La prova dell’inesistenza di un rapporto di convivenza con il consegnatario della notifica della citazione a giudizio

In materia di notificazione all’imputato non detenuto, si intendono familiari conviventi” anche le persone che, al momento della notificazione, si trovino nella sua abitazione e che, dopo la declinazione della qualifica di ufficiale giudiziario, rappresentino a questo una situazione di convivenza che rende legittimo il ragionevole affidamento che l’atto sarà consegnato all’interessato.

Il fatto. Con la sentenza n. 45538/18, depositata il 10 ottobre, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso avanzato avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della pronuncia di prime cure, rideterminava la pena inflitta a due imputati. I ricorrente deducono l’errata notificazione del decreto di citazione nel giudizio di appello, effettuata a mani di una non meglio identificata cugina” , nonostante avessero eletto domicilio presso lo studio del difensore. Notifica. In materia di notificazione all’imputato non detenuto, si intendono familiari conviventi” non solo le persone che convivono stabilmente con il destinatario dell’atto e che anagraficamente facciano parte della sua famiglia, ma anche quelle che, al momento della notificazione, si trovino nella sua abitazione e che, dopo la declinazione della qualifica di ufficiale giudiziario, rappresentino a questo una situazione di convivenza che rende legittimo il ragionevole affidamento che l’atto sarà consegnato all’interessato. L’eventuale inesistenza del rapporto di convivenza deve essere dedotta con eccezione di nullità, previa prova rigorosa per la quale non è sufficiente l’allegazione di un certificato anagrafico di residenza in cui non figuri il nome del consegnatario dell’atto. Resta dunque fermo che in ogni altro caso la notifica del decreto di citazione in luogo diverso dal domicilio dichiarato dall’imputato integra una nullità relativa, sanata se non eccepita immediatamente dopo l’accertamento della costituzione delle parti. In conclusione, la Corte dichiara inammissibili i ricorsi.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 marzo – 10 ottobre 2018, n. 45538 Presidente Cavallo – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15 settembre 2017 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del 9 febbraio 2017 del Tribunale di Palermo, ha rideterminato in mesi uno di arresto la pena inflitta, con i doppi benefici, a B.G.A.N. e ad C.A. per i reati di cui agli artt. 81 cod. pen., 64, 65, 93, 94, 71 e 95 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. 2. Avverso la predetta decisione gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, articolato su tre motivi di impugnazione. 2.1. Col primo motivo i ricorrenti hanno eccepito l’errata notificazione del decreto di citazione nel giudizio d’appello, notificato a mani di una non meglio identificata cugina mentre, al contrario, essi avevano eletto domicilio presso lo studio del difensore in omissis . In ragione di ciò, l’irregolare notificazione aveva comportato un vulnus all’attività difensiva, comportando l’omessa conoscenza della fissazione dell’udienza di trattazione del giudizio d’appello. 2.2. Col secondo motivo i ricorrenti hanno censurato l’omessa assunzione della deposizione dei testimoni a difesa, nella parte in cui il Tribunale di Palermo aveva presunto una rinuncia alla loro audizione nel fatto che gli stessi imputati erano assenti all’udienza stabilita per il loro esame, mentre al contempo alcuna opposizione era stata avanzata alla dichiarazione di chiusura dell’istruttoria dibattimentale. Per quanto poi riguardava la decisività della prova, le deposizioni testimoniali avrebbero dovuto vertere anche sulla data di esecuzione delle opere e del loro accertamento, in relazione all’eccezione di prescrizione formulata. 2.3. Col terzo motivo, infine, è stata dedotta l’illegittimità del mancato accoglimento della preliminare eccezione di prescrizione dei reati, atteso che il cantiere era stato sottoposto a sequestro preventivo ancora il 4 marzo 2010 e non vi era stata alcuna prosecuzione di lavori. In proposito, pertanto, anche la violazione dei cd. reati satellite per omissione di comunicazioni doveva farsi risalire all’accertamento del 1 marzo 2010. In ogni caso, peraltro, era stato compiuto accertamento in data 29 marzo 2012, con la documentazione fotografica delle opere in corso. Sì che la prescrizione doveva intendersi già maturata. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’annullamento con rinvio. Considerato in diritto 4. I ricorsi sono inammissibili. 4.1. In relazione al primo profilo di censura, i ricorrenti hanno in primo luogo lamentato che la notifica del decreto di citazione a giudizio per il grado di appello fosse stata notificata nel domicilio reale a mani di una cugina non meglio identificata, mentre in ogni caso essi avevano eletto domicilio presso il proprio difensore di fiducia. 4.1.1. Ciò posto, in materia di notificazione all’imputato non detenuto, per familiari conviventi devono intendersi non soltanto le persone che convivono stabilmente con il destinatario dell’atto e che anagraficamente facciano parte della sua famiglia, ma anche quelle che si trovino al momento della notificazione nella sua casa di abitazione, purché le stesse, per la qualifica declinata all’ufficiale giudiziario, rappresentino a quest’ultimo una situazione di convivenza, sia pure di carattere meramente temporaneo, che legittima nell’agente notificatore il ragionevole affidamento che l’atto perverrà all’interessato in specie è stata ritenuta valida la notificazione di un decreto penale di condanna effettuata dall’ufficiale giudiziario nelle mani di persona qualificatasi come addetta alla casa Sez. 3, n. 5930 del 17/12/2014, dep. 2015, Currò, Rv. 263177 . Allo stesso tempo, qualora la notificazione del decreto di citazione sia effettuata a mani di persona convivente del destinatario come tale indicata nella relazione dell’ufficiale giudiziario, l’eccezione di nullità fondata sull’inesistenza del rapporto di convivenza deve essere rigorosamente provata e a tal fine non è sufficiente l’allegazione di un certificato anagrafico di residenza in cui non figuri il nome del consegnatario dell’atto in questione Sez. 5, n. 38578 del 04/06/2014, Salvatore e altro, Rv. 262222 . In ogni caso, peraltro, la notifica del decreto di citazione in specie per il giudizio d’appello in luogo diverso dal domicilio dichiarato dall’imputato integra, ove non inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto, una nullità solo relativa che resta sanata se non eccepita immediatamente dopo l’accertamento della costituzione delle parti Sez. 3, n. 20349 del 16/03/2010, Catania, Rv. 247109, anche per ulteriori riferimenti . 4.1.2. Alla stregua dei rilievi che precedono, pertanto, la notificazione è stata eseguita nel domicilio reale a persona addetta alla casa , ed in senso contrario è stata prodotta solamente una certificazione anagrafica, che di per sé non compromette e non contrasta il dichiarato rapporto del ricevente con l’abitazione degli imputati. Del pari, nel giudizio d’appello la difesa degli odierni ricorrenti è stata assicurata nella sua integralità dal difensore di fiducia, nei riguardi del quale alcun vizio notificatorio sussiste, né per vero è stato allegato alcun concreto pregiudizio che sarebbe derivato alla parte, al di là della generica e non ammissibile deduzione di un vulnus difensivo. 4.2. In relazione al secondo motivo di censura, è appena il caso di ricordare che qualora il giudice, come in specie è avvenuto, dichiari chiusa la fase istruttoria senza che sia stata assunta una prova in precedenza ammessa e le parti, corrispondendo al suo invito, procedano alla discussione senza nulla rilevare in ordine alla incompletezza dell’istruzione, la prova in questione deve ritenersi implicitamente revocata con l’acquiescenza delle parti medesime Sez. 5, n. 7108 del 14/12/2015, dep. 2016, Sgherri, Rv. 266076 Sez. 5, n. 19262 del 06/03/2012, Boni, Rv. 252523 . 4.3. Per quanto infine riguarda il terzo motivo di censura, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l’estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio da ult. Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792 . 4.3.1. Ciò ricordato, per quanto concerne l’invocata prescrizione, dalla stessa documentazione prodotta dai ricorrenti si evince che alla data del 22 ottobre 2012 fu dato atto del rinvenimento di ulteriori abusi edilizi rispetto alle precedenti verifiche che avevano già condotto ad un provvedimento di sequestro, e comunque fu attestato che solamente in tale data fu possibile accertare la complessiva portata dell’illecito stante la pregressa inaccessibilità del fabbricato nella sua interezza. 4.3.2. Su detti profili, per vero, nulla è stato osservato, a fronte della produzione documentale avvenuta da parte dei medesimi interessati. Alla data della pronuncia impugnata, quindi, non era maturata la prescrizione. 5. La manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione, ovvero la mancata specificità delle censure, comportano inevitabilmente l’inammissibilità dei ricorsi. Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. ed a carico di ciascun ricorrente, l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.