Alle Sezioni Unite la quaestio sulla possibilità della parte civile di impugnare la sentenza dichiarativa della prescrizione

È ammissibile l’impugnazione proposta dalla parte civile avverso la sentenza di secondo grado che abbia respinto l’appello proposto dalla medesima parte civile nei confronti della sentenza di primo grado che, senza entrare nel merito, abbia dichiarato la prescrizione del reato?

Questo il quesito che la Quinta Sezione della Corte Suprema, con sentenza n. 57456/18, depositata il 19 dicembre, sottopone all’attenzione delle Sezioni Unite, riscontrando un contrasto di legittimità sul punto relativo alla sussistenza dell’interesse della parte civile a proporre l’impugnazione della sentenza di proscioglimento dichiarativa dell’estinzione del reato per prescrizione. Più precisamente si trattava di un ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza di secondo grado che ha rigettato l’appello da essa proposto nei confronti della sentenza di primo grado dichiarativa della prescrizione. L’orientamento favorevole. Un primo orientamento, muovendosi nella direzione affermativa, ha ritenuto ammissibile, anche in assenza di gravame del pubblico ministero, l’appello proposto dalla parte civile, contro la sentenza con la quale il primo giudice ha dichiarato la prescrizione del reato. E, qualora il giudice di seconde cure riconosce l’erroneità della declaratoria di estinzione del reato pronunciata in primo grado, deve entrare nel merito dell’imputazione, sia pure ai soli fini civilistici e, ove la ritenga fondata, pronunciarsi sulla domanda della parte civile, anche se successivamente alla sentenza di primo grado, sia effettivamente maturata la prescrizione. Tale orientamento trova un aggancio letterale nell’art. 576 c.p.p. laddove facoltizza la parte civile ad impugnare, senza alcun limite, la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio”, nel cui genus rientra la species della sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato. Viene in definitiva a configurarsi un effetto retroattivo dell’impugnazione e il giudice d’appello deve riportarsi al momento in cui il primo giudice ha deciso. Coerentemente si ritiene che sia ammissibile anche il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che dichiara inammissibile o rigetta l’appello della parte civile, reiterando l’errore del primo giudice. L’orientamento contrario. Il contrapposto e prevalente orientamento esclude invece l’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza dichiarativa della prescrizione, non rimanendo pregiudicate le sue possibilità di tutela, che potranno trovare spazio nella sua naturale sede civilistica. Ciò in quanto l’ammissibilità delle statuizioni civilistiche nel processo penale poggia sull’accertamento positivo della commissione del reato. Rimangono così fuori dal perimetro di appellabilità le ipotesi in cui la sentenza, priva di ogni accertamento del fatto storico di reato, si limiti a statuire su un aspetto processuale. Il punto di riferimento di tale posizione può essere tratto dalla sentenza delle Sezioni Unite Di Marco n. 35599 del 2012 sull’affine caso di carenza di interesse della parte civile a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilità dell’azione penale dovuta a difetto di querela. La norma cardine che avallo questo orientamento viene ritenuta nell’art. 538 c.p.p. che attribuisce al giudice penale il potere di decidere sulle domande restitutorie o risarcitorie solo allorché pronuncia sentenza di condanna”. Di converso, viene ritenuta eccezionale la norma contenuta nell’art. 578 c.p.p. secondo cui quando nei confronti dell’imputato è pronunciata sentenza di condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello o la Cassazione, ne dichiarare estinto il reato per prescrizione, decidono sull’impugnazione soltanto sugli effetti civili. Recente avallo dell’orientamento prevalente. Tale seconda posizione sembra essere stata confermata dalla sentenza Schirru delle Sezioni Unite che, in caso di sentenza di condanna relativa ad un reato successivamente abrogato, ha statuito che il giudice dell’impugnazione deve revocare anche i capi della sentenza che riguardano gli interessi civili Sez. Unite, n. 46688/2016 . In definitiva l’interesse ad impugnare non sussisterebbe in difetto di una pronuncia preclusiva dell’azione civilistica risarcitoria della parte civile. Né sarebbe di ostacolo l’art. 652 c.p.p., in quanto non può essere attribuita l’efficacia extrapenale della sentenza dichiarativa della prescrizione in quanto derogatoria all’autonomia e della separazione dei giudizi civili e penali. Tale norma infatti, riferendosi la disposizione solo alla sentenza penale irrevocabile di assoluzione, non è estendibile analogicamente. Quindi laddove si contesti la già intervenuta prescrizione, la parte civile è in ogni caso priva di interesse all’impugnazione trattandosi di deliberazione che, ai sensi dell’art. 652 c.p.p. non pregiudica in alcun modo l’utile esercizio dell’azione civile nella sede propria. La palla passa alle Sezioni Unite. Anche se sembrano più convincenti gli argomenti soprattutto letterali del primo orientamento, la direzione in cui si sta andando anche in sede di Massimo Consesso è quella di rinvenire il concetto di concretezza” dell’interesse ad impugnare della parte civile solo laddove ci sia una pronuncia di condanna ed invece, negli altri casi, trasferire nella sede civile le richieste risarcitorie. Direzione non condivisibile, tuttavia, perché a nulla rileva che la parte civile potrebbe rivolgersi dinanzi al giudice civile per far valere le sue pretese risarcitorie, in quanto se la legge gli consente di percorrere entrambi i binari per soddisfare i danni prodotti dal reato, civile e penale, non compete al giudice indicare quale via la suddetta parte debba seguire. Ad ogni modo, la tappa finale di tale percorso – assolutamente non condivisibile perché sull’altare di una visione efficientistica del processo penale finisce per sacrificare diritti di impugnazione chiaramente cristallizzati nelle norme del codice di rito penale, ed in particolare nell’art. 576 c.p.p. – sembra essere quella percorsa con il sollevamento della questione di legittimità costituzionale di quest’ultima disposizione processuale nella parte in cui prevede che la parte civile possa proporre al giudice penale anziché al giudice civile impugnazione ai soli effetti della responsabilità civile contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio Corte di Appello di Venezia, 9 gennaio 2018 . Spetterà alle Sezioni Unite e alla Corte costituzionale decidere la direzione da intraprendere.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 novembre – 19 dicembre 2018, n. 57456 Presidente Palla – Relatore Scotti Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Roma con sentenza del 31/10/2016 ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 16/7/2015, appellata dalla parte civile M.F. , che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputata P.C. per il reato di cui agli articolo 81 e 616, commi 1 e 2, cod.pen. quanto alla sottrazione della missiva relativa all’estratto conto al omissis , perché estinto per intervenuta prescrizione, e aveva assolto l’imputata, quanto alla sottrazione della missiva relativa alla bolletta per la tariffa di igiene ambientale di Hera s.p.a. di , perché non punibile per particolare tenuità del fatto ex articolo 131 bis cod.pen 2. Ha proposto ricorso l’avv. G. S., difensore di fiducia della parte civile munito di procura speciale, svolgendo unico motivo, formulato ex articolo 606, comma 1, lett. b , cod.proc.pen., per lamentare violazione della legge penale in relazione agli articolo 157 e 160 cod.pen. e dedurre travisamento degli atti del processo, già allegati al ricorso in appello e nuovamente allegati a corredo del ricorso. Il Giudice di primo grado, valutata la data di commissione del reato di sottrazione dell’estratto conto al omissis , aveva ritenuto che il decreto di citazione a giudizio fosse stato emesso oltre sei anni dopo la consumazione del reato, in difetto di precedenti atti interruttivi tuttavia il decreto di citazione diretta a giudizio era stato emesso in seguito ad ordinanza ex articolo 409, comma 5, cod.proc.pen., del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma del 18/6/2012, dopo che per ben due volte il Pubblico Ministero aveva richiesto l’archiviazione del procedimento ed erano state proposte rituali opposizioni della parte civile con conseguente fissazione di udienze camerali. Il ricorrente rileva che il provvedimento del Giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione costituisce ai sensi dell’articolo 160, comma 2, cod.pen. atto interruttivo della prescrizione il ricorrente aggiunge, inoltre, in data 6/7/2011 l’imputata aveva reso interrogatorio, in seguito alla prima ordinanza del 19/4/2011 del Giudice per le indagini preliminari, a fronte di invito notificatole dal Pubblico Ministero, con le conseguenze interruttive previste dall’articolo 160, comma 2, cod.pen Infine il Giudice di primo grado all’udienza del 4/2/2015 aveva rinviato il dibattimento su richiesta per legittimo impedimento del difensore dell’imputata, con la conseguente sospensione per sessanta giorni dei termini prescrizionali, con la conseguenza della dilazione del termine sino al mese di settembre del 2015. Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia erroneamente escluso la sussistenza dell’atto interruttivo, assumendo che l’opposizione alla richiesta di archiviazione riguardasse il diverso reato di cui all’articolo 572 cod.pen. invece risultava documentalmente che il Giudice per le indagini preliminari aveva fissato due distinte udienze camerali prima per il giorno 7/3/2011 e poi per il giorno 21/5/2012 per l’esame delle opposizioni della parte civile alla richiesta di archiviazione proprio per i reati di sottrazione di corrispondenza e soprattutto che con ordinanza ex articolo 409, comma 5, cod.proc.pen. emessa il 18/6/2012 fosse stata ordinata al Pubblico Ministero la formulazione dell’imputazione proprio per tali reati. Considerato in diritto 1. La parte civile ha proposto ricorso per cassazione, quanto agli effetti della responsabilità civile, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 576 cod.proc.pen., avverso la decisione della Corte di appello romana confermativa della sentenza di primo grado, dichiarativa della prescrizione del reato. L’impugnazione, per quanto rileva ai sensi dell’articolo 581, lett. a , cod.proc.pen., è diretta solo contro il capo di decisione relativo alla dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato di sottrazione della corrispondenza costituita dall’estratto conto al omissis . 2. Il Collegio rileva in via preliminare che una questione di diritto sottoposta al suo esame ha dato luogo a un contrasto giurisprudenziale, meritevole di sottoposizione alle Sezioni Unite ai sensi dell’articolo 618, comma 1, cod.proc.pen La giurisprudenza di questa Corte ha infatti risposto in modo divergente all’interrogativo circa la sussistenza dell’interesse della parte civile a proporre l’impugnazione della sentenza di proscioglimento dichiarativa dell’estinzione del reato per prescrizione. Nel caso di specie la questione si prospetta con riferimento all’impugnazione con ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza di secondo grado che ha respinto l’appello da essa proposto nei confronti della sentenza di primo grado di proscioglimento per prescrizione. La soluzione della questione è rilevante, sia per il suo carattere preliminare, eventualmente preclusivo dell’esame del merito, sia perché le censure svolte dal ricorrente nel merito, a una sommaria delibazione, non appaiono manifestamente infondate, sì da determinare comunque, per altra via, un’ipotesi di inammissibilità del ricorso ex articolo 606, comma 3, seconda ipotesi, cod.proc.pen. . 3. La giurisprudenza scrutinata ha risposto al quesito, ragionando in due diverse prospettive. Un primo orientamento parte dal presupposto che alla parte civile è attribuita dall’articolo 576 cod.proc.pen. la legittimazione a proporre impugnazione, ovviamente ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio. È stato così ritenuto ammissibile, anche in assenza del gravame del pubblico ministero, l’appello proposto dalla parte civile avverso la sentenza con la quale il primo giudice ha dichiarato la prescrizione del reato Sez. 2, n. 40069 del 14/06/2013, P.C. in proc. Giancaspro, Rv. 256356 Sez. 2, n. 7041 del 28/11/2012 - dep. 2013, Caleca e altri, Rv. 254999 Sez. 2, n. 9263 del 02/02/2012, P.C. in proc. Nese, Rv. 252706 . Secondo tale orientamento il giudice di appello che riconosca l’erroneità della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione pronunziata in primo grado, sia pure ai soli fini civilistici deve entrare nel merito dell’imputazione e, quindi, ove la ritenga fondata, pronunziare sulla domanda proposta dalla parte civile anche se, successivamente alla sentenza di primo grado, sia effettivamente maturata la prescrizione. L’indirizzo in analisi esclude che venga realmente in rilievo un profilo di carenza d’interesse, e assume si debba piuttosto valutare se la parte civile sia legittimata ad impugnare la sentenza di prescrizione pronunciata dal giudice di primo grado e se e in che termini il giudice di appello debba pronunciarsi sulla questione devolutagli. Il fatto che la parte civile possa proporre l’azione in sede civile senza essere pregiudicata dalla decisione in sede penale, viene considerato un argomento incongruo perché, una volta che la legge le ha concesso di far valere le sue ragioni, a suo insindacabile giudizio, in sede civile o in sede penale, non compete al giudice indicare quale via la suddetta parte debba seguire. Quanto, poi, all’interesse della parte civile a tutelare i propri interessi in sede penale piuttosto che in sede civile, è sufficiente osservare che l’accertamento in sede penale non soffre delle preclusioni e dei limiti previsti in sede civile. Il fatto che la parte civile abbia il diritto insindacabile ad impugnare la decisione di primo grado a sé sfavorevole anche quando la medesima è di non doversi procedere per estinzione del reato, ex articolo 531 cod.proc.pen., viene desunto dalla lettera dell’articolo 576 cod.proc.pen. che facoltizza la parte civile ad impugnare, senza limite alcuno, la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio , tra cui si annovera la sentenza di dichiarazione di estinzione del reato ex articolo 531 che, quindi, costituisce una species del genus delle sentenze di proscioglimento. Secondo queste pronunce, il giudice di appello, una volta investito della questione, è tenuto ad esaminarla, non essendo ipotizzabile alcuna carenza di interesse all’esito del giudizio si prospetta l’alternativa fra a respingere l’appello, ritenendo corretta la decisione del primo giudice in questo caso rimane ferma anche la mancata decisione sulle domande civili, sicché alla parte civile - salvo, ovviamente, il ricorso per cassazione - non rimane che riproporre le sue domande in sede civile b accogliere l’appello, ritenendo che, erroneamente, il primo giudice abbia dichiarato estinto il reato per prescrizione in questo caso, il giudice di appello è investito ex novo, sia pure ai soli effetti civili, della cognizione del giudizio penale sicché, deve delibare sulla responsabilità dell’imputato, e, ove, incidentalmente, lo ritenga colpevole, decidere sulle domande civili . Viene così a configurarsi un effetto retroattivo dell’impugnazione e il giudice di appello deve rapportarsi al momento in cui il primo giudice ha deciso e, quindi, decidere come se fosse il giudice di primo grado sicché, ove accerti che questi ha errato nel dichiarare la prescrizione, deve decidere, ai soli fini civili, prima nel merito e, poi, sulle domande civili, quand’anche dovesse, poi, nuovamente dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione nel frattempo sopravvenuta. Coerentemente - ed alcune delle pronunce citate lo affermano incidentalmente - l’orientamento illustrato porta a ritenere ammissibile anche il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che dichiara inammissibile o rigetta l’appello della parte civile, reiterando l’errore del primo giudice, sì da consentire in sede di rinvio alla parte civile l’auspicato e denegato esame nel merito, ai soli effetti civili, delle proprie domande. In estrema sintesi, l’orientamento commentato