Valutazione del recupero sociale del condannato ad esito dell’affidamento in prova

All’esito del periodo di affidamento in prova ai servizi sociali, il tribunale di sorveglianza deve valutare l’intero arco di svolgimento della misura ormai conclusa con un apprezzamento globale della condotta del condannato per decidere se vi è stata una mera formale adesione alle regole di buona condotta oppure se si sia verificato un concreto recupero sociale del condannato.

Così si è espressa la Suprema Corte con la sentenza n. 51347/18, depositata il 12 novembre. Il caso. A seguito della dichiarazione dell’esito negativo della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, il Tribunale di sorveglianza di Palermo disponeva che non si considerasse come pena espiato il corrispondente periodo di prova. Il condannato ricorre in Cassazione per mezzo del suo difensore dolendosi per non aver il Tribunale valorizzato l’andamento positivo del corso della misura, come attestato dall’UEPE e dall’equipe della comunità terapeutica. In merito ad un episodio che aveva visto l’arresto del ricorrente per un nuovo reato, viene inoltre sottolineato che ciò sarebbe avvenuto dopo la conclusione della misura e avrebbe dunque dovuto essere considerato come irrilevante. Valutazione del tribunale di sorveglianza. Ritenendo infondato il ricorso, la Corte afferma che nel caso della revoca dell’affidamento in prova, il tribunale di sorveglianza deve valutare la gravità di singoli e specifici episodi per verificare la sussistenza di un comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova. All’esito del periodo della prova, il tribunale deve invece valutare l’intero arco di svolgimento della misura ormai conclusa con un apprezzamento globale della condotta del condannato per decidere se vi è stata una mera formale adesione alle regole di buona condotta oppure se si sia verificato un concreto recupero sociale del condannato. In tale valutazione, il tribunale ben può dunque tenere conto di ogni elemento fattuale sintomo del mancato raggiungimento della finalità della misura anche se successivo alla cessazione della misura e precedente alla formazione del giudizio. Nel caso di specie, il Tribunale palermitano si è correttamente attenuto ai principi richiamati dal Collegio nella valutazione della condotta del ricorrente sia durante la misura che successivamente, valorizzando la gravità della condotta che ha portato all’arresto detenzione a fini di spaccio di 4 kg di hashish e la brevissima distanza dalla formale conclusione dell’affidamento.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 maggio – 12 novembre 2018, n. 51347 Presidente Tardio – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 2/11/2017, il Tribunale di sorveglianza di Palermo aveva dichiarato, nei confronti di F.A. , l’esito negativo della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari, disponendo che non si considerasse come pena espiata il periodo di prova compreso tra il 13/04/2016 e il 12/04/2017. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo stesso F. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Diego TRANCHIDA, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 94 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nonché la mancanza e illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. B e E , cod. proc. pen In particolare, il ricorrente censura che il Tribunale di sorveglianza abbia valorizzato il dato relativo alla violazione delle prescrizioni, senza tenere conto del positivo andamento della misura attestato dall’U.E.P.E. e dall’equipe della comunità terapeutica ciò che avrebbe, invece, indotto il tribunale di sorveglianza di Messina a disporre, in precedenza, la prosecuzione della misura alternativa. Quanto, poi, all’episodio dell’arresto in data 19/04/2017, conseguente alla commissione di un nuovo reato, esso sarebbe avvenuto dopo la conclusione della misura e non avendo alcun collegamento con il periodo trascorso in affidamento, anche per il diverso contesto di luogo in cui esso sarebbe stato compiuto, non avrebbe dovuto essere preso in considerazione. 4. In data 27/03/2018 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta con la quale il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto. 2. Mentre nel caso della revoca dell’affidamento in prova il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare la gravità di singoli, specifici, episodi per verificare se essi siano espressione di un comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova, nel caso della valutazione sull’esito del periodo di prova, il relativo giudizio, avente ad oggetto l’intero arco di svolgimento della misura ormai conclusa, si sostanzia in un apprezzamento globale dell’atteggiarsi del condannato durante lo svolgimento dell’intero periodo di prova, al fine di decidere se vi sia stata, da parte del condannato, una mera formale adesione alle regole di buona condotta, ovvero se sia avvenuto l’effettivo recupero sociale del condannato. Secondo un primo, più risalente, orientamento, l’esame della condotta dell’affidato in prova andrebbe limitato esclusivamente al periodo di affidamento, non potendo la condotta del soggetto successiva alla scadenza della misura avere alcuna influenza sul giudizio da esprimere in ordine all’esito della stessa Sez. 1, n. 3712 del 22/05/2000, dep. 26/06/2000, Bertini, Rv. 216281 Sez. 1, n. 2874 del 15/05/1998, dep. 6/06/1998, Milan, Rv. 210782 Sez. 1, n. 2811 del 15/05/1998, dep. 28/09/1998, Allegrucci, Rv. 211404 . Secondo un più recente e ormai consolidato indirizzo interpretativo, invece, al termine dell’esperimento della prova, il Tribunale di sorveglianza ben può tenere conto di qualsiasi elemento fattuale sintomatico del mancato raggiungimento delle finalità cui è destinata la misura, valutando anche fatti e comportamenti posti in essere dal condannato dopo che sia cessata l’esecuzione della misura alternativa, ma prima che sia formulato il giudizio sul relativo esito, giacché essi possono costituire indici sintomatici, per qualità e gravità, del mancato conseguimento di quell’obiettivo di recupero sociale del condannato, cui la misura stessa è preordinata. A tal fine, il tribunale di sorveglianza deve compiere una valutazione globale, tenendo conto, da un lato, della condotta serbata dal condannato durante l’esecuzione della prova e, dall’altro, dell’effettiva entità del fatto successivo, della distanza cronologica dalla scadenza dell’affidamento essendo illegittima la valutazione negativa dell’esito della misura fondata sulla commissione di reati dopo il decorso di un rilevante periodo di tempo dalla fine della prova così Sez. 1, n. 27788 del 17/06/2008, dep. 8/07/2008, De Clemente, Rv. 240478 Sez. 1, n. 25257 del 22/04/2004, dep. 4/06/2004, Arena, Rv. 228136 , operando quindi una autonoma delibazione sia della attribuibilità al condannato della violazione, sia della concreta incidenza sintomatica sul giudizio di recupero sociale Sez. U, n. 10530 del 27/02/2002, dep. 13/03/2002, Martola, Rv. 220877 Sez. 1, n. 3727 del 9/01/2009, dep. 27/01/2009, Barbella, Rv. 242526 Sez. 1, n. 26332 del 18/06/2008, dep. 1/07/2008, Carbone, Rv. 240875 Sez. 1, n. 4441 del 22/06/1999, dep. 22/07/1999, Berlingeri, Rv. 213924 Sez. 1, n. 3642 del 19/06/1998, dep. 16/09/1998, Quaranta, Rv. 211421 . 3. Nel caso di specie, il tribunale di sorveglianza palermitano si è correttamente attenuto a tali criteri nel valutare sia la condotta tenuta da F. nel corso della misura alternativa, sia la notevole rilevanza del reato commesso a brevissima distanza dalla formale conclusione della esecuzione dell’affidamento reato consistito nella detenzione a fini di spaccio di ben 4 chilogrammi di hashish. E a partire da tale significativa violazione della legge penale, i giudici di merito, con motivazione niente affatto illogica, hanno ritenuto che l’apparente ossequio alle regole della misura avesse, in realtà, celato un atteggiamento strumentale di sostanziale indisponibilità a mettere in discussione i propri vissuti devianti, sicché la mancata sottoposizione, in alcuni casi, ai controlli sui campioni urinari, lungi dall’essere realmente dovuta ad asseriti problemi lavorativi, doveva in realtà ritenersi riconducibile alla necessità di nascondere la ricaduta nelle problematiche di abuso, peraltro già riscontrata nel corso della misura. E, anzi, secondo il tribunale di sorveglianza, i contatti con la comunità terapeutica dovevano ritenersi, proprio alla luce di tale grave reato, meramente strumentali al mantenimento di rapporti di natura illecita, considerato che la nuova violazione della legge penale, commessa subito dopo la conclusione della misura, era stata posta in essere con un altro ospite della struttura riabilitativa. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il provvedimento impugnato si sottrae alle censure mosse con l’unico motivo di ricorso, il quale, pertanto, deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.