Respinta l’ipotesi del differimento della pena per motivi di salute. Per i Giudici è evidente che i problemi psico-fisici lamentati sono curabili all’interno della struttura penitenziaria. Rilevanti anche la caratura criminale e la pericolosità sociale dell’uomo.
Problemi fisici a livello cardiaco e difficoltà a livello psichico testimoniate da una depressione. Ciò nonostante, il detenuto – condannato per narcotraffico e destinato a rimanere in carcere fino al 2025 – non può pensare di ottenere il differimento della pena per ragioni di salute. Decisivi due elementi, per i Giudici primo, la possibilità di affrontare nella struttura carceraria le patologie lamentate secondo, la evidente pericolosità sociale del detenuto, che in passato era evaso dai domiciliari ed era riuscito a scappare in Spagna Cassazione, sentenza numero 49987/18, sezione prima penale, depositata oggi . Salute. A 65 anni suonati e con alcuni problemi psico-fisici da affrontare l’uomo, rinchiuso in carcere a seguito di una condanna per narcotraffico, chiede di «ottenere il beneficio penitenziario del differimento della pena per motivi di salute». Domanda non accoglibile, ribatte il Tribunale di sorveglianza, valutando il quadro clinico del detenuto e il suo curriculum professionale. Tale decisione viene contestata dal difensore dell’uomo – destinato a rimanere in carcere fino al 2025 – il legale lamenta la mancata valutazione della «gravità delle patologie conclamate» che affliggono il suo cliente, patologie attestate, peraltro, da «documentazione sanitaria». Il riferimento dell’avvocato è, nello specifico, a problemi cardiaci e a una forte depressione. Questi elementi non spingono però i giudici della Cassazione a mettere in discussione la decisione presa dal Tribunale di sorveglianza. I magistrati del Palazzaccio ritengono provata «la compatibilità col regime carcerario» delle condizioni di salute del detenuto. Cura. Per quanto concerne i problemi strettamente fisici, viene evidenziato che «gli interventi finalizzati all’installazione di strumenti cardio-regolatori hanno stabilizzato le patologie cardiache» dell’uomo, e difatti «la relazione sanitaria trasmessa dalla casa circondariale ha definito “discrete” le condizioni di salute del detenuto», che è anche sottoposto a una «terapia farmacologica». Per quanto riguarda i problemi psichici, poi, viene spiegato che «la depressione endoreattiva» che affligge l’uomo è «la conseguenza della condizione restrittiva patita» e non è correlata a patologie organiche. E comunque, osservano i giudici, «anche tali disturbi psichici sono sottoposti a un monitoraggio clinico costante, supportato da una terapia farmacologica adeguata». In sostanza, «gli stati morbosi del detenuto» non sono «incompatibili con la detenzione carceraria», anche perché, pur a fronte delle «problematicità del suo quadro clinico», «le infermità da cui risulta affetto» possono essere «curate all’interno del circuito penitenziario». Per chiudere il cerchio, infine, i giudici della Cassazione condividono anche il richiamo alla «pericolosità sociale» del detenuto rilevante, a questo proposito, la constatazione della sua «caratura criminale», ma significativo anche il fatto che «egli, prima di essere estradato in Italia, era stato posto agli arresti domiciliari, da cui era evaso, rendendosi latitante fino a quando non era stato arrestato» nuovamente.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 ottobre – 5 novembre 2018, numero 49987 Presidente Di Tomassi – Relatore Centonze Rilevato in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava l'istanza formulata da Pa. Co., finalizzata a ottenere il beneficio penitenziario del differimento della pena per motivi di salute, in relazione alla frazione detentiva che doveva scontare, la cui scadenza veniva individuata nella data del 24/10/2025. 2. Avverso tale ordinanza Pa. Co., a mezzo dell'avv. Pi. Po., ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all'articolo 147, comma primo, numero 2, cod. penumero , conseguenti alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la misura alternativa richiesta, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Roma un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto della gravità delle patologie conclamate che affliggevano il ricorrente, che risultavano attestate dalla documentazione sanitaria acquisita e dalla consulenza tecnica di parte svolta nell'interesse del detenuto. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da Pa. Co. è infondato. 2. Osserva preliminarmente il Collegio che il ricorso in esame non individua singoli profili del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende a provocare una rivalutazione complessiva del merito dei presupposti per la concessione del beneficio penitenziario richiesto dal condannato, che risultano vagliati dal Tribunale di sorveglianza di Roma in conformità delle emergenze processuali. Nell'ordinanza impugnata, invero, venivano correttamente valutati gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penitenziaria, evidenziandosi che le condizioni di salute di Co., pur in un contesto nosografico complesso, non consentivano di esprimere un giudizio di incompatibilità con la detenzione carceraria patita, essendo le infermità del ricorrente sottoposte a un monitoraggio intramurario costante. Il giudizio di compatibilità carceraria espresso dal Tribunale di sorveglianza di Roma risultava avvalorato dal fatto che gli interventi finalizzati all'installazione di strumenti cardio-regolatori avevano stabilizzato le patologia cardiache di Co., tanto è vero che la relazione sanitaria trasmessa dalla Casa circondariale di Roma Rebibbia definiva le condizioni di salute del detenuto discrete , anche tenuto conto della terapia farmacologica alla quale era sottoposto, che faceva emergere l'esistenza una situazione clinica che non consentiva di esprimere nei confronti del ricorrente un giudizio di incompatibilità con il regime carcerario patito. Analoghe considerazioni venivano espresse in relazione alle infermità psichiatriche da cui risultava affetto il ricorrente, che non risultavano correlate a patologie organiche, consistendo in una depressione endoreattiva , che costituiva la conseguenza della condizione restrittiva patita da Co. anche tali disturbi psichici, in ogni caso, erano sottoposti a un monitoraggio clinico costante, supportato da una terapia farmacologia adeguata. Ne discende che dal complesso di emergenze sanitarie che si sono richiamate non emergevano stati morbosi di Co. incompatibili con la detenzione carceraria patita, in considerazione del fatto che, pur rappresentandosi la problematicità del quadro clinico, le infermità da cui risultava affetto il detenuto non permettevano l'accoglimento dell'istanza di concessione della misura alternativa in esame. Le emergenze nosografiche, dunque, non consentivano di esprimere un giudizio di incompatibilità con il regime carcerario, potendo essere le patologie di Co. curate all'interno del circuito penitenziario, così come evidenziato nelle pagine 2 e 3 del provvedimento impugnato. Né poteva rilevare, in senso contrario, la documentazione sanitaria richiamata, peraltro genericamente, dal ricorrente, che non smentiva le conclusioni del Tribunale di sorveglianza di Roma, il cui giudizio di compatibilità veniva formulato anche alla luce della caratura criminale di Co. - attestata dal procedimento con cui nel 2012 era stato estradato dalla Spagna - che aveva manifestato un elevato profilo di pericolosità sociale . Tale giudizio di pericolosità sociale appare ulteriormente corroborato dal fatto che Co., prima di essere estradato dalla Spagna, era stato posto agli arresti domiciliari, da cui era evaso, sottraendosi alla misura cautelare che gli era stata applicata e rendendosi latitante, fino a quando non veniva arrestato. Il diniego espresso dal Tribunale di sorveglianza di Roma, pertanto, risulta fondato su una valutazione ineccepibile delle emergenze processuali e conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui per il differimento della pena detentiva è necessario che la patologia da cui è affetto il condannato sia tale da porlo in pericolo la vita o da provocare conseguenze dannose rilevanti, esigendo un trattamento terapeutico che - anche tenuto conto della pericolosità sociale del detenuto valutata comparativamente - non si possa attuare nello stato di detenzione Sez. 1, numero 789 del 18/12/2013, dep. 2014, Mossuto, Rv. 258406 Sez. 1, numero 972 del 14/10/2011, dep. 2012, Farinelia, Rv. 251674 . 3. Per queste ragioni, il ricorso proposto da Pa. Co. deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.