Condanna definitiva per l’imputato, punito con sedici mesi di reclusione. Decisiva la ricostruzione dell’episodio lui ha letteralmente bloccato alle spalle la donna – che all’epoca lavorava con lui –, così da poterle dare un bacio sulle labbra con la lingua.
Il bacio alla francese può valere una condanna per violenza sessuale. Così si spiega la pena – sedici mesi di reclusione – inflitta a un uomo, colpevole di avere afferrato alle spalle una donna – sua collega di lavoro –, di averla immobilizzata e di averle dato un bacio sulla bocca. Inequivocabile, anche secondo i Giudici della Cassazione, la lettura da dare all’episodio incriminato. Respinta la tesi difensiva proposta dall’uomo e centrata su un fraintendimento in merito a un presunto consenso della donna Cassazione, sentenza numero 47715, sezione terza penale, depositata oggi . Il bacio. Scenario della vicenda è una biblioteca comunale di un piccolo Comune campano. Lì, nel periodo di maggio del 2008, il responsabile della struttura si mostra cordiale nei confronti della ragazza che presta «servizio volontario». Così, un giorno la invita a pranzo, ma successivamente le salta addosso fisicamente, alle spalle, così da bloccarla e da poterle dare «un bacio sulle labbra con la lingua». Il fattaccio scuote la ragazza, che però reagisce fuggendo dalla biblioteca, raccontando tutto ai genitori e al fidanzato e, infine, denunciando l’episodio alle forze dell’ordine. Inevitabile il processo a carico del responsabile della biblioteca, processo che si conclude sia in Tribunale che in Corte d’appello con una condanna per «violenza sessuale», con pena fissata in «un anno e quattro mesi di reclusione». A chiudere la vicenda giudiziaria provvede ora la Cassazione, confermando la decisione presa in Appello e respingendo le obiezioni difensive proposte dal legale dell’uomo. Nessun dubbio sulla ricostruzione di quanto accaduto oltre dieci anni fa. Inattaccabile la credibilità della ragazza, che ha raccontato nei dettagli l’aggressione subita. Chiara, infine, secondo i Giudici del Palazzaccio, la lettura da dare al comportamento tenuto dall’uomo, che «si è avvicinato alla donna, l’ha afferrata con veemenza al collo dalle spalle e, facendo forza con il suo braccio alla gola di lei, l’ha immobilizzata», così da «darle un bacio sulle labbra con la lingua». Evidente la «violenza sessuale» compiuta dall’uomo, che, peraltro, osservano i giudici, non ha negato l’episodio, ma ha provato a difendersi spiegando di «avere frainteso il comportamento della donna».
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 luglio – 19 ottobre 2018, numero 47715 Presidente – Relatore Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17 giugno 2016, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del 28 novembre 2011, con cui il G.U.P. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva condannato Vi. Io. alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione, in ordine al reato di cui agli articolo 61 numero 11, 81 e 609 bis cod. penumero , ritenuta l'ipotesi di minore gravità, per aver costretto Anumero Ma. a subire atti sessuali consistiti nell'afferrarla alle spalle, nell'immobilizzarla stingendole il collo con il braccio e nel baciarla in bocca, fatto commesso in omissis . 2. Avverso la sentenza della Corte di appello partenopea, Io., tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui lamenta la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della Corte di appello, che avrebbe fondato il giudizio di responsabilità dell'imputato su mere presunzioni e non su circostanze realmente avvenute. La difesa contesta, in particolare, che i giudici di secondo grado non hanno riconosciuto che Io. era caduto in errore a causa del proprio intimo convincimento sull'accondiscendenza della persona offesa in definitiva, il ricorrente avrebbe solo frainteso il comportamento della Ma., desistendo immediatamente, non appena resosi conto del dissenso al suo approccio. Indebitamente i giudici di merito avevano invece dato credito alla sola versione della persona offesa, omettendo di considerare le dichiarazioni dell'imputato. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. A differenza di quanto dedotto dalla difesa, il giudizio di colpevolezza dell'imputato, non presenta vizi di legittimità rilevabili in questa sede. Ed invero, le due conformi sentenze di merito, le cui motivazioni sono destinate a integrarsi reciprocamente, per formare un corpus argomentativo unitario, hanno operato una puntuale ricostruzione della vicenda oggetto di contestazione, richiamando in primo luogo le dichiarazioni della persona offesa, Anumero Ma., escussa peraltro anche in sede di rito abbreviato, la quale ha descritto l'episodio verificatosi la mattina del 6 maggio 2008 presso la biblioteca comunale di Villa Literno, dove ella prestava servizio volontario e dove lavorava altresì, quale responsabile della biblioteca, l'odierno ricorrente Vi. Io. questi, dopo aver invitato la persona offesa a pranzare con lui, raccomandandosi di non parlarne, cosa che aveva insospettito la Ma., si avvicinava alla donna, la afferrava con veemenza al collo dalle spalle e, facendo forza con il suo braccio alla gola, la immobilizzava, dandole un bacio sulle labbra con la lingua. Riuscita a divincolarsi, la persona offesa usciva repentinamente dalla biblioteca, dove peraltro lasciava il giubbotto, raccontando l'episodio al fidanzato e ai genitori. Orbene, la valutazione della credibilità del racconto della Ma. operata dai giudici di merito, in quanto sorretta da argomentazioni logiche e aderenti alle acquisizioni probatorie, non presta il fianco alle censure difensive, avendo sia il G.U.P. che la Corte di appello rimarcato non solo la linearità delle dichiarazioni della persona offesa, puntuali, coerenti e non animate da particolari motivi di rancore, ma anche l'esistenza di significativi riscontri, costituiti dal rinvenimento del giubbotto nella biblioteca da parte della P.G., dalla documentazione comprovante la presenza della donna il 6 maggio 2008 nei locali della biblioteca, dalle dichiarazioni dei genitori e del fidanzato della Ma., e in parte da quelle dell'imputato, il quale non ha negato il bacio, pur collocandolo in una dimensione consensuale, che tuttavia è stata fermamente negata dalla persona offesa. La versione difensiva di un eventuale errore di percezione sul punto da parte di Io. è stata dunque ragionevolmente respinta dalle sentenze di merito, in quanto fondata su un'affermazione dell'imputato apertamente smentita da un quadro probatorio rivelatosi maggiormente solido, attendibile e convergente. In definitiva, la valutazione della credibilità della persona offesa e la conseguente formulazione del giudizio di colpevolezza resistono alle doglianze difensive, che invero si articolano soprattutto in un diverso e non consentito apprezzamento delle fonti probatorie, fondato peraltro su una lettura frammentaria delle stesse. 2. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , di sostenere le spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.