Esclusa la truffa contrattuale se il silenzio non è stato determinante

Sussiste il delitto di truffa contrattuale laddove l’agente abbia taciuto o dissimulato circostanze che, laddove conosciute dalla controparte, avrebbero indotto quest’ultima a non concludere il contratto.

La vicenda. Così la Corte di legittimità con la sentenza n. 51908/18, depositata il 16 novembre, annullando la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato la condanna di prime cure di due imputati per concorso in truffa aggravata commessa nell’ambito di un’operazione commerciale. In particolare, i giudici di merito qualificavano come artificio o raggiro la mancata comunicazione della cessione delle quote societarie nella formazione del consenso negoziale della persona offesa. I due imputati hanno proposto ricorso per cassazione dolendosi per violazione di legge e vizio di motivazione non essendo stata la loro condotta decisiva ai fini della determinazione della persona offesa di concludere il contratto. Il silenzio come raggiro. Secondo la costante giurisprudenza, sussiste il delitto di truffa contrattuale laddove l’agente abbia taciuto o dissimulato circostanze che, laddove conosciute dalla controparte, avrebbero indotto quest’ultima a non concludere il contratto. Ed infatti il delitto di truffa è configurabile anche nella forma omissiva, sempre che il silenzio abbia assunto una portata significativa circa la volontà del soggetto, il che evidentemente si verifica quando il soggetto doveva parlare . Una condotta può infatti essere qualificata come raggiro, posto in essere per conseguire un ingiusto profitto con altrui danno, sulla base non tanto del comportamento in sé quanto sulla sua idoneità ad influenzare causalmente la volontà negoziale della controparte. Applicando tali principi al caso di specie, la Corte sottolinea che la circostanza sottaciuta in sede di trattative contrattuali era il cambiamento nella compagine societaria, elemento che, come ben sottolineano i ricorrenti, non ha avuto portata determinante nella formazione della volontà della controparte posto che si trattava di una società di capitali e dunque tale variazione non avrebbe comunque inciso sulla posizione contrattuale della stessa. Ciò posto, la pronuncia in commento riscontra l’intervenuta prescrizione del reato e annulla dunque la sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 settembre – 6 novembre 2018, n. 51908 Presidente Gallo – Relatore Verga Ritenuto in fatto Ricorrono per Cassazione D.F. e N.A. avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano che il 3.7.2017 ha confermato la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che il 30.5.2016 li ha condannati per concorso in truffa, aggravata ex art. 61 n. 7 c.p. in danno della società P. Solutions. Deducono i ricorrenti 1. violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all’accertamento dell’incidenza causale, quale artificio o raggiro della mancata comunicazione della cessione delle quote societarie nella formazione dello specifico e concreto consenso negoziale della persona offesa. Premesso che il contratto fu sollecitato dalla persona offesa rilevano che il nucleo significativo della sentenza impugnata è costituito dalla circostanza specifica, qualificata come raggiro, di avere taciuto il mutamento della propria compagine societaria. Rilevano che l’avere individuato una violazione dell’obbligo di buona fede in sede di trattative non comporta da solo l’integrazione del reato. Sostengono che è mancata una presa di posizione sull’unico profilo di rilievo e cioè se la modifica societaria poteva comportare una diminuzione della capacità patrimoniale della società, della sua solvibilità, unico aspetto ad avere incidenza nella formazione di un consenso contrattuale volto alla consegna di beni. Evidenziano che è provato che il B. ha manifestato il proprio consenso negoziale senza conoscere, se si esclude il suo contraente N.A. , alcuno dei soci delle tre distinte Novacapital, senza aver mai parlato con loro e senza avere mai richiesto su di loro alcuna informazione e ritengono che è pertanto illogico concludere, come invece ha fatto la corte territoriale, che la modifica della composizione societaria ha influito sulla formazione del suo consenso 2. vizio della motivazione con riguardo alla distinzione fattuale tra la posizione di D.F. e PI.Fr. che è stata assolta. Considerato in diritto Il ricorso appare fondato. Il principio di diritto seguito dai giudici di merito è conforme alle costanti decisioni di legittimità che hanno affermato che ricorrono gli estremi della truffa contrattuale quando uno dei contraenti tace o dissimula circostanze che, ove conosciute, avrebbero indotto l’altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto. Nel caso in esame la circostanza taciuta sarebbe il mutamento della compagine sociale della srl Novacapital, omissione ritenuta non irrilevante dai giudici d’appello perché anche se si tratta di società di capitali, la titolarità delle quote è importante perché il socio può imprimere una direzione all’attività della società e anche perché D. ,NOVIELLI e PI. rivestivano anche la carica di amministratori che poi hanno dismesso . A conferma dell’importanza dell’identità personale dei soci e degli amministratori la Corte Territoriale aggiunge che il N. che ha curato le trattative aveva motivato gli acquisti con la necessità di espandere l’attività della Novocapital presentandola implicitamente come attività che sarebbe stata svolta dalla stessa compagine sociale . Dalla ricostruzione storica dei fatti indicata nella sentenza impugnata risulta che fu B. Aldo della P. Solutions srl nel giugno 2009 a proporre a N.A. , con cui svolge le trattative contrattuali, una fornitura di materiale informatico per le tre società indicate da N. e cioè la Novocapital srl di omissis . Offerta che è stata accettata dai rappresentanti della Novocapital srl l’8.7.2009 con pagamento di acconto di Euro 1.400,00 per ciascun ordine e con successive scadenze di pagamento che non venivano onorate dalla Novocapital srl che nel frattempo aveva mutato la compagine societaria. In punto di diritto non può che ribadirsi che è configurabile il delitto di truffa anche nella forma omissiva, perché l’inganno presuppone sempre un silenzio sulla verità o perché questa non è stata proprio detta o perché è stata sostituita con la menzogna, il problema è però quello di determinare, nella cornice delle circostanze che accompagnano il silenzio, se questo assume una significazione sicura della volontà del soggetto il che evidentemente si verifica quando il soggetto doveva parlare. E in tema di truffa il dover parlare si estrinseca in un obbligo giuridico di comunicare alla parte interessata determinate circostanze. Anche nei casi di c.d. truffa contrattuale il silenzio, maliziosamente serbato, su alcune circostanze rilevanti sotto il profilo sinallagmatico da parte di chi ha il dovere di farle conoscere, integra l’elemento oggettivo del raggiro, idoneo a determinare il soggetto passivo a prestare un consenso che altrimenti avrebbe negato. È evidente che deve trattarsi di un comportamento idoneo ad influire causalmente sulla determinazione. La qualificazione di una specifica condotta come raggiro, posto in essere per conseguire un ingiusto profitto con altrui danno, non dipende infatti dalla natura del comportamento adottato, bensì dalla sua idoneità a influire causalmente sulla determinazione o sul mantenimento dell’obiettiva difformità tra la situazione reale e quella conosciuta da colui che viene ad essere indotto in errore e che, in conseguenza della falsa rappresentazione della realtà, in cui viene a trovarsi per effetto della circostanza di fatto di cui gli è taciuta la verificazione, compie l’atto di disposizione del proprio patrimonio di cui profitta ingiustamente l’autore. L’obbligo di informazione può essere ricondotto anche alla clausola di buona fede precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c., la cui violazione, stante determinate circostanze, può essere tale da integrare il dolo omissivo. Nel caso in esame i giudici di merito, pur partendo da corrette premesse in punto di diritto, non hanno però spiegato la rilevanza causale nella determinazione della conclusione del contratto del silenzio serbato dagli amministratori della Novocapital con riguardo alla imminente modificazione della compagine societaria, considerato che detta variazione, come indicato anche dal primo giudice, nessuna incidenza avrebbe avuto sulla posizione giuridica del debitore, trattandosi di società di capitali, e considerato che la proposta contrattuale fu formulata da B. in rappresentanza della società fornitrice P. Solutions srl ed accettata da coloro che erano i rappresentanti della Novocapital srl. con i quali sono state condotte le trattative. Il reato si è però medio tempore prescritto per essere decorso il termine massimo di prescrizione considerate anche le sospensioni intervenute in primo e secondo grado. La sentenza deve pertanto essere annullata ai fini penali senza rinvio e, stante la presenza della parte civile agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello a norma dell’art. 622 cod. proc. pen La liquidazione delle spese della parte civile è demandata al giudice del rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione e con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello.