Confermato il provvedimento adottato nei confronti di una donna e di un uomo, accusati di avere offeso più persone con video e messaggi condivisi sui loro profili personali. Nessun paragone con la stampa, anche online su social network e blog ognuno può esprimere il proprio pensiero, suscitando le reazioni dei frequentatori del mondo virtuale.
Meglio fare attenzione ai propri sfoghi online. Si rischia non solo di finire sotto processo, ma anche di vedere ‘cancellata’ la propria presenza sul web. Esemplare la valutazione compiuta dai Giudici del ‘Palazzaccio’, i quali hanno confermato il sequestro preventivo, tramite oscuramento, delle pagine Facebook riferite a due persone – un uomo e una donna – finite sotto accusa per avere ripetutamente offeso la reputazione di alcune persone Cassazione, sentenza numero 21521/2018, Sezione Quinta Penale, depositata oggi .ù Inaccessibili. Chiara la contestazione mossa nei confronti dell’uomo e della donna essi sono finiti sotto accusa per una presunta «diffamazione» online, realizzata attraverso video e messaggi condivisi sulle rispettive pagine Facebook. Consequenziale il provvedimento adottato dal Tribunale, cioè l’oscuramento dei due profili sul social network alla società di Zuckerberg è stato ordinato di «rendere inaccessibili» le pagine riferite alle due persone. Il provvedimento è ritenuto assolutamente corretto anche dalla Cassazione, che respinge le obiezioni difensive. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’ non può essere messa in discussione «la legittimità del sequestro preventivo di una pagina telematica» in quanto «l’equiparazione dei dati informatici alle cose in senso giuridico consente di inibire la disponibilità delle informazioni in rete e di impedire la protrazione delle conseguenze dannose del reato». Impossibile, poi, paragonare le forme di comunicazione telematica con la stampa vera e propria. In sostanza, «anche i blog e i social network sono espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero», ma, spiegano i magistrati, «non possono godere delle garanzie costituzionali in tema di sequestro della stampa anche nella forma on line , poiché rientrano nei generici siti internet che non sono soggetti agli obblighi ed alle garanzie previste dalla normativa sulla stampa». E in questa ottica viene evidenziato che sui social network come sui blog «chiunque può esprimere il proprio pensiero su ogni argomento, suscitando opinioni e commenti da parte dei frequentatori del mondo virtuale».
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 dicembre 2017 – 15 maggio 2018, numero 21521 Presidente Lapalorcia – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con l'ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Grosseto ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo tramite oscuramento delle pagine Facebook attribuite agli indagati/ricorrenti per il delitto di cui all'art 595 cp, per aver ripetutamente offeso la reputazione di più persone. 1. Avverso la decisione ha proposto ricorso con unico atto la difesa, che, col primo motivo, ha lamentato la violazione dell'art 321 cpp e la mancanza di motivazione. Ha sostenuto il ricorrente che il sequestro preventivo sarebbe emanabile solo in caso di previsione della sua potenziale conferma all'esito del giudizio di merito mentre nel caso in esame non sarebbe mai possibile la confisca, derivandone l'illegittimità del provvedimento. 1.1 Col secondo motivo ha dedotto la violazione degli articolo 3 e21 Costituzione, in quanto li sequestro configurerebbe una vera e propria lesione del diritto di libera manifestazione del pensiero, come lo stesso Tribunale aveva riconosciuto, aggiungendo, però, che le pagine web non godono della stessa tutela della testata giornalistica on line ed il diverso trattamento in relazione alla possibilità di provvedimenti di sequestro integrerebbe una violazione dei principio di uguaglianza. All'odierna udienza il PG, dr Li., ha concluso come in epigrafe. Considerato in diritto I ricorsi sono inammissibili. 1. Deve precisarsi in fatto che il provvedimento di sequestro di cui discute ha riguardato le pagine Facebook attraverso le quali i due ricorrenti avevano pubblicati messaggi o video o commenti dal contenuto reputato offensivo per le persone offese e che il Giudice per le indagini preliminari ne aveva ordinato il sequestro preventivo in relazione all'ipotizzato delitto di diffamazione, tramite l'oscuramento, prescrivendo al fornitore del servizio di renderle inaccessibili agli utenti. 1.1 Le doglianze esposte in ricorso si limitano a confutare genericamente - ma con un rapido cenno all'originale tesi per la quale il sequestro preventivo sarebbe adottabile solo nei caso in cui si possa prevedere la sua potenziale conferma a seguito del giudizio - il consolidato orientamento in proposito maturato dalla giurisprudenza di questa Corte. Da tempo, infatti è stata ritenuta la legittimità, nel rispetto del principio di proporzionalità, del sequestro preventivo di un sito web o di una pagina telematica, nei ricorrere dei presupposti del fumus commissi delicti e del periculum in mora , tramite l'imposizione al fornitore dei servizi internet, anche in via d'urgenza, dell'oscuramento di una risorsa elettronica o l'impedimento dell'accesso agli utenti ai sensi degli articolo 14, 15 e 16 del D.Lgs. 9 aprile 2003, numero 70, in quanto la equiparazione dei dati informatici aite cose in senso giuridico consente di inibire la disponibilità delle informazioni in rete e di impedire la protrazione delle conseguenze dannose del reato. Da ultimo Sez. U, Sentenza numero 31022 del 29/01/2015 Cc. dep. 17/07/2015 Rv. 264089. 2. Per venire al secondo motivo di ricorso è evidente che le forme di comunicazione telematica come i blog, i social network come Facebook,le mailing list, le newsletters, sono espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero garantito dall'art 21 della Costituzione ma non possono godere delle garanzie costituzionali in tema di sequestro della stampa, anche nella forma on line, poiché rientrano nei generici siti internet che non sono soggetti agli obblighi ed alle garanzie previste dalla normativa sulla stampa. In essi, infatti, chiunque può esprimere il proprio pensiero su ogni argomento, suscitando opinioni e commenti da parte dei frequentatori del mondo virtuale. 2.1 E' agevole rispondere alla perplessità circa la prospettata diseguaglianza di trattamento tra siti web e testate giornalistiche on-line presente nel ricorso, semplicemente osservando che le situazione disciplinate diversamente sono tra loro molto diverse. Infatti, e evidente che un quotidiano o un periodico telematico, strutturato come un vero e proprio giornale tradizionale, con una sua organizzazione redazionale e un direttore responsabile non può certo paragonarsi a uno qualunque dei siti web innanzi citati, in cui chiunque può inserire dei contenuti, ma assume una sua peculiare connotazione, funzionalmente coincidente con quella dei giornale tradizionale, sicché appare incongruo, sul piano della ragionevolezza, ritenere che non soggiaccia alla stessa disciplina prevista per quest'ultimo. Così in motivazione la sentenza SU citata, Fa. ed altri. Aita luce delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati ciascuno al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 2000 in favore della cassa delle ammende. Ai sensi dell'art 52 D.Lgs. 196/2003, va disposto l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti in caso di diffusione dei presente provvedimento. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed ai versamento di Euro 2000 in favore della cassa delle ammende. Dispone l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti in caso di diffusione del presente provvedimento.