Alle Sezioni Unite la questione sull’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato contumace

L’art. 6, n. 3, lett. a della CEDU dispone che In particolare, ogni accusato ha diritto di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico . Solo la dettagliata, completa, tempestiva e certa conoscenza dell’accusa consentono di predisporre ed acconciare completa dettagliata e tempestiva difesa.

Il caso. Il condannato attivava la procedura prevista dall’art. 175, comma 2, c.p.p., testo previgente alla riforma inerente il processo in assenza, deducendo di non aver avuto conoscenza giuridicamente corretta dalla pronuncia resa nei suoi confronti dal Tribunale di Napoli. L’istanza, formata ovviamente avanti al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione, era respinta, ritenendo il giudice correttamente conosciuto l’atto posta l’intervenuta notifica a mani della convivente moglie ed al domicilio eletto dell’avviso reso ex art. 415- bis c.p.p., a mezzo di consegna a mani al difensore d’ufficio nominato del decreto di citazione a giudizio ed a mezzo PEC allo stesso difensore dell’estratto di sentenza contumaciale stante la non reperibilità al domicilio eletto dell’allora imputato successivamente condannato. Avverso il provvedimento di reiezione della revoca di esecutività della sentenza proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo violazione degli artt. 161, 175, 199, comma 1, c.p.p. anche in relazione alla luce dell’intervenuta abrogazione dell’istituto della contumacia intervenuta in forza della l. n. 67/2014. Gli atti notificati. La Corte ritiene, in modo del tutto corretto, assolutamente incontrovertibile la legittimità e validità della notifica dell’avviso ex art. 415- bis c.p.p. Partendo da questo dato essa esamina la validità delle successive notifiche, ovvero della vocatio in iudicium e dell’estratto della sentenza contumaciale. Ora, posto che le notifiche del decreto di citazione a giudizio e dell’estratto contumaciale della sentenza sono intervenute previa accesso negativo presso il domicilio eletto dall’imputato, la successiva loro effettuazione ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p. apparirebbe, a prima vista corretta ma occorre por mente a ciò che occorre, oggi come ieri si veda in proposito quanto suo tempo sostenuto nel commento Quel che resta della restituzione in termini Regime contumaciale ed art. 175 c.p.p” pubblicato su questa rivista che da parte dell’imputato vi sia la prova di una effettiva conoscenza dell’esistenza del procedimento penale promosso od esistente nei propri confronti. La interpretazione di detti requisiti è soggetta ad una lettura dell’ordinamento conforme ai principi contenuti nella legislazione sovranazionale e nelle convenzioni sottoscritte dall’Italia, prima fra tutte la CEDU. L’articolo 6 della CEDU. L’art. 6 della Convenzione, nella interpretazione che ne dà la Corte di Cassazione, richiede, affinché possa dirsi effettiva la conoscenza del procedimento pendente, l’esistenza di un formale atto di contestazione idoneo ad informare l’accusato, in tempi celeri, in una lingua comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel merito così la Suprema Corte nel notissimo caso Berlusconi . Ora, pare importante ricordare ai pazienti lettori del commento, come la struttura del provvedimento richiesto dall’art. 6 della CEDU, santificata dalla Suprema Corte, contrasti in larga misura con ciò che normalmente viene notificato agli indagati non eccellenti nella quotidianità. Quotidianità che dovrebbe produrre, e purtroppo non produce, una piuttosto importante quantità di eccezioni rivolte a far dichiarare la nullità del primo atto notificato all’indagato, informazione di garanzia, per contrasto col disposto dell’art. 6 della CEDU con le conseguenze che ben si possono comprendere. Abbandonata la digressione relativa all’agire quotidiano, giovi ricordare come l’interpretazione sopra ricordata sia quella maggioritaria nel consesso degli Ermellini e quindi come il Supremo Collegio consideri inidonea ogni comunicazione non in grado di soddisfare i requisiti indicati che sez. 4 41860 17/06/2009 debbono essere contenute in un atto giuridico di tal importanza da dover corrispondere a condizioni di forma e sostanza idonee a garantire l’esercizio effettivo dei diritti dell’accusato, non essendo sufficiente una conoscenza vaga e non ufficiale” Secondo l’orientamento in commento detta conoscenza va riferita a quella dell’accusa contenuta in provvedimento formale di vocatio in iudicium solo in tal caso potendo ritenersi volontaria la rinuncia a comparire” Ora, a prescindere dalla circostanza per me assolutamente incomprensibile secondo cui tutti gli atti prodromici alla emissione del decreto di citazione a giudizio sarebbe assolutamente scoperti dalle garanzie fornite dalla CEDU in contrasto con il tenore letterale della stessa, dalla proposta interpretazione che è quella più garantista. deriverebbe che nel caso di specie il Giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto concedere la remissione in termini stante la non conoscenza dell’accusa da parte dell’imputato in forza di un atto giuridico di tal importanza da dover corrispondere a condizioni di forma e sostanza idonee a garantire l’esercizio effettivo dei diritti dell’accusato, non essendo sufficiente una conoscenza vaga e non ufficiale ovvero non essendo certo che egli abbia avuto conoscenza della vocatio in iudicium . All’orientamento maggiormente garantista” la sezione della Corte oppone altra interpretazione secondo cui per superare la presunzione di non conoscenza del procedimento è sufficiente la prova della conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di consecuzione delle indagini preliminari notificato all’indagato ai sensi dell’articolo 415- bis c.p.p. Secondo l’interpretazione proposta la conoscenza della esistenza del processo non è ricollegabile solo ad un atto posto in essere di iniziativa della polizia giudiziari anteriore alla formale instaurazione dello stesso procedimento, ma si ricollega ad atti a contenuto giurisdizionale, ai quali è conseguito la precisa scelta dell’imputato di non osservarli” Cass. Pen. Sez. II 43452 23.07.2013 Dunque considerato esistente il contrasto giurisprudenziale la seconda Sezione della Corte ha ritenuto rimettere alle Sezioni Unite il seguente quesito se, ai fini dell’esperimento del rimedio processuale previsto dall’art. 175, comma 2, c.p.p., nel testo previgente, l’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato rimasto contumace nel giudizio, debba essere riferita alla conoscenza dell’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium o possa essere riferita anche alla conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari” In attesa della risposta, di significativa importanza, mi piace ricordare il tenore letterale dell’articolo 6 numero 3 lettera a della CEDU che recita In particolare, ogni accusato ha diritto di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico”. Solo la dettagliata, completa, tempestiva il lasso di tempo più breve possibile non è sovrapponibile al tempo celere e certa conoscenza dell’accusa consentono di predisporre ed acconciare completa dettagliata e tempestiva difesa. Tutto il resto, come direbbe il poeta, è noia.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 5 novembre – 3 dicembre 2018, n. 54050 Presidente Mazzei – Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di revoca dell’esecutività della sentenza emessa dallo stesso Tribunale il 29/09/2016, divenuta irrevocabile il 14/04/2017, e contestualmente respingeva la richiesta di restituzione nel termine presentata da I.L. , ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nel testo previgente. Con tale sentenza l’imputato era stato condannato alla pena di 3 anni, 4 mesi di reclusione e 1.000,00 Euro di multa, per i reati di ricettazione continuata e truffa, commessi in danno di A.E. , in epoca antecedente e prossima al 02/01/2012. Il rigetto dell’istanza di I.L. , ex art. 670 cod. proc. pen., veniva pronunciato dal Tribunale di Napoli sul presupposto della regolarità delle notifiche che erano state eseguite nei suoi confronti nel procedimento di cognizione. Di queste notifiche, la prima, relativa all’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen. era stata eseguita a mani della moglie, A.I. , il 04/03/2013, presso il domicilio eletto la seconda, relativa al decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale di Napoli, era stata eseguita, ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., il 12/11/2013, a mani del difensore d’ufficio dell’imputato la terza, relativa all’estratto della sentenza contumaciale, era stata eseguita, ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., il 27/02/2017, mediante trasmissione alla posta elettronica certificata del difensore d’ufficio del condannato. Il Giudice dell’esecuzione, in particolare, nel valutare la sequenza procedimentale che si concludeva con la sentenza irrevocabile controversa, rilevava che le notifiche effettuate nel presente procedimento - successive a quella eseguita, ex art. 415-bis cod. proc. pen. il 04/03/2013, della cui legittimità non si discute - erano regolari, atteso che la successiva impossibilità di notificazione nel domicilio ritualmente eletto non necessitava, testualmente, di alcun ulteriore accertamento prima di effettuare la notifica ai sensi dell’art. 161, comma quarto, c.p.p., con la conseguenza che deve ritenersi corretta la formazione del titolo esecutivo nei confronti dell’I.L. . Il rigetto della ulteriore istanza di restituzione nel termine, a norma dell’art. 175 cod. proc. pen., nel testo previgente alla recente riforma in forza della legge 28 aprile 2014, n. 67, era giustificato dal Giudice dell’esecuzione in ragione del fatto che in sede di notifica dell’avviso ex 415-bis c.p.p., la moglie capace e convivente dell’indagato, aveva regolarmente ricevuto la notifica di tale atto . 2. Avverso la predetta ordinanza I.L. , a mezzo dell’avv. Leopoldo Perone, ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in riferimento agli artt. 161, 175, 179, comma 1, cod. proc. pen., conseguenti al fatto che la decisione in esame non aveva esplicitato le ragioni per le quali si riteneva dimostrato che il condannato avesse avuto conoscenza del procedimento conclusosi con la sentenza irrevocabile presupposta, da valutare anche alla luce della abrogazione dell’istituto della contumacia da parte della legge n. 67 del 2014. Si deduceva, in proposito, che all’imputato non era stato regolarmente notificato e, comunque, non aveva acquisito effettiva conoscenza né del decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale di Napoli, né dell’estratto contumaciale della sentenza pronunciata nei suoi confronti dallo stesso Tribunale, notificato ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., nonostante la sua condizione di sostanziale irreperibilità. In particolare, il ricorrente non era stato trovato nel domicilio eletto in omissis , come indicato nel verbale del 10/01/2013, redatto presso il Commissariato di P.S. di Napoli Poggioreale né si era provveduto a compiere ulteriori ricerche, finalizzate a verificare l’eventuale mutamento del domicilio del ricorrente, conseguente al suo trasferimento di residenza ovvero ad altra causa, in mancanza delle quali dovevano ritenersi affette da nullità le notifiche eseguite ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., e, comunque, indimostrata l’effettiva conoscenza del processo e della sentenza di condanna da parte di I. , considerata la nuova disciplina introdotta dalla legge n. 67 del 2014, interpretata dal ricorrente nel senso che il giudice, anche se vi sia stata la dichiarazione di contumacia, deve verificare la situazione dell’imputato alla luce della nuova normativa dichiarando l’imputato assente o sospendendo il processo per irreperibilità . Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. In via preliminare, si reputa necessario ripercorrere la sequenza procedimentale sulla base della quale il Tribunale di Napoli riteneva legittimo il titolo esecutivo costituito dalla sentenza emessa il 29/09/2016, divenuta irrevocabile il 14/04/2017, con cui I.L. era stato condannato alla pena di 3 anni, 4 mesi di reclusione e 1.000,00 Euro di multa, per i reati di ricettazione continuata e truffa, commessi in danno di A.E. , in epoca antecedente e prossima al 02/01/2012. Secondo il Giudice dell’esecuzione, la legittimità del titolo esecutivo di cui si controverte e la ritenuta effettiva conoscenza di esso discendevano dalla sequenza comunicativa posta a fondamento della decisione controversa. Tale sequenza traeva origine dall’avviso di conclusione delle indagini notificato ex art. 415-bis cod. proc. pen. a mani della moglie di I.L. , A.I. , il 04/03/2013, presso il domicilio ritualmente eletto dal ricorrente nel verbale redatto il 10/01/2013 davanti al Commissariato P.S. di Napoli Poggioreale era proseguita con la notifica del decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale di Napoli, a mani del difensore d’ufficio dell’imputato, il 12/11/2013, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., dopo un accesso negativo dell’ufficiale giudiziario presso il domicilio eletto, in data 07/11/2013 era, infine, culminata nella notifica dell’estratto della sentenza contumaciale in esame, il 27/02/2017, al difensore d’ufficio del ricorrente, tramite posta elettronica certificata, a seguito di ulteriore accesso negativo dell’ufficiale giudiziario nel domicilio eletto, eseguito il 18/01/2017. 3. In questa cornice processuale, occorre preliminarmente verificare, tenuto conto dell’esperimento del rimedio processuale di cui all’art. 175 cod. proc. pen., se, nel caso in esame, per assicurare la conoscenza del procedimento celebrato davanti al Tribunale di Napoli, da parte di I.L. , era sufficiente la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 415-bis cod. proc. pen., andata a buon fine. La questione rilevante che si pone riguarda proprio l’individuazione delle condizioni necessarie per ritenere effettivamente conosciuto dall’imputato il procedimento conclusosi con la sentenza della cui esecutività si controverte, conformemente a quanto previsto dall’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nel testo precedente la riforma introdotta dalla legge n. 67 del 2014. Il quesito cui rispondere è se, per l’esperimento del rimedio processuale di cui all’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., attivato da I.L. davanti al Tribunale di Napoli, l’effettiva conoscenza del procedimento debba essere riferita all’accusa espressa nel provvedimento formale di vocatio in iudicium ovvero tale conoscenza possa essere riferita anche all’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen La prima opzione rimanda all’art. 6 CEDU, nel senso della sicura consapevolezza della pendenza del processo e della precisa cognizione dell’accusa contenuta in un atto formale, che impone l’individuazione, in termini certi, del momento in cui tale conoscenza si sia verificata. Nella prospettiva prefigurata dall’art. 6 CEDU, così come interpretato da questa Corte, la conoscenza effettiva del procedimento presuppone un atto formale di contestazione idoneo a informare l’accusato, in tempi celeri, in una lingua comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel merito Sez. 6, n. 22113 del 06/05/2013, Berlusconi, Rv. 255374 Sez. 1, n. 20036 del 09/05/2006, EI Aidoudi, Rv. 233864 Sez. 2, n. 9105 del 21/02/2006, Doum, Rv. 233514 . Né potrebbe essere diversamente, atteso che, secondo quanto affermato dall’art. 6 CEDU, avvisare qualcuno delle azioni penali rivoltegli costituisce un atto giuridico di tale importanza da dover corrispondere a condizioni di forma e di sostanza idonee a garantire l’esercizio effettivo dei diritti dell’accusato, non essendo sufficiente una conoscenza vaga e non ufficiale Sez. 4, n. 41860 del 17/06/2009, Tagliabue, Rv. 245438 . Posti i termini del problema, occorre ora dare sinteticamente conto degli orientamenti giurisprudenziali che si contrappongono in materia e che, ad avviso di questo Collegio, rendono opportuno l’intervento chiarificatore delle Sezioni unite. 4. Secondo un primo orientamento, già sopra anticipato che si profila maggioritario, nelle ipotesi assimilabili a quella in esame, per superare la presunzione di ignoranza del procedimento da parte dell’imputato rimasto contumace, occorre la prova della conoscenza dell’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium dell’imputato davanti all’organo giurisdizionale che lo deve giudicare - nel caso di specie rappresentato dal Tribunale di Napoli - che presuppone la regolarità della citazione a giudizio Sez. 1, n. 18549 del 28/04/2016, Zanellato, Rv. 266855 Sez. 1, n. 29851 del 24/06/2009, Cari, Rv. 244316 Sez. 1, n. 3746 del 16/01/2009, Del Duca, Rv. 242536 . Nella cornice ermeneutica in esame l’effettiva conoscenza del procedimento che impedisce la restituzione in termini per l’impugnazione della sentenza contumaciale va riferita alla conoscenza dell’accusa contenuta in provvedimento formale di vocatio in iudicium, solo in tal caso potendo ritenersi volontaria la rinuncia a comparire . Sez. 1, n. 29851 del 24/06/2009, Cari, cit. , con la conseguenza che non può ritenersi sufficiente che l’imputato abbia avuto conoscenza certa dell’avviso di conclusione delle indagini, notificatogli ai sensi dell’art. 415-bis cod. proc. pen Ne discende che, accedendo a questa opzione interpretativa, nel caso in esame, il Giudice dell’esecuzione non poteva presumere, sulla scorta della sola ritualità delle notifiche degli atti che avevano preceduto l’emissione della sentenza irrevocabile di condanna, l’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato, I.L. , atteso che la notifica del decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale di Napoli, era stata eseguita a mani del difensore di ufficio dell’imputato il 12/11/2013, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., dopo un accesso negativo al domicilio eletto dell’ufficiale giudiziario, eseguito il 07/11/2013. 5. All’orientamento ermeneutico sopra richiamato se ne contrappone un altro, che deve ritenersi minoritario, al quale il Collegio ritiene invece di aderire, secondo cui, per superare la presunzione di non conoscenza del procedimento di cui si controverte, è sufficiente la prova della conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato all’indagato ai sensi dell’art. 415-bis cod. proc. pen. Sez. 2, n. 43452 del 03/07/2013, Baloc, Rv. 256822 . Secondo quanto affermato nella decisione di legittimità richiamata, la conoscenza della esistenza del processo non è ricollegabile solo ad un atto posto in essere di iniziativa della polizia giudiziaria anteriore alla formale instaurazione dello stesso procedimento, ma si ricollega ad atti a contenuto giurisdizionale, ai quali è conseguito la precisa scelta dell’imputato, di non osservarli Sez. 2, n. 43452 del 03/07/2013, Baloc, cit. . Recependo questa opzione interpretativa, sulla base della ricostruzione della vicenda processuale posta a fondamento dell’ordinanza impugnata, poteva ritenersi superata la presunzione di non conoscenza del processo di cui si controverte da parte di I.L. , atteso che l’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen. veniva notificato a mani della moglie del ricorrente, A.I. , il 04/03/2013, presso il domicilio eletto dall’indagato, ubicato a omissis . 6. In questa cornice, il contrasto tra la soluzione tendente a ritenere superata la presunzione di non conoscenza del procedimento penale sulla base della vocatio in iudicium dell’imputato e quella, contrapposta, secondo cui l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen. laddove ritualmente notificato - e conforme al modello legale che contiene la sommaria enunciazione del fatto per cui si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto così testualmente il comma 2 dell’art. 415-bis cit. - consente di ritenere conosciuto il procedimento ostando alla restituzione nel termine, ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. vecchio testo , non incide soltanto sulla vicenda giurisdizionale in esame ma richiama l’esigenza di assicurare l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale su questione di indubbia rilevanza. Per tali ragioni si reputa opportuno, a norma dell’art. 618, comma 1, cod. proc. pen., rimettere alle Sezioni unite il seguente quesito Se, ai fini dell’esperimento del rimedio processuale previsto dall’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nel testo previgente, l’effettiva conoscenza del procedimento, da parte dell’imputato rimasto contumace nel giudizio, debba essere riferita alla conoscenza dell’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium o possa essere riferita anche alla conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni unite.