Convivenza difficile coi familiari, lascia i domiciliari e chiede di tornare in carcere: va condannato

Azzerata l’assoluzione pronunciata in Corte d’Appello. Per i Giudici di Cassazione non è una giustificazione la necessità di allontanarsi dal clima teso tra le mura domestiche. E la condotta non è resa meno grave dalla chiamata fatta ai carabinieri per segnalare la sua decisione e per chiedere loro di essere accompagnato in carcere.

Il clima pesante tra le mura domestiche e la difficile convivenza con i familiari non giustificano la rottura del vincolo imposto con gli arresti domiciliari. Irrilevante anche il fatto che l’uomo, in fuga dai parenti, prima di scendere in strada abbia chiamato i carabinieri per chiedere loro di raggiungerlo in un bar vicino casa e di riportarlo in carcere. Inevitabile, quindi, la condanna per evasione Cassazione, sentenza n. 14502/2018, Sezione Sesta Penale, depositata oggi . Violazione. Scenario della strana vicenda è un paese della Campania. Protagonista è un uomo che, condannato per rapina, ha ottenuto la possibilità di scontare la pena ai domiciliari. Questo beneficio si rivela però poco positivo. L’uomo soffre a stare sotto lo stesso tetto coi parenti e così decide una fredda mattina – siamo nel gennaio del 2010 – di uscire di casa per poter prendere una boccata d’aria e rasserenare l’animo. Prima di scendere in strada, però, telefona ai carabinieri, spiegando loro che per lui è insostenibile la convivenza coi familiari e che li aspetta in un bar vicino casa per poter essere riaccompagnato in carcere . In quel bar i militari lo trovano e lo pongono in arresto, con annessa accusa per evasione. Tutti questi elementi spingono i Giudici della Corte d’Appello a escludere, sorprendentemente, la possibilità di una condanna, contrariamente a quanto deciso in Tribunale, ma non convincono invece i Giudici della Cassazione. Questi ultimi ritengono difatti non giustificabile il comportamento tenuto dall’uomo che, a loro parere, ha violato consapevolmente gli arresti domiciliari. Irrilevante, innanzitutto, il fatto che l’uomo non si sia dato alla macchia né abbia approfittato della propria libertà per delinquere ancora. Inutile, poi, anche il richiamo al clima conflittuale creatosi con i familiari questo dato non legittima l’uscita dall’abitazione, osservano i magistrati, né permettono di escludere il dolo dell’evasione . E, per chiudere, priva di valore anche la circostanza che l’uomo abbia avvertito le forze dell’ordine prima di abbandonare il domicilio .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 – 29 marzo 2018, n. 14502 Presidente Paoloni – Relatore Vigna Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Napoli – in riforma della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere - Sezione Distaccata di Marcianise - il 24.03.2010 ha assolto Iu. Mi. dal delitto di cui all'art. 385 c.p. perché il 4 gennaio 2010 si allontanava senza esservi autorizzato dall'abitazione nella quale era detenuto agli arresti domiciliari in virtù di provvedimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, del 23/07/2009 . La Corte territoriale ha ritenuto di escludere l'elemento soggettivo del reato in relazione alla condotta del ricorrente, che, dopo avere avvertito i carabinieri che si era creata una situazione per lui insostenibile di convivenza con i familiari, si era recato nel bar vicino a casa sua ad attenderli chiedendo loro di essere accompagnato in carcere. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica di Napoli, deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento all'art. 385 cod. pen., essendo l'elemento soggettivo del reato di evasione dagli arresti domiciliari integrato dal dolo generico. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e deve, conseguentemente, trovare accoglimento 2. Osserva il Collegio, in linea con precedenti decisioni su casi analoghi, che sulla base della ricostruzione della vicenda operata dai giudici di merito, nel fatto commesso dall'imputato non può essere esclusa la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. 2.1. Deve premettersi che nel reato di evasione dagli arresti domiciliari, il dolo è generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell'agente Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012, Rv. 252288 Sez. 6,n. 44969 del 06/11/2008, Lussi Rv.241658 Sez. 6, Sentenza n. 40353 del 09/10/2007, Rv. 237647 . 2.2. Né può ritenersi, in relazione a quanto sopra messo in evidenza, che il delitto, in tanto sia sussistente, in quanto qualificato dalla volontà specifica di darsi alla macchia e/o di approfittare dello status di libero per delinquere, ossia da un atteggiamento psicologico che non solo non è previsto dalla norma, ma al più può rappresentare un movente, come tale non rilevante per la configurabilità del delitto. 2.3. Neppure l'esigenza di sottrarsi al clima conflittuale creatosi con i familiari che lo ospitavano, nel corso della restrizione domiciliare, peraltro asserita dall'imputato, ne esclude il dolo di evasione. 2.4. Non ha alcun valore, infine, la circostanza che Iu., prima di abbandonare il domicilio abbia avvertito le forze dell'ordine, posto che si è allontanato, dichiarando di non voler tornare indietro e sostanzialmente ponendo in essere una sua volontaria sottrazione al regime restrittivo. 3. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli deve essere accolto e la sentenza impugnata annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per nuovo giudizio. La Corte dovrà attenersi al sopra richiamato principio di diritto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.