge l’interesse del ricorrente a proporre l’impugnazione, in quanto il nuovo sequestro in data 13 Marzo 2018 ha avuto ad oggetto non solo le copie forensi effettuate sul materiale informatico già in precedenza sequestrato, ma anche uno smartphone e due pen drive sottoposte a vincolo solo nella seconda occasione. 1.1 La precisazione è necessaria, poiché la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha statuito che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, nel caso in cui ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, è ammissibile sempre che sia dedotto l’interesse, concreto e attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati. Sez. U, Sentenza n. 40963 del 20/07/2017 Cc. dep. 07/09/2017 Rv. 270497 Sez. 6, Sentenza n. 13306 del 22/02/2018 Cc. dep. 22/03/2018 Rv. 272904 Sez. 5, Sentenza n. 25527 del 27/10/2016 Cc. dep. 23/05/2017 Rv. 269811. Il primo motivo di ricorso è fondato. 2. La norma in rilievo è l’art. 103 c.p.p., comma 3 che pone l’obbligo, per l’AG che debba procedere ad eseguire un’ispezione, una perquisizione o un sequestro presso lo studio di un difensore, di avvisare il Presidente del Consiglio dell’ordine forense, che,di persona o tramite un delegato, possa assistere alle operazioni. Il rispetto di tale obbligo è sancito a pena di nullità degli atti eseguiti senza osservarlo. 2.1. Fa eccezione al suindicato principio il caso dell’avvocato che sia sottoposto ad indagini, nel quale riprende, ovviamente, vigore il criterio di segretezza, che informa la fase investigativa e la natura di atto a sorpresa della perquisizione, essendo le predette guarentigie poste a garanzia del diritto di difesa dell’imputato/indagato. Sez. 5, Sentenza n. 12155 del 05/12/2011 Cc. dep. 30/03/2012 Rv. 252147. 2.2 La regola della necessità dell’avviso ex art. 103 c.p.p., comma 3 è ristabilita quando lo studio professionale risulti cointestato ad altro avvocato nominato difensore di fiducia del professionista indagato e non sottoposto in quel momento ad indagini, con la conseguente nullità degli atti compiuti ove quelle prescrizioni non siano rispettate. Sez. 6, Sentenza n. 21539 del 18/02/2009 Cc. dep. 22/05/2009 Rv. 243854. 2.3 Nella fattispecie in esame è pacifico che l’AG procedente né nella prima occasione, né nella seconda aveva dato l’avviso ex art. 103 c.p.p., comma 3 al Presidente del Consiglio dell’ordine competente ed i locali soggetti a perquisizione era adibiti anche a studio professionale dell’avvocatessa S. , nominata difensore di fiducia di suo padre nel procedimento nell’ambito del quale l’attività di perquisizione e sequestro era stata realizzata. 2.4 La giustificazione adottata sul punto dal Tribunale, tesa a distinguere gli spazi in uso all’avvocato indagato, S.G. , da quelli in uso alla figlia A. , è palesemente contraddittoria con quanto già osservato dai Giudici del riesame circa lo svolgimento dell’attività professionale dell’avvocatessa in una parte degli stessi locali ed è meramente apparente nel passaggio in cui ha voluto evidenziare che le operazioni si sarebbero svolte nell’ambito degli spazi usati dall’indagato, senza mai sconfinare all’interno della sfera di tutela prevista per le attività dell’avvocatessa, in quanto non è stato chiarito su quali elementi l’affermazione si poggi. 2.5 L’argomentazione adoperata dal Tribunale appare, del resto, ispirata ad un’interpretazione asfittica delle garanzie di libertà del difensore - così è intitolata la norma in parola - individuate nella disposizione codicistica dell’art. 103 c.p.p., che sono ovviamente funzionali al pieno esercizio del diritto di difesa delle persone indagate o imputate e che, pertanto devono essere interpretate nel senso di garantirlo in pieno e non nel senso opposto di comprimerlo. Le doglianze di cui al secondo motivo risultano assorbite nella precedente determinazione. Alla luce deì principi e delle considerazioni che precedono il provvedimento impugnato ed il decreto di sequestro devono essere annullati senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato ed il decreto di sequestro.