Il titolare della struttura cui è affidato il minore non è legittimato a proporre querela

La legittimazione a proporre querela in relazione al reato di cui all’art. 574 c.p. spetta solamente ai soggetti individuati dalla norma, ossia al genitore esercente la potestà, al tutore o al curatore del minore stesso.

Questo è il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 48092/18 depositata il 22 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado con la quale gli imputati erano stati dichiarati responsabili dei reati di cui agli artt. 110, 388, comma 2, e 574 c.p Avverso tale sentenza gli imputati propongono ricorso in Cassazione in ordine alla procedibilità del reato di cui all’art. 574 c.p. non potendo l’istanza di punizione essere espressa da cui abbia la sola vigilanza o custodia del minore e non rivesta il ruolo di tutore/curatore. In particolare, sostengono gli imputati, la responsabile della struttura cui era affidata, nella fattispecie concreta, la minore non era legittimata a proporre querela. La legittimazione a proporre querela. Sulla base della disposizione normativa di cui all’art. 574 c.p., chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la responsabilità genitoriale, al tutore, o al curatore, o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi, è punito, a querela del genitore esercente la responsabilità genitoriale, del tutore o del curatore, con la reclusione da uno a tre anni . Sul punto la Suprema Corte stabilisce che la legittimazione a proporre querela in relazione al reato di cui all’art. 574 c.p. spetta soltanto ai soggetti individuati dalla norma genitore esercente la potestà, tutore o curatore esclusi, pertanto, quelli che abbiano solo la vigilanza o la custodia del minore . Dall’affermazione del suddetto principio di diritto ne deriva, nel caso di specie, il difetto di legittimazione della titolare della struttura alla quale era affidata la minore e la mancanza di rituale querela in ordine al reato di cui al citato art. 574 c.p., con riferimento alla quale era necessario la nomina di un curatore per la sua predisposizione. Dunque, il motivo del ricorso viene accolto dalla Corte di Cassazione con annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata.

Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name Tabella normale mso-tstyle-rowband-size 0 mso-tstyle-colband-size 0 mso-style-noshow yes mso-style-priority 99 mso-style-parent mso-padding-alt 0cm 5.4pt 0cm 5.4pt mso-para-margin 0cm mso-para-margin-bottom .0001pt text-align justify mso-pagination widow-orphan font-size 10.5pt mso-bidi-font-size 11.0pt font-family Verdana , sans-serif mso-fareast-language EN-US } Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 22 ottobre 2018, n. 48092 Presidente Petruzzellis Relatore Besso Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo, a seguito di gravame interposto dal P.G. e dagli imputati A.R. e L.P.P. avverso la sentenza emessa in data 8.11.2016 dal Tribunale di Marsala, ha confermato la decisione con la quale i predetti imputati sono stati dichiarati responsabili dei reati di cui agli artt. 110,574 cod. pen. e artt. 110, 388 comma 2 cod. pen. e condannati a pena di giustizia. 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati che con unico atto del difensore deducono 2.1. Violazione degli artt. 574 cod. pen., 120 e 337 comma 3 cod. proc. pen. e vizio cumulativo della motivazione in ordine alla ritenuta procedibilità del reato di cui all’art. 574 cod. pen. non potendo la istanza di punizione essere espressa da chi abbia la sola vigilanza/custodia del minore e non rivesta la qualifica di tutore/curatore. Pertanto la responsabile della comunità presso la quale la minore era affidata a seguito del provvedimento del Tribunale per i minorenni di Palermo non era legittimata a proporre querela. Erra la Corte nel ritenerne la legittimazione in quanto il tenore letterale dell’art. 574 cod. pen. contrasta con l’assunto rendendo necessario - in caso di conflitto di interesse con il genitore - la nomina di un tutore/curatore. In ogni caso, la Corte ha omesso di motivare sul rilievo secondo il quale il legale rappresentante della comunità non ha indicato la fonte dei poteri di rappresentanza dell’ente. 2.2. Erronea applicazione degli artt. 388 e 15 cod. pen. dovendosi ravvisare l’assorbimento della condotta di cui all’art. 574 cod. pen. in quella di cui all’art. 388 cod. pen 3. La difesa degli imputati ha proposto motivo nuovo deducendo erronea applicazione della legge penale con riferimento alla individuazione del responsabile della casa famiglia quale soggetto legittimato alla proposizione della querela. Si osserva che con provvedimento del 12.4.2013 il Tribunale per i Minorenni di Palermo aveva nominato un curatore speciale per la minore L.P.V. , il quale ben poteva proporre la querela in relazione alla quale, trattandosi di reato permanente, non erano decorsi i termini per la proposizione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è solo in parte fondato. 2. Il primo motivo è fondato. La Corte di appello ha ravvisato la legittimazione del legale rappresentante dell’ente al quale era stata affidata la minore, trattandosi del soggetto cui è demandata la vigilanza su tale soggetto, ravvisando a suo fondamento la necessità di assicurare comunque una tutela al minore, anche nell’ipotesi in cui lo stesso si trovi in conflitto di interesse con il genitore e non sia stato nominato un curatore speciale. L’assunto dei Giudici di merito non può essere condiviso. Invero, l’art. 574 cod. pen., dopo aver descritto la condotta tipica di sottrazione del minore al genitore esercente alla potestà genitoriale, al tutore, al curatore o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia ne stabilisce la punizione a querela del genitore esercente la responsabilità genitoriale, del tutore o del curatore , escludendo - pertanto - dal novero dei soggetti legittimati alla proposizione della istanza di punizione dei soggetti che abbiano la vigilanza o la custodia del minore. Autorevole dottrina ha individuato quale soggetto passivo del reato esclusivamente i genitori esercenti la potestà, il tutore o il curatore e non colui che esercita sopra la persona sottratta una semplice potestà di vigilanza o di custodia. Dalla relazione ministeriale sul progetto del codice penale risulta che per il reato in esame il diritto di querela spetta, esclusivamente, jure proprio, al genitore che esercita la patria potestà o al tutore o al curatore, derogandosi alla regola generale stabilita dall’art. 124 ora 120 del codice penale richiedendo nel genitore che voglia querelarsi, un effettivo esercizio della patria potestà . In conformità a tale orientamento si è espressa la giurisprudenza che ha individuato quale principale bene giuridico tutelato dalla norma la potestà genitoriale Sez. 6, n. 28863 del 04/07/2002, Zanta, Rv. 222024 . Pertanto, non può avere luogo la estensione della legittimazione a proporre querela a coloro che hanno la vigilanza o custodia del minore in ragione della specialità della norma che prevede la causa di procedibilità ed in rapporto al bene tutelato dalla norma. Deve, quindi, stabilirsi il seguente principio di diritto La legittimazione a proporre querela in relazione al reato di cui all’art. 574 cod. pen. spetta soltanto ai soggetti individuati dalla norma genitore esercente la potestà, tutore o curatore esclusi, pertanto, quelli che abbiano solo la vigilanza o la custodia del minore . Ne consegue, nel caso di specie, il difetto di legittimazione della titolare della struttura alla quale era affidata la minore e, quindi, la mancanza di rituale querela in ordine al reato di cui all’art. 574 cod. pen., in relazione alla quale risultava necessario - in costanza di conflitto di interessi - la nomina di un curatore per la sua proposizione. Il secondo profilo del motivo proposto è assorbito. 4. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Costituisce jus receptum che le norme di cui agli artt. 388 e 574 cod. pen., che prevedono rispettivamente il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice e quello di sottrazione di persona incapace non danno luogo ad un concorso di norme governato dal principio di specialità, poiché il primo reato è caratterizzato dalla elusione di un provvedimento del giudice, mentre il secondo è qualificato da un’incidenza su un rapporto di cui il minore è parte e che si collega alla potestà genitoriale o ad altre situazioni particolari, ed inoltre le diverse componenti delle fattispecie sono indicative di offese diverse, che si realizzano congiuntamente quando con la stessa condotta vengono violate entrambe le norme Sez. 6, n. 33989 del 11/06/2015, P., Rv. 264664 . Pertanto del tutto correttamente ha Corte ha ritenuto l’autonoma configurazione della condotta ex art. 388 cod. pen. ascritta ai ricorrenti imputati. 5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo a art. 574 cod. pen. perché l’azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela, disponendo il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo per la rideterminazione della pena in ordine alla residua imputazione. Nel resto i ricorsi devono essere rigettati. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui agli artt. 110-574 cod. pen. perché l’azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela, e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Palermo per la rideterminazione della pena in ordine alla residua imputazione. Rigetta nel resto i ricorsi.