“Condotta rumorosa” per tutta la notte: da valutare stazza dei cani e contesto abitativo

Sotto accusa la padrona, colpevole di aver lasciato da soli i quadrupedi sul terrazzo di casa. Questa condotta non è sufficiente per una condanna. La prescrizione chiude il processo penale, ma determinati approfondimenti potrebbero rivelarsi utili in sede di processo civile.

Latrati, guaiti e un ripetuto abbaiare per buona parte della notte. Per questo motivo tre cani finiscono sotto accusa. A processo, ovviamente, la loro padrona, a cui viene contestato il reato di disturbo della quiete pubblica. Non bastano però le denunce di due sole persone per arrivare a una condanna – peraltro esclusa, in questo caso, dalla prescrizione –. Necessario piuttosto un approfondimento su razza e stazza dei quadrupedi e sul contesto abitativo, approfondimento che potrà essere utile ora in ambito civile Cassazione, sentenza n. 16677/18, sez. III Penale, depositata il 16 aprile . Padrona sotto accusa. Ricostruita la vicenda, viene appurato che in una calda notte agostana del 2011, in un palazzo, tre cani sono stati lasciati da soli sul terrazzo di casa dalla proprietaria, che, di conseguenza, è finita sotto accusa per non averne impedito il latrare , durato per buona parte della notte, e per avere pertanto disturbato il riposo di due condomini . Questi ultimi, parecchio infastiditi, hanno presentato regolare denuncia dando il ‘la’ al processo penale. Per i Giudici del Tribunale non ci sono dubbi o incertezze la donna, in qualità di responsabile dei tre quadrupedi, va condannata per disturbo del riposo delle persone presenti nel suo stesso palazzo. Condotta rumorosa. Questa valutazione non può essere smentita, osservano in premessa i Giudici della Cassazione, dal fatto che ci si trova di fronte a un singolo episodio caratterizzato da una condotta rumorosa , anche perché esso si è protratto per un non trascurabile lasso di tempo, avendo i cani latrato per buona parte della notte . Tuttavia, aggiungono subito i Giudici, non può neanche essere trascurata la circostanza che le lamentele erano pervenute esclusivamente da due persone, entrambi abitanti nell’appartamento immediatamente confinante con quello della donna e dei cani . Ecco perché sarebbe stato necessario, sempre secondo i Giudici, da un lato prendere in considerazione la razze e la conseguente presumibile stazza delle bestie per dedurne la intensità, la ripetitività e la tipologia dei latrati , e dall’altro valutare la zona dove si è verificato l’episodio per capire se essa è caratterizzata da numerosi insediamenti abitativi e quindi più soggetta alla efficacia del disturbo sonoro arrecato dai cani. Questi approfondimenti non sono però attuabili in sede di processo penale, poiché la prescrizione salva definitivamente la padrona dei quadrupedi, ma potrebbero rivelarsi utili in sede di processo civile sul fronte di un ipotetico risarcimento a favore dei condomini ritenutisi danneggiati dalla condotta della donna.

Corte di Cassazione, sezz. III Penale, sentenza 22 novembre 2017 – 16 aprile 2018, n. 16677 Presidente Di Nicola – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con sentenza del 29 gennaio 2016 il Tribunale di Benevento - dichiarata la penale responsabilità di De Si. Ca. in ordine al reato di cui all'art. 659 cod. pen., per avere, in qualità di proprietaria di tre cani, lasciato i medesimi nella notte fra il 26 ed il 27 agosto 2011 da soli nel terrazzo dell'appartamento da lei abitato, per non averne impedito il latrare e per avere, pertanto, disturbato il riposo dei condomini Guerra Maria Luisa e Ricciardi Mario - la ha condannata alla pena di giustizia. Ha interposto ricorso per cassazione la De Si., assistita dal suo legale di fiducia, affidando le sue lagnanze ad un solo motivo di ricorso, con il quale ha dedotto la inosservanza e/o l'erronea applicazione della legge penale, per avere il Tribunale ritenuto integrato il reato in questione sebbene il preteso disturbo fosse stato circoscritto solo ad un isolato episodio durato poche ore e senza che sia stato verificato il fatto che lo stesso abbia avuto la idoneità a ledere non solamente i due denunzianti ma un vasto ed indeterminato numero di persone, come impone la ratio della disposizione violata, posta a tutela della quiete pubblica e non di uno specifico interesse personale. Considerato in diritto Il ricorso è fondato, nei limiti di cui in motivazione e con le conseguenze ivi indicate. Osserva, infatti, il Collegio come, per un verso, non possa ritenersi fondata la censura, riconducibile alla categoria normativa della violazione di legge, svolta da parte ricorrente avverso la impugnata sentenza ed avente ad oggetto la pretesa non configurabilità del reato in contestazione stante la episodicità della condotta di omesso controllo posta in essere dalla De Si., la quale in una sola occasione, in particolare appunto nella notte fra il 26 ed il 27 agosto del 2011, avrebbe omesso di adeguatamente custodire i tre cani di sua proprietà, i quali, asciati da soli nel terrazzo dell'appartamento della imputata ubicato all'interno di un edificio condominiale, avrebbero abbaiato per buona parte della notte stessa impedendo, coi loro latrati il riposo e la quiete di Guerra Maria Luisa e di Ricciardi Mario, abitanti di un appartamento limitrofo a quello della imputata. Invero, come anche in tempi relativamente recenti è stato confermato da questa Corte, con un orientamento che tuttora appare da condividere e da seguire, il reato di cui all'art. 659, comma primo, cod. pen. è reato solo eventualmente permanente, che si può consumare anche con un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo, ove la stessa sia oggettivamente tale da recare, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 febbraio 2015, n. 8351 . Nel caso in questione, in linea di principio, la attitudine dei fatti verificatisi ad arrecare un effettivo ed apprezzabile disturbo al bene-interesse tutelato dalla norma in questione, cioè la quiete pubblica, è ravvisabile, pur nella unicità dell'episodio di disturbo, nel fatto che lo stesso si sia protratto per un non trascurabile lasso di tempo il Tribunale evidenzia, infatti, come i cani -lasciati dalla De Si. da soli in un balcone, ovviamente esterno alla parte chiusa dell'appartamento della medesima - abbiano latrato con continuità per buona parte della notte. In tal modo è stato evidenziato dal giudice del merito come, pur nella sua unicità materiale, il fatto sia stato caratterizzato da una sua complessità strutturale non si è, in altre parole, trattato della emissione di uno i comunque di pochi lattati da parte dei cani in discorso ma di un fenomeno che, pur nella sua unità fenomenica, si è manifestato attraverso una pluralità di singoli episodi lungo un tempo non brevissimo , tale da comportare, si ripete in linea di principio, la messa in pericolo del bene interesse tutelato dalla norma in ipotesi violata. Per altro verso, osserva, la Corte, come nel caso di specie il giudice di primo grado non abbia svolto una adeguata indagine ai fini della verifica del fatto che, sia pure in termini di mera potenzialità, la messa in pericolo del ricordato bene interesse vi sia stata. Posto, infatti, che ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dal ricordato art. 659 cod. pen. è necessario che i lamentati rumori abbiano la attitudine a propagarsi ed a costituire fonte di disturbo - per la loro intensità e per la ubicazione spaziale della loro fonte - per una potenziale pluralità indeterminata di persone, sebbene non sia poi necessaria la dimostrazione che poi tutte costoro siano state effettivamente disturbate Corte di cassazione, Sezione I penale, 4 febbraio 2000, n. 1394 , il giudice di merito avrebbe dovuto argomentare - onde fornire la dimostrazione di quanto sopra, dimostrazione resa necessaria dal fatto che in realtà la lamentela in ordine alla presenza dei rumori in questione era pervenuta esclusivamente da due soggetti, entrambi abitanti nell'appartamento immediatamente confinante con quello della De Si. e non anche da altri individui - in ordine alla intensità di tali rumori ed alla situazione antropica del luogo ove gli stessi sono stati emessi, al fine di verificare, ancorché sulla base di dati di tipo logico e non anche necessariamente storico , l'esistenza di elementi atti a giustificare, sulla base del principio del libero convincimento del giudice, la sussistenza della predetta attitudine. Nel caso in questione il Tribunale non ha fornito alcuno di tali elementi, fra i quali, a titolo esemplificativo, possono annoverarsi, per rimanere entro i confini tipologici del caso di specie, la razza e la conseguente presumibile stazza delle bestie in questione, dati attraverso il quale è lecito desumere la intensità, la ripetitività e la tipologia del verso dalle stesse emesse la situazione abitativa dei luoghi ove il fatto si è verificato, essendo evidente che una zona caratterizzata da numerosi insediamenti abitativi appare più soggetta alla efficacia del disturbo sonoro arrecato rispetto ad una zona in cui vi è una ridotta incidenza di persone residenti l'esistenza di ulteriori, periodiche o continue, fonti sonore di disturbo, tali da elidere la valenza molestatrice di quelle oggetto della imputazione. La assenza di tali elementi di verifica - nel caso di specie il Tribunale ha, infatti, solo dato atto delle lamentele dei due vicini di casa della imputata, costituitisi parti civili senza dare atto della esistenza di alcun altro elemento di giudizio - rende quanto meno inadeguata la indagine volta ad accertare la sussistenza o meno del reato di cui in epigrafe. Il lungo tempo trascorso rispetto alla ipotizzata verificazione dei fatti, risalenti, come detto, all'agosto del 2011, rende non necessario l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, ai fini penali, dovendo rilevarsi, comunque, in assenza di elementi che possano condurre immediatamente ad una assoluzione della imputata con formula di merito, l'intervenuta estinzione per prescrizione del reato contestato. Va, viceversa, disposta, tenuto conto della costituzione di parte civile di Guerra Maria Luisa e di Ricciardi Mario, soggetti ritenuti danneggiati dal reato, il rinvio del presente giudizio, ai soli fini civili, di fronte al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione e con rinvio al giudice civile competente in grado di appello.