La Cassazione tra Balduzzi e Gelli-Bianco

Nell'ambito della colpa lieve da imperizia del sanitario, purché questa attenga alla fase attuativa della prestazione medica, la disciplina del decreto Balduzzi e quella della legge Gelli-Bianco prevedono entrambe la non punibilità di chi se ne renda responsabile. Rimane ferma la responsabilità civile del sanitario, anche per colpa lieve, a prescindere dallo strumento con il quale il legislatore disciplina il difetto di rilevanza penale della condotta colposa da imperizia lieve.

Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sez. III Penale, con la sentenza n. 46957/18, depositata il 16 ottobre. Un percorso processuale tormentato. Un medico ospedaliero viene processato per omicidio colposo in seguito al decesso di una paziente, provocato da una emorragia interna non tempestivamente diagnosticata né trattata. La donna aveva subito da poco un intervento di colecisti, ma qualcosa era andato evidentemente storto. La complicanza emorragica insorgeva accompagnata da alcuni sintomi, che a giudizio del GUP dinanzi al quale si celebrava il giudizio nelle forme del rito abbreviato non furono interpretati con la dovuta prontezza. Niente da fare per la paziente, che morirà nonostante un tentativo di salvarla in extremis eseguito, apprendiamo dalla sentenza, proprio dall'imputato. Dalle prime battute della decisione in commento comprendiamo che, all'esito del terzo grado di giudizio vi è stato un annullamento con rinvio alla Corte di Appello, a causa di un vizio di motivazione sul grado della colpa. I fatti sono del 2009, precedenti ai due interventi di riforma nel settore della colpa medica il decreto c.d. Balduzzi” del 2012 e la legge Gelli-Bianco” del 2017. Da Balduzzi a Gelli-Bianco quale delle due contiene la normativa più favorevole? Questa decisione, più che per il suo contenuto specifico il secondo ricorso per cassazione, dal quale origina, è limitato – stante la prescrizione del reato – a rivalutare i soli profili risarcitori extrapenali , si segnala perché contiene un breve vademecum che ci consente, grazie all'elaborazione giurisprudenziale frattanto stratificatasi, di comprendere, nel groviglio normativo creato dalle due riforme che si sono succedute nel tempo, quale sia la normativa più favorevole. Il tratto comune ai due interventi normativi è, intanto, lo scopo perimetrare con esattezza la responsabilità dell'esercente la professione sanitaria in ragione dell'irrigidimento progressivo del fronte giurisprudenziale ciò permetterebbe, intanto, di riservare la risposta penale soltanto ai casi nei quali il discostamento tra condotta e norma cautelare è marcatamente evidente. Ecco, a questo punto, la soluzione individuata a suo tempo dal decreto Balduzzi” il medico che rispetta le linee guida nello svolgimento della propria attività non risponde penalmente per colpa lieve. Questo salvacondotto” consentiva, quindi, di mandare esente da pena il responsabile di condotte colpose per imperizia, negligenza e anche imprudenza. L'unica condizione dirimente era il grado della colpa, che doveva essere, appunto, lieve. L'apertura di una finestra normativa che consentisse l'esclusione della risposta punitiva penale è stata presto cementata dalla riforma Gelli Bianco” solo l'imperizia rimane non penalmente punibile, a condizione che siano rispettate le famose – o sarebbe meglio dire famigerate – linee guida. Nulla si specifica sul grado della colpa. Risolto il problema della perimetrazione della colpa non penalmente punibile, se ne è creato immediatamente un altro qual è la norma più favorevole da applicarsi ai casi astrattamente ricadenti sotto il vigore di entrambe le discipline? Le Sezioni Unite Mariotti”, ovvero il decalogo operativo. Prima precisazione anche se la riforma del 2017 non lo dice, il grado della colpa esentabile da risposta penale deve essere considerato sempre quello lieve. Ciò, si dice nella decisione degli Ermellini, per garantire una continuità con il passato e, aggiungiamo noi, per non creare situazioni paradossali l'imperizia grave, non tenendo conto dell'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, sarebbe non punibile nel caso in cui fossero rispettate le linee guida! . Nei rapporti tra disciplina Balduzzi” e Gelli-Bianco”, la prima delle due è più favorevole per le condotte negligenti o imprudenti sorrette da colpa lieve oggi punibili se le linee guida sono correttamente rispettate. Nel caso, poi, dell'errore sulla selezione delle linee guida va considerata più favorevole la disciplina della riforma Balduzzi. Indifferente, in ultimo, è il profilo dell'errore commesso con colpa lieve da imperizia nella fase attuativa” della prestazione medica quest'ultimo, infatti, non è punibile sia ai sensi della vecchia, sia ai sensi della nuova disciplina.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 giugno – 16 ottobre 2018, n. 46957 Presidente Lapalorcia – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 6 giugno 2017, la Corte d’appello di Perugia, giudicando in sede di rinvio a seguito di sentenza di annullamento pronunciata dalla Corte di cassazione n. 6641/2017, in riforma della sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Pescara, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.V. , in relazione al reato di cui agli artt. 110,113 e 589 cod.pen., perché estinto per prescrizione ed ha confermato le statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata. 2. Nel ripercorrere brevemente la vicenda processuale, deve darsi atto che il Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Pescara, all’esito del giudizio abbreviato, con sentenza in data 13 giugno 2014, aveva condannato C.V. , quale medico di guardia durante la fase post operatoria di D.R.K. , per avere cagionato, in concorso colposo con altri, il decesso della medesima, degente presso l’Ospedale di , la quale era stata sottoposta a intervento di colecisti eseguito il mattino del omissis in particolare, in seguito all’intervento, la paziente presentava complicanze di tipo emorragico, il cui insorgere secondo l’imputazione avrebbe dovuto indurre il dott. C. , medico di guardia durante il decorso post-operatorio segnatamente tra le ore 14 e le ore 20 del omissis , ad attivarsi e a disporre i necessari esami diagnostici ciò che non avvenne, con conseguente progressivo aggravarsi delle condizioni della D.R. , dovuto al manifestarsi di un’emorragia interna massiva. Il successivo intervento del dott. C. , che a fine turno si era allontanato dal nosocomio e veniva avvertito delle condizioni della paziente rientrando in ospedale attorno alle 21,40, ormai tardivamente, e si adoperava perché alla stessa fosse praticata una trasfusione, non aveva effetti salvifici neppure il secondo intervento chirurgico, eseguito dal medico, aveva avuto sorti migliori in quanto durante l’esecuzione la D.R. andava in arresto cardiaco, decedendo poi nella giornata del omissis a causa di insufficienza multiorgano da shock emorragico. La Corte d’appello di L’Aquila, investita dell’impugnazione aveva ridotto la pena inflitta confermando l’affermazione della responsabilità penale per il reato di concorso nel reato di omicidio colposo. 3. La sentenza di condanna è stata oggetto di annullamento da parte della Corte di cassazione con sentenza n. 6671 del 2017, che ne ha censurato l’iter logico argomentativo, con rinvio per un nuovo giudizio evidenziando che la sentenza impugnata presentava alcuni profili di lacunosità nella ricostruzione della sequenza fattuale sulla base delle prove disponibili, nonché di imprecisione logico-deduttiva e, per certi versi, di apoditticità nell’attribuzione al dott. C. di una condotta omissiva caratterizzata da un grado di colpa penalmente rilevante ai fini dell’evento mortale oggetto di addebito, oltreché causalmente incidente sul verificarsi di detto epilogo . 4. In particolare la sentenza di annullamento aveva evidenziato che l’unico elemento oggettivamente provato era quello relativo alle cause dell’evento essendo certo che la D.R. morì a causa di una massiva emorragia interna, stimata nella sua entità in circa 3 litri e che la stessa era da collocarsi temporalmente, nel suo esordio, nelle ore intercorse tra il primo e il secondo intervento chirurgico, periodo durante il quale, elemento altrettanto indubbio, il C. era il medico di guardia nel post operatorio. In tale contesto, l’addebito che viene mosso all’imputato è quello di non avere provveduto ad accertamenti diagnostici in grado di rivelare se effettivamente l’emorragia fosse in corso, in presenza di un quadro sintomatologico, ossia in particolare l’ipotensione, il dolore pubico, la progressiva anuria, che deponeva per un possibile quadro clinico da emorragia interna, e di non aver posto rimedio con una trasfusione che avrebbe avuto effetti salvifici, essendosi egli limitato a disporre la somministrazione di analgesici e l’applicazione di un catetere venoso e non avendo, dalle 16,00 in poi, visitato la paziente. Da tali premesse, in uno con la presenza di elementi che apparivano idonei a porre in discussione la ricostruzione degli eventi accolta dalla Corte di merito, sotto il profilo della effettiva esecuzione della visita alle ore 17,00, visita esclusa dai giudici del merito al punto che costoro ritennero falsificato il diario clinico, la sentenza di annullamento riteneva non congruamente argomentato il profilo del grado di colpa ascrivibile all’imputato che doveva essere scrutinato alla luce dei principi affermatisi in subiecta materia, in base ai quali la limitazione della responsabilità del medico in caso di colpa lieve, prevista dall’art. 3, comma 1, legge 8 novembre 2012, n. 189, opera, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da profili di colpa generica diversi dall’imperizia Sez. 4, n. 23283 del 11/05/2016, Denegri, Rv. 266903 . In tale ambito, aggiungeva la sentenza rescindente, che l’esame di tali passaggi della vicenda si collocava a monte di quello relativo alla rilevanza causale dell’ipotizzato comportamento omissivo dell’imputato, atteso che di essa può farsi questione solo una volta accertato se effettivamente il dott. C. , sulla base dei dati conoscitivi a sua disposizione, fosse nelle condizioni di doversi attivare e di disporre i necessari accertamenti diagnostici solo su tali premesse è possibile verificare se la condotta doverosa, della cui omissione egli risponde, avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza della paziente, nel senso che l’evento-morte non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva Sez. 4, n. 18573 del 14/02/2013, Meloni, Rv. 256338 . 5. La Corte d’appello di Perugia, all’esito del giudizio di rinvio, ha rilevato l’intervenuta prescrizione del reato ed ha confermato, ai sensi dell’art. 578 cod.proc.pen., la condanna agli effetti civili dell’imputato. In tale ambito, nei limiti del devoluto cfr par. 3 , ha, dapprima, dato rilievo alla circostanza che durante la visita delle ore 16,00, il C. non poteva non aver acquisito un quadro clinico della paziente, connotato da dolori periombelicali, oliguria, tant’è che egli aveva prescritto un analgesico e aveva richiesto il posizionamento di un catetere vescicale, situazione che conduceva a ritenere che la paziente non fosse stabilizzata e il suo decorso post operatorio non procedesse nella norma, ed ha tratto la logica conclusione che, anche a prescindere dall’accertamento se la visita delle 17,00 fosse o meno avvenuta, applicando i canoni della ordinaria diligenza e prudenza, sarebbe stato comportamento doveroso del medico quello di attivarsi di iniziativa per verificare nel proseguo del pomeriggio l’evolversi dell’intero decorso post operatorio, e se ciò fosse avvenuto, avrebbe avuto conoscenza del ripresentarsi del dolore unito ad una preoccupante situazione di anuria che, se correlata a bassi livelli pressori, era indice allarmante di una emorragia in corso, di facile diagnosi mediante esame ecografico che avrebbe reso evidente la situazione emorragica pag. 17 . Secondo i dati informativi a disposizione del medico di guardia dott. C. , ha ritenuto la corte territoriale, in risposta al devoluto, che era sussistente il grado di colpa penalmente rilevante e l’ha congruamente argomentato. 6. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di fiducia di C.V. , e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 6.1. Con un primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 627 comma 3 e 628 cod.proc.pen Premette il ricorrente di avere interesse all’impugnazione in presenza di una dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, avendo di mira l’impugnazione a conseguire effetti più favorevoli ovvero una pronuncia di merito al fine di evitare gli effetti extrapenali costituiti dalle statuizioni civili di risarcimento dei danni in favore delle parti civili. Nel merito, la Corte d’appello avrebbe disatteso il principio di diritto fissato dalla sentenza rescindente, non avendo risposto sulla individuazione del grado di colpa ascrivibile all’imputato ed avrebbe finanche fornito una nuova e autonoma lettura delle emergenze probatorie. La corte territoriale, nell’ambito dell’autonoma valutazione, avrebbe spostato il tema devoluto, circoscritto alla lacuna motivazionale sull’accertamento degli elementi conoscitivi a disposizione del dott. C. e se questi, sulla base degli stessi, fosse stato in grado di rendersi conto della situazione ed approntare le misure necessarie. In tale contesto i giudici del merito, in violazione del giudicato progressivo, avrebbe autonomamente argomentato la sussistenza della colpa e il grado della stessa. 6.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b ed e cod.proc.pen. in relazione all’illogicità della motivazione sulla sussistenza del nesso di causa ed in particolare sull’efficacia salvifica della trasfusione se effettuata in anticipo rispetto al momento ore 22,30 in cui venne effettuata dal dott. C. , rientrato in servizio solo alle 20,40. 7. Il Procuratore Generale ha chiesto, in udienza, che il ricorso sia rigettato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. 2. Va anzitutto rilevato che la sentenza rescindente della Corte di cassazione, emessa in data 03/02/2017, enunciava il principio ex art. 627 comma 3 cod.proc.pen. cfr. par. 4 del ritenuto in fatto avendo come parametro normativo il disposto del c.d. decreto Balduzzi, e segnatamente l’art. 3 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, secondo il quale l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve . Come è noto, l’art. 3 del decreto Balduzzi era stato concepito per normare i limiti della responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, a fronte di un panorama giurisprudenziale divenuto sempre più severo nella delineazione della colpa medica punibile. L’art. 3 citato, nel chiaro intento legislativo di limitare la responsabilità dell’esercente una professione sanitaria operando nell’ambito del principio di legalità, sanciva l’esclusione della responsabilità per colpa lieve, quando il professionista, nello svolgimento delle proprie attività, si fosse attenuto a linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. Sulla scorta di tale dato normativo, di natura extrapenale e dell’elaborazione giurisprudenziale che si era formata sul punto richiamata in sentenza, secondo cui la limitazione della responsabilità del medico in caso di colpa lieve operava, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da profili di colpa generica diversa dall’imperizia, la sentenza di annullamento aveva perimetrato l’accertamento devoluto ai giudici del rinvio ed aveva richiesto un nuovo esame sull’accertamento del grado di colpa e se, in base ai dati conoscitivi in possesso del dott. C. , egli fosse nelle condizioni di doversi attivare e disporre i necessari accertamenti diagnostici e ciò al fine di verificare se l’evento morte non si sarebbe verificato. L’art. 3 del citato d.l. Balduzzi è stato abrogato ad opera dell’art. 6 comma 2 della legge 8 marzo 2017, n. 24 Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie , entrata in vigore il 10 aprile 2017, nota come legge Gelli-Bianco che, proseguendo sul percorso di tipicizzazione dei modelli di colpa all’interno del codice penale, ha disposto all’art. 6 comma 1 la formulazione dell’art. 590-sexies, comma 2, c.p., così formulato qualora l’evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto . Tale ius supervenies, intervenuto in epoca posteriore alla pronuncia rescindente e in vigore al momento della pronuncia dei giudici del rinvio deve trovare applicazione nell’odierno giudizio di legittimità con la precisazione che, in presenza di un fenomeno successorio, dovrà essere individuata la norma da applicare al caso concreto. Sul punto sono di recente intervenute le S.U. della Corte di cassazione S.U. n. 8770 del 21/12/2017, Mariotti, Rv. 272174 sussistendo un contrasto interpretativo sulla misura dell’incidenza della legge 8 marzo 2017, n. 24, che, nell’abrogare la previgente disciplina della legge n. 189 del 2012, ha rimodulato i limiti della colpa medica a fronte del rispetto delle linee-guida dettate in materia, con conseguenze in punto di individuazione della legge più favorevole. Fermo il disposto normativo secondo cui la causa di non punibilità ex art. 590 sexies cod.pen. è espressamente limitata ai soli casi di colpa per imperizia, ritengono le Sezioni Unite che la mancata evocazione esplicita della colpa lieve da parte del legislatore del 2017, non precluda una ricostruzione della norma che ne tenga conto, sempre che questa sia l’espressione di una ratio compatibile con l’esegesi letterale e sistematica del comando espresso ed ha ritenuto cfr. par. 10 che la norma in esame continui a sottendere la nozione di colpa lieve , in linea con quella che l’ha preceduta, e con la tradizione giuridica sviluppatasi negli ultimi decenni tenuto conto dell’esigenza, largamente sentita in tema, della graduabilità della colpa medica, pur a fronte di un precetto, quale l’art. 43 cod. pen., che scolpisce la colpa senza distinzioni interne. Ed ancora, le citate S.U., condiviso l’assunto consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione sulla gravità della colpa generica debba essere effettuata in concreto , tenendo conto del parametro dell’homo eiusdem professionis et condicionis, che è quello del modello dell’agente operante in concreto, nelle specifiche condizioni concretizzatesi, hanno così delineato, al par. 11, il reticolo normativo della valutazione della responsabilità nei seguenti termini L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica a se l’evento si è verificato per colpa anche lieve da negligenza o imprudenza b se l’evento si è verificato per colpa anche lieve da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali c se l’evento si è verificato per colpa anche lieve da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche clinico assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto d se l’evento si è verificato per colpa grave da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico . Ed ha così individuato la disciplina da applicare nella successione delle leggi nei termini seguenti l’art. 3 del d.l. Balduzzi risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario commessi prima della entrata in vigore della legge Gelli-Bianco connotati da negligenza o imprudenza, con configurazione di colpa lieve, che solo per il decreto Balduzzi erano esenti da responsabilità quando risultava provato il rispetto delle linee-guida o delle buone pratiche accreditate. Viceversa, nell’ambito della colpa da imperizia, l’errore determinato da colpa lieve, che sia caduto sul momento selettivo delle linee-guida e cioè su quello della valutazione della appropriatezza della linea-guida era coperto dalla esenzione di responsabilità del decreto Balduzzi v. Sez. 4, n. 47289 del 09/10/2014, Stefanetti, non massimata sul punto , mentre non lo è più in base alla novella che risulta anche per tale aspetto meno favorevole . Sempre nell’ambito della colpa da imperizia, l’errore determinato da colpa lieve nella sola fase attuativa andava esente per il decreto Balduzzi ed è oggetto di causa di non punibilità in base all’art. 590-sexies, essendo, in tale prospettiva, ininfluente, in relazione alla attività del giudice penale che si trovi a decidere nella vigenza della nuova legge su fatti verificatisi antecedentemente alla sua entrata in vigore, la qualificazione giuridica dello strumento tecnico attraverso il quale giungere al verdetto liberatorio . Al quadro d’insieme va aggiunto che, secondo la citata sentenza S.U. Mariotti agli effetti civili, l’applicazione dell’art. 3, comma 1, del decreto Balduzzi prevedeva un coordinamento con l’accertamento del giudice penale, nella cornice dell’art. 2043 cod. civ., ribadito dall’art. 7, comma 3, della legge Gelli-Bianco. La responsabilità civile anche per colpa lieve resta ferma v. Sez. 3 civ., n. 4030 del 19/02/2013 Sez. 4 civ., ord. n. 8940 del 17/04/2014 a prescindere, dunque, dallo strumento tecnico con il quale il legislatore regoli la sottrazione del comportamento colpevole da imperizia lieve all’intervento del giudice penale . 7. Quanto al caso in scrutinio, date le conclusioni ermeneutiche della sentenza delle S.U., che costituiscono la cornice interpretativa anche nel caso in esame, e tenuto conto che la sentenza di annullamento aveva devoluto al giudice del rinvio l’individuazione del grado della colpa generica ai fini di verificare il grado della stessa per l’esclusione della responsabilità nel caso di colpa lieve, ex art. 3 comma 1 della legge n. 189 del 2012 norma che si ribadisce secondo il dictum delle citate S.U. è norma applicabile in quanto più favorevole si ricava il perimetro entro cui deve essere compiuto il sindacato di legittimità. 7.1. In tale ambito, la corte territoriale ha individuato la condotta omissiva negligente in capo al dott. C. sulla scorta dei dati conoscitivi in corrispondenza della visita da lui stesso condotta, alle ore 16-16,15, durante la quale il quadro clinico che emergeva dolori zona periombelicale e oliguria deponeva per una non stabilizzazione post operatoria della paziente, cosicché era logico ritenere comportamento doveroso quello di attivarsi di iniziativa, sulla scorta delle conoscenza acquisite dopo la visita, per verificare nel proseguo dell’evolversi dell’intero post operatorio che, al successivo ripresentarsi del dolore accompagnato da anuria, rappresentava una evoluzione post operatoria per nulla tranquillizzante che avrebbe richiesto approfondimenti diagnostici ecografia addominale facilmente esperibili, che, a loro volta, avrebbero evidenziato la situazione emorragica in corso, situazione che in quel momento si sarebbe potuta risolvere con una tempestiva trasfusione, individuando così i profili della negligenza e imprudenza nella condotta del C. che, al contrario, lasciava il reparto alle ore 20,00 per poi farvi ritorno, chiamato dal medico che lo aveva sostituito, per sottoporre ad ulteriore, e non risolutivo, intervento chirurgico, la paziente. La corte territoriale ha, dunque, individuato e argomentato in capo al C. un profilo di colpa per negligenza e imprudenza e l’ha ritenuta non scriminata in ragione della non lievità. La colpa è stata ritenuta al di fuori di una connotazione lieve vedi supra par. 7.1. con congrua motivazione. Dunque, non è fondato il primo motivo di ricorso, essendosi il giudice del rinvio attenuto al perimetro del devoluto dalla sentenza di annullamento. 8. Anche il secondo motivo di ricorso non è fondato. La censura difensiva muove da un assunto errato nell’individuazione del perimetro del giudizio di rinvio. Secondo il ricorrente la corte territoriale non avrebbe risposto all’accertamento devoluto dalla sentenza rescindente, essendosi limitata ad individuare i dati informativi che aveva a disposizione il dott. C. e il profilo di colpa non lieve in capo al medesimo, ma non avrebbe risposto sulla richiesta, della sentenza di annullamento, della verifica del nesso di causa ovvero se l’addebito di colpa, come ritenuto, fosse causalmente incidente sul verificarsi della morte, accertamento che necessariamente implicava, dapprima, l’individuazione della condotta doverosa e poi se la stessa avesse inciso positivamente sulla sopravvivenza della paziente. Ritiene il Collegio che una attenta lettura della sentenza di annullamento non confermi l’assunto difensivo. Al par. 1.3 della sentenza di annullamento si comprende, chiaramente, che la Corte di cassazione demandava un nuovo esame per accertare il profilo del grado di colpa ascrivibile all’imputato , che presupponeva accertamenti di fatto di competenza del giudice del merito ma non solo, al par. 1.6, la corte di legittimità è altrettanto chiara laddove scrive che risulta decisivo, nella ricostruzione degli eventi e delle ipotizzate responsabilità del dott. C. , onde stabilire il grado di colpa a lui ascrivibile , chiarire se e in che termini i dati relativi alla sintomatologia avrebbe dovuto indurre il medico alle conseguenti valutazioni cliniche. Del resto, dalla sentenza di annullamento, risultava accertato che l’emorragia non si manifestò in modo improvviso e fu significativa pari a circa 3 litri , sicché la tempestiva infusione di sangue avrebbe avuto effetti salvifici o comunque idonei a realizzare un evento diverso, mentre era lacunoso, sempre secondo la sentenza rescindente, l’accertamento dei dati fattuali di conoscenza in capo al medico che avrebbe dovuto indurre a rilevare l’emorragia in corso. Da qui il perimetro del giudizio di rinvio, limitato agli accertamenti fattuali di conoscenza del medico e alla valutazione del grado di colpa nel suo comportamento sulla scorta dei predetti. 9. Conclusivamente il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili R.M. , in proprio e nella qualità, che liquida complessivamente in Euro 4.900,00 oltre spese generali e accessori di legge, D.R.M. , D.R.O. , D.L.M. , che liquida in complessivi Euro 4.900,00 oltre spese generali e accessori di legge.