Un’offerta di denaro per sottrarsi all’alcoltest è istigazione alla corruzione?

L’evidente condizione di incapacità temporanea del conducente che guida in stato di ebbrezza è irrilevante per escludere il reato di istigazione alla corruzione ex art. 322 c.p. a fronte di un’offerta di denaro ai pubblici ufficiali in servizio diretta a impedire la quantificazione del grado alcolico del conducente stesso.

Così è stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 46015/18, depositata l’11 ottobre. Il caso. Un conducente che guidava sotto stato d’ebrezza veniva fermato dalla polizia stradale in servizio con l’obiettivo di verificarne il tasso alcolico, presupponendo che l’alterazione di quest’ultimo era manifestatamente evidente. L’automobilista, consapevole dell’alterazione sofferta, offriva del denaro per indurre i pubblici ufficiali a non effettuare l’alcoltest. Sia nel primo che nel secondo grado il conducente è stato condannato per il reato di istigazione alla corruzione ex art. 322 c.p. ma, lamentando una violazione e falsa applicazione di suddetto articolo, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo inoltre che la fattispecie concreta poteva tuttalpiù configurare la diversa ipotesi prevista dall’art. 341- bis c.p. Oltraggio a pubblico ufficiale . L’irrilevanza dello stato d’ebrezza e l’idoneità dell’offerta. La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sugli elementi in grado di configurare un’ipotesi di istigazione alla corruzione, precisa quali sono gli atti che danno luogo a detto reato l’offerta o la promessa di denaro che potenzialmente può indurre il destinatario a realizzare un atto difforme ai doveri a lui imposti dall’ufficio, dà luogo al reato ex art. 322 c.p., considerando anche le caratteristiche personali e la posizione economica del destinatario. Il giudizio relativo alle qualità dell’offerente non deve essere preso in considerazione dato che viene attribuita una maggiore rilevanza alle caratteristiche di idoneità e di potenzialità corruttive presentate dall’offerta, tanto da escludere la fattispecie corruttiva solo se manchi la propensione e l’idoneità della promessa a conseguire lo scopo perseguito dall’attore dando un’assoluta irrilevanza dell’incapacità in cui versa il promittente. Nel caso di specie, l’insistente e ripetuta offerta di denaro evidenziava un potenziale e funzionale scopo corruttivo, tale da distogliere i pubblici ufficiali dallo svolgere le mansioni previste dal loro ufficio nonostante non sia rilevante per la configurabilità della fattispecie penale, il guidatore ha prospettato la chiara finalità di corrompere la polizia stradale di turno dato che a seguito del rifiuto di ricevere la somma di denaro offerta, l’automobilista ha provocato delle lesioni personali ai pubblici ufficiali. Così motivato, il Collegio ha respinto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 settembre – 11 ottobre 2018, n. 46015 Presidente Paoloni – Relatore Scalia Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello dell’Aquila con sentenza in epigrafe indicata ha confermato quella con cui il Tribunale di Pescara, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato alle pena di due anni di reclusione l’imputato, G.A. , per i reati di cui agli artt. 322, secondo comma, 336 e 337, 82, 585 e 61 n. 2 cod. pen., perché egli, al fine di indurre i pubblici ufficiali, in servizio presso la polizia stradale, intervenuti per l’accertamento della dinamica di un sinistro in cui era coinvolto il prevenuto ed in procinto di verificarne le condizioni di ebbrezza alcolica, ad omettere un atto del loro ufficio, offriva loro una somma di denaro di 200 Euro, offerta non accolta, usando nei confronti dei predetti, nelle indicate circostanze, minaccia e violenza al fine di impedire il compimento dell’atto di ufficio e cagionando ad uno degli agenti lesioni personali. 2. Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato che, con unico articolato motivo, fa valere la violazione di legge ed il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte di appello in relazione all’art. 322 cod. pen., per avere ritenuto integrati i presupposti del reato di istigazione alla corruzione, e segnatamente la serietà e concretezza della offerta di denaro, pur dando atto dello stato di ebbrezza in cui versava il prevenuto e quindi della chiara percepibilità ex ante dell’offerta come inconcludente ed in nessun modo credibile da parte dei destinatari. La condotta di mero dileggio avrebbe dovuto essere ricompresa nella diversa ipotesi di cui all’art. 341-bis cod. pen. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché il proposto motivo è manifestamente infondato. In materia di reato di istigazione alla corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio art. 322 comma 2 cod. pen. , le affermazioni di questa Corte restano ferme ai principi affermati e per i quali a il reato si configura con la semplice condotta dell’offerta o della promessa di danaro o di altra utilità, purché seria, potenzialmente e funzionalmente idonea ad indurre il destinatario a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio, tale da determinare una rilevante probabilità di causare un turbamento psichico nel pubblico ufficiale, sì che sorga il pericolo che egli accetti l’offerta o la promessa b l’idoneità della condotta va valutata con un giudizio ex ante che tenga conto dell’entità del compenso, delle qualità personali del destinatario e della sua posizione economica e di ogni altra connotazione del caso concreto, con esclusione del reato soltanto se manchi la idoneità potenziale dell’offerta o della promessa a conseguire lo scopo perseguito dall’autore per l’evidente quanto assoluta impossibilità del pubblico ufficiale di tenere il comportamento illecito richiestogli Sez. 6, n. 2716 del 30/11/1995, dep. 1996, Varvarito, Rv. 204124 Sez. 6, n. 21095 del 25/02/2004, Barhoumi, Rv. 229022 . In corretta applicazione degli indicati principi, con una motivazione che si lascia apprezzare per manifesta illogicità, la Corte di appello dell’Aquila ha valorizzato il contesto in cui l’offerta veniva effettuata dall’imputato alla volta di agenti della polizia stradale, intervenuti in occasione di un sinistro determinato dal primo che, già sottoposto ad accertamento preliminare dello stato di ebbrezza alcolica, veniva richiesto dagli operanti di sottoporsi ad un ulteriore controllo con etilometro, e quindi il modo spavaldo in cui l’offerta veniva effettuata e del carattere progressivo della stessa, apprezzato come diretto ad ostentare le concrete possibilità economiche dell’imputato. 3. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa correlati alla irritualità dell’impugnazione, di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro duemila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna al ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.