Comportamento inurbano dell’allievo: la reazione eccessiva dell’istruttore vale una condanna

Scenario della vicenda è un istituto di formazione sportiva. L’uomo scopre il ragazzo a fare i propri bisogni all’aperto e lo punisce trascinandolo per terra e facendogli sporcare i vestiti. Impossibile, per i giudici, parlare di abuso dei mezzi di correzione”.

Punizioni corporali vietate. Non solo nell’ambito familiare, ma anche in altri contesti formativi, come, ad esempio, quello sportivo. Così si spiega la condanna per un istruttore di canoa, ritenuto colpevole di violenza privata” ai danni di un allievo – minorenne – e sanzionato con tre mesi di reclusione. Censurata la reazione avuta dall’uomo alla scoperta che il ragazzo stava facendo i propri bisogni all’aperto Cassazione, sentenza n. 44109/2018, Sezione Quinta Penale, depositata il 4 ottobre 2018 . Incivile . Ricostruito nei dettagli l’assurdo episodio. Si è appurato che l’istruttore ha scoperto che il ragazzo stava facendo i propri bisogni all’aperto e, allora per punire il suo comportamento incivile lo ha afferrato per le braccia e lo ha trascinato con forza sui suoi escrementi . Tutto ciò è avvenuto in pochi secondi e a pochi metri da un istituto di formazione sportiva. Il fattaccio, una volta venuto alla luce, ha fatto finire l’uomo sotto processo, e ha spinto i giudici ad optare per una pronuncia di condanna. Su questo fronte, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, i magistrati hanno ritenuto illogico parlare di abuso dei mezzi di correzione , catalogando invece la condotta dell’istruttore di canoa come violenza privata in piena regola. Violenza. Ultima carta, per il legale dell’uomo sotto accusa, è ovviamente il ricorso in Cassazione, ricorso finalizzato a ribadire l’ipotesi del semplice abuso dei mezzi di correzione . A questo proposito, l’avvocato sottolinea che il proprio cliente è intervenuto con animus corrigendi, dopo essersi accorto che il ragazzo stava facendo i propri bisogni all’aperto , e aggiunge che non può essere ignorato il rapporto istruttore-allievo. Quest’ultima osservazione viene condivisa dai giudici della Cassazione, i quali riconoscono il potere di vigilanza dell’istruttore rispetto agli allievi a lui affidati. Ciò nonostante, però, la condanna per violenza privata viene confermata in toto. Secondo i magistrati del ‘Palazzaccio’, difatti, il comportamento tenuto dall’uomo non è valutabile come il ricorso a un poco ortodosso mezzo di correzione , poiché egli, è stato appurato, ha trascinato il ragazzo più volte sopra le feci, imbrattandogli i vestiti e allo stesso tempo gli ha rivolto alcuni insulti .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 maggio – 4 ottobre 2018, n. 44109 Presidente Miccoli – Relatore Mazzitelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza, emessa in data 15/11/2016, la Corte d'Appello di Venezia confermava la sentenza, emessa dal Tribunale di Venezia in data 26/05/2015, con cui Pe. Pa. era stato condannato alla pena di mesi tre di reclusione per il reato di violenza privata, commesso nei confronti del minore Della Pu. Gi., per averlo costretto ad imbrattarsi delle proprie feci, afferrandolo per le braccia e trascinandolo con forza sugli escrementi con l'aggravante di aver commesso il fatto nelle adiacenze dell'associazione remiera Canottieri Trasporti, istituto di formazione sportiva. 2. L'imputato, tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, con cui deduce due motivi. 2.1 Vizi di legittimità, ex art. 606, comma 1, lett. b ed e , codice di rito, per erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione in relazione agli art. 610 e 571 c.p La Corte aveva escluso il reato di cui all'art. 571 c.p., negando la sussistenza di un affidamento del minore all'imputato, quale istruttore di canoa, il che, per l'inverso, sarebbe smentito dai fatti, oggetto di giudizio, essendo l'imputato intervenuto, con animus corrigendi, dopo essersi accorto che il ragazzo stava facendo i propri bisogni all'aperto. Per di più, siffatto rapporto sarebbe dimostrato dalla frequentazione del corso, non potendosi affermare che l'affidamento di tutti i ragazzi fosse prospettabile esclusivamente nei confronti del presidente dell'istituto di attività sportiva. Tra l'altro, l'intento dell'imputato era solo quello di punire il ragazzo, con la conseguenza non voluta dell'imbrattamento con le feci del ragazzo e dei vestiti, ragion per cui, anche sotto tale profilo, non era logico escludere il reato di abuso di mezzi di correzione. 2.2 Vizi di legittimità, ex art. 606, comma 1, lett. b ed e , codice di rito, per erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione in relazione al diniego della concessione delle attenuanti generiche. La Corte aveva motivato tale diniego richiamando precedenti penali molto risalenti nel tempo. Né poteva essere considerata un argomento, di valenza contraria, l'assenza di comportamenti riparatori, dovendosi avere riguardo al fatto che l'imputato aveva sempre protestato la propria innocenza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Relativamente alla fattispecie giuridica di inquadramento del caso in esame, va detto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell'insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, fisica o morale, ancorché minima ed orientata a scopi educativi Sez. 6, n. 9954 del 03/02/2016, M., Rv. 266434 A ciò si aggiunga che l'abuso dei mezzi di correzione, previsto e punito dall'art. 571 cod. pen., presuppone un uso consentito e legittimo di tali mezzi tramutato per eccesso in illecito abuso ne consegue che non è configurabile tale reato qualora vengano usati mezzi di per sé illeciti sia per la loro natura che per la potenzialità di danno Sez. 5, n. 10841 del 09/05/1986 Giorgini, Rv. 173956 . Peraltro è pacifico che non possano concorrere i reati di cui agli artt. 571 e 610 cod. pen., giacché presupposto del delitto di violenza privata è che il fatto di violenza o minaccia non sia specificamente preveduto come reato o aggravante di reato da un'altra disposizione di legge. Poste tali premesse in diritto, si osserva che, in effetti, data la struttura considerata nel suo complesso e considerato il potere di vigilanza diffuso, riconducibile in capo al personale presente all'interno della struttura e preposto alla tenuta dei corsi, non sono condivisibili le osservazioni svolte sul punto specifico dalla Corte territoriale. In particolare, non si ritiene rilevante l'assenza di uno specifico rapporto di insegnamento e istruzione sportiva, intercorrente tra l'odierno ricorrente ed il minore, non potendosi prospettare un potere d'affidamento generale dei ragazzi, presenti nella struttura, esclusivamente in capo al dirigente e dovendosi, invece, riconoscere una vigilanza, ricollegabile, per l'appunto, ad un affidamento di fatto, sia pure transitorio e occasionale, agli adulti inseriti nell'organigramma della struttura che si trovino in relazione con loro. Cionondimeno, pur accettata tale prospettiva, va ribadito l'orientamento, sopra richiamato, secondo il quale la condotta, di per sé illecita, esclude l'abuso, trattandosi di un atto estraneo alla sfera delle azioni correttive. Nel caso di specie, pertanto, residua la validità dell'ulteriore ratio, individuata dalla Corte territoriale nella non ravvisabilità di un mezzo di correzione nella condotta accertata, consistita nel trascinamento del ragazzo, più volte, sopra le feci, imbrattandogli così i vestiti, con insulti contestuali, indicativi, già di per se soli, di un'intenzionalità, non già di un effetto occasionale, non voluto. Ed invero, trattasi di condotta di per se sola valutabile come illecito, in quanto tale estranea rispetto alla categoria degli atti di correzione. Va infine detto che alcune delle censure del ricorrente si risolvono in una inammissibile richiesta di rivalutazione dei fatti e delle prove, non consentita in sede di legittimità. 2. Quanto poi alla concessione delle attenuanti generiche, devono essere richiamate le motivazioni, contenute nella sentenza, con riferimento in particolare ai precedenti penali, pur sussistenti anche se risalenti nel tempo e alla mancata presa di distanza dell'imputato dall'episodio oggetto d'esame. Si tratta di valutazioni di merito congruamente e logicamente motivate, sicché si sottraggono al sindacato di legittimità. Sul punto, giova, inoltre, ribadire che, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 conformi n. 459 del 1982 Rv. 151649 n. 10238 del 1988, Rv. 179476 n. 6200 del 1992, Rv. 191140 n. 707 del 1998, Rv. 209443 n. 2285 del 2005, Rv. 230691 n. 34364 del 2010, Rv. 248244 . 3. Il rigetto del ricorso impone l'addebito al ricorrente delle spese del procedimento e alla rifusione di quelle sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come da dispositivo. La circostanza che vittima del reato sia un minore impone, ai sensi della normativa ex D.Lgs. 196/03, l'oscuramento dei dati. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado delle parti civili, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, oltre accessori come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.