ritiene ammissibile l’impugnazione della parte civile delle sentenze di proscioglimento per prescrizione sulla base del presupposto letterale del riconoscimento normativo della legittimazione soggettiva e di una valutazione del requisito dell’interesse ad impugnare rispettosa e protettiva della scelta discrezionale e legittima della parte civile di coltivare la tutela dei propri interessi civili pregiudicati dal fatto di reato in sede penale, con tutti i vantaggi e svantaggi che tale scelta comporta in termini di standard di accertamento, criteri di determinazione del nesso di causalità, distribuzione degli oneri probatori, prove ammissibili . . Diversamente opinando, l’errore in tema di applicazione della prescrizione, in ipotesi clamoroso, del giudice di primo grado, ovvero lo stesso errore, ripetuto dal giudice di appello, priverebbe la parte civile incolpevole di una pronuncia sul merito delle sue domande civilistiche che, secondo le regole del sistema, avrebbe avuto diritto di ottenere in assenza di errore, o di errori. 4. Merita menzione anche un orientamento, per così dire intermedio, che ha ravvisato l’interesse della parte civile a proporre appello avverso la sentenza con la quale il primo giudice, a seguito di un accertamento di merito pregiudizievole delle sue ragioni, ha dichiarato la prescrizione del reato Sez. 6, n. 21533 del 13/03/2018, P., Rv. 272930 tale principio è stato peraltro affermato solo ove l’erroneità della decisione si traduca in una incursione nel merito, ciò avvenendo, ad esempio, nel caso in cui il giudice, secondo previgente disciplina articolo 157 c.p., comma 2, ante legge n. 251 del 2005 , si trovava ad applicare la prescrizione all’esito della concessione delle attenuanti generiche. Secondo questa più sfumata posizione l’interesse della parte civile sarebbe apprezzabile solo ove la dichiarazione di estinzione del reato sia transitata attraverso un precedente accertamento di merito potenzialmente pregiudizievole delle ragioni della parte civile. Allo stesso filone pare da iscrivere anche la pronuncia della Sez. 1, n. 13941 del 08/01/2015 P.C. in proc. Ciconte, Rv. 263065 secondo cui la parte civile costituita è legittimata a proporre impugnazione ai sensi dell’articolo 576 cod. proc.pen. avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell’imputato pronunciata ex articolo 129, comma 2, in relazione a reato a quella data già prescritto, ma al solo scopo di rimuoverne l’efficacia di giudicato nell’azione di danno nei suoi confronti. 5. L’opposto e apparentemente prevalente orientamento della giurisprudenza di questa Corte esclude la sussistenza dell’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per prescrizione, assumendo che tale statuizione non pregiudica in alcun modo le sue possibilità di tutela l’assioma di fondo sotteso a questa linea di pensiero si basa sull’ammissibilità della pronuncia di statuizioni civilistiche nel processo penale solo in presenza di un accertamento in positivo della commissione del reato, con la consequenziale normale devoluzione delle tematiche civilistiche alla sede propria del processo civile tutte le volte in cui il predetto accertamento, per qualsiasi ragione, venga meno, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge. La concretezza dell’interesse viene ritenuta ravvisabile non solo quando l’impugnante, attraverso l’impugnazione, si riprometta di conseguire effetti processuali diretti vantaggiosi, ma anche quando miri ad evitare conseguenze extra-penali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extra-penali più favorevoli, restando comunque al di fuori del perimetro di appellabilità le ipotesi in cui la sentenza, priva di ogni accertamento del fatto storico di reato, si limiti a statuire su un aspetto processuale e, risultando inidonea a fondare l’efficacia di giudicato nei processi civili, sia incapace di arrecare un concreto pregiudizio alle ragioni della parte civile. Il punto di riferimento di quest’orientamento può essere colto nella pronuncia delle Sezioni Unite, attinente a una diversa ipotesi di decisione meramente processuale, secondo cui la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilità dell’azione penale dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell’azione civilistica Sez. U, n. 35599 del 21/06/2012 P.0 in proc. Di Marco e altro, Rv. 253242 tali criteri sono stati reputati estensibili anche all’ipotesi di pronuncia in rito per violazione del ne bis in idem Sez. 5, n. 32983 del 16/06/2014, La Pietra, Rv. 260075 . In questa prospettiva la norma cardine viene individuata nell’articolo 538 cod.proc.pen. che in linea di principio attribuisce al giudice penale il compito di pronunciare sulle domande restitutorie e risarcitorie solo allorché pronuncia sentenza di condanna . La regola fissata dall’articolo 578 cod.proc.pen., in tema di decisione agli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o prescrizione, secondo cui quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di Cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, viene ritenuta di carattere eccezionale e derogatorio rispetto ai principi generali. Tale assetto di principio ha ricevuto recente conferma dalla sentenza Schirru delle Sezioni Unite, secondo cui in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del d.lgs. 15/1/2016, n. 7, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile Sez. U, n. 46688 del 29/09/2016, Schirru e altro, Rv. 267884 . L’interesse ad impugnare ex articolo 568, comma 4, cod.proc.pen., non sussisterebbe pertanto in difetto di una pronuncia preclusiva dell’azione civilistica risarcitoria della parte civile s’intende, per tornare al caso concreto ora in trattazione, con riferimento alla sottrazione dell’estratto conto XXXXXX, perché, per l’altro episodio comunque estraneo all’impugnazione la parte civile è ampiamente salvaguardata dalla regola enunciata dall’articolo 651 bis cod.proc.pen Appare il caso di osservare che il tema del decorso della prescrizione civilistica della pretesa risarcitoria non sembra incidere in modo decisivo. È pur vero che l’articolo 2947, comma 3, cod.civ., in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, assoggettato, di regola alla prescrizione quinquennale ovvero alla prescrizione biennale in caso di danno prodotto dalla circolazione veicolare , prevede, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, che questa si applichi anche all’azione civile. Tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile. Inoltre il decorso della prescrizione civilistica può essere interrotto, anche stragiudizialmente, dalla parte interessata, ex articolo 2943, comma 4, cod.civ. mediante atto idoneo a costituire in mora il debitore. Soprattutto, la costituzione di parte civile nel processo penale produce, come ogni altra domanda giudiziale, un effetto interruttivo permanente della prescrizione del diritto al risarcimento del danno scaturito dal reato per tutta la durata del processo, nei confronti tanto di coloro contro i quali viene rivolta espressamente la costituzione, quanto dei coobbligati solidali, ancorché rimasti estranei al processo penale, e il termine di prescrizione riprende a decorrere dal momento in cui è divenuta irrevocabile la sentenza penale che ha definito il giudizio Sez. 6 civile - 1, Ordinanza n. 28456 del 28/11/2017, Rv. 646782 - 01 l’effetto interruttivo permanente, in caso di estinzione del reato per prescrizione, cessa alla data in cui diventa irrevocabile la sentenza che dichiara l’estinzione, tranne che la parte civile abbia revocato la costituzione o non abbia, comunque, coltivato la pretesa, venendo in tal caso meno la volontà di esercitare il diritto che è alla base dell’effetto interruttivo Sez. 6 penale, n. 17799 del 06/02/2014, M, Rv. 260158 Sez. 3 civile, Sentenza n. 19741 del 27/09/2011, Rv. 619351 - 01 Sez. 3 civile, Sentenza n. 5256 del 09/04/2001, Rv. 545768 - 01 Sez. 3 civile, Sentenza n. 15511 del 06/12/2000, Rv. 542502 - 01 cfr altresì Sez. Unite civili, Sentenza n. 8348 del 05/04/2013, Rv. 625720 - 01 . Varie pronunce di questa Corte hanno così ritenuto che la parte civile sia priva di interesse ad impugnare la pronuncia dichiarativa dell’intervenuta prescrizione, trattandosi di deliberazione che ai sensi dell’articolo 652 cod. proc. pen. non pregiudica l’esercizio dell’azione civile nella sede propria Sez. 4, n. 3789 del 19/01/2016, PC in proc. Gitto, Rv. 265741 Sez. 6, n. 19540 del 21/03/2013, R.C. e Failla, Rv. 255668 Sez. 4, n. 33452 del 17/06/2011, P.C. in proc. Condorelli e altri, Rv. 251347 Sez. 6, n. 27658 del 24/06/2011 P.O. in proc. Ferrara, Rv. 250738, peraltro in tema di archiviazione Sez. 6, n. 37034 del 18/06/2003, P.C. in proc. Cannone, Rv. 228407 . Occorre inoltre tener conto dell’articolo 652 cod.proc.pen., che disciplina l’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno il punto chiave per segnare l’interesse all’impugnazione della parte civile è infatti costituito dai limiti tracciati dall’articolo 652 all’efficacia extrapenale della sentenza dichiarativa della prescrizione. LA disposizione di cui all’articolo 652 cod. proc. pen., cosi come quelle degli articolo 651, 653 e 654 dello stesso codice costituisce un’eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima , pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente ne consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione. Sez. U, civili Sentenza n. 1768 del 26/01/2011, Rv. 616366 - 01 alle sentenze di non doversi procedere, perché il reato è estinto per prescrizione o amnistia, non può riconoscersi alcuna efficacia extrapenale, sicché nel giudizio promosso contro l’imputato per ottenere il risarcimento del danno, il giudice civile, pur tenendo conto di tutti gli elementi di prova acquisiti in sede penale e pur potendo ripercorrere lo stesso iter argomentativo del giudice penale e giungere, quindi, alle medesime conclusioni, deve tuttavia interamente ed autonomamente rivalutare il fatto. Sez. U, Sentenza n. 12243 del 27/05/2009, Rv. 608300 - 01 . L’impugnazione per essere ammissibile deve tendere all’eliminazione della lesione concreta di un diritto o di un interesse giuridico del proponente l’impugnazione, situazione non configurabile nel caso in cui debba essere esclusa l’efficacia extra-penale delle sentenze che dichiarano estinto il reato per prescrizione. Anche ove contesti la già intervenuta prescrizione, la parte civile è in ogni caso priva di interesse all’impugnazione trattandosi di deliberazione che ai sensi dell’articolo 652 cod.proc.pen. non pregiudica in alcun modo l’utile esercizio dell’azione civile nella sede propria. 6. La giurisprudenza delle Sezioni Unite non fornisce indici risolutivi, anche se corrobora più efficacemente il secondo degli orientamenti illustrati. La sentenza Negri del 2006, in tema di impugnazione ad opera della parte civile della sentenza assolutoria di primo grado, ha ritenuto che il giudice di appello, nel dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione o per amnistia su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l’imputato al risarcimento dei danni in favore di quest’ultima, atteso che l’articolo 576 cod. proc. pen. conferisce al giudice dell’impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto Sez. U, n. 25083 del 11/07/2006, Negri ed altro, Rv. 233918 . Questa pronuncia finisce con l’affermare, testualmente, che Così il giudice dell’impugnazione, adito ai sensi dell’articolo 576 cod.proc.pen., ha, nei limiti del devoluto e agli effetti della devoluzione, i poteri che il giudice di primo grado avrebbe dovuto esercitare. Se si convince che tale giudice ha sbagliato nell’assolvere l’imputato ben può affermare la responsabilità di costui agli effetti civili e come indirettamente conferma il disposto di cui all’articolo 622 cod.proc.pen. condannarlo al risarcimento o alle restituzioni, in quanto l’accertamento incidentale equivale virtualmente - oggi per allora - alla condanna di cui all’articolo 538 cod.proc.pen., comma 1, che non venne non pronunziata per errore. Tanto, come sì è detto, anche nel caso in cui sia sopravvenuta l’estinzione del reato per prescrizione, laddove se la prescrizione si sarebbe dovuta pronunziare in primo grado, in luogo della formula più liberatoria, allora, e solo in questo caso, il giudice dell’impugnazione, sebbene adito ai sensi dell’articolo 576 cod.proc.pen., non può provvedere agli effetti civili, per effetto dell’articolo 538 cod.proc.pen., comma 1, che è stato appena richiamato . Tuttavia la stessa sentenza non considera l’ipotesi in cui ad impugnare la sentenza assolutoria di primo grado sia solo la parte civile agli effetti civili, tant’è che premette Il problema relativo ai limiti della cognizione civile nel processo penale, si presenta, come è ovvio, nel caso in cui il giudice dell’impugnazione, adito agli effetti civili, sia stato altresì investito della cognizione penale, perché è esclusivamente in questa ipotesi che tale giudice può dichiarare l’avvenuta estinzione del reato, dinanzi a una precedente sentenza assolutoria. Ed è poi circostanza priva di rilievo, sia per il sorgere del quesito che per la sua soluzione, quella che l’impugnazione agli effetti penali sia stata proposta o dal p.m. o, come nella specie accade, ai sensi dell’articolo 577 cod.proc.pen., dalla persona offesa per reati di ingiuria e di diffamazione che ha richiesto anche il risarcimento . La pronuncia in esame lascia peraltro inesplorato anche il versante su cui è schierato l’orientamento intermedio sopra illustrato che ammette l’interesse ad impugnare della parte civile la sentenza, più in generale, di proscioglimento, suscettibile di arrecare concreto pregiudizio agli interessi civilistici della parte civile. Non pare decisiva neppure la lettura della sentenza De Marco del 2012 delle Sezioni unite penali di questa Corte 21/6/2012, n. 35599, De Marco, rv. 253242 , che ha affermato che la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilità dell’azione penale dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell’azione civilistica. Le Sezioni Unite hanno, in particolare, sottolineato che l’interesse della parte civile all’impugnazione deve essere apprezzabile non solo in termini di attualità ma anche di concretezza e deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare, dimodoché l’interesse sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione del contesto pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa rispetto a quella determinatasi con la pronuncia giudiziale. L’arresto in parola, tuttavia, se tendenzialmente sembra accreditare il secondo orientamento, non esamina specificamente in motivazione tutti gli argomenti spesi dal primo orientamento a sostegno della tesi accolta con due pronunce successive alla sentenza De Marco , anche se afferma che la scelta della parte di coltivare l’azione civile nel processo penale non può essere giustificata semplicemente da una preferenza di fatto per un certo iter processuale. Secondo la sentenza De Marco , non è configurabile in principio un diritto ad agire in giudizio secondo un determinato procedimento, salva la previsione normativa di specifiche forme di tutela giurisdizionale, disciplinate dall’ordinamento processuale in relazione al concreto bisogno di tutela delle singole situazioni di diritto sostanziale fatte valere, mentre il diritto al risarcimento del danno del danneggiato appare congruamente garantito innanzi al giudice civile, allorché non sussistono le condizioni di procedibilità che consentono l’esercizio dell’azione in sede penale nei confronti del responsabile dell’illecito. La pronuncia citata si riferisce pur sempre ad una fattispecie declaratoria di improcedibilità per difetto di querela sensibilmente differente da quella in esame declaratoria di estinzione del reato per prescrizione , che involge delicati collegamenti con la prescrizione civilistica e in cui la parte civile è stata privata, in ipotesi erroneamente e comunque incolpevolmente, della sollecitata pronuncia sulle statuizioni civili. 7. Il Collegio ritiene quindi di dover sottoporre alle Sezioni Unite il seguente quesito Se sia ammissibile l’impugnazione proposta dalla parte civile avverso la sentenza di secondo grado che abbia respinto l’appello proposto dalla medesima parte civile nei confronti della sentenza di primo grado che, senza entrare nel merito, abbia dichiarato la prescrizione del reato . P.Q.M. Dispone rimettersi il ricorso alle Sezioni Unite.