Sussistenza dei presupposti legittimanti l’arresto in flagranza

La Corte di legittimità torna sulla nozione della quasi flagranza di reato pronunciandosi sul ricorso presentato avverso l’ordinanza di convalida dell’arresto di una donna effettuato sulla base delle informazioni testimoniali raccolte sul luogo del fatto.

Sul tema la sentenza n. 24760/18, depositata il 1° giugno. La vicenda. A seguito di una segnalazione telefonica relativa al furto di tubi di rame da parte di un uomo ed una donna, gli agenti intervenivano sul posto e trovavano un uomo, simile alla descrizione di cui alla telefonata, in possesso di un piede di porco e di alcuni tubi pluviali di rame. Costui riceveva una telefonata da parte di una donna che veniva poco dopo fermata nelle vicinanze e sottoposta ad arresto in flagranza. La Corte di Cassazione viene chiamata a pronunciarsi in merito alla conferma dell’arresto che, secondo il difensore della ricorrente, sarebbe privo dei presupposti della flagranza essendo avvenuto sulla base di mere dichiarazioni testimoniali. Arresto in flagranza. Gli Ermellini colgono l’occasione per ribadire la definizione dei concetti di flagranza” e quasi flagranza” di reato. In entrambi i casi, in virtù dell’eccezionalità del potere degli agenti di limitare la libertà personale in contesti implicanti la certezza o l’altissima probabilità della responsabilità penale del soggetto, è necessario il presupposto che la Polizia Giudiziaria abbia avuto una percezione del fatto o degli elementi indicativi della commissione di un reato immediatamente prima dell’intervento degli agenti operanti, ossia quasi nell’immediatezza del fatto-reato . E’ dunque illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, non sussistendo in tale caso la condizione della quasi flagranza” che presuppone l’immediata ed autonoma percezione delle tracce del reato da parte di chi esegue l’arresto. Il principio è applicabile nel caso di specie, dove non sussistevano le predette condizioni necessarie per l’arresto in quanto gli indizi di colpevolezza a carico della ricorrente erano emersi solo a seguito dell’assunzione di sommarie informazioni e delle telefonate con gli operatori della P.G Fermo restando che il giudizio direttissimo instaurato a seguito di convalida dell’arresto non è inficiato dall’illegittimità della convalida stessa, la Corte annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata confermando per il resto la legittimità della procedura.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 marzo – 1 giugno 2018, n. 24760 Presidente Pezzullo – Relatore Mazzitelli Ritenuto in fatto 1. B.M.R. , tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di convalida dell’arresto, emessa dal Tribunale di Genova in data 18/10/2017, nei confronti della ricorrente, disponendo il giudizio direttissimo. Parte ricorrente allega un vizio di legittimità, ex art. 606, comma 1, lett. b , codice di rito, in relazione agli art. 380 e 382 c.p.p., con riferimento ad un’errata nozione di quasi flagranza di reato. Dal verbale di arresto emerge che a seguito di una segnalazione telefonica, circa il furto di tubi di rame perpetrato da un uomo e una donna, gli agenti, recatisi sul posto, avevano rinvenuto dei tubi pluviali di rame e un uomo, in possesso di un piede di porco, le cui sembianze erano simili a quelle descritte da coloro che avevano effettuato la segnalazione. Lo sconosciuto, identificato in L.M. , alla presenza degli agenti, aveva ricevuto una telefonata, sul proprio cellulare, da una donna, poi identificata nell’odierna ricorrente, fermata poco dopo nelle vicinanze. Ad avviso della difesa, in questa situazione, non ricorrerebbe la flagranza di reato, essendo avvenuto l’arresto in assenza di un inseguimento, ma solo sulla base di informazioni testimoniali. L’erronea interpretazione di norme procedurali si rifletterebbe, altresì, sull’art. 558 c.p.p., essendo il giudizio direttissimo una conseguenza diretta della convalida dell’arresto. Ad avviso di parte ricorrente, tale giudizio non sarebbe stato validamente instaurato. 2. Il P.G., nella requisitoria, ha rilevato la mancanza dei presupposti per la ravvisabilità di una quasi flagranza di reato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è parzialmente fondato. Il concetto di flagranza e quasi flagranza di reato presuppongono che la Polizia Giudiziaria abbia avuto una percezione del fatto ovvero degli elementi indicativi di una commissione del reato immediatamente prima dell’intervento degli agenti operanti, ossia quasi nell’immediatezza del fatto-reato Sez. 2, n. 19948 del 04/04/2017 - dep. 26/04/2017, P.M. in proc. Rosca, Rv. 27031701 . E ciò in considerazione dell’eccezionalità del potere, riservato agli agenti di P.G., di limitare la libertà personale individuale, in contesti, implicanti, per l’appunto, la certezza o un’altissima probabilità della responsabilità penale del soggetto tratto in arresto. In mancanza di una constatazione diretta da parte degli agenti, non si può procedere all’arresto in flagranza. Ed invero, secondo la giurisprudenza, è illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, poiché, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di quasi flagranza , la quale presuppone l’immediata e autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato. Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015 - dep. 21/09/2016, P.M. in proc. Ventrice, Rv. 267591 . Nella fattispecie, non sussistevano le predette condizioni, posto che gli indizi di colpevolezza convergevano sull’indagata, odierna ricorrente, solo a seguito dell’assunzione di informazioni nell’immediatezza dei fatti e delle comunicazioni telefoniche intercorse con gli operatori di polizia giudiziaria. Ne consegue l’illegittimità del provvedimento di convalida dell’arresto. 2. Per quanto attiene poi alle restanti censure, si osserva che, pur costituendo il decreto di convalida dell’arresto titolo di legittimità del giudizio direttissimo, tale giudizio non dev’essere dichiarato nullo qualora l’arresto risulti illegale. Sez. 2, n. 1797 del 14/10/1988 - dep. 08/02/1989, CARLETTI, Rv. 18040101 . E ciò in considerazione della diversità dei presupposti, intercorrenti tra lo stato di detenzione e la citazione in giudizio dell’imputato, i cui effetti rimangono comunque salvi. 3. Si deve, pertanto, procedere all’annullamento dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla convalida dell’arresto eseguito illegittimamente, dichiarandosi inammissibile, nel resto, il ricorso. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza di convalida impugnata perché illegittimamente eseguito, dichiara inammissibile nel resto il ricorso.