Omesso versamento dell’assegno all’ex moglie: l’accompagnamento non esclude la condanna

Evidente la situazione di difficoltà affrontata dalla donna, resa ancor più grave dalla patologia invalidante che affligge uno dei due figli. Grave la responsabilità dell’uomo, che ha adempiuto solo parzialmente ai propri obblighi. Inutile il richiamo della difesa all’indennità percepita dalla donna.

Condanna non discutibile per il padre che versa solo parzialmente l’assegno previsto in favore dell’ex moglie e dei due figli minori. Evidente la violazione degli obblighi di assistenza familiare” da lui compiuta. Irrilevante il fatto che la donna abbia potuto usufruire dell’assegno di accompagnamento erogatole in ragione della patologia di un figlio Cassazione, sentenza n. 39985/18, sez. VI Penale, depositata oggi . Stato di bisogno. Linea di pensiero comune per i Giudici del Tribunale e della Corte d’Appello il genitore viene condannato a quattro mesi di reclusione e 100 euro di multa per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla coniuge e ai due figli minori . Nello specifico, l’uomo ha corrisposto parzialmente l’assegno mensile per quasi quattro anni e non ottemperando totalmente al suo obbligo per i quattro anni successivi. A suo dire, però, è errata la visione tratta in appello, poiché, spiega tramite il proprio legale, si è errato nel ritenere presunto lo stato di bisogno sulla base della minore età dei figli minori, non valutando che la moglie era beneficiaria di reddito proveniente dall’assegno di accompagnamento erogato in ragione delle patologie da cui era affetto un figlio . La linea difensiva proposta dall’uomo non convince però i Giudici della Cassazione, che, difatti, ne confermano in toto la condanna, così come pronunciata in appello. Per quanto concerne lo stato di bisogno della donna, esso è ritenuto evidente con riferimento all’interno nucleo familiare , anche alla luce della grave patologia invalidante che affliggeva uno dei figli minori . Inevitabile anche in questa vicenda l’applicazione del principio secondo cui la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza, integrandosi il reato anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l’altro genitore . E in questo quadro non appare certo sufficiente , sanciscono i Giudici della Cassazione, il conseguimento da parte della ex moglie dell’assegno di accompagnamento per l’inabilità grave del figlio , elemento, questo, che invece conferma la sussistenza delle gravi difficoltà economiche della donna. Per quanto concerne, infine, la presunta impossibilità dell’uomo di provvedere al versamento dell’assegno cui era obbligato , sono decisive le dichiarazioni rese dall’uomo, dichiarazioni da cui è emerso che egli ha provveduto ad adempiere solo parzialmente a quanto disposto in sede di separazione dal Tribunale civile , con una cifra non sufficiente a consentire alla ex moglie ed al nucleo familiare di poter provvedere al proprio sostentamento, essendo già gravata dalla pesante situazione economica determinata dalle gravi condizioni di inabilità di uno dei due figli, circostanza che aveva richiesto un notevole dispendio di denaro per cure ed assistenza, tenuto anche conto che l’uomo non aveva contribuito neppure fisicamente ad aiutare la ex coniuge, in quanto per lungo tempo trasferitosi a notevole distanza dal nucleo familiare .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 giugno – 5 settembre 2018, n. 39985 Presidente Paoloni – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. Ru. Mi. ricorre avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli di cui in epigrafe, che ha confermato la sentenza del 9 gennaio 2012 emessa dal Tribunale Santa Maria C.V., che lo aveva condannato alla pena di mesi quattro ed Euro 100 di multa in ordine al reato di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen. per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al coniuge ed ai due figli minori, corrispondendo parzialmente l'assegno mensile dal maggio del 2004 sino al marzo del 2008 e non ottemperando dopo tale data, fatti contestati dal 2004 con querela del 2 ottobre 2008 ed in atto sentenza di primo grado del 9 gennaio 2012 . 2. Il ricorrente deduce i motivi di seguito indicati, 2.1. Vizi di motivazione ed errata applicazione dell'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen. Si contesta la nozione di mezzi di sussistenza di cui all'art. 570, comma secondo, cod. pen. fornita dalla Corte di merito che ha inteso includervi, non solo i mezzi necessari per la sopravvivenza, ma anche gli altri strumenti tesi al soddisfacimento di complementari esigenze di vita, non ritenendo sufficiente, quanto ad impossibilità di adempiere, la generica dichiarazione di difficoltà. Ha errato, inoltre, a ritenere presunto lo stato di bisogno sulla base della minore età dei figli minori, non valutando che la moglie era beneficiaria di reddito proveniente dall'assegno di accompagnamento erogato in ragione delle patologie di cui era affetto un figlio. Si censura l'omessa motivazione sull'esatta consistenza dei pagamenti parziali eseguiti dal ricorrente e sulla loro sufficienza ai fini della sopravvivenza del familiare beneficiario. 2.2. Violazione degli artt. 53 e seguenti L. 24 novembre 1981, n. 689 e vizi di motivazione. La Corte d'appello ha negato la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria sostitutiva, ritenendo che, a causa delle ristrettezze economiche del ricorrente, non fosse conveniente, in tal modo non procedendo a conversione per la carenza di garanzie di adempimento dell'imputato. La Corte territoriale non si è conformata al principio di diritto di questa Corte secondo cui la prognosi di cui all'art. 58, comma 2, L. 24 novembre 1981, n. 689, deve essere riferita alle pene sostitutive di quelle detentive accompagnate da prescrizione e non a quella pecuniaria sostitutiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile sotto plurimi profili, perché manifestamente infondato, generico oltre che, quanto al secondo motivo, originariamente inammissibile. 2. In ordine al primo motivo con il quale si censura la nozione assegnata allo stato di bisogno della persona offesa necessario ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen. si rinvia al principio di diritto secondo cui tale fattispecie presuppone uno stato di bisogno, nel senso che l'omessa assistenza deve avere l'effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravvivenza situazione che non si identifica né con l'obbligo di mantenimento né con quello alimentare, aventi una portata più ampia Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013, S., Rv. 255272 . 2.1. In ordine a tale specifico profilo la Corte distrettuale ha ampiamente argomentato, in maniera logica e completa, sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, ritenute attendibili, per lo stato di bisogno in cui versava, unitamente ai figli minori l'intero nucleo familiare, tenuto anche conto della grave patologia invalidante che affliggeva uno dei +figli minori. Sotto tale specifico profilo connesso alla tutela dei figli minori, deve evidenziarsi, inoltre, che la Corte d'appello è stata rispettosa del principio da questa Corte in più occasioni enunciato secondo cui la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza, integrandosi il reato di cui all'art. 570, comma secondo, cod. pen., anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l'altro genitore Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, P.C in proc. S, Rv. 261871 . Al riguardo non appare certo sufficiente, come preteso dal ricorrente, il conseguimento da parte della ex moglie dell'assegno di accompagnamento per l'inabilità grave del figlio che invece conferma la sussistenza delle gravi difficoltà economiche che sono state negate. 2.2. Anche in ordine all'asserita impossibilità di provvedere al versamento dell'assegno cui era obbligato, i giudici hanno fornito compiuta risposta all'identica censura in quella sede dedotta, rilevando come emergesse dalle stesse dichiarazioni rese dal ricorrente che avesse provveduto ad adempiere solo parzialmente a quanto disposto in sede di separazione dal Tribunale civile, cifra non sufficiente a consentire alla Giordano, ex moglie, ed al nucleo familiare di poter provvedere al proprio sostentamento, essendo già gravata dalla pesante situazione economica determinata dalle gravi condizioni di inabilità di uno dei due figli circostanza che aveva richiesto un notevole dispendio di denaro per cure ed assistenza, tenuto anche conto che il ricorrente non aveva contribuito neppure fisicamente ad aiutare la ex coniuge, in quanto per lungo tempo trasferitosi a notevole distanza dal nucleo familiare. 3. Originariamente inammissibile risulta il secondo motivo di ricorso con il quale si deducono vizi di motivazione e violazione degli artt. 53 e seguenti della L. 24 novembre 1981, n. 689. 3.1. Seppure risulti eccentrica la risposta della Corte che ha inteso negare la sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria facendo riferimento alla presunta assenza di convenienza ad adempiere da parte del ricorrente e non, come asserito nel ricorso, che non poteva garantire l'adempimento del pagamento , deve rilevarsi che la relativa deduzione in sede di appello era priva di qualsivoglia motivazione a fondamento della richiesta e, conseguentemente, inammissibile. A fronte di tanto, deve ribadirsi il principio di questa Corte secondo cui è inammissibile per carenza d'interesse il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone, Rv. 265878 . Non differente esito sortisce il motivo di ricorso che, pur argomentato, risulti motivato illogicamente ovvero non conforme a legge, atteso che l'interesse richiesto dall'art. 568, comma quarto, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di quel provvedimento, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante Sez. 2, n. 25715 del 28/05/2004, Fasano, Rv. 229724 . 3.2. Nel caso di specie, quindi, la preliminare assenza di motivazione della deduzione formulata in sede di gravame, non consentirebbe altro esito se non quello della declaratoria di inammissibilità in sede d'appello, atteso che la motivazione della sentenza in cui si è fatto esplicito riferimento alla reiterata condotta omissiva del ricorrente ai danni dei figli minori, uno dei quali inabili, e della ex moglie per un lungo periodo di tempo, anche protrattasi successivamente all'esercizio dell'azione penale, necessitava di specifica esposizione dei motivi posti a sostegno della richiesta di sostituzione ex art. 53, L. 24 novembre 1981, n. 689, meramente enunciata. 4. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima adeguata, di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall'art. 616, comma 1, cod. proc. pen. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende