Rilevanza della colpa lieve per il calcolo dell’indennità di riparazione per ingiusta detenzione

In tema di equa riparazione per ingiusta detenzione in caso di concreti e provati danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dall’interessato è possibile aumentare la somma riparatoria rispetto al calcolo aritmetico dei giorni di detenzione. Cosa succede però se concorre un addebito di colpa lieve del richiedente idoneo a giustificare una riduzione del criterio matematico previsto dalla legge?

Sul tema la Cassazione con sentenza n. 39159/18, depositata il 29 agosto. Il fatto. La Corte d’Appello di Salerno condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore dell’interessato di una somma di denaro a titolo di equa riparazione per ingiusta detenzione in carcere in applicazione della misura cautelare per la contestazione di un reato per il quale l’imputato veniva poi assolto. Detta decisione è impugnata per cassazione dal richiedente, il quale lamenta che la Corte territoriale abbia quantificato l’indennità con il metodo aritmetico limitandosi ad un calcolo dei giorni di custodia cautelare patiti senza valutare gli ulteriori danni subiti e, altresì, riducendo della metà l’importo della somma riparatoria sulla base della considerazione della colpa lieve. In particolare la Corte di merito ha ritenuto addebitabile una colpa al ricorrente per essersi avvalso, durante l’interrogatorio, della facoltà di non rispondere, in questo modo non agevolando l’attività investigativa che avrebbe potuto condurre ad una rapida rimozione del titolo cautelare. Natura riparatoria e calcolo dell’indennità. Per risolvere la controversia, in primo luogo, la Cassazione ha ribadito la natura indennitaria e non risarcitoria del ristoro per ingiusta detenzione, ricordando che il limite massimo della somma che può essere concessa è previsto dall’art. 315, comma 2, c.p.p Tuttavia l’ammontare della riparazione può discostarsi dal mero calcolo aritmetico dei giorni di detenzione allorquando la lesione si palesi divergente e più grave rispetto alle normali conseguenze determinate di ingiusta ed incolpevole detenzione Cass. n. 10123/11 Cass n. 10690/10 . Precisano gli Ermellini che per giustificare lo scostamento in modo non arbitrario bisogna considerare specifici parametri di riferimento tali da dimostrate l’inadeguatezza della misura matematica . Colpa lieve. L’applicazione dei citati principi è complessa quando entra in gioco la questione relativa alla determinazione dell’importo dell’indennità di riparazione quando, in presenza di una provata pluralità di lesioni personali e patrimoniali, idonee in astratto ad aumentare la somma riparatoria, concorre anche un addebito di colpa lieve idoneo a giustificare la riduzione del criterio matematico. La Suprema Corte ha evidenziato che in caso di colpa lieve non è assorbito, di per sé, l’incremento eventualmente dovuto per i danni subiti dall’interessato idonei a superare la medietà delle lesioni in quanto palesemente divergenti e più gravi rispetto a quelli ritenuti normale conseguenza dell’ingiusta detenzione. Al contrario la colpa lieve costituisce semplicemente lo strumento attraverso il quale, una volta calcolato per intero l’indennizzo dovuto, coprendovi il riconoscimento delle lesioni ultra dimidium, si corregge il calcolo, decurtando una percentuale ritenuta corrispondente alla responsabilità dell’interessato nella causazione del pregiudizio . In questo modo si determina da un lato la somma dovuta nella sua integrità e, dall’altro, quella entro il limite del segmento addebitabile all’autorità giudiziaria . Secondo la Corte la motivazione del Giudice di merito risulta del tutto carente in quanto non disamina concretamente il caso concreto facendo applicazione dei citati principi. Per questi motivi la sentenza impugnata è annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte dell’Appello.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 maggio – 29 agosto 2018, n. 39159 Presidente Piccialli – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 30 ottobre 2017 la Corte di Appello di Salerno ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro, al pagamento in favore di I.D. della somma di Euro 28.946,90, a titolo di equa riparazione, per essere il medesimo stato privato della libertà personale nel periodo compreso tra il 14 luglio 2011 ed il 30 luglio 2011, con applicazione della misura cautelare della custodia in carcere ed indi degli arresti domiciliari dal 31 luglio 2011 al 30 ottobre 2012, e successivamente assolto dal Tribunale di Salerno ex art. 530 secondo comma cod. proc. pen., in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309/1990. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione I.D. , a mezzo del suo difensore, affidandolo a due motivi. 3. Con il primo fa valere ex art. 606, comma 1^, lett.re b ed e il vizio di violazione di legge con riferimento all’erronea applicazione dell’art. 314 cod. proc. pen., nonché la contraddittorietà ed illogicità della motivazione nella parte in cui non solo si limita a riconoscere l’indennizzo relativo ai giorni di custodia cautelare patiti, con il metodo aritmetico, omettendo di valutare gli ulteriori danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal ricorrente, ma riduce della metà l’importo della somma riparatoria, sulla base della considerazione che l’interessato si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere, così non agevolando l’attività investigativa, ai fini della caducazione della misura. Rileva come la corte territoriale abbia omesso di riportare che I. fu sottoposto all’interrogatorio il giorno dopo l’esecuzione dell’ordinanza cautelare, senza avere neppure il tempo di conoscere i dettagli dell’accusa, posto che le dichiarazioni accusatorie non furono allegate al titolo custodiale e che la difesa non fu nella condizione di estrarre copia degli atti, prima del colloquio con l’assistito, sicché l’interrogatorio si ridusse a mera formalità e l’indagato non poté far altro che dichiararsi estraneo alle accuse. Sottolinea l’incongruenza, a fronte dell’insussistenza ab origine del peso probatorio delle dichiarazioni accusatorie, dell’affermazione dell’incidenza del silenzio serbato dall’imputato sulla mancata caducazione del titolo cautelare. 4. Con il secondo motivo si duole del vizio di motivazione, sotto il profilo dell’assoluta carenza, per avere il giudice della riparazione omesso ogni considerazione circa la valutazione delle sofferenze in concreto subite dal ricorrente per effetto dell’illegittima carcerazione. Lamenta che il provvedimento-trincerandosi dietro la natura indennitaria e non risarcitoria, nonché dietro al potere di adeguamento dell’indennizzo al caso concreto - senza fornire spiegazione coerente, abbia dimenticato che I. perse il posto di lavoro e l’abitazione di residenza, a causa dell’ingiusta carcerazione subita. E ciò, benché egli avesse dimostrato documentalmente alla Corte come, nel corso della misura domiciliare, avesse richiesto l’autorizzazione a svolgere l’attività lavorativa, preoccupandosi di ottenere dal datore di lavoro l’attestazione che sarebbe stato impiegato in mansioni compatibili con le restrizioni impostegli. 5. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione che ha concluso per il rigetto. 6. Con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato si è costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha chiesto la reiezione del ricorso. Ritenuto in diritto 1. Il ricorso va accolto. 2. Va, innanzitutto, rammentata la natura indennitaria e non risarcitoria del ristoro per ingiusta detenzione, essendo il medesimo diretto a compensare solo le ricadute sfavorevoli patrimoniali e non procurate dalla ingiusta ed incolpevole privazione della libertà, attraverso un sistema commisurato alla sua durata ed intensità. Sono, nondimeno, consentiti aggiustamenti alla quantificazione ari di aritmetica allorquando emergano profili di ulteriori rispetto al fisiologico danno da privazione della libertà. cfr. Sez. 4, n. 21077 del 01/04/2014 - dep. 23/05/2014, Silletti, Rv. 25923701 . 3. Fermo restando il limite massimo previsto dall’art. 315, comma 2^, cod. proc. pen. pari ad in Euro 516.456,90, infatti, l’ammontare della riparazione può discostarsi dal mero calcolo artimetico dell’ammontare giornaliero di Euro 235,82 moltiplicato per il numero dei giorni, allorquando la lesione si palesi divergente e più grave rispetto alle normali conseguenze determinate di ingiusta ed incolpevole detenzione cfr. fra le tante, Cass., Sez. 4^, n. 10123 del 17/11/2011, Rv. 252026 n. 10690 del 25/2/2010, Rv. 246425 n. 23119 del 13/5/2008, Rv. 240302 . 4. Ed invero, se la determinazione della somma fissa giornaliera ed il calcolo aritmetico costituiscono l’individuazione dell’indennità avuto riguardo ad una situazione astratta media, per giustificare lo scostamento, in modo non arbitrario, è necessario avere riguardo a specifici parametri di riferimento - allegati da colui che propone la domanda e dimostrati, ancorché presuntivamente - tali da dimostrare l’inadeguatezza della misura matematica il cui ammontare è predeterminabile con il mero calcolo. 5. Ancora attuale appare la pur risalente decisione con cui le Sezioni Unite hanno chiarito la natura dell’istituto e la possibilità di graduazione dell’indennità, affermando che l’equa riparazione per ingiusta detenzione non ha carattere risarcitorio, in quanto l’obbligo dello Stato non nasce ex illicito ma dalla solidarietà verso la vittima di un’indebita custodia cautelare. Il suo contenuto, pertanto, non è la rifusione dei danni materiali, intesi come diminuzione patrimoniale o lucro cessante, ma - nel limite predeterminato - la corresponsione di una somma che, tenuto conto della durata della custodia cautelare, valga a compensare l’interessato delle conseguenze personali di natura morale, patrimoniale, fisica e psichica, che la custodia cautelare abbia prodotto. Ai fini della relativa valutazione equitativa debbono essere presi in considerazione tutti gli elementi disponibili da valutarsi globalmente con prudente apprezzamento”. Con siffatta decisione è stato ulteriormente chiarito che il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione è classificabile tra i diritti civici, cui corrisponde l’obbligo di diritto pubblico dello Stato, avente ad oggetto una prestazione consistente nel pagamento di una somma di denaro, e che la fattispecie genetica di tale diritto deve individuarsi nella custodia cautelare indebitamente sofferta, mentre la sentenza o la decisione del giudice previste dai primi due commi dell’art. 314 cod. proc. pen. ne accertano ex post”. 6. Premesso che laddove la parte istante alleghi la sussistenza di danni che travalichino la medietà della lesione - quali quelli derivanti da una grave compromissione dell’attività lavorativa, dal prodursi di danni psico-fisici scaturiti dalla detenzione e da particolari situazioni di pubblica esposizione, dovuti al clamore delle accuse e della carcerazione - la motivazione che si limita a determinare il quantum sulla base del criterio meramente aritmetico non può risolversi in una petizione di principio, stante l’obbligo del giudice di rispondere, nondimeno, non va dimenticato che Nel procedimento di equa riparazione per l’ingiusta detenzione il giudice deve valutare anche la condotta colposa lieve, rilevante non quale causa ostativa per il riconoscimento dell’indennizzo bensì per l’eventuale riduzione della sua entità. Sez. 4, n. 21575 del 29/01/2014 - dep. 27/05/2014, Antognetti, Rv. 25921201 Sez. 4, n. 13504 del 22/02/2017 - dep. 20/03/2017, Ministero Dell’Economia Delle Finanze in proc. Razzano, Rv. 26979301 . 7. La questione che va risolta, sottesa al quesito posto, riguarda, dunque, la determinazione dell’importo dell’idennità prevista dall’art. 314 cod. proc. pen., laddove pur emergendo una pluralità e complessità di lesioni personali e patrimoniali, idonee a configurare l’adeguamento in senso maggiorativo dell’indennità, concorra un addebito di colpa lieve idoneo a giustificare la riduzione del criterio matematico previsto dalla legge per l’ipotesi di medietà della lesione. Si tratta cioè di valutare il giudizio di equità della determinazione in relazione alla maggior gravosità della detenzione cautelare, riferibile alla presenza di conseguenze personali relative all’attività lavorativa o all’ambito familiare o professionale o di immagine pubblica, che comporta l’adeguamento dell’importo al caso concreto, sia pregiudiziale alla valutazione della ipotesi di riduzione dell’indennità per colpa lieve o se, in ipotesi di condotta comunque colposa benché non ostativa, l’indennità non possa che essere commisurata in una frazione dell’importo matematicamente calcolato. 8. La Corte territoriale, nel caso di specie, decurta la somma ricordando che I.D. si avvalse della facoltà di non rispondere, così non agevolando l’attività investigativa che avrebbe potuto condurre alla rapida rimozione del titolo cautelare, evidentemente ritenendo detta condotta costituente colpa lieve sebbene la motivazione non enuclei il concetto . Purtuttavia il Collegio, che contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente non omette la motivazione sulla condotta considerata colposa, non affronta la valutazione delle allegazioni del ricorrente sulla gravità delle conseguenze dell’ingiusta detenzione ricadenti nella sua sfera personale, lavorativa e sinanco abitativa. 9. Ora, la natura indennitaria dell’equa riparazione, più volte sottolineata dal giudice del merito, non esclude affatto che, in presenza di una condotta colposa la cui rimproverabilità non sia ostativa del riconoscimento del diritto, possa tenersi conto anche dei danni causati dall’ingiusta detenzione che oltrepassino la medietà della lesione, in questo caso allegati dall’interessato e non valutati dalla Corte. 10. Ed invero, quando ricorra l’ipotesi di una pluralità di lesioni personali e patrimoniali che si estendano alla reale compromissione della vita lavorativa o addirittura la perdita dell’abitazione, causalmente connesse con la sottoposizione al provvedimento restrittivo ingiusto”, occorre, in primo luogo, valutare l’effettiva sussustenza del pregiudizio ulteriore e la sua gravità, in secondo luogo, incrementare l’indennità aritmeticamente calcolata in ragione del riconosciuto superamento della medietà della lesione e solo successivamente, decurtare l’importo così raggiunto in ragione del concorso della condotta colposa dell’interessato, configurata come lieve e quindi compatibile con la liquidazione. 11. In altri termini, la sussistenza della colpa lieve non assorbe, di per sé, l’incremento eventualmente dovuto per le conseguenze dell’ingiusta detenzione che si pongano oltre la previsione, palesandosi come divergenti e più gravi rispetto a quelle ritenute normale conseguenza del provvedimento restrittivo, ma costituisce, semplicemente lo strumento attraverso il quale, una volta calcolato per intero l’indennizzo dovuto, comprendendovi il riconoscimento delle lesioni ultra dimidium, si corregge il calcolo, decurtando una percentuale ritenuta corrispondente alla responsabilità dell’interessato nella causazione del pregiudizio, così da determinare la somma dovuta da un lato, nella sua integrità, dall’altro, entro il limite del segmento addebitabile all’autorità giudiziaria. 12. Avuto riguardo a quanto fin qui affermato deve ritenersi che la motivazione sottostante la decisione della Corte di Appello di Salerno sia del tutto carente, in quanto non esamina doverosamente il caso concreto e si limita, senza far cenno alla valutazione delle gravi lesioni allegate, a calcolare l’indennità in modo aritmetico, decurtandone la percentuale ritenuta dovuta alla colpa lieve dell’istante, consistita nel silenzio serbato durante l’interrbgatorio di garanzia. 13. L’ordinanza, pertanto, va annullata con rinvio alla medesima Corte di appello per nuovo esame nonché al fine della liquidazione delle spese anche del presente giudizio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata, e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno.