Maltrattamenti dalla maestra: quando si configura il reato abituale

Il reato di cui agli artt. 61 n. 11 quinquies e 572 c.p., consumandosi nel momento e nel luogo in cui la condotta posta in essere diventa riconoscibile come maltrattamento, assume le vesti di reato abituale e, confermata la struttura continuativa del reato, ogni successiva condotta di maltrattamento compiuta si riallaccia alla precedente.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 27201/18 depositata il 13 giugno. Il caso. Il Procuratore della Repubblica impugnava per cassazione il provvedimento con cui non veniva convalidato l’arresto nei confronti dell’insegnante per aver commesso il reato di maltrattamenti in pregiudizio di bambini dell’asilo della classe in cui insegnava. Per il GIP non si trattava di reato abituale poiché il momento di concitazione della maestra nei confronti dei 22 bambini della classe era avvenuto in maniera fulminea e in un brevissimo arco temporale. La natura del reato di maltrattamenti come reato abituale. Osserva la Suprema Corte che il reato di maltrattamenti configura un’ipotesi di reato abituale e avviene nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono nel complesso riconoscibili come maltrattamenti veri e propri, attesa anche la struttura persistente e continuativa del reato pertanto, ogni condotta successiva di maltrattamento compiuta si aggancia a quelle avute in precedenza, dando vita ad un unico reato. È quindi legittimo l’arresto avvenuto il giorno della flagranza della condotta tenuta. Continuano ancora gli Ermellini che, nel caso di specie, l’uso sistematico della violenza sui bambini non rientra nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma si concretizza nella più grave ipotesi del delitto di maltrattamenti. Per queste ragioni, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso fondato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 7 marzo – 13 giugno 2018, n. 27201 Presidente Rotundo – Relatore Agliastro Ritenuto in fatto 1. Con ricorso in data 10/04/2017 il Procuratore della Repubblica di Termini Imerese impugnava per cassazione l’ordinanza emessa il 3 aprile 2017 all’esito dell’udienza di convalida dell’arresto nei confronti dell’insegnante I.A. , in relazione al reato di cui agli artt. 61 n. 11 quinquies e 572 cod. pen. con condotta abituale sino al omissis in pregiudizio di bambini di asilo della classe in cui insegnava, nati nel 2013, provvedimento del G.I.P. in sede, con il quale non veniva convalidato l’arresto che era stato eseguito dai Carabinieri della Stazione di . Deduceva i seguenti motivi 1 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’ordinanza di non convalida dell’arresto. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 581 e 582 cod. pen Il motivo è articolato sotto più profili - il reato in contestazione è un reato abituale e l’arresto è obbligatorio in flagranza di atti di maltrattamenti, come avviene tutte le volte in cui il fatto risulti alla polizia giudiziaria non isolato, bensì quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti - sono illogiche le argomentazioni del giudice, quando afferma che la maestra gestisce da sola 22 alunni di tre anni, che in un momento di concitazione l’insegnante interviene su un bambino riprendendolo con modi bruschi e dandogli un colpetto sulla nuca, il tutto avvenuto in maniera fulminea e in brevissimo arco temporale il provvedimento è altrettanto illogico quando non tiene in nessuna considerazione le ragioni esposte nella richiesta di convalida dove vengono descritti, con dovizia di particolari, tutti i fatti compreso quello che aveva originato l’arresto. In particolare si dava atto che la maestra prima colpiva alla nuca il piccolo C.R. e lo strattonava, poi a causa del fatto che S.P. aveva fatto cadere le costruzioni dal banco e si era alzato, lo raggiungeva, lo afferrava per il braccio sinistro, scuotendolo ripetutamente e lo schiaffeggiava e poi, tenendolo per un braccio, lo trascinava lontano dalle costruzioni - la condotta della maestra, lungi dall’essere qualificabile come brusca, in presenza di concitazione e particolare vivacità dei minori , interviene quando i bambini giocano tranquillamente tra loro ed il piccolo S. fa cadere le costruzioni a terra al rumore la maestra, lo afferra per un braccio, lo strattona turbando la serenità del momento, tanto che un’altra bambina si tappa le orecchie con le dita - il numero di alunni 22 bambini di tre anni non autorizza la stessa a non avere rispetto dei piccoli, meritevoli di protezione dalle aggressioni esterne e incapaci di tutelarsi da soli - nemmeno l’animus corrigendi giustifica l’uso della forza. I bambini dopo i colpi ricevuti si toccano la nuca e indietreggiano, segno che percepiscono sia il dolore fisico sia l’umiliazione del gesto di aggressione. Anche il condizionamento psichico è una forma di violenza, attuato mediante l’isolamento dei bambini, ovvero influenzando le risposte degli alunni con domande subdole - se è monella la maestra ovvero il bambino - come documentato dalle intercettazioni disposte - è illogica l’affermazione del Giudice, secondo cui la condotta della maestra non integra il reato di maltrattamenti anche alla luce del brevissimo lasso temporale in cui vengono ad integrarsi, in contrasto con quanto emerge anche dall’informativa di polizia giudiziaria del omissis , riportata nella richiesta del Pubblico Ministero, ivi compresa una tabella riproducente in successione temporale dei giorni del mese le condotte aggressive della maestra quando era sola in aula con gli alunni, e le condotte in presenza di personale o tirocinanti in cui si asteneva dagli atteggiamenti prevaricatori verso i piccoli - va censurata l’affermata inesistenza del reato di maltrattamenti, enucleando gli episodi contestati dettagliatamente descritti nell’atto di impugnazione dalla p.17 alla p.31, accompagnandoli con le immagini estrapolate dalle riprese-video della P.G., ivi compreso il tentativo di esercitare pressioni sulla fragile psiche dei bambini in ordine alla evenienza di dare botte ai bambini. 2 Con il secondo motivo, il Pubblico Ministero ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 581 e 582 cod. pen., sostenendo la concrea ricorrenza del delitto di maltrattamenti, secondo giurisprudenza della Suprema Corte in casi analoghi, disattesi dal giudice nel suo provvedimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. 2. Il Pubblico Ministero, avanzando la richiesta di convalida dell’arresto, ha corredato il suo atto con la formulazione dettagliata del capo di imputazione provvisorio, e la descrizione degli episodi riprodotti nei filmati e nelle immagini estrapolate, come riprese dalla polizia giudiziaria operante durante i mesi di omissis . Di tali circostanze, peraltro, il giudice aveva dato atto, affermando nel suo provvedimento di aver preso visione del CD-rom contenente i filmati richiamati dalle note della polizia giudiziaria il giorno omissis , all’interno dell’aula dell’asilo scolastico di . Ha motivato il suo diniego di convalida sostenendo non può ritenersi la sussistenza, al momento dell’operato arresto, degli elementi costitutivi del delitto per cui si procede tanto, più che l’arresto, così come sottolineato nella stessa comunicazione della polizia giudiziaria procedente è seguito ad attività di intercettazione tecnica ambientale audio-video che ha permesso ai militari di assistere in diretta e per più giorni all’operato posto in essere dall’odierna indagata al fine di inquadrare giuridicamente i fatti registrati nell’alveo della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 572 cod. pen. . 3. Il giudice ha ritenuto che in nessun modo le maniere espresse dall’insegnante della scuola dell’infanzia, il giorno dell’arresto, concretassero condotte riconducibili nell’alveo di cui all’art. 572 cod. pen., considerate le particolari modalità ed il brevissimo lasso temporale in cui le stesse vanno ad inquadrarsi e l’apparente mancata reazione del bambino. Non si configura il delitto addebitato - ha sostenuto il giudice - perché 1 si tratterebbe di atti funzionali a riportare ordine all’interno di una classe di minori di tenera età e per questo poco inclini al rispetto delle regole di una comunità quale quella scolastica in realtà si trattava di un asilo infantile 2 la reazione del bambino interessato non era stata di pianto o disagio 3 il gesto della maestra non aveva suscitato alcuna attenzione da parte degli altri alunni della classe, a dimostrazione che nessun clima di terrore o di sofferenza o ancora di semplice disagio viene prodotto dalle condotte della odierna indagata . Le indagini avevano preso le mosse dalla denuncia della mamma dell’alunno M.S. il quale era stato isolato e screditato dinanzi agli altri bambini perché aveva riferito alla madre di avere ricevuto botte dalla maestra tale emergenza si ricollega al contenuto di un’intercettazione del 06 marzo 2017, alla stregua della quale la maestra, rivolgendosi ad una delle tirocinanti, preannunciava alla stessa che il bambino avrebbe detto alla madre che la maestra era cattiva , e la mamma si sarebbe alterata. Lo stesso giudice aveva autorizzato le intercettazioni ambientali di cui si tratta nel ricorso in esame. Il giudice ha escluso la ricorrenza del delitto di maltrattamenti e quindi della flagranza, qualificando l’episodio di nessuna rilevanza penale , utilizzando circostanze non corrispondenti a quanto risultante dagli atti a sua disposizione. Ha attribuito la condotta della maestra, in ogni caso, alla necessità di portare ordine in classe rifacendosi ad un metodo educativo oggi desueto ritenuto privo di rilevanza penale, riconoscendo implicitamente la prevalenza dello ius corrigendi, piuttosto che del rispetto della sensibilità di bambini così piccoli affidati alle sue cure. Quanto all’assenza di clima di terrore, sofferenza o disagio va sottolineato che i bambini di tre anni non sono in grado di descrivere, né esprimere a parole con linguaggio appropriato, il conseguente senso di mortificazione, di avvilimento, di impotenza alle reazioni violente sempre incombenti della maestra, peraltro espresse anche davanti le tirocinanti presenti in classe. 4. Osserva questa Corte che il ragionamento formulato dal giudice è viziato per il fatto che il reato di maltrattamenti configura un’ipotesi di reato abituale e si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti, fermo restando che, attesa la struttura persistente e continuativa del reato, ogni successiva condotta di maltrattamento compiuta si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario ne deriva che è legittimo l’arresto che avviene il giorno della flagranza della condotta tenuta Sez. 6, n. 52900 del 04/11/2016, Rv. 268559 . Tanto più che il reato in contestazione si realizza attraverso la sottoposizione della vittima ad una serie di sofferenze, fisiche e morali, che isolatamente considerate potrebbero anche non costituire reato, in quanto la ratio dell’antigiuridicità penale risiede nella loro reiterazione, protrattasi in un arco di tempo che può anche essere limitato e nella persistenza dell’elemento intenzionale Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011, Rv. 252350 . Il compendio probatorio quale emerge dalle intercettazioni e dalle immagini estrapolate dai filmati versati in atti, delinea un quadro di sistematiche percosse, violenze fisiche e psicologiche, coercizioni e condizionamenti da parte della maestra della scuola materna in danno dei bambini alla medesima affidati, facendo ricorso sistematico alla violenza, assunto quale usuale metodo educativo. Le sue condotte costituiscono risposte certamente sproporzionate rispetto alle cause ed alle finalità perseguite, fotografano l’utilizzo, in funzione educativa, da parte dell’indagata, di metodi di natura fisica, psicologica e morale esorbitanti dai limiti del mero rinforzo della proibizione o del messaggio educativo, in ragione dell’arbitrarietà dei presupposti, dell’eccesso nella misura della risposta correttiva - anche tenuto conto della tenera età delle persone offese - in ragione del frequente ricorso alla violenza fisica. Ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto deciso dal giudice, tali condotte travalichino i limiti dell’uso dei mezzi di correzione, potendosi ritenere tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tendano cioè alla educazione della persona affidata alla cura dell’insegnante e, quindi, allo sviluppo armonico della personalità, sensibile ai valori della tolleranza e della pacifica convivenza, senza trasmodare nel ricorso sistematico a mezzi violenti che tali fini formativi contraddicono. Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, l’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi , non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti Sez. 6, n. 36564 del 10/05/2012, Rv. 253463 . Ed invero, affinché possa essere configurato il reato di abuso dei mezzi di correzione in luogo del reato di maltrattamenti, la risposta educativa dell’istituzione scolastica deve essere sempre proporzionata alla gravità del comportamento deviante dell’alunno e, in ogni caso, non può mai consistere in trattamenti lesivi dell’incolumità fisica o afflittivi della personalità del minore Sez. 6, n. 11956 del 15/02/2017, Rv. 269654 Sez. 6, n. 53425 del 22/10/2014, Rv. 262336 Sez. 6 del 14/06/2012, n. 34492, Rv. 253654 Sez. 6, n. 36564 del 10/05/2012, Rv. 253463 . 5. Con riferimento al secondo motivo di impugnazione riguardante la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 581 e 572, l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per finalità educative e correttive, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, non costituisce un elemento dirimente per far rientrare il sistematico ricorso ad atti di violenza commessi nei confronti di minori nella meno grave previsione di cui all’art. 571 cod. pen. anziché in quella dell’art. 572 cod. pen. Sez. 3 n. 53425 del 22/10/2014 Rv. 262336 Sez. 6, n. 45467 del 23/11/2010, Rv. 249216 . Ed invero, l’intenzione soggettiva non è idonea a far entrare nell’ambito della fattispecie meno grave dell’art. 571 cod. pen. ciò che oggettivamente ne è escluso, in quanto il nesso tra mezzo e fine di correzione va valutato sul piano oggettivo, con riferimento al contesto culturale ed al complesso normativo fornito dall’ordinamento giuridico e non già dalla intenzione dell’agente deve pertanto essere escluso che l’uso sistematico della violenza quale ordinario trattamento del minore, sia pure sostenuto da animus corrigendi , possa rientrare nell’alveo dell’art. 571 cod. pen., in considerazione della sicura illiceità di tale uso. In conclusione, in accoglimento del ricorso del Pubblico Ministero, deve affermarsi la illegittimità del provvedimento di diniego della convalida dell’arresto adottato dal giudice di Termini Imerese. La funzione dell’udienza di convalida è quella di verificare la sussistenza dei presupposti sostanziali dell’arresto, costituiti dalla gravità del fatto o dalla pericolosità del soggetto, controllo che il giudice compie ex post circa i presupposti richiesti dalla legge per la privazione dello status libertatis, in chiave di controllo sull’operato della polizia giudiziaria, alla quale è istituzionalmente attribuita una sfera discrezionale nell’apprezzamento dei presupposti nel momento in cui tali poteri sono stati esercitati, controllo condotto in termini di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza e alla ipotizzabilità di uno dei reati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen Il ricorso è fondato, non avendo il giudice di merito fatto buon governo delle suddette regole in punto di legittimità dell’attività della polizia giudiziaria nel caso di arresto obbligatorio, avendo erroneamente ritenuto insussistenti gli elementi costitutivi del delitto contestato. L’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, ex art. 620 comma 1, lett. l , cod. proc. pen., risultando superfluo un giudizio di rinvio con riferimento a una fase oramai esauritasi, nella quale il giudice di merito dovrebbe limitarsi a statuire formalmente la correttezza della iniziativa a suo tempo assunta dalla polizia giudiziaria e la legittimità dell’arresto ex plurimis, Sez. 6, n. 21330, del 5/05/2015, Rv. 263539 Sez. 2, n. 213989 dell’11/03/2015, Rv. 264026 . P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata per essere stato legittimamente eseguito l’arresto.