Confisca per equivalente del profitto di reato: è irrilevante l’individuazione dei singoli beni

Quando il giudice decide di procedere alla confisca per equivalente del profitto del reato non è tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma può limitarsi a determinare la somma di denaro che costituisce profitto.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 54191/18, depositata il 4 dicembre. Il caso. Il Tribunale, dichiarava la penale responsabilità dell’imputato per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi di evadere le imposte, condannandolo alla pena di giustizia. In particolare, il Tribunale riteneva di non dover applicare nessuna confisca del profitto del reato poiché mancavano elementi in ordine all’attuale disponibilità di beni patrimoniali in capo all’imputato e ciò non consentiva di indicare nominativamente i singoli beni su cui applicare la misura di sicurezza. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Procuratore generale della Repubblica. La confisca. Innanzitutto, il Supremo Collegio ricorda che in caso di condanna successiva all’accertamento della violazione di norme penali-tributarie è obbligatorio disporre la confisca del profitto del reato. Ed inoltre, quando il giudice decide di procedere alla confisca per equivalente del profitto conseguito dal reato non è tenuto ad individuare nel concreto i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma può limitarsi a determinare la somma di denaro che costituisce profitto. Per tali motivi, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente all’omessa confisca per equivalente dell’importo dell’IVA.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 settembre – 4 dicembre 2018, n. 54191 Presidente Rosi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Pesaro, con sentenza del 10 ottobre 2017, ha dichiarato la penale responsabilità di N.P. in relazione ad una serie di reati, commessi nel corso di anni di imposta diversi, aventi ad oggetto la emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi di evadere le imposte, e lo ha, pertanto, condannato alla pena di giustizia. Con la citata sentenza il Tribunale ha ritenuto, tuttavia, di non dover disporre alcuna confisca, né in forma diretta né per equivalente, del profitto del reato, sulla base del rilievo che la mancanza di elementi in ordine alla attuale disponibilità in capo al N. di beni patrimoniali non consentiva di indicare nominativamente i singoli beni suoi quali sarebbe stata applicata la disposta misura di sicurezza. Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione la Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona, rilevando che la confisca per equivalente ha una finalità sanzionatoria in ragione della quale non sussisterebbe alcun obbligo in capo al giudice che la dispone di individuare, oltre al valore complessivo dei beni da confiscare, quali siano i beni concretamente gravati dalla misura in questione, essendo la loro concreta individuazione e la verifica della corrispondenza del loro valore all’importo da sottoporre alla misura di sicurezza, adempimento che dovrà essere eseguito solo in fase di concreta esecuzione della misura stessa. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Deve, preliminarmente, osservarsi che in particolare in caso di condanna conseguente all’accertamento della violazione della normativa in materia penaltributaria, va obbligatoriamente disposta la confisca del profitto del reato Corte di cassazione, Sezione III penale, 4 novembre 2013, n. 44445, in tema di patteggiamento, ma il principio vale, a fortiori, in caso di sentenza di vera e propria condanna . Tanto premesso, deve altresì osservarsi che in caso di sentenza di condanna, laddove il giudice debba procedere alla confisca per equivalente del profitto conseguito a seguito della perpetrazione del reato di cui al capo di imputazione, egli non è tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma può limitarsi a determinare la somma di danaro che costituisce il profitto o, a seconda dei casi, il prezzo del reato o il valore ad essi corrispondente Corte di cassazione, Sezione III penale, 5 maggio 2014, n. 18309 , posto che la individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del valore di questi all’importo del profitto o del prezzo del reato è operazione riservata alla fase esecutiva della sentenza, spettante all’organo del Pubblico ministero Corte di cassazione, Sezione VI penale, 29 novembre 2017, n. 53832 idem Sezione II penale, 11 giugno 2015, n. 24785 . Sulla base di tale ripartizione dei compiti è, evidentemente, in contrasto con la normativa applicabile al caso la omessa pronunzia da parte del Tribunale di Pesaro della confisca dell’importo della imposta evasa, evidentemente costituendo questa il profitto conseguito attraverso la perpetrazione dei reati di cui in contestazione, sulla base della affermazione che il condannato non è titolare di beni da sottoporre a confisca. La esistenza o meno di tali beni in capo al prevenuto, sui quali la misura possa essere materialmente eseguita, è questione che dovrà essere esaminata e valutata in sede di materiale esecuzione della medesima da parte dell’organo a ciò preposto, ma non è evidentemente fattore tale da condizionarne in senso negativo la adozione in sede di cognizione. Stante la obbligatorietà della misura, la cui adozione non richiede, pertanto, alcuna valutazione di carattere discrezionale, la stessa, in esito all’annullamento in parte qua della sentenza impugnata, può essere disposta, senza necessità di rinvio, direttamente da questa Corte, nei limiti, come detto, dell’importo della imposta evasa accertato con la sentenza di merito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla omessa confisca per equivalente dell’importo dell’IVA, che dispone sino all’ammontare della imposta evasa.