Ebbrezza al volante, prelievo ematico e obbligo di avviso di assistenza legale

L’obbligo di previo avviso al conducente, coinvolto in un incidente stradale, di farsi assistere dal difensore di fiducia in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria, finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico, sussiste nel caso in cui l’esecuzione di esso non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia richiesta automaticamente dalla polizia giudiziaria, ex art. 186, comma 5, c.d.s

Sul tema è tornata ad esprimersi la Suprema Corte a seguito della pronuncia emessa dalla Corte d’Appello di Genova, la quale assolveva l’imputato per insussistenza del fatto di reato di cui all’art. 187 c.d.s., rideterminando la sua pena in relazione al residuo reato di guida in stato di ebbrezza. Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 52798/18, depositata il 23 novembre. Il mancato avviso sul farsi assistere. In particolare l’indagato lamenta violazione di legge in riferimento al mancato avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia e del consenso del medesimo al prelievo, in vista, appunto, degli accertamenti ematologici cui veniva sottoposto. Al riguardo, il Supremo Collegio richiama un principio ormai consolidato secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, sussiste l’obbligo di previo avviso al conducente di farsi assistere dal difensore di fiducia durante il prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico nel caso in cui l’esecuzione di esso non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia richiesta automaticamente dalla polizia giudiziaria, ex art. 186, comma 5, c.d.s Dunque, nel caso in esame non risulta che l’esecuzione del prelievo da parte del personale medico fosse avvenuta al di fuori degli ordinari protocolli sanitari, anzi la richiesta della polizia giudiziaria era giustificata dal bisogno di ricercare le prove del reato nei confronti di un soggetto già indiziato, mentre questi era sottoposto alle prestazioni diagnostico-terapeutiche. E ai fini della sussistenza dell’obbligo di dare avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p. nel caso in cui la polizia giudiziaria proceda ai sensi dell’art. 186, comma 5, c.d.s., spetta al giudice di merito verificare se il conducente sia già indiziato di reato, al momento in cui la polizia stessa ha inviato alla struttura sanitaria richiesta di procedere all’esame ematico, e l’accertamento sia finalizzato alla ricerca della prova della colpevolezza del soggetto indiziato. E tale onere, nella fattispecie, risulta assolto, quindi, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 – 23 novembre 2018, n. 52798 Presidente Piccialli – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. La Corte d’appello di Genova, in data 7 dicembre 2017, ha parzialmente riformato la condanna emessa nei confronti di T.L. dal Tribunale della Spezia in data 8 marzo 2016, assolvendolo per insussistenza del fatto dal reato p. e p. dall’art. 187 Cod. Strada e rideterminando conseguentemente la pena in relazione al residuo reato di guida in stato d’ebbrezza, a lui contestato come commesso in data omissis . Il T. , alla guida della sua autovettura, si era scontrato con un palo della luce in cemento in conseguenza dell’urto veniva trasportato all’ospedale di Carrara e sottoposto a prelievi di materiale biologico, in esito ai quali - per quanto qui d’interesse - risultava presentare un tasso alcolemico pari a g/l 2,27. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre il T. , per il tramite del suo difensore di fiducia. Il ricorso è affidato a tre motivi di lagnanza. 2.1. Con il primo motivo l’esponente denuncia violazione di legge processuale e vizio di motivazione in riferimento al mancato avviso all’indagato, in vista degli accertamenti ematologici sulla sua persona, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia artt. 354 cod.proc.pen. e 114 disp.att. cod.proc.pen. e del consenso del medesimo al prelievo. Il ricorrente, rappresentando di avere tempestivamente dedotto la nullità corrispondente, contesta in particolare che la Corte di merito abbia respinto la doglianza osservando che il prelievo sarebbe stato eseguito nel rispetto dei normali protocolli sanitari, quando risulta dagli atti del processo che esso fu eseguito in esito a richiesta avanzata dalla Polizia giudiziaria. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla disparità di trattamento dallo stesso ravvisata fra le ipotesi in cui le analisi vengano eseguite su esclusiva richiesta della P.G. e i casi in cui la richiesta degli operanti si innesti sul normale approccio sanitario previsto dai protocolli medici. 2.3. Con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione al fatto che, respingendo il motivo d’appello sulla carenza di prova che il T. fosse effettivamente alla guida dell’autovettura, la Corte di merito ha violato il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, con la conseguenza che non rileva il decorso del termine di prescrizione del reato successivo alla data di emissione della sentenza impugnata. 2. Quanto al primo e al secondo motivo, è opportuno richiamare i principi affermati in subiecta materia dalla giurisprudenza di legittimità. Va premesso che, in tema di guida in stato di ebbrezza, sussiste l’obbligo di previo avviso al conducente coinvolto in un incidente stradale di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi degli artt. 356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen., in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico, qualora l’esecuzione di tale prelievo non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia autonomamente richiesta dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 186, comma 5, cod. strada vds. per tutte Sez. 4, n. 51284 del 10/10/2017, Lirussi, Rv. 271935 È stato in particolare chiarito a più riprese dalla Corte regolatrice che il comma 5 dell’art. 186 Cod. Strada in base al quale, per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate si riferisce al caso in cui siano concomitanti le condizioni del coinvolgimento dei soggetti in un incidente stradale e della loro sottoposizione a cure mediche qualora invece il conducente sia bensì rimasto coinvolto in un incidente ma non venga sottoposto a cure mediche, gli accertamenti circa la presenza di alcool nel sangue potranno essere eseguiti nei suoi confronti mediante etilometro, direttamente dalla polizia stradale, ai sensi del comma 4 del citato art. 186. In quest’ultimo caso, si è sempre in presenza di un vero e proprio atto di polizia giudiziaria, al quale ha facoltà di assistere il difensore dell’indagato in considerazione della sua vocazione probatoria e della conseguente necessità di un controllo sulla regolarità dell’operato della polizia giudiziaria, deve in tal caso essere sempre dato al conducente l’avviso ex art. 114 disp. att., cod. proc. pen Tale assunto è coerente con il disposto di cui all’art. 220 disp. att., cod. proc. pen., secondo cui, quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza . emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova . sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice . Nel caso di cui al comma 5 dell’art. 186, invece, il tasso alcolemico viene accertato nel diverso contesto delle cure approntate dal personale sanitario della struttura, presso la quale il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro venga condotto, seguendo un protocollo che ha fini ben più ampi di quello esclusivo dell’accertamento del tasso di concentrazione alcolica esso infatti non è finalizzato alla ricerca delle prove di un reato, ma alla cura della persona e nulla ha a che vedere con l’esercizio del diritto di difesa. In tale ipotesi, quindi, non sussiste alcun obbligo di avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ai sensi dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen Alla stregua degli atti disponibili, e sulla scorta del percorso argomentativo seguito dalla Corte distrettuale, nel caso in esame si versa all’evidenza in quest’ultima ipotesi. Non risulta, invece, che nella specie l’esecuzione del prelievo da parte di personale medico fosse avvenuta al di fuori degli ordinari protocolli sanitari e unicamente dietro richiesta dalla polizia giudiziaria, all’esclusivo fine di acquisire la prova del reato nei riguardi di soggetto che risulti già indiziato di reato. Viceversa, nella specie la richiesta della polizia giudiziaria era bensì giustificata dalla necessità di ricercare le prove del reato nei confronti di soggetto già indiziato, ma mentre costui era sottoposto alle prestazioni diagnostico-terapeutiche del caso tra cui, a quanto risulta, il prelievo ematico . In tale ipotesi qualora, beninteso, l’interessato versi in condizioni di comprendere il significato dell’avviso ex art. 114 disp. att. , la necessità di tale preventivo adempimento sorge solo allorquando l’esame richiesto non rientri nel protocollo sanitario autonomamente avviato dal personale medico, ma costituisca un accertamento eccentrico ed ulteriore rispetto ad esso, che il personale sanitario richiesto, cioè, non avrebbe altrimenti espletato. In definitiva, ai fini della sussistenza dell’obbligo di dare l’avviso di cui all’art. 114 disp. att., cod. proc. pen., nell’ipotesi in cui la polizia giudiziaria proceda ai sensi dell’art. 186 co. 5 C.d.S., è onere del giudice di merito verificare, sulla base del compendio fattuale, se - al momento in cui la P.G. ha inviato al personale sanitario richiesta di procedere ad esami clinici per la verifica del tasso alcolemico - il conducente fosse già indiziato di reato e l’accertamento non sia stato espletato a fini di cura della persona e, quindi, nel contesto dei protocolli propri del settore, ma sia stato eccentrico rispetto alle finalità terapeutiche del caso concreto e unicamente finalizzato alla ricerca della prova della colpevolezza del soggetto indiziato. Nella specie tale onere risulta assolto con argomentazioni del tutto logiche e non sindacabili in questa sede, nonché pienamente sovrapponibili ai principi dianzi enunciati ed affermati dalla costante giurisprudenza di legittimità. Le considerazioni che precedono spiegano, tra l’altro, il differente regime riguardante le varie ipotesi in cui venga eseguito il prelievo ematico, in relazione alle quali il ricorrente lamenta una diversità di trattamento che in realtà - per quanto si è detto - risulta pienamente giustificata. Ben poco è a dirsi, infine, in ordine alla lagnanza riguardante il difetto di acquisizione del consenso al prelievo ematico da parte dell’interessato elemento, questo, pacificamente irrilevante, perfino nel caso in cui il prelievo avvenga per motivi diversi da quelli terapeutici e su esclusiva richiesta della P.G. vds. da ultimo Sez. 4, n. 2343 del 29/11/2017 - dep. 2018, Morrone, Rv. 272334 . 3. È, infine, manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso, in relazione al quale la Corte di merito fornisce adeguata risposta motivazionale in ordine ai dubbi, manifestati in sede d’appello, sul fatto che fosse realmente il T. a condurre l’autovettura, traendo tale univoca conclusione sulla base del fatto che il medesimo, quando fu prelevato dall’abitacolo, era l’unico soggetto presente a bordo del veicolo incidentato. Va ricordato in proposito che la regola di giudizio compendiata nella formula al di là di ogni ragionevole dubbio rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova ex multis Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, D’Urso e altri, Rv. 270108 . 4. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.