Per le aggravanti ad effetto speciale vale il principio della pena progressiva per moltiplicazione

In tema di guida in stato di ebbrezza alcolica, quando ricorrano più circostanze aggravanti ad effetto speciale, trova applicazione l’art. 63, comma 4, c.p. con la conseguenza che il giudice deve raddoppiare le pene detentiva e pecuniaria, oltre alla sanzione accessoria e, previa motivazione, può altresì operare un aumento, secondo il criterio della pena unitaria progressiva, sino ad un terzo, tanto della pena detentiva quanto di quella pecuniaria. L’aumento facoltativo relativo all’arresto deve poi essere ragguagliato in pena pecuniaria ex art. 135 c.p

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 42500/18 depositata il 27 settembre. Il caso. Il conducente ubriaco in guida notturna causa l’incidente. Nel caso di specie, un uomo, alla guida della propria autovettura, si è reso autore di un incidente stradale che ha coinvolto più veicoli. All’esito delle verifiche di polizia è stato accertato un pronunciato stato di ebbrezza 2,69 grammi/litro che è valso al conducente un procedimento penale oltre alla revoca della patente. Fatto accaduto in piena notte, con conseguente contestazione di plurime aggravanti ad effetto speciale, previste dalla normativa di settore e, in particolare, le aggravanti di cui ai commi 2- bis e 2- sexies , dell’art. 186 CdS. Il Tribunale di prime cure ha affermato - senza mezzi termini - la responsabilità penale dell’imputato, condannandolo ad una severa pena di giustizia. Tanto ha confermato la Corte d’appello, adita su ricorso della difesa. Cumulo di circostanze ad effetto speciale. La vicenda è infine pervenuta all’attenzione dei Giudici Capitolini, dove - a mezzo di molteplici motivi di impugnativa - si è discusso sulla misura della pena comminata per effetto dell’applicazione delle sopra richiamate aggravanti ad effetto speciale in relazione ad un reato che, come noto, porta una pena congiunta i.e. arresto e ammenda . In merito vale la pena di ricordare che la prima aggravante contestata art. 186, comma 2- bis CdS prevede il raddoppio delle sanzioni entrambe del reato base, mentre la seconda art. 186, comma 2- sexies CdS prevede l’aumento da un terzo alla metà della sola ammenda. Nondimeno, ai sensi dell’art. 63, comma 4, c.p., quando concorrono più circostanze aggravanti ad effetto speciale, si applica la pena stabilita per la circostanza più grave, ma il giudice può aumentarla. Con risonanti precedenti, la giurisprudenza di legittimità - relativamente all’ipotesi della continuazione di reati - ha sposato un criterio moltiplicativo della pena base, salvo poi precisare che il quantum di pena detentiva derivante deve essere necessariamente ragguagliato a quella pecuniaria ai sensi dell’art. 135, c.p. i.e. se il reato più grave è punito con la pena congiunta e il reato satellite con la sola pena pecuniaria, saranno aumentate entrambe le pene previste per il primo reato, con ragguaglio a pena pecuniaria dell’aumento della pena detentiva”, cfr. SSUU n. 40893/2018 . Tale metodo – si spiega nella sentenza in epigrafe – non trova applicazione laddove, come nel caso esaminato, ricorra non già una pluralità di reati avvinti dal vincolo della continuazione bensì un unico reato pluriaggravato in cui una delle circostanze ad effetto speciale preveda il raddoppio sia della pena detentiva che di quella pecuniaria ed un’altra il solo aumento – facoltativo – della sola pena pecuniaria. La rideterminazione della pena. Ecco dunque il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte in relazione alle circostanze aggravanti ad effetto speciale annesse al reato contestato nel procedimento in tema di guida in stato di ebbrezza alcolica quando ricorrano le circostanze aggravanti previste rispettivamente dai commi 2- bis e 2-s exies dell’art. 186 CdS deve trovare applicazione l’art. 63, comma 4, c.p. con la conseguenza che il giudice penale dovrà aumentare raddoppiare le pene detentiva e pecuniaria, oltre alla sanzione accessoria e, con opportuna motivazione, potrà altresì operare un aumento, secondo il criterio della pena unitaria progressiva, sino ad un terzo tanto con riferimento alla pena detentiva quanto a quella pecuniaria. L’aumento facoltativo, beninteso, relativo all’arresto dovrà essere ragguagliato in pena pecuniaria ex art. 135, c.p. secondo la proporzione 250 euro per ogni giorno di pena detentiva . Nel rideterminare la pena, alla stregua del riportato principio di diritto, la Corte ha in definitiva accolto in parte qua il ricorso della difesa per l’effetto annullando senza rinvio la sentenza gravata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 settembre – 27 settembre 2018, n. 42500 Presidente Fumu – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Trento, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente B.D. , con sentenza del 22/9/2017 confermava la sentenza emessa in data 21/6/2016 dal GM del Tribunale di Rovereto che lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi due di arresto ed Euro 4000 di ammenda, con revoca della patente di guida, per il reato p. e p. dall’art. 186 commi 1, 2 lett. c , 2 sexies e 2 bis D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285 perché guidava l’autovettura targata in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche, accertato tramite analisi effettuata presso l’ospedale civile di che rilevava un valore di 2,69 grammi/litro, con l’aggravante di aver commesso il fatto dopo le 22 e prima delle 7, provocando altresì un incidente stradale. Commesso in omissis . 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, B.D. , deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen Con un primo motivo si deduce vizio motivazionale assumendosi mancanza di motivazione in relazione agli articoli 186 co. 2, 2bis e 2 sexies, 63 co. 4 cod. pen. e 546 co. 1 lett. e cod. proc. pen Il ricorrente ricorda che, con i motivi di gravame nel merito, aveva lamentato che, in presenza di due aggravanti ad effetto speciale, la quantificazione della pena fosse avvenuta in violazione della norma di cui al comma 4 dell’articolo 63 cod. pen Ebbene, ci si duole che la Corte trentina, nel tentativo di porre rimedio all’evidente vizio di motivazione, abbia completamente ridisegnato la dosimetria della sanzione, affermando come . si può senz’altro determinare una pena base di anni uno e mesi uno di arresto ed Euro 3.000,00 di ammenda p.b. mesi sei e giorni quindici di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda, con il raddoppio di cui all’articolo 186 comma 2 bis CdS della sanzione di cui al comma 2 lettera c CDS e poi fissare un aumento di mesi uno di arresto ed Euro 1.000 di ammenda, ai sensi dell’articolo 63 comma 4 cod. pen. per l’aggravante di cui all’articolo 186, comma 2 sexies CDS . Il ricorrente ricorda che l’aumento relativo alla seconda aggravante in questo caso quella di cui al comma 2sexies dell’art. 186 CDS è facoltativo e, dunque, l’esercizio di tale potere discrezionale, in quanto tale, deve essere sorretto da adeguata e logica motivazione, attraverso la quale sia possibile comprendere quali siano state le ragioni che hanno indotto il giudice a compiere l’ulteriore aumento che, in ipotesi, potrebbe anche non essere applicato. Orbene, di tutto ciò - lamenta il ricorso - non si rinviene traccia nella sentenza impugnata, dal momento che la Corte di Appello, interpretando quanto fatto dal giudice di prime cure che nulla aveva detto in ordine al proprio ragionamento in punto di dosimetria della pena - si è limitata tout court ad aumentare la pena risultante dalla applicazione della aggravante di cui al comma 2bis dell’articolo 186 CDS. Con un secondo motivo si deduce erronea applicazione degli articoli 186 co. 2, 2bis e 2 sexies CDS e 63 co. 4 cod. pen Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta che il giudice del gravame del merito abbia errato laddove, a fronte di una circostanza ad effetto speciale quale quella di cui all’art. 186 co. 2sexies, che prevede l’aumento della sola pena pecuniaria, abbia operato, in applicazione dell’art. 63 co. 4 cod. pen., un aumento anche della pena detentiva. Ciò significherebbe, ad avviso del ricorrente, che, ipotizzando per un solo momento la non operatività del comma 4 dell’articolo 63 cod. pen., una volta raddoppiata, per effetto di quanto previsto dal comma 2bis, la pena detentiva e pecuniaria di cui al comma 2, l’applicazione della ulteriore aggravante di cui al comma 2 sexies comporterebbe un aumento della sola pena pecuniaria. Ebbene, si sostiene in ricorso che dalla delineata scansione sanzionatoria raddoppio pena detentiva e pecuniaria ed aumento della sola pena pecuniaria non si possa deflettere anche nel caso in cui si proceda in conformità al disposto di cui al comma 4 dell’articolo 63. In altri termini, in applicazione di quest’ultima norma, una volta applicato l’aumento per la circostanza ad effetto speciale, l’ulteriore incremento discrezionale dovrebbe investire solo ed esclusivamente la pena pecuniaria e non anche quella detentiva . Diversamente argomentando - sostiene il ricorrente - l’operatività del citato comma 4 si risolverebbe in un trattamento deteriore per il reo che, in tal caso, di vedrebbe aumentata non solo la pena pecuniaria, ma anche quella detentiva. Nel caso concreto, invece, la Corte trentina avrebbe agito proprio lungo il sentiero che viene qui censurato, dal momento che, ritenuta la ricorrenza della regola di cui al comma 4 dell’articolo 63 cod. pen., ha operato un aumento di mesi uno di arresto, con incremento della pena detentiva finale. Si tratterebbe, com’è di tutta evidenza, di un trattamento contra reum che non parrebbe possa trovare diritto di cittadinanza nell’ordinamento sostanziale. Di contro, e proprio per non incorrere nel censurato errore, i giudici di Appello avrebbero dovuto - una volta raddoppiata la sanzione determinata per la violazione di cui al comma 2bis - esercitare il potere discrezionale riconosciuto dal comma 4 del citato articolo 63, operando un ulteriore aumento, ma soltanto della pena pecuniaria e non anche di quella detentiva. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Ad avviso del Collegio appare fondato solo il secondo motivo di ricorso. 2. La prima doglianza, invece, appare infondata. Ed invero, la Corte trentina ha fatto buon governo del principio affermato da questa Corte di legittimità secondo cui in tema di guida in stato di ebbrezza alcolica di cui all’art. 186 CDS, comma 2, quando concorrano le circostanze aggravanti previste rispettivamente dai commi 2 bis e 2 sexies del citato art. 186, deve trovare applicazione l’art. 63, comma 4, cod. pen. Sez. 4, n. 17821 del 13/12/2013 dep. il 2014, Seccia, Rv. 258897 . Ha ragione il ricorrente che l’esercizio del potere discrezionale di aumento da parte del giudice, in relazione alla presenza della seconda circostanza ad effetto speciale, deve essere adeguatamente motivato, ma tale motivazione non manca nel provvedimento impugnato, ove, ai fini della determinazione della pena, i giudici del gravame del merito, oltre a richiamare i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., fanno riferimento specifico alla gravità della condotta, essendosi il B. posto alla guida in presenza di un tasso alcolemico riscontratogli di ben 2,69 g/l che, come si legge in altra parte della motivazione della sentenza, corrisponde ad una assunzione smoderata di alcolici, il che l’ha portato a travolgere per un tratto consistente la segnaletica stradale, finendo con l’impattare contro le autovetture in sosta e così tenendo una condotta che ha messo in serio pericolo la pubblica incolumità. 3. Fondato, nei limiti che si andranno a delineare, è, invece, il secondo motivo di ricorso, in relazione al quale il ricorrente rileva che, in ogni caso, prevedendo l’articolo 2sexies del CDS che l’ammenda prevista dal comma 2 è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7 l’aumento della pena ex art. 63 co. 4 CDS avrebbe dovuto riguardare la sola pena pecuniaria. Ebbene, ritiene il Collegio che, sebbene le conseguenze non siamo quelle prospettate dal ricorrente, non si possa tenere conto di quanto recentissimamente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità con la sentenza n. 40983 del 21.6.2018, dep. il 24.9.2018, Giglia ed altro. Con quella pronuncia il Supremo Collegio era stato chiamato a dirimere il contrasto di giurisprudenza su due questioni giuridiche di grande rilievo 1. se fosse configurabile la continuazione tra reati puniti con pene eterogenee 2. se, fornita una risposta positiva al primo quesito, nel caso in cui il reato più grave fosse punito con la pena detentiva e quello satellite esclusivamente con la pena pecuniaria, l’aumento di pena per quest’ultimo dovesse conservare il genere di pena per esso prevista. Le SSUU Giglia, risposto positivamente al primo quesito ed affermato il principio che la continuazione, quale istituto di carattere generale, è applicabile in ogni caso in cui più reati siano stati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, anche quando si tratti di reati appartenenti a diverse categorie e puniti con pene eterogenee , quanto al secondo hanno affermato che nei casi di reati puniti con pene eterogenee detentive e pecuniarie posti in continuazione, l’aumento di pena per il reato satellite va comunque effettuato secondo il criterio della pena unitaria progressiva per moltiplicazione, rispettando tuttavia, per il principio di legalità della pena e del favor rei, il genere della pena previsto per il reato satellite, nel senso che l’aumento della pena detentiva del reato più grave andrà ragguagliato a pena pecuniaria ai sensi dell’art. 135 cod. pen. . 4. Orbene, ritiene il Collegio che tale decisum investa anche il caso che ci occupa, in cui ci troviamo di fronte ad un’ipotesi di reato principale, quella di cui all’art. 186 co. 2 lett. C CDS che prevede una pena congiunta arresto da 6 mesi ad un anno ed ammenda da 1500 a 6000 Euro e, come visto in precedenza, a due aggravanti ad effetto speciale, la prima quella di cui all’art. 186 co. 2 bis CDS che prevede il raddoppio delle sanzioni di cui al comma 2 , quindi sia dell’arresto che dell’ammenda e la seconda quella di cui all’art. 186 co. 2 sexies CDS che prevede l’aumento da un terzo alla metà della sola ammenda. Si è detto in precedenza che trova, tuttavia, applicazione il disposto di cui all’art. 63 co. 4 cod. pen. secondo cui, quando concorrono più circostanze aggravanti di quelle indicate nel secondo capoverso di quell’articolo, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave, ma il giudice può aumentarla. A tale aumento, tuttavia, per evitare il rischio di una pena illegale, secondo il condivisibile principio di cui alle richiamate SSUU 40983/2018 Giglia, va sì applicato un criterio di determinazione moltiplicativo della pena base, come fatto nella sentenza impugnata, ma poi il quantum di pena detentiva derivante deve essere ragguagliato a quella pecuniaria ai sensi dell’art. 135 cod. pen Come si legge, infatti, a pag. 11 delle SSUU Giglia al par. 6.2. sub c. se il reato più grave è punito con pena congiunta e il reato satellite con la sola pena pecuniaria, saranno aumentate entrambe le pene previste per il primo reato, con ragguaglio a pena pecuniaria dell’aumento della pena detentiva . Si è detto che la situazione oggi in esame è simile, ma non è la stessa di quella giudicata dalle Sezioni Unite. Nel caso che ci occupa, infatti, non siamo di fronte a più reati avvinti quoad poenam dal vincolo della continuazione, ma ad un reato pluriaggravato in cui una delle due circostanze ad effetto speciale prevede il raddoppio sia della pena detentiva che di quella pecuniaria ed un’altra il solo aumento, facoltativo, della sola pena pecuniaria. Non sfugge, tuttavia, che un’applicazione diversa da quella che si va a prospettare porterebbe alla stortura che, nel concorso della sola aggravante di cui all’art. 186 co. 2sexies CDS, sarebbe pacificamente aumentata solo la pena pecuniaria. Mentre qualora concorrano le circostanze aggravanti di cui agli all’art. 186 co. 2bis e 2sexies CDS avremmo un doppio aumento sia della pena detentiva che di quella pecuniaria. E ci si ritroverebbe di fronte ad una situazione violativa del principio di legalità della pena e del favor rei sovrapponibile a quella che la richiamata pronuncia delle SSUU Giglia hanno voluto evitare. Va pertanto affermato, ad avviso del Collegio, il seguente principio di diritto In tema di guida in stato di ebbrezza alcolica di cui all’art. 186 CDS, comma 2, quando concorrano le circostanze aggravanti previste rispettivamente dai commi 2bis e 2sexies del citato art. 186, deve trovare applicazione l’art. 63, comma 4, cod. pen In tal caso, pertanto, il giudice dovrà, ai sensi dell’art. 186 comma 2 bis CDS raddoppiare le sanzioni previste dal comma 2 sia arresto e ammenda che durata della sanzione accessoria e potrà poi, dandone conto in motivazione, ai sensi dell’art. 63 co. 4 cod. pen. operare un aumento fino ad un terzo della pena risultante, sia per quanto riguarda la componente detentiva che quella pecuniaria. Tale ulteriore aumento, pertanto, andrà comunque operato secondo il criterio della pena unitaria progressiva per moltiplicazione - e quindi, va ribadito, l’aumento dovrà riguardare entrambe le pene arresto e ammenda - ma, per il principio di legalità della pena e del favor rei, il quantum di aumento relativo all’arresto dovrà essere poi ragguagliato in pena pecuniaria ai sensi dell’art. 135 cod. pen. Euro 250 di pena pecuniaria per ogni giorno di pena detentiva . 5. Applicando tali principi al caso che ci occupa, riamane pertanto, fermo il calcolo della pena operato dalla Corte territoriale pena base per il reato di cui all’art. 186 co. 2 lett. c CDS mesi sei e giorni quindici di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda, aumentata ad anni uno e mesi uno di arresto ed Euro 3.000,00 di ammenda in virtù del raddoppio di cui all’articolo 186 comma 2bis CDS, ulteriormente aumentata di mesi uno di arresto ed Euro 1.000 di ammenda, ai sensi dell’articolo 63 comma 4 cod. pen. per l’aggravante di cui all’articolo 186, comma 2 sexies CDS . Tuttavia, l’aumento di mesi uno di arresto va ragguagliato, ai sensi dell’art. 135 cod. pen, tenuto conto del criterio di ragguaglio di 250 Euro al giorno g’à vigente all’epoca dei fatti, in 7500 Euro di pena pecuniaria,. Alla rideterminazione della pena, in quella finale di anni uno e mesi uno di arresto ed Euro 11.500 di ammenda, con la già disposta revoca della patente di guida, conseguentemente all’annullamento senza rinvio in parte qua della sentenza impugnata, può provvedersi in questa sede ex art. 620, comma 1, lettera I , cod. proc. pen P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio che ridetermina in anni uno e mesi uno di arresto ed Euro 11.500 di ammenda. Rigetta il ricorso nel resto